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Le parole che cambiarono la storia del nostro Paese: il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 alla Camera
Introduzione sul concetto di propaganda fascista e sull'uso meticoloso della cultura a servizio di una "religione della politica"
Il regime fascista deve gran parte del suo successo alla grande attenzione dedicata al controllo dell'informazione e alla propaganda da parte dei suoi promotori. Primo fra tutti Mussolini, come si noterà analizzando il suo discorso del 3 gennaio 1925. L'obiettivo principale del fascismo è infatti il pieno consenso popolare, da ottenersi, oltre che attraverso il controllo della scuola, attraverso gli strumenti della cultura di massa (radio, cinema, stampa), per cui gli intellettuali di regime diventano funzionari impiegati per scrivere romanzi di facile leggibilità, sceneggiature radiofoniche e cinematografiche, articoli celebrativi. La propaganda fascista mira ad allargare il consenso interno, ma anche a diffondere in Europa un'immagine ufficiale del fascismo del tutto positiva, come forza di governo ricca di ideali e degna del proprio alto compito politico, perché garante di ordine e stabilità. I toni sono fermi e decisi, talvolta duri, anche se mai sprezzanti. Nella volontà di esprimere nel modo più chiaro possibile il messaggio, le opere di propaganda illustrano i fondamenti morali ed ideologici del fascismo: il fascismo assume infatti carattere fideistico, e lo stato da esso fondato, mirante alla grandezza della Patria, è soprattutto legge e disciplina, libertà, ma libertà da conquistarsi attraverso la legge. Questa teoria avvalorata dalla dottrina gentiliana dello "stato etico", inteso come valore assoluto in quanto incarnazione della morale e al quale il cittadino deve totale obbedienza. Dall'altro lato vi è una forte giustificazione verso gli aspetti illegali del fascismo, la violenza squadristica, e le misure di polizia repressive della libertà di stampa: mezzi necessari, la prima per fondare il nuovo Stato, la seconda per evitare grandi turbamenti dell'ordine pubblico. In principio si nota uno slancio di apparente apertura verso le opposizioni, sollecitate a riconoscersi nel programma fascista, che ottimisticamente rimarca la fede indiscussa dei fascisti nel trionfo della loro parte. Ma tale "apertura", sulla base delle precedenti argomentazioni, non può essere che richiesta di subordinazione dei politici e degli intellettuali ai superiori interessi dello stato: è questo il nucleo della politica culturale del regime. Ai giorni nostri il fascismo è stato interpretato anche come "religione della politica". Una riflessione interessante su questo tema è svolta da Emilio Gentile, uno dei maggiori studiosi contemporanei del fascismo. Gentile ritiene che non solo il fascismo sia una reazione di classe alla realtà politico-ideologica del periodo, ma anche un fenomeno politico dotato di una profonda individualità storica, che non può essere considerato unicamente come una manifestazione patologica di particolari popoli, né una mera involuzione autoritaria del conservatorismo e del liberalismo e neppure semplicemente come reazione antimarxista. Il fascismo al contrario è un movimento di massa originale, basato su una visione mistica della politica, su un nazionalismo radicale, su una concezione della violenza come rigenerazione, sulla pretesa di dare vita a un uomo e a una comunità nazionale radicalmente "nuovi". Un'ideologia che nasceva dalle svariate forme di irrazionalismo presenti nella cultura del primo novecento e dall'esaltazione dell'esperienza della Grande guerra. In quanto "religione della politica", il fascismo poté dare risposta alle tensioni e alle aspirazioni di classi sociali, come i ceti medi, mobilitate dai processi di modernizzazione delle società industriali e prime di una vera rappresentanza politica, che restava monopolio delle vecchie élite dirigenti. Ceti che non erano spinti da un'invincibile vocazione reazionaria, se nelle prime elezioni politiche del dopoguerra diedero molti voti al Partito popolare e al Partito socialista. L'adesione dei ceti medi al fascismo fu la risultante di vicende storiche che non avevano nulla di necessario e di inevitabile.
