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"l'eta' dei regimi totalitari"




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"L'ETA' DEI REGIMI TOTALITARI"



LA RIVOLUZIONE RUSSA


Da secoli sotto, il dominio degli zar la Russia aveva ancora strutture feudali. Solo nel 1861 lo zar Alessandro li concesse le prime riforme libero i servi della gleba, avviò un tentativo di riforma agraria Queste riforme vennero considerate dai contadini e dagli intellettuali come un punto di partenza ottenere altre riforme, I contadini volevano la proprietà privata delle terre che coltivavano, gli intellettuali invece chiedevano una costituzione di tipo liberale; entrambi erano però d'accordo nel ripudiare l'assolutismo zarista. Nel 1903 il partito socialista russo si divise in due:

          da una parte si schierarono i bolscevichi (maggioritari) capeggiati da Lenin e da Trotzkij, che volevano realizzare il socialismo con la rivoluzione;

          dall'altra i menscevichi (minoritari) che volevano realizzare il    socialismo con le riforme.

I fermenti esplosero nel 1905 quando una massa di lavoratori si diresse verso il palazzo d'inverno sede del governo per una manifestazione. Ma le truppe dello zar intervennero uccidendo un centinaio di manifestanti. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e le sconfitte della Russia nel 1915, animarono le speranze dei bolscevichi di riprendere la rivoluzione e di abbattere il regime zarista. Lo zar abdicò a favore del fratello Michele che però rinunciò alla corona. La Russia diventava cosi una repubblica; si formò un governo provvisorio con a capo il socialista menscevico Aless Kerenskiy. Dalla Svizzera giunse Lenin che spose le cosiddette "Tesi dea aprile" chiedendo al proletariato di abbattere il governo provvisorio e di affidare il potere in mano ai Soviet. Lenin invitò poi ai contadini ad appropriarsi delle terre e propose di chiamare il futuro partito dei bolscevichi con il nome di Partito Comunista. Lenin fu costretto a fuggire in Finlandia, ma incitava Io stesso alla rivolta. Il governo non riusciva più a fronteggiare la situazione e il collasso economico del Paese. Il 10 ottobre Lenin tornò a Pietroburgo, il 12 fu costituito il "Comitato Militare Rivoluzionario" presieduto da Trotzkij. Il 24 ottobre le guardie russe e i militari invasero il palazzo del governo dando vita alla "Rivoluzione d'ottobre". Venne formato un governo denominato dai Soviet dei "Commissari del popolo" e presieduto da Lenin. Nel dicembre 1917 il nuovo governo firmava l'armistizio con la Germania ponendo fine alla guerra.




La Russia Sovietica


Il nuovo governo presieduto da Lenin aveva instaurato la dittatura del Partito Comunista e per difendere la dittatura del proletariato Lenin diede vita a una "Polizia Politica" chiamata CEKA che aveva il compito di reprimere gli oppositori del Regime. La CEKA instaurò in Russia un vero e proprio "Terrore rosso" contro la borghesia, mentre le forze fedeli al  vecchio regime instaurarono il "Terrore bianco" nel tentativo di abbattere il nuovo Regime. Nel 1919 venne costituita la Terza Internazionale Socialista. Per risolvere il problema dello sviluppo economico Lenin istituì la NEP (Nuova Politica Economica) secondo cui lo Stato continuava a controllare lo sviluppo economico, ma consentiva una certa libertà nel campo agricolo ed all'iniziativa privata. Il periodo della NEP fu caratterizzato da una serie di riforme politiche e sociali quali:

     la lotta all'analfabetismo;

          l'organizzazione solidale e assistenziale;

     l'uguaglianza di tutti i cittadini;

     la lotta contro la Chiesa ortodossa;

          l'uguaglianza tra i sessi e i coniugi, l'istituzione del matrimonio civile   e del divorzio.

La NEP, infine, spinse il governo sovietico a rientrare nella vita politica ed economica internazionale. Si giunse così nel 1922 alla fondazione dell'URSS, cioè dell'unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche con capitale Mosca.




