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La violenza e il terrore fascista
Il primo gennaio del 1925, per un incidente in cui erano stati coinvolti alcuni fascisti, un folto gruppo di essi, capeggiati dal segretario federale Giuseppe Scaffardi, si recò dal questore per protestare ed espose la linea d'azione che il fascismo parmense avrebbe tenuto d'allora in avanti: «essi hanno dichiarato che se nel 1924 avevano tollerato ogni sorta di provocazioni dalle opposizioni, ora, cominciando il 1925, intendevano respingere ogni sorta di violenza e di provocazioni, ed agire . Più tardi, dopo vari cortei per la città, i fascisti si riunirono nel centro della città «con un gagliardetto nero, nella cui lancia era appeso un
lucchetto, che chiudeva gli estremi di una catena, ravvolta attorno al gagliardetto stesso»:
Per primo ha parlato Lino Severi, compiendo la simbolica cerimonia di aprire il lucchetto appeso all'asta del gagliardetto e distaccando la catena, e disse che col 5 i fascisti toglievano le mani dalle tasche, tenendo - come vuole l'on Farinacci - il manganello a portata di mano
I fascisti intransigenti premevano da tempo per una reazione e per una «seconda ondata» al fine di sconfiggere risolutivamente l'antifascismo, che con l'uccisione di Matteotti aveva acquisito maggiore consenso nel paese, e per instaurare definitivamente la dittatura.
La cerimonia simbolica degli squadristi si ricollegava a ciò che era avvenuto alcuni mesi prima. Durante le manifestazioni per la commemorazione della marcia su Roma, nell'ottobre 1924, nella lunga sfilata della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e delle rappresentanze del partito e delle organizzazioni di massa, i componenti della Squadraccia, una squadra d'azione che si era costituita nel 1924 dopo il delitto Matteotti,
procedeva «a mani in tasca», preceduta da un cartello: «Duce, scioglieteci le catene ; un
motto che riprendeva una vignetta del quotidiano romano «L'Impero», un organo dell'estremismo fascista, rappresentante un gruppo di fascisti con le mani incatenate, col titolo «Duce, scioglieteci le mani!».
Sostanzialmente, il significato della cerimonia stava nell'adesione alle posizioni di Roberto Farinacci, che nel febbraio 1925 fu poi nominato da Mussolini segretario del PNF e che, nei giorni di smarrimento nelle file fasciste seguiti al delitto Matteotti, era stato il primo a reagire sia agli attacchi avversari sia alla paura dei fascisti con un atteggiamento di sfida e di minaccia, respingendo le velleità di normalizzazione e di legalitarismo, e reclamando a gran voce la «seconda ondata» che eliminasse con la violenza ogni possibilità di azione da parte degli avversari del fascismo. Nel suo giornale, «Cremona Nuova», Farinacci già l'11 ottobre 1924 aveva posto l'alternativa: «O abbattere il fascismo o abbattere le opposizioni» e il 31 dicembre aveva messo in prima pagina un titolo a sei colonne: «La parola di Capodanno: mettere il manganello a portata di mano».
Alla fine dell'adunanza fascista nel centro della città, parlarono poi Davide Fossa e Scaffardi, annunciando la ricostituzione delle squadre d'azione, che «risorgono per rintuzzare tutte le provocazioni delle opposizioni» . I fascisti, in seguito, ripresero i cortei per la città, si recarono agli uffici del «Piccolo» ove fischiarono contro il giornale, protetto da un folto schieramento di polizia, e si recarono anche nell'Oltretorrente, «ove la popolazione, seguendo la consuetudine presa da qualche tempo, rientrò nelle case, chiudendovisi e lasciando le strade deserte. Non accadde nessun incidente» .
Due giorni dopo, il discorso del 3 gennaio svolto alla Camera da Mussolini, con cui iniziò «la fase recisamente dittatoriale del suo governo» , diede ulteriormente il via alla reazione fascista locale e contemporaneamente partì la repressione della polizia verso le opposizioni. Per tutto il 1925, di conseguenza, l'antifascismo dovette subire numerose persecuzioni, anche se in qualche caso marginale reagì.
In gennaio fu aggredito e bastonato il dottor Giovanni Fontanabona, radicale, e fu perquisito diverse volte lo studio dell'avvocato Ugo Grassi, massimalista. Più volte furono eseguite in Oltretorrente, in Borgo del Naviglio, in altri rioni popolari e anche in provincia, centinaia di perquisizioni in abitazioni private e in locali pubblici, con numerosi fermi e la chiusura di una decina di luoghi di ritrovo e di esercizi pubblici da parte del prefetto. In città, nella ricorrenza della morte di Lenin, apparvero scritte sui muri di alcune case e una bandiera rossa fu issata su un cipresso nel viale del cimitero, mentre a Salsomaggiore il segretario dei sindacati fascisti, sentendo cantare Bandiera rossa nella piazza del paese ed entrato nella locale cooperativa per impedire il canto, fu aggredito e sparò qualche colpo:
poco dopo furono arrestati gli autori del canto .