Un'altra riflessione interessane sulla figura del Duce viene proposta dal politologo Augusto Del Noce, nella sua opera L'epoca della secolarizzazione. Come si realizzò praticamente il fascismo? Del Noce afferma che negli anni venti le due figure di riferimento nel panorama politico erano Mussolini e Lenin, e che il primo voleva porsi in alternativa al secondo. Ma il termine alternativa può avere due significati, uno di opposizione assoluta, l'altra di superamento, infatti Mussolini poté pensare intorno al 1930 ad una vera fascistizzazione del mondo. Mussolini aveva la pretesa di porsi come emblema del vero uomo rivoluzionario, a differenza di quanto Lenin potesse affermare. La rivoluzione del marxleninismo è fallita, ma ha trovato la sua giustificazione storica nel senso di condizione della sua possibilità, in quanto concretamente non ha potuto realizzarsi. Non ha potuto realizzarsi perché ha portato alla nascita di una nuova classe con l'intento di distruggerne un'altra. Mussolini invece partendo da un passato socialista, nella sua politica riesce a superare il marxismo in nome del nazionalismo. Con il patriottismo riesce a non arrivare alla distruttività comunista, ma a portare tutte le classi sociali verso il cambiamento in nome della nazione. Così praticamente il fascismo è riuscito a realizzarsi nel panorama politico italiano degli anni venti.
Discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 alla Camera
Signori!
Il discorso che sto per pronunziare dinanzi a voi forse non potrà essere, a
rigor di termini, classificato come un discorso parlamentare. Può darsi che
alla fine qualcuno di voi trovi che questo discorso si riallaccia, sia pure attraverso
il varco del tempo trascorso, a quello che io pronunciai in questa stessa Aula
il 16 novembre. Un discorso di siffatto genere può condurre, ma può anche non
condurre ad un voto politico. Si sappia ad ogni modo che io non cerco questo
voto politico. Non lo desidero: ne ho avuti troppi. (a Bene!). L'articolo 47
dello Statuto dice: 'La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i
ministri del re e di tradurli dinanzi all'Alta corte di giustizia'.
Domando formalmente se in questa Camera, o fuori di questa Camera, c'è qualcuno
che si voglia valere dell'articolo 47. (vivissimi prolungati applausi.
Moltissimi deputati sorgono in piedi. Grida di: 'viva Mussolini!'.
Applausi anche dalle tribune). Il mio discorso sarà quindi chiarissimo e tale da
determinare una chiarificazione assoluta. Voi intendete che dopo aver
lungamente camminato insieme con dei compagni di viaggio, ai quali del resto
andrebbe sempre la nostra gratitudine per quello che hanno fatto, è necessaria
una sosta per vedere se la stessa strada con gli stessi compagni può essere
ancora percorsa nell'avvenire. (Approvazioni; commenti). Sono io, o signori,
che levo in quest'Aula l'accusa contro me stesso. Si è detto che io avrei
fondato una Ceka. Dove? Quando? In qual modo? Nessuno potrebbe dirlo! Veramente
c'è stata una Ceka in Russia, che ha giustiziato senza processo, dalle
centocinquanta alle centosessantamila persone, secondo statistiche quasi
ufficiali. C'è stata una Ceka in Russia, che ha esercitato il terrore
sistematicamente su tutta la classe borghese e sui membri singoli della
borghesia. Una Ceka, che diceva di essere la rossa spada della rivoluzione. Ma
la Ceka italiana non è mai esistita. Nessuno mi ha negato fino ad oggi queste
tre qualità: una discreta intelligenza, molto coraggio e un sovrano disprezzo
del vile denaro. (vivissimi, prolungati applausi). Se io avessi fondato una
Ceka, l'avrei fondata seguendo i criteri che ho sempre posto a presidio di
quella violenza che non può essere espulsa dalla storia. Ho sempre detto, e qui
lo ricordano quelli che mi hanno seguito in questi cinque anni di dura
battaglia, che la violenza, per essere risolutiva, deve essere chirurgica,
intelligente, cavalleresca. (Approvazioni). Ora i gesti di questa sedicente
Ceka sono stati sempre inintelligenti, incomposti, stupidi. (a Benissimo!). Ma
potete proprio pensare che nel giorno successivo a quello del Santo Natale,
giorno nel quale tutti gli spiriti sono portati alle immagini pietose e buone,
io potessi ordinare un'aggressione alle l0 del mattino in via Francesco Crispi,
a Roma, dopo il mio discorso di Monterotondo, che è stato forse il discorso più
pacificatore che io abbia pronunziato in due anni di Governo? (Approvazioni).
