LE ORIGINI
DEL RAZZISMO
Un atteggiamento di
tipo razzistico è costantemente presente nella storia dell'umanità, come
testimonia la pratica antica della schiavitù. Gli antichi greci, e in seguito i
romani, chiamavano 'barbari' (stranieri) quelli che non parlavano la
loro lingua, avevano costumi, religioni, istituzioni diverse e vivevano al
'limite' del loro mondo.
Tuttavia, il razzismo per
come noi lo intendiamo si sviluppò a partire dal XVII secolo, in seguito alle
scoperte geografiche e al colonialismo. In questo periodo si affermò la
convinzione che il progresso - intellettuale, scientifico, economico, politico
- fosse un'esclusiva prerogativa dei bianchi e che gli altri popoli non
potessero conseguire gli stessi risultati proprio a causa di una differenza
biologica. Se fino a quel punto l'interpretazione prevalente del determinarsi
delle varie razze era stata quella 'climatica' - secondo la quale a
un'origine comune erano seguiti sviluppi dovuti soprattutto alle condizioni ambientali
- dal XVIII secolo si affermò la teoria 'poligenetica', che fa
risalire le popolazioni del mondo a progenitori diversi.
L'affermarsi di questa convinzione portò a ritenere
inalterabili le differenze tra individui e popoli e a stabilire un principio di
gerarchia secondo il quale la razza bianca era una razza superiore,
predominante sulle altre; in questo modo veniva giustificato il dominio sugli
altri popoli da parte dei bianchi e l'attribuzione a questi di una missione di
civilizzazione.