In febbraio, in località Beveratore di San Pancrazio, nei pressi di un'osteria, «due giovinastri cantavano inni sovversivi, alternando canto con grida di 'Viva la Russia', 'Viva Lenin', 'Abbasso il Re'». Alcuni studenti universitari cercarono di farli smettere e due di essi, militi in borghese, li inseguirono sparando alcuni colpi in aria, ma i giovani riuscirono a dileguarsi: ne fu poi arrestato uno, Soemo Alfieri, anarchico ; in marzo fu bastonato dai fascisti un bracciante a Noceto, un milite della milizia fu aggredito da antifascisti a Fornovo Taro e un fascista fu bastonato a San Lazzaro .
In aprile, fu bastonato l'ex-deputato socialista Guido Albertelli , insultato il senatore
Primo Lagasi, radicale, aggredito l'ingegner Giovanni Guarnieri, presidente della sezione del PLI e malmenato Francesco Aguzzoli, ex consigliere comunale liberale. Fu invasa e messa a soqquadro la sede cittadina del PPI, mentre a Salsomaggiore si ebbe un tentativo di devastazione della sede della locale sezione ANC. A Salsomaggiore, i fascisti inoltre uccisero Ennio Romanini, comunista secondo «La Fiamma», settimanale della federazione fascista, e apolitico secondo «Il Piccolo». In città furono perquisite una ventina di abitazioni di operai ritenuti sovversivi e altre perquisizioni nei quartieri popolari furono eseguite senza esito alla fine del mese. Il presidente della Federazione della Gioventù Cattolica, Gino Pettenati, fu inseguito da un gruppo di fascisti, che spararono contro di lui alcuni colpi di rivoltella; il giovane cattolico Arturo Tagliavini fu bastonato e avvennero altri incidenti
minori avverso giovani cattolici ; fu inoltre sequestrato un numero di «Vita Nuova»,
periodico cattolico della diocesi di Parma. In Oltretorrente alcuni militi entrarono in conflitto con alcuni sovversivi, facendo esplodere alcuni colpi d'arma da fuoco senza conseguenze .
Il 1° maggio fu tranquillo per l'eccezionale servizio di sicurezza. La milizia e le forze di polizia percorrevano incessantemente la città e negli opifici si lavorò, «salvo alcune eccezioni : furono tuttavia affissi alcuni manifestini inneggianti alla festa del lavoro in Oltretorrente e in alcune strade secondarie, immediatamente rimossi dalle pattuglie di
vigilanza. Nello stesso mese, due petardi bellici furono lanciati contro lo studio di Giuseppe Micheli, deputato popolare. Nei pressi della barriera Bixio due individui «tentarono [di] sospendere ad un albero uno straccio rosso, su cui erano dipinti falce e martello .
Il prefetto chiese rinforzi anche per «necessità inderogabile che impone una permanente rigorosa sorveglianza del noto quartiere dell'Oltretorrente ed in altri rioni popolari di questa città». Inoltre, aggiungeva, «occorre provvedere alla tutela di sedi di giornali e di enti minacciati da possibili rappresaglie .
In giugno una bomba fu lanciata nei nuovi locali, ancora privi dei macchinari, della tipografia de' «Il Piccolo»: il giornale aveva chiuso le sue pubblicazioni in maggio e stava per risorgere sotto altro nome e sotto l'egida e il riparo dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra (ANMIG). Furono compiute perquisizioni nel rione della Trinità, con fermi di alcune persone; in via Grassani alcuni fascisti furono aggrediti da comunisti e si ebbe una sparatoria; a Sissa furono arrestati due socialisti, Virginio Manfredotti e Bentivoglio Benaglia. Per circa una settimana, dall'1 al 6 giugno, la «Gazzetta di Parma», lo storico giornale liberale moderato della provincia, non uscì perché così impose la Società Poligrafica Editrice, proprietaria della tipografia in cui il giornale era stampato: la società era stata costituita nel 1925 da fascisti e da fiancheggiatori per mantenere un controllo indiretto sulla stampa locale, acquistando le tipografie cittadine che stampavano la stessa «Gazzetta di Parma» e «Il Piccolo».
In giugno, a Mezzani, fu collocata una corona di garofani rossi con l'effigie di Matteotti al centro, sotto la lapide del monumento ai caduti: i responsabili furono individuati e arrestati. In città, sulla tomba di Alberto Puzzarini, un comunista ucciso dai fascisti nel
1924, fu trovata una fotografia di Matteotti .