Risparmiatemi di pensarmi così cretino. (vivissimi applausi). E avrei ordito con
la stessa intelligenza le aggressioni minori di Misuri e di Forni? Voi
ricordate certamente il discorso del 7 giugno. Vi è forse facile ritornare a
quella settimana di accese passioni politiche, quando in questa Aula la
minoranza e la maggioranza si scontravano quotidianamente, tantoché qualcuno
disperava di riuscire a stabilire i termini necessari di una convivenza
politica e civile fra le due opposte parti della Camera. Discorsi irritanti da
una parte e dall'altra. Finalmente, il 6 giugno, l'onorevole Delcroix squarciò,
col suo discorso lirico, pieno di vita e forte di passione, l'atmosfera carica,
temporalesca. All'indomani, io pronuncio un discorso che rischiara totalmente
l'atmosfera. Dico alle opposizioni: riconosco il vostro diritto ideale ed anche
il vostro diritto contingente; voi potete sorpassare il fascismo come
esperienza storica; voi potete mettere sul terreno della critica immediata
tutti i provvedimenti del Governo fascista. Ricordo e ho ancora ai miei occhi
la visione di questa parte della Camera, dove tutti intenti sentivano che in
quel momento avevo detto profonde parole di vita e avevo stabilito i termini di
quella necessaria convivenza senza la quale non è possibile assemblea politica
di sorta. (Approvazioni). E come potevo, dopo un successo, e lasciatemelo dire
senza falsi pudori e ridicole modestie, dopo un successo così clamoroso, che
tutta la Camera ha ammesso, comprese le opposizioni, per cui la Camera si
aperse il mercoledì successivo in un'atmosfera idilliaca, da salotto quasi (approvazioni),
come potevo pensare, senza essere colpito da morbosa follia, non dico solo di
far commettere un delitto, ma nemmeno il più tenue, il più ridicolo sfregio a
quell'avversario che io stimavo perché aveva una certa crarerie, un certo
coraggio, che rassomigliavano qualche volta al mio coraggio e alla mia
ostinatezza nel sostenere le tesi? (vivi applausi). Che cosa dovevo fare? Dei
cervellini di grillo pretendevano da me in quella occasione gesti di cinismo,
che io non sentivo di fare perché repugnavano al profondo della mia coscienza.
(Approvazioni). Oppure dei gesti di forza? Di quale forza? Contro chi? Per
quale scopo? Quando io penso a questi signori, mi ricordo degli strateghi che durante la guerra, mentre noi mangiavamo in
trincea, facevano la strategia con gli spillini sulla carta geografica.
(Approvazioni). Ma quando poi si tratta di casi al concreto, al posto di
comando e di responsabilità si vedono le cose sotto un altro raggio e sotto un
aspetto diverso. (Approvazioni). Eppure non mi erano mancate occasioni di dare
prova della mia energia. Non sono ancora stato inferiore agli eventi. Ho
liquidato in dodici ore una rivolta di Guardie regie, ho liquidato in pochi
giorni una insidiosa sedizione, in quarantott'ore ho condotto una divisione di fanteria
e mezza flotta a Corfù. (vivissime approvazioni).Questi gesti di energia, e
quest'ultimo, che stupiva persino uno dei più grandi generali di una nazione
amica, stanno a dimostrare che non è l'energia che fa difetto al mio spirito.
