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Le avanguardie e la guerra




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LE AVANGUARDIE E LA GUERRA

Gli esordi della prima guerra mondiale risalgono al 1914. Tutte le grandi potenze avevano molteplici motivi che le spingevano ad intervenire in guerra, in particolare la Francia voleva recuperare l'Alsazia e la Lorena, la Gran Bretagna aveva intenzione di mantenere la sua potenza navale; la Russia era interessata a Costantinopoli; la Germania aveva mire espansionistiche pressanti; l'Austria voleva bloccare l'indipendentismo nei Balcani e l'Italia voleva annettere al suo territorio Trentino e Trieste. Queste rivendicazioni si erano definite con alleanze e schieramenti che portarono Francia, Gran Bretagna e Russia da un lato, e gli Imperi centrali (Germania ed Austria - Ungheria) dall'altro. Per la prima volta nella storia, le operazioni belliche vennero estese a tutti i continenti anche se il cuore degli eventi militari rimase L'Europa. Le ostilità cominciarono sul fronte occidentale con un'offensiva tedesca che avanzò verso Parigi, violando la neutralità del Belgio per poi arrestarsi con una battaglia sanguinosa sul fiume Marna. Anche sul fronte orientale, il primo attacco fu condotto dai tedeschi che registrarono due importanti vittorie contro la Russia a Tannenberg e nei laghi Masuri. Invece, sul fronte balcanico la Serbia fu travolta dalla Bulgaria e dall'Austria e più tardi fu la volta della Romania.

Per quanto riguarda l'Italia, le sue operazioni belliche iniziano nel 1915 contro l'esercito austro-ungarico con l'attacco sul fiume Isonzo e sull'altopiano del Carso. Lo scopo del generale italiano, Luigi Cadorna, era quello di aprire la strada alle truppe italiane verso i Balcani ed il Mediterraneo orientale; in modo da creare uno stato potente. Il fatto penalizzante per l'esercito italiano fu costituito dalla scarsa organizzazione e dalle armi poco adeguate per sostenere continue offensive, per questo finì con il perdere moltissimi soldati soprattutto negli attacchi sull'Isonzo. Il colpo che fece più male all'Italia fu la sconfitta di Caporetto nel 1917, nella quale gli Austriaci, penetrando sino alla pianura padana, si ripresero tutti i vantaggi territoriali che l'Italia aveva guadagnato con grande sforzo in due anni di guerra. Gli austriaci vennero fermati da Vittorio Emanuele Orlando, nuovo capo del governo italiano, che migliorò le condizioni dell'esercito fornendo ai soldati alimenti, vestiario ed armi. L'esercito italiano sotto il comando di Armando Diaz, successore di Cadorna, sembrò riprendersi e nel 1918 con la battaglia del Piave uscì vittorioso dal conflitto. Il 4 novembre, firmato l'armistizio che sancì la fine delle ostilità, l'Italia registrò la morte di 16.800 ufficiali e 571.000 soldati.

Dal 1917 in tutti gli stati coinvolti nel conflitto si notò una perdita di potenza militare in quanto l'industria bellica non riusciva a produrre armi a ritmi veloci e soprattutto i finanziamenti erano scarsi.

Il tracollo militare russo iniziò con una rivolta interna tra operai e soldati a Pietrogrado. Ci furono molte perdite umane ed in più le comunicazioni e la produzione industriale erano praticamente paralizzate. La situazione evolse ed ebbe esiti rivoluzionari, con scioperi e manifestazioni. I gruppi di rivolta si trovavano soprattutto all'interno del partito socialdemocratico, il quale si divideva in: bolscevichi guidati da Lienin il quale lanciò un programma riformista vicino alla parte povera della popolazione e menscevichi, socialdemocratici che combattevano per lo smantellamento del feudalesimo e della Russia zarista. Nel contempo sorsero anche gruppi spontanei di rivolta all'interno dell'esercito, i soviet. Il governo provvisorio condotto da Aleksander Kerenskij non resse la rivoluzione, infatti le sue truppe furono sconfitte dalle "guardie rosse" di Lienin che entrarono a Mosca decretando la vittoria dei bolscevichi.

L'ultimo anno di guerra fu fatale anche per gli Imperi centrali. La Germania cercò di attaccare nuovamente la Francia ma l'arrivo degli Americani impedì l'offensiva. L'impero asburgico si divise, infatti, l'Ungheria proclamò la sua indipendenza e si dotò di un governo autonomo a Praga, mentre a Vienna (Austria), il nuovo re Carlo I proclamò la repubblica. Infine, si formò un nuovo stato la Iugoslavia che raggruppò tutte le popolazioni slave dell'ex impero asburgico meridionale.

Nel 1918 la guerra finì e la prima conferenza di pace si ebbe a Parigi nel 1919, vi presero parte gli stati vincitori. Dai trattati di pace emerse che la Germania doveva restituire l'Alsazia e la Lorena  alla Francia e concederle l'accesso al bacino minerario della Saar, doveva pagare ingenti danni di guerra. I resti dell'Impero Ottomano furono spartiti tra Francia ed Inghilterra ed infine, secondo il progetto del presidente americano Wilson, fu varata la Società delle Nazioni con sede a Ginevra. Questa coalizione aveva il compito di mantenere in rapporti pacifici gli stati, consentiva tra di essi la libera circolazione ed il libero scambio di merci ma da questa, rimasero escluse la Germania e la Russia Leniniana.




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