I casi più inquietanti e minacciosi dell'anno avvennero in luglio. All'inizio dei fatti di luglio, vi fu un grave incidente, che ebbe risonanza nazionale: il segretario del fascio di Parma, Marco Bernardi, schiaffeggiò Priamo Brunazzi, alto esponente dell'ANMIG nazionale e presidente dell'associazione locale, grande invalido di guerra e nell'occasione fu percosso anche Manlio Leonardi redattore de' «Il Piccolo», che accompagnava Brunazzi.
L'aggressione suscitò un'enorme impressione nella provincia, sia per ciò che
Brunazzi rappresentava, sia per la viltà del gesto (Brunazzi era mutilato di un piede e si reggeva con un bastone : il fatto fu deplorato dallo stesso Mussolini ed ebbe un seguito con un duello alla pistola fra i due protagonisti. Con l'incidente Brunazzi-Bernardi, s'innescarono ulteriori violenze: la devastazione e l'incendio della tipografia del «Piccolo», con danni irreversibili alle macchine; la devastazione degli studi di Giuseppe Micheli e dell'avvocato Ugo Grassi; la devastazione e l'incendio dello studio di Guido Albertelli; le percosse a Domenico Ravazzoni, popolare. Un petardo bellico fu lanciato contro la casa di Giuseppe Balestrazzi, segretario dell'ANMIG e, infine, un numero della «Gazzetta di Parma» fu sequestrato.
In un bilancio di ciò che era accaduto nell'ultimo mese, il prefetto commentava:
Dopo gli incidenti qui verificatasi recentemente, la situazione di Parma è tranquilla rispetto all'ordine pubblico. Conviene, tuttavia, fare delle riserve sulla stabilizzazione definitiva dell'ambiente rispetto alla desiderabile normalità, in quanto non è ancora appianata la questione tra mutilati fascisti ed avversari per isolare, da parte degli uni, gli attuali dirigenti della locale associazione, e da parte degli altri per resistere ed evitare ogni possibile disgregazione dell'Associazione stessa; e non sono ancora sopite le rivalità personali che serpeggiano nell'elemento fascista cittadino, anche come riflesso dei contrasti suddetti. D'altra parte, il cauto ma tenace, incessante lavorio di propaganda e di riorganizzazione dell'elemento sovversivo, specialmente di quello comunista, che opera con disciplina e riserbo ad inquadrarsi e rafforzarsi, induce ad una assidua azione di rigorosa sorveglianza così per seguirne le mosse e stroncare tempestivamente le manifestazioni, come per evitare azioni impulsive dei fascisti, specie nel noto quartiere popolare dell'Oltretorrente, che deve essere mantenuto sotto il più rigido controllo. Tutto ciò e l'irrequietezza tradizionale di questo ambiente sensibilissimo, facile agli scatti improvvisi ed alle sorprese, rende necessario da parte dell'autorità una condotta che da un lato si esplichi con opera moderatrice, e dall'altro si affermi con oculata prevenzione, dando sempre l'impressione di assoluta padronanza con affermazione di forza in confronto di tutte le varie
opposte tendenze
In agosto, gli incidenti ripresero: un gruppo di giovani fascisti sparò in Oltretorrente e gli abitanti, a loro volta, risposero con revolverate e gettarono tegole dai tetti sui giovani fascisti.
I numerosi arresti, fermi, perquisizioni e persecuzioni che si succedettero nel 1925
verso i comunisti conobbero il loro apice in settembre. Scriveva la «Gazzetta di Parma»:
Da un po' di tempo ] si sapeva di un risveglio comunista nella nostra citt . La propaganda fatta nascostamente, con proclami e piccoli manifesti volanti, stampati alla macchia, si concentrava specialmente sui giovani. Giovani studenti, lavoratori, impiegati erano specialmente presi di mira (se così si può dire) e tra essi venivano diffuse queste pubblicazioni comuniste contenenti i soliti concetti noti a tutti. Eccitamento alla rivolta, abbattimento della monarchia, ed odio contro la proprietà e la stessa patria, per rimuovere il governo e magari anche sostituirsi ad
esso
Per alcuni giorni carabinieri, polizia e milizia iniziarono nei rioni più indiziati minuziose ed accurate perquisizioni, che portarono ad una sessantina di arresti. Inoltre, l'ondata repressiva si allargò alla provincia e a militanti anche di altri partiti, oltre al comunista, con una quarantina di arresti a Cortile San Martino, Fontanellato, Fontevivo,
Langhirano, Noceto, Roccabianca, Sala Baganza, Salsomaggiore e Soragna .