Pena di morte? Ma qui si scherza, signori. Prima di tutto, bisognerà introdurla
nel Codice penale, la pena di morte; e poi, comunque, la pena di morte non può
essere la rappresaglia di un Governo. Deve essere applicata dopo un giudizio
regolare, anzi regolarissimo, quando si tratta della vita di un cittadino!
(vivissime approvazioni). Fu alla fine di quel mese, di quel mese che è segnato
profondamente nella mia vita, che io dissi: 'voglio che ci sia la pace per
il popolo italiano'; e volevo stabilire la normalità della vita politica.
Ma come si è risposto a questo mio principio? Prima di tutto, con la secessione
dell'Aventino, secessione anticostituzionale, nettamente rivoluzionaria. (vive
approvazioni). Poi con una campagna giornalistica durata nei mesi di giugno,
luglio, agosto, campagna immonda e miserabile che ci ha disonorato per tre
mesi. (Applausi vivissimi e prolungati). Le più fantastiche, le più
raccapriccianti, le più macabre menzogne sono state affermate diffusamente su
tutti i giornali! C'era veramente un accesso di necrofilia! (Approvazioni). Si
facevano inquisizioni anche di quel che succede sotto terra: si inventava, si
sapeva di mentire, ma si mentiva. E io sono stato tranquillo, calmo, in mezzo a
questa bufera, che sarà ricordata da coloro che verranno dopo di noi con un
senso di intima vergogna. (Approvazioni). E intanto c'è un risultato di questa
campagna! Il giorno 11 settembre qualcuno vuol vendicare l'ucciso e spara su
uno dei nostri migliori, che morì povero. Aveva sessanta lire in tasca.
(Applausi vivissimi e prolungati. Tutti i deputati sorgono in piedi). Tuttavia
io continuo nel mio sforzo di normalizzazione e di normalità. Reprimo
l'illegalismo. Non è menzogna. Non è menzogna il fatto che nelle carceri ci
sono ancor oggi centinaia di fascisti! (Commenti). Non è menzogna il fatto che
si sia riaperto il Parlamento regolarmente alla data fissata e si siano
discussi non meno regolarmente tutti i bilanci, non è menzogna il giuramento
della Milizia, e non è menzogna la nomina di generali per tutti i comandi di
Zona. Finalmente viene dinanzi a noi una questione che ci appassionava: la
domanda di autorizzazione a procedere con le conseguenti dimissioni
dell'onorevole Giunta. La Camera scatta; io comprendo il senso di questa
rivolta; pure, dopo quarantott'ore, io piego ancora una volta, giovandomi del
mio prestigio, del mio ascendente, piego questa Assemblea riottosa e riluttante
e dico: siano accettate le dimissioni. Si accettano. Non basta ancora; compio
un ultimo gesto normalizzatore: il progetto della riforma elettorale. A tutto
questo, come si risponde? Si risponde con una accentuazione della campagna. Si
dice: il fascismo è un'orda di barbari accampati nella nazione; è un movimento
di banditi e di predoni! Si inscena la questione morale, e noi conosciamo la triste
storia delle questioni morali in Italia. (vive approvazioni). Ma poi, o
signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l'arco di Tito? Ebbene,
dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo
italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica
di tutto quanto è avvenuto. (Vivissimi e reiterati applausi. Molte voci:
'Tutti con voi! Tutti con voi!'). Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e
fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e
non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la
colpa! (Applausi). Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono
il capo di questa associazione a delinquere! (Vivissimi applausi. Molte voci:
'Tutti con voi!'). Se tutte le violenze sono state il risultato di un
determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di
questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una
propaganda che va dall'intervento ad oggi. In questi ultimi giorni non solo i
fascisti, ma molti cittadini si domandavano: c'è un Governo? (Approvazioni). Ci
sono degli uomini o ci sono dei fantocci? Questi uomini hanno una dignità come
uomini?E ne hanno una anche come Governo? (Approvazioni). Io ho voluto
deliberatamente che le cose giungessero a quel determinato punto estremo, e,
ricco della mia esperienza di vita, in questi sei mesi ho saggiato il Partito;
e, come per sentire la tempra di certi metalli bisogna battere con un
martelletto, così ho sentito la tempra di certi uomini, ho visto che cosa
valgono e per quali motivi a un certo momento, quando il vento è infido,
scantonano per la tangente. (vivissimi applausi). Ho saggiato me stesso, e guardate
che io non avrei fatto ricorso a quelle misure se non fossero andati in gioco
gli interessi della nazione. Ma un popolo non rispetta un Governo che si lascia
vilipendere! (Approvazioni). Il popolo vuole specchiata la sua dignità nella
dignità del Governo, e il popolo, prima ancora che lo dicessi io, ha detto:
Basta! La misura è colma! Ed era colma perché? Perché la sedizione
dell'Aventino ha sfondo repubblicano! (Vivi applausi; grida di: 'viva il
re'; i ministri e i deputati sorgono in piedi; vivissimi, generali,
prolungati applausi, cui si associano le tribune). Questa sedizione dell'
Aventino ha avuto delle conseguenze perché oggi in Italia, chi è fascista,
rischia ancora la vita! E nei soli due mesi di novembre e dicembre undici
fascisti sono caduti uccisi, uno dei quali ha avuto la testa spiaccicata fino
ad essere ridotta un'ostia sanguinosa, e un altro, un vecchio di settantatre
anni, è stato ucciso e gettato da un muraglione. Poi tre incendi si sono avuti
in un mese, incendi misteriosi, incendi nelle Ferrovie e negli stessi magazzini
a Roma, a Parma e a Firenze. Poi un risveglio sovversivo su tutta la linea, che
vi documento, perché è necessario di documentare, attraverso i giornali, i
giornali di ieri e di oggi: un caposquadra della Milizia ferito gravemente da
sovversivi a Genzano; un tentativo di assalto alla sede del Fascio a Tarquinia;
un fascista ferito da sovversivi a Verona; un milite della Milizia ferito in
provincia di Cremona; fascisti feriti da sovversivi a Forlì; imboscata
comunista a San Giorgio di Pesaro; sovversivi che cantano Bandiera rossa e
aggrediscono i fascisti a Monzambano. Nei soli tre giorni di questo gennaio
l925, e in una sola zona, sono avvenuti incidenti a Mestre, Pionca, Vallombra:
cinquanta sovversivi armati di fucili scorrazzano in paese cantando Bandiera
rossa e fanno esplodere petardi; a Venezia, il milite Pascai Mario aggredito e
ferito; a Cavaso di Treviso, un altro fascista è ferito; a Crespano, la caserma
dei carabinieri invasa da una ventina di donne scalmanate; un capo manipolo aggredito e gettato in acqua a
Favara di Venezia; fascisti aggrediti da sovversivi a Mestre; a Padova, altri
fascisti aggrediti da sovversivi. Richiamo su ciò la vostra attenzione, perché
questo è un sintomo: il diretto l92 preso a sassate da sovversivi con rotture
di vetri; a Moduno di Livenza, un capo manipolo assalito e percosso .Voi vedete
da questa situazione che la sedizione, dell'Aventino ha avuto profonde
ripercussioni in tutto il paese. Allora viene il momento in cui si dice basta!
Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è la forza.