La dittatura di StaliN


A Lenin gli successe Stalin che instaurò in Russia una dittatura. Egli sosteneva che, per sopprimere la povertà, riteneva necessario rilanciare ed ampliare le attività produttive; pertanto bisognava sostituire i principi della NEP con una pianificazione economica rigorosamente controllata dal governo centrale. Stalin decise di adottare la politica dei piani quinquennali. Il primo fu lanciato nell'ottobre 1928 e si concluse a dicembre 1932 il secondo andò dal 1933 al 1937, il terzo iniziato nel 1938 fu interrotto dalla Seconda Guerra Mondiale. Per superare l'arretratezza delle campagne, le piccole aziende agricole vennero unificate alle grandi aziende statali. La collettivizzazione dell'agricoltura provocò l'opposizione dei KULAK (contadini ricchi) che non volevano rinunciare alle loro terre. Il regime rispose a questa resistenza con la repressione. Stalin attuò così un Regime dittatoriale basato sulla repressione e sul terrore, abbandonando ogni principio della libertà individuale e di democrazia. Negli anni compresi tra il 1936 e il 1938, indicato come il periodo delle "grandi Purghe, furono attuati processi e condanne a morte ai membri del partito contrario al Regime ed a tutti coloro che erano considerati da Stalin "nemici del popolo".




BIENNIO ROSSO (1919-20) LA CRISI DELLO STATO LIBERALE E LA NASCITA DEL FASCISMO


L'Europa era uscita dalla guerra profondamente lacerata e divisa. Essa aveva perso anche la sua posizione egemoniaca nel mondo perché nuove potenze extra europee, Stati Uniti e Giappone, erano entrati nel gioco politico e mondiale. Il dopoguerra fu caratterizzato in Europa e in Italia:

          Dall'irrompere dei partiti di massa nella scena politica;

          Da grandi crisi economiche; dalla crisi dei regimi liberali;

          Dalla nascita dei partiti totalitari (nazismo, fascismo).


La guerra aveva provocato un profondo sconvolgimento dei valori tradizionali e delle   idee. L'esempio della Rivoluzione Bolscevica influiva sul proletariato industriale. Si ebbe una massiccia sindacalizzazione dei lavori; la Camera generale del lavoro (CGL) aumentò i suoi iscritti, risultarono rafforzati. La Confederazione Italiana dei lavoratori e il partito socialista. Gli ex combattenti della piccola e media borghesia, si orientarono verso l'associazione nazionale combattenti, e verso i fasci italiani di combattimento fondati a Milano da Benito Mussolini il 23 marzo 1919, quando tali organizzazioni dichiararono la propria fiducia nei nuovi partiti di destra. Sulla scena politica italiana comparve un nuovo partito di massa: "IL PARTITO POPOLARE ITALIANO" fondato nel gennaio del 1919 da Don Luigi Sturzo che diede al partito un'impronta confessionale, democratica, costituzionale e soprattutto non classicista. Disoccupazione, delusione per le promesse non mantenute spinsero le masse popolari a manifestare la loro protesta con le vaste agitazioni del "Biennio rosso" (1919-20). Ritornato Giolitti al governo nel 1920, tentò di arginare tali problemi sia risolvendo la Questione di Fiume, sia progettando riforme democratiche, ma la politica mediatrice di Giolitti fallì di fronte alla violenza e allo scontro tra patronato e proletariato che culminò con l'occupazione delle fabbriche. Il Giolitti non intervenne nei confronti degli operai e preferì che l'agitazione si spegnesse da sola. Contemporaneamente era iniziata l'azione rivoluzionaria dei contadini che occupavano le terre incolte dei proprietari terrieri, ma il movimento era stato represso dal governo Nitti. La reazione del Biennio Rosso degli industriali e dei proprietari terrieri, fu decisiva per la vita politica e sociale italiana essi si rivolsero al movimento fascista che, con le squadre d'azione, si offriva di difenderlo con le armi. Giolitti ritenne di utilizzare le forze del fascismo per fermare le rivolte, ma nel 1921 Mussolini, partecipò alle elezioni con un'alleanza tra i liberali e i democratici chiamata lista dei Blocchi nazionali conquistando 35 deputati in Parlamento e contemporaneamente trasformò il Movimento in "Partito Nazionale Fascista" (PNF). A Giolitti successe Luigi Facta. Mussolini conquistando consenso sempre più ampi, organizzò un Congresso del PNF a Napoli decidendo così la marcia su Roma che ebbe inizio il 28 ottobre 1922. Il presidente del consiglio Facta, presentò alla firma del re il decreto per la proclamazione dello stato d'assedio, ma Vittorio Emanuele III si rifiutò di firmarlo e diede a Mussolini l'incarico di formare il nuovo governo.



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