In settembre fu ucciso a Barbiano di Felino un milite della MVSN, Mario Rossi, a colpi di fucile e bastonate e ferito un altro milite, in una lite fra la famiglia del Rossi e altra famiglia di un fondo limitrofo per un contrasto d'interesse: il prefetto attribuì il fatto a questioni di natura economica, non a cause politiche, sebbene la famiglia degli uccisori fosse appartenuta al partito popolare . Nello stesso mese, su segnalazione della MVSN, furono perquisiti i tetti di una casa di via Imbriani e ritrovati una cassa di tubi di gelatina esplosiva, bombe, micce, capsule detonanti, pacchetti di cartucce per mitragliatrici e 500 caricatori per moschetti . Furono sequestrati in città alcuni volantini e circolari della FGd'I, in parte affissi e in parte abbandonati per terra: furono fermati sette sovversivi per la loro diffusione e un pattuglione di agenti di pubblica sicurezza e di militi della MVSN, mentre inseguiva due sconosciuti in bicicletta che trasportavano altri manifestini, presso il Foro Boario fu fatto segno di un colpo di rivoltella, senza conseguenze .
A parte il caso dei possessori di armi, il prefetto si lagnava dell'insufficienza legislativa per colpire il sovversivismo:
Le relazioni, il possesso di giornali e riviste sovversive, la professione di principi comunisti ecc. sono elementi difficilmente incriminabili, inquantochè non è possibile dare ad essi un "nomen iuris" secondo la legislazione vigente. . Le operazioni compiute, comunque, avranno indubbiamente sensibile influenza morale per lo scompiglio apportato nell'organizzazione del partito comunista di questa provincia: influenza che verrà rafforzata efficacemente con imminenti provvedimenti di chiusura di alcuni esercizi pubblici e con la vigilanza più intensa che sarà
continuata con ogni rigore
In ottobre, furono arrestati Alberto Agnetti dello PSI e Arnaldo Gandini dello PSU, trovati in possesso di opuscoli antifascisti e tessere di partito, e vi furono una ventina di fermi di antifascisti in città: a Ronco Campo Canneto (Trecasali) furono gravemente feriti dai fascisti due fratelli, Alfredo e Antonio Paganuzzi, entrambi membri di una cooperativa già socialista. Il prefetto cominciò anche a chiudere associazioni ricreative che erano ricettacoli dell'antifascismo, ubicati nei quartieri popolari: chiuse la società Aquila in Borgo Torto perché «sotto l'insidiosa parvenza di uno scopo ricreativo e sportivo, raccoglieva in sé sovversivi - comunisti e repubblicani - con tendenze e finalità decisamente ostili alle Istituzioni ed al Governo Nazionale»53; analoga sorte toccò alla società di divertimenti Alba, in via Nino Bixio, che «sotto la parvenza di un sedicente fine ricreativo, altro non era se non un centro di propaganda e di azione diretta contro le Istituzioni ed il Governo Nazionale , e al Club Colombofilo Allodola con sede in Borgo Carra, che «sotto le apparenze dello sport, celava scopi antinazionali e propositi di propaganda ed azione sovversiva, resi evidenti anche dalle tendenze spiccatamente sovversive dei componenti . Oltre ai numerosi volantini comunisti e alle perquisizioni e arresti di comunisti, in via Imbriani in Oltretorrente fu esploso un colpo di rivoltella contro alcuni fascisti da uno sconosciuto, che poi si diede alla fuga .
Dopo l'attentato a Mussolini da parte del deputato socialista unitario Tito Zaniboni, che comportò lo scioglimento dello PSU anche a Parma, in novembre il ragioniere Crisso Copertini e l'avvocato Paolo Venturini furono percossi e nel contempo furono danneggiati gli studi di Aurelio Candian e di Agostino Berenini. A barriera Bixio, un milite notava un gruppo di una ventina di persone che cantavano: «Se non ci conoscete guardateci negli occhi noi siamo i vendicatori di Giacomo Matteotti. Noi siamo i più belli arditi di Picelli»57. Nello stesso mese, di nuovo vi furono arresti di antifascisti in città e provincia e il commissario prefettizio di Varano Melegari, il fascista Italo Taverna, fu percosso e accoltellato da un gruppo di operai che cantavano Bandiera rossa in un'osteria e che egli aveva cercato di ridurre al silenzio .
In dicembre, la violenza nei confronti degli antifascisti calò drasticamente , per i
tassativi ordini del Ministero dell'Interno e dello stesso Mussolini, emanati affinché cessassero le violenze in tutta l'Italia , e anche perché ormai l'antifascismo aveva già avuto un sufficiente passage au tabac, mentre esplodevano i conflitti fra i fascisti delle varie tendenze.