(vive approvazioni. vivi applausi. Commenti). Non c'è stata mai altra soluzione
nella storia e non ce ne sarà mai. Ora io oso dire che il problema sarà
risolto. Il fascismo, Governo e Partito, sono in piena efficienza. Signori! Vi
siete fatte delle illusioni! Voi avete creduto che il fascismo fosse finito
perché io lo comprimevo, che fosse morto perché io lo castigavo e poi avevo
anche la crudeltà di dirlo. Ma se io mettessi la centesima parte dell'energia
che ho messo a comprimerlo, a scatenarlo, voi vedreste allora. (vivissimi
applausi).Non ci sarà bisogno di questo, perché il Governo è abbastanza forte
per stroncare in pieno definitivamente la sedizione dell'Aventino. (vivissimi,
prolungati applausi). L'Italia, o signori, vuole la pace, vuole la
tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi, questa tranquillità, questa calma
laboriosa gliela daremo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà
necessario. (Vive approvazioni). Voi state certi che nelle quarantott'ore
successive a questo mio discorso, la situazione sarà chiarita su tutta l'area.
(vivissimi e prolungati applausi. Commenti). Tutti sappiamo che ciò che ho in
animo non è capriccio di persona, non è libidine di Governo, non è passione
ignobile, ma è soltanto amore sconfinato e possente per la patria. (vivissimi,
prolungati e reiterati applausi. Grida ripetute di: 'Viva
Mussolini!'. Gli onorevoli ministri e moltissimi deputati si congratulano
con l'onorevole Presidente del Consiglio. La seduta è sospesa).
Descrizione della fonte
Tipo di testo: Discorso parlamentare tenuto da Mussolini dinnanzi alla Camera.
Datazione: 3 gennaio 1925, una data importante. Infatti il 28 ottobre del 1922 Vittorio Emanuele III aveva affidato a Mussolini l'incarico di formare un governo. A sostegno del primo gabinetto fascista si erano schierati liberali, popolari e indipendenti, a cui Mussolini allude nel passo "Voi intendete che dopo aver lungamente camminato insieme con dei compagni di viaggio, ai quali del resto andrebbe sempre la nostra gratitudine per quello che hanno fatto, è necessaria una sosta per vedere se la stessa strada con gli stessi compagni può essere ancora percorsa nell'avvenire".
Nell'aprile del 1924 le elezioni avevano determinato la vittoria del "listone" governativo composto da fascisti, liberali indipendenti e altri piccoli gruppi conservatori, con all'opposizione popolari, socialisti riformisti, socialisti massimalisti, comunisti, Partito sardo d'azione. Davanti al nuovo Parlamento, Giacomo Matteotti, segretario del Partito socialista unitario, aveva denunciato i brogli e le intimidazioni che si erano verificati; il 10 giugno era stato rapito e assassinato. Il delitto Matteotti apriva una lunga crisi durante la quale sembrò che il fascismo si fosse spinto oltre il limite del tollerabile. Le opposizioni non seppero andare oltre alla condanna politica e morale, tanto che il discorso del 3 gennaio chiuse definitivamente la lunga crisi dell'Aventino, e diede una brusca ed accelerata svolta al processo di instaurazione del regime autoritario.
Destinazione: la Camera dei deputati, secondo lo Statuto Albertino è elettiva e composta da deputati scelti dai collegi elettorali. Di qui l'avvicendarsi di leggi elettorali che influiscono sulle rappresentanze e sulla composizione del Parlamento (legge Acerbo). In questo momento Mussolini dispone di un'assemblea composta da una consistente maggioranza e da una misera opposizione, poiché gran parte dei gruppi della minoranza hanno abbandonato per protesta le riunioni della Camera (secessione dell'Aventino).
Scopo: l'obiettivo di un intervento in Parlamento è chiaramente quello di raccogliere consenso e voti su di una proposta o mozione, o dichiarare, rispetto ad una proposta da votare , le motivazioni di voto favorevole o contrario. Mussolini ha di fronte a sé un'assemblea in cui gli orientamenti sono assolutamente prevedibili e gli esiti scontati, non avendo bisogno di cercare alcun consenso, il Parlamento diventa cassa di risonanza per un messaggio rivolto alla nazione, fascisti e non.