Nel 1925 il fascismo liquidò anche l'opposizione dell'Associazione Nazionale
Combattenti e dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra.
Nel dicembre 1918 era stata formata la sezione urbana dell'ANC, che per alcuni anni
svolse le funzioni di federazione provinciale e di cui l'iniziale gruppo dirigente proveniva dall'interventismo di sinistra, come il primo presidente, Ildebrando Cocconi . I progressi dell'ANC furono rapidi e consistenti nel mondo dei reduci, divenendo la più influente associazione combattentistica della provincia: nel novembre 1919, aveva 3226 soci, con
diciassette sottosezioni extraurbane e negli anni successivi si sviluppò ulteriormente sino ad arrivare a 10.000 iscritti nel marzo 192 e nel 1922 raggiunse i 12.000 iscritti, con circa quaranta sezioni o sottosezioni, cifra che manterrà sostanzialmente negli anni successivi. L'Associazione Nazionale dei Combattenti era organicamente e intimamente collegata con
l'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra (ANMIG), un'associazione fondata nel 1917 che fu la promotrice dell'ANC stessa e che alla fine del 1921 raggiunse i 3200 iscritti, diretta da Priamo Brunazzi e da Giuseppe Balestrazzi. Nella provincia di Parma l'Associazione Combattenti ebbe un particolare rilievo, a differenza dell'Emilia Romagna ove l'ANC era piuttosto debole .
Oltre ai fini di assistenza e di difesa degli interessi degli ex-combattenti, l'ANC si assunse in un primo momento anche compiti squisitamente politici, proclamando la fine di tutti i vecchi partiti e presentandosi alle elezioni politiche del 1919, come una sorta di 'partito dei combattenti', che peraltro ebbe scarsa fortuna. Tramontata l'idea di un "partito dei combattenti", ciò nonostante ANC e ANMIG continuarono ad esercitare una funzione politica, sia pure proclamando l'"apoliticità" o meglio l'"apartiticità" dei sodalizi. Negli anni del "biennio rosso", ANC e ANMIG si fecero depositarie dei valori positivi della guerra italiana, contro la generale tendenza della sinistra estremista a criticarne aspramente e annullarne il significato e l'importanza. Poi, negli anni cruciali della guerra civile, ANC e ANMIG cercarono di esercitare una funzione moderatrice fra le parti in conflitto: s'impegnarono per la cessazione delle violenze, cercando di ottenere la pace fra le parti contendenti, e furono dunque protagoniste e proponenti dei vari e fragili patti di pacificazione che si succedettero.
Dal punto di vista politico, nelle loro file ANC e ANMIG contavano fascisti e
simpatizzanti del fascismo, ma anche numerosi antifascisti dei partiti e movimenti sindacali contrari al massimalismo e al comunismo. L'orientamento generale di entrambe le associazioni non era però mai stato granché favorevole al fascismo: anzi, i fascisti le consideravano complessivamente antifasciste e fra il 1921 e il 1922 non erano mancati frizioni e conflitti in alcuni comuni fra fascisti e combattenti.
Sebbene l'ANMIG si mantenesse più dell'altra associazione combattentistica in una
sfera di autorità morale e invece l'ANC fosse maggiormente dentro la scena politica, una volta salito il fascismo al potere le due associazioni riconobbero il fatto della marcia su Roma e, pur reclamando la normalizzazione del paese, nell'insieme intrattennero discreti se non buoni rapporti col PNF, che nel frattempo, come partito di governo, le aveva elevate allo status di enti morali: l'ANC in alcuni casi delle elezioni comunali del 1922-1924 e l'ANC e l'ANMIG nelle stesse elezioni politiche del 1924 portarono un contributo ai successi elettorali del fascismo parmense.
Dopo la marcia su Roma, peraltro, nella provincia non restavano altro che brandelli
di organizzazione dei partiti antifascisti: mentre in città le leadership antifasciste erano sottoposte a forte controllo poliziesco e fascista, nelle campagne, ove il predominio dei fascisti era ormai assicurato e pressoché totale, non vi erano più le articolazioni del corpo dell'antifascismo, con l'eccezione della montagna ove i popolari mantenevano, sia pure con progressive difficoltà e arretramenti, le posizioni raggiunte negli anni precedenti.
In questo contesto, le due associazioni combattentistiche diventavano dunque, anche
come consistenza organizzativa, dei centri associativi inferiori soltanto al movimento fascista. Di qui, in particolare dal 1923, l'importanza di questo rilevante mondo di associazioni collegate alla guerra sia per il fascismo che per l'antifascismo, e innanzitutto per l'antifascismo democratico.
Per il fascismo, che si considerava e si proponeva come il movimento politico che massimamente valorizzava la guerra e la vittoria, era essenziale avere il suffragio di queste associazioni; per l'antifascismo, mentre si riducevano gli spazi di agibilità politica, divenivano del pari di notevole interesse le organizzazioni combattentistiche, che potevano consentire una ripresa politica, sia pure in maniera non aperta.
Materia principale del contendere era pertanto l'ANC, la più importante e la più
influente, e la battaglia per il suo controllo, in corso da tempo, nel 1924-1925 raggiunse il culmine.
Nei confronti del fascismo, l'atteggiamento delle due maggiori associazioni combattentistiche iniziò a cambiare col delitto Matteotti e con i due congressi nazionali, che
si tennero nel luglio 1924, dell'ANMIG a Fiume e dell'ANC ad Assisi: in entrambi i congressi, sia pure in maniera differente (molto cauta nell'AMIG, più aperta e decisa
nell'ANC), le due associazioni prendevano le distanze dal fascismo, reclamando un ritorno al regime liberale e costituzionale, alla sovranità assoluta dello Stato e della legge e la
condanna degli illegalismi, facendo prevedere un prossimo radicalizzarsi dei rapporti: i combattenti di Parma approvarono quasi all'unanimità la linea del congresso di Assisi, ove
Umberto Beseghi, presidente dell'ANC parmense, fu uno dei protagonisti.
Verso la fine del 1924, esplosero dunque apertamente anche i contrasti fra
combattenti e fascisti. Dopo le manifestazioni del 4 novembre, che abbiamo già ricordato, nel dicembre 1924, buona parte dello stesso gruppo dirigente dell'ANC e dell'ANMIG si schierò infine apertamente contro il fascismo e fece uscire nuovamente «La Libera parola dei mutilati e dei combattenti», che era stato nel 1919 il primo periodico dell'associazione ed era poi cessato nello stesso anno. Il periodico fu ripreso come testata non più legata ufficialmente all'associazione di cui però si considerava una corrente; una testata sostenuta da numerosi esponenti e fondatori dell'associazione stessa, anche fascisti, che durò pochi mesi, con numerosi sequestri, sino al febbraio 1925. «La Libera parola» assumeva alcune tesi del revisionismo fascista, propenso a superare il partito fascista, e si contrapponeva frontalmente all'intransigentismo fascista: un punto centrale della posizione del giornale era peraltro il riconoscimento della marcia su Roma, come evento positivo ed irreversibile. Tuttavia, era netta la presa di posizione antifascista. Scriveva il giornale:
Fascismo e combattentismo sono due termini antitetici. Il primo ha una origine spiccatamente reazionaria, gli altri sono decisamente democratici. Il contrasto è nelle idee - non in tutto lo svolgimento pratico del loro programma. Li abbiamo infatti veduti procedere d'accordo su questi due punti principali: ) Difesa della patria contro i nemici esterni; ) Difesa della nazione contro gli avversari interni. Ma una volta esauriti questi due compiti, essi hanno abbandonato la loro
strada comune
Il periodico prese anche le distanze dall'Aventino, scrivendo a commento del congresso delle opposizioni a Milano:
la sfiducia che ormai tutto investe, colpisce anche questi uomini che scendono dall'Aventino per comiziare oggi a Milano e domani a Napoli L'Italia stanca di esperimenti è stanca anche di chiacchiere. L'arena della battaglia non è un teatro chiuso e vigilato a Milano o a Napoli; è il parlamento
E puntualizzava:
delle opposizioni al governo fascista, due hanno una vera importanza storica. Quella dell'Aventino e la nostra. E con noi sono i più bei nomi dei nostri capitani di guerra. Quella dell'Aventino persegue uno scopo puramente negativo: rovesciare l'attuale ministero. Distruggere tutta l'impalcatura dell'edificio fascista. Il buono e il cattivo. Il giusto e l'ingiusto. Per libidine parlamentare. Anche noi siamo all'opposizione. Ma la nostra battaglia non è diretta contro tutto il fascismo, le cui direttive ideali abbiamo in gran parte appoggiate e difese, ma contro la degenerazione del Partito, che ha coperto, con la sua bandiera, tutta la merce più avariata che stava in agguato sui quadrivi della nostra terra. Siamo scesi in campo contro il furfantismo che corrompe, che sfrutta, che rovina. Accanto a noi i migliori del partito fascista sentono il disagio della loro posizione. La loro campagna revisionista non ha avuto sinora alcuna efficacia. Rimangono tuttavia nel partito per salvare tutto quanto esso ha offerto di buono al nostro paese. E con loro appoggia