Analisi della fonte
La struttura del testo è molto elaborata: Mussolini nega che la violenza diffusa sia il risultato di un progetto preciso. Si presenta come un pacificatore istitutore della convivenza civile alludendo a Matteotti senza però citarlo per nome. Si mostra come dotato di energie volendo stabilire normalità nella vita politica, questo principio è riposto nella secessione dell'Aventino, anticostituzionale, e chiaramente rivoluzionaria. Pazientemente accoglie le richieste dell'opposizione: "Dopo quarantotto ore io piego ancora una volta, questa assemblea riottosa e riluttante e dico: siano accettate le dimissioni". Per tutta risposta si dice che il fascismo sia un esercito di barbari accampati nella nazione; è un movimento di banditi e di predoni. E allora l'orgogliosa assunzione di responsabilità fa dichiarare a Mussolini al cospetto dell'assemblea e del popolo italiano che lui solo assume la responsabilità politica e morale di tutto ciò che è avvenuto. Nasce spontanea non solo nei fascisti ma in molti cittadini la domanda: esiste un governo? Secondo Mussolini, dunque il popolo vuole specchiata la sua dignità nella dignità del governo. Il modo di argomentare di Mussolini è fondato sulla contrapposizione tra il suo operato, una sorta di autopresentazione, e questa presenza sorda, incontrollabile, inquietante, che prende il nome di Aventino e che emerge con le forme di un'opposizione pericolosa. Il discorso si svolge con un andamento pendolare, oscilla fra auto elogi e accuse, progetti rassicuranti di pacificazione e marcati avvertimenti: Mussolini da un lato ripristina "la necessaria convivenza", la pace, la calma laboriosa e dall'altro "la ribellione dell'Aventino". Lo scopo del discorso infine risulta chiaro: poiché "la misura è colma", allora "si dice basta .. la soluzione è la forza". Questa è la nascita della vera dittatura mussoliniana.
Detto ciò ci si chiede quali siano le caratteristiche della dittatura mussoliniana anticipate in precedenza. In primo luogo il cardine del regime non è il partito fascista, ma la persona di Mussolini. Emerge con evidenza in questo discorso che Mussolini si auto presenta come intelligente, coraggioso, capace di placare con la sua oratoria gli animi, dotato di grande energia, e in grado di "comprimere" il Partito e nello stesso tempo in grado di "scatenarlo". L'elemento caratterizzante la svolta e la "normalizzazione" è l'instaurarsi di un regime poliziesco che annulla ogni libertà di stampa, o di manifestazione del pensiero. Altro elemento può considerarsi l'inizio dell'eliminazione di ogni forma di opposizione in Parlamento e nel Paese, introdotto dalla denuncia di "illegalità, anticostituzionalismo repubblicanesimo delle opposizioni". I deputati aventiniani vengono dichiarati decaduti, tanto che viene ordinata la chiusura di tutti i circoli, vengono sciolte le organizzazioni sovversive, mentre la milizia porta avanti retate contro i comunisti. L'unico compito del Parlamento è di ascoltare gli interventi del duce. Il Partito fascista rimane sullo sfondo; Mussolini dichiara di averlo "saggiato, e come per sentire la tempra di certi metalli bisogna battere col martelletto, così ho sentito la tempra di certi uomini". I rapporti con l'ala movimentista e rivoluzionaria, non sono facili, ma Mussolini sta avviando anche qui il suo colpo di forza per affermare la sua autorità personale assoluta sul Partito. Presto il PNF si sarebbe trasformato da organismo fortemente politicizzato, animato dalle imprese squadristiche, a momento di agitazione e propaganda, a organismo di massa e "partito educatore". Esemplare inoltre per documentare la propaganda fascista che enfatizzò la persona di Mussolini, è la cronaca fotografica delle sue attività che viene utilizzata al fine di esaltare la sua figura di geniale condottiero militare e di stratega, proprio come si rivela nel suo discorso, infatti nei ritratti fotografici vengono accentuati l'espressione volitiva e imperiosa del suo volto, lo sguardo sicuro e penetrante e il suo profilo virile, contribuendo così ad accreditare, parallelamente ai suoi discorsi la sua immagine.
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