ancora il governo un gruppo di persone che vede nel pericolo comunista la più terribile minaccia alla nostra integrità nazionale. Restano fedeli a tutto il regime fascista - nelle sue virtù e nei suoi errori - e respingono qualsiasi consiglio di rinnovamento gli intransigenti in buona fede e i profittatori. Sui profittatori la nazione si è già pronunciata. Agli intransigenti in buona fede facciamo tanto di cappello. La loro mentalità rivoluzionaria non ha saputo accettare nessun compromesso, aderente alla realt . Noi chiediamo tuttavia: è l'on. Mussolini sempre prigioniero degli intransigenti, oppure è questa dell'intransigenza la sua stessa mentalità contro la quale ogni sforzo conciliatore deve infrangersi? Nell'un caso e nell'altro
l'attuale situazione è insostenibile
Dopo i fatti del 4 novembre e l'uscita della nuova versione de' «La Libera parola», fu immediata la reazione dei fascisti che compresero la pericolosità della posizione politica dei combattenti per l'incipiente regime. Annunciarono, come già avevano fatto dopo il congresso di Assisi, la costituzione di una federazione di combattenti fascisti, e il 24 gennaio si riunirono a tale scopo gli ex combattenti aderenti al fascismo, che
furono concordi nel riconoscere la necessità di un affiatamento fra fascisti e simpatizzanti, per l'intervento in seno all'Associazione Nazionale Combattenti, contro ogni deviazione del suo carattere di ente morale e di assistenza. Venne nominata una commissione con l'incarico di censire i fascisti ex combattenti e di concretare la linea di condotta nelle prossime assemblee, dopo l'invio a S E. Suardo ed al Direttorio Nazionale del Partito Fascista di un telegramma di protesta contro l'opera dei dirigenti locali e centrali dell'associazione predetta
Tuttavia, tale iniziativa fu un insuccesso e l'associazione combattentistica fascista, l'Unione
Nazionale Combattenti, non decollò.
In febbraio, su pressione dei fascisti locali, fu trasferito a Orbetello il presidente dell'Associazione Combattenti, Beseghi, cancelliere del tribunale. Nell'ANC, vari pronunciamenti espressero solidarietà a Beseghi e protestarono per il suo trasferimento . Di particolare rilievo fu il congresso provinciale dell'ANC, che si tenne il 22 febbraio: votò un ordine del giorno di solidarietà a Beseghi, che fu riconfermato presidente, e all'unanimità, oltre a tre astensioni, un altro ordine del giorno di sostegno alle decisioni del congresso di Assisi e di appoggio al comitato nazionale, in cui soprattutto si chiedeva «il ripristino di tutte le libertà fondamentali sancite dallo Statuto» . Tali pronunciamenti inasprirono il conflitto
fra fascisti e combattenti, che durò sino a maggio, quando lo scioglimento d'autorità dell'ANC nazionale da parte del governo fascista comportò anche il commissariamento della federazione parmense. Fu sciolto il comitato provinciale della Federazione Provinciale Combattenti e fu nominato commissario il fascista Luigi Tessoni, che a sua volta sciolse numerose sezioni comunali dell'ANC fedeli ai deliberati del congresso d'Assisi .
Più complessa fu la normalizzazione dell'ANMIG. Il 22 luglio, il «Corriere Emiliano» pubblicava un ordine del giorno del direttorio del fascio di Parma che rivelava il sistematico mancato invito dei fascisti alle cerimonie dei mutilati e accusava strumentalmente l'associazione di non avere esposto il ritratto di Mussolini nella nuova
sede. Riscaldarono ulteriormente i fascisti, dando luogo agli incidenti già ricordati, una vivace risposta sul «Corriere Emiliano» di Brunazzi, e un telegramma della sezione mutilati
di Parma a Federzoni:
Questa sezione mutilati vivamente protesta contro stupida deliberazione direttorio fascio Parmense stop. Omessa fotografia glorioso mutilato e compagno Mussolini insussistente, poiché sezione abbondantemente provvista stop. Dirigenti e gregari questa sezione hanno dimostrato nelle elezioni politiche con opera svolta e dopo affare Matteotti con telegramma pubblicati e condotta mantenuta loro lealismo verso regime e verso Governo stop. Tocca ora Governo
scegliere fra soliti camorristi e buoni cittadini
Alla fine di luglio si riunì di nuovo il direttorio fascista per esaminare il dissidio coi mutilati e approvò un comunicato di obbedienza alla direzione nazionale, che prescriveva la cessazione degli attacchi all'ANMIG: tuttavia, sorse un comitato di fascisti «per una campagna diretta ottenere elementi atti dimostrare indegnità attuali dirigenti associazione predetta e quindi chiedere sostituzione»74.
Per reazione, la sede dell'ANMIG fu presidiata da una quindicina di mutilati armati e ai primi di settembre Balestrazzi e Brunazzi si recarono dal prefetto:
I medesimi mi hanno dichiarato che mentre da loro parte è cessato ogni motivo di dissenso verso i locali fascisti, in seguito allo scambio di lettere tra le alte gerarchie dell'associazione mutilati e quelle del governo viene tuttavia mantenuta attiva mobilitazione spirituale degli avversari che attendono anche a preparare la stampa di un libello. Mi hanno altresì fatto presente che in vista di ciò sarebbe loro intenzione di rispondere agli attacchi che verranno mossi a mezzo della libera stampa facendo opportuni passi presso le superiori gerarchie per la pubblicazione di un periodico di indirizzo non contrario al Governo e di tendenze democratiche verso il sindacalismo
In effetti, i fascisti promossero la pubblicazione di un aggressivo libello contro i maggiori esponenti dell'ANMIG, diretto soprattutto a denigrare le figure morali di Priamo Brunazzi e Giuseppe Balestrazzi: ne era autore il tenente colonnello Giuseppe Furlani, fascista e mutilato di guerra, e brani e pagine di Governo e speculazioni di mutilati in Parma. La lotta contro il fascismo e i suoi capi (cronaca e documenti (tale era il titolo dell'opera) erano ampiamente riprodotti, a puntate, nei periodici fascisti, in particolare dal Corriere Emiliano e dalla Fiamma. L'opuscolo del Furlani fu distribuito e spedito il 5 settembre: «Tale pubblicazione [] ha destato notevole impressione», commentava il prefetto . Il libello accusava i dirigenti dell'ANMIG di appartenere alla massoneria e gli muoveva rilievi su gravi questioni morali, fra cui pretesi arricchimenti personali realizzati grazie all'ANMIG .
Commentava il prefetto con preoccupazione:
la situazione locale, lungi dall'essere chiarita, si è resa delicatissima e desta nuovamente preoccupazioni in seguito alla vivace ripresa della questione fra fascisti e mutilati in conseguenza della recente pubblicazione di un opuscolo contro i locali dirigenti dell'Associazione mutilati, il cui contenuto forma anche oggetto di articoli sulla stampa periodica cittadina. Per riflesso dei contrasti tra i predetti avversari, si manifestano sensibili ripercussioni anche in seno all'elemento fascista, determinando nervosismo ed eccitazione, mentre da parte delle opposizioni si tenta di sommuovere le varie correnti al fascio per creare imbarazzi e suscitare dissensi, D'altra parte il partito comunista, che incessantemente prosegue il lavorio di rinsaldamento dei quadri e l'organizzazione dei gregari, richiama l'attenzione per una sempre vigorosa vigilanza, che interessa interi quartieri della città
Comunque, nell'ultimo scorcio dell'anno il conflitto fra fascisti e mutilati cessò grazie alle diposizioni ministeriali sull'ordine pubblico per i violenti travagli del fascismo parmense, di cui si vedrà, e successivamente si trovò un modus vivendi fra ANMIG e fascismo.
Infine, nel 1925 il fascismo parmense liquidò i conti con la massoneria: il «letamaio massonico», com'era definita in una lunga serie di articoli del «Corriere Emiliano» con tale titolo. A Parma esistevano negli anni Venti quattro logge: tre logge di rito scozzese aderenti al Grande Oriente d'Italia (in città le logge Arte e Lavoro, della quale peraltro, non si rintracciano informazioni dopo il 1922, e la loggia Alberico Gentili, la più antica, la più nota e la più influente; a Salsomaggiore la loggia Emilio Zola) e una loggia, la Quirico Filopanti, anch'essa di rito scozzese, aderente alla Gran Loggia d'Italia e fondata nel 1923.
Nel maggio i fascisti della corrente avversa all'importante esponente liberale e poi
fascista Luigi Lusignani, che era stato l'artefice principale della loggia Quirico Filopanti, devastarono e incendiarono la loggia ferana di borgo Bicchierai e nel novembre, in conseguenza all'attentato Zaniboni e al «grave fermento che ha pervaso l'ambiente fascista, vivamente eccitato verso gli elementi d'opposizione, e specialmente verso i maggiori
esponenti della locale Massoneria giustinianea , il prefetto smantellò la massoneria del
Grande Oriente d'Italia, i cui aderenti erano stati oggetto durante l'anno di una lunga e brutale campagna di stampa del «Corriere Emiliano», sotto l'insegna della soppressione della «lebbra massonica».
Fu fermato e arrestato il venerabile della loggia Gentili, il ragioniere Adolfo De
Giovanni, e nella sua abitazione furono sequestrati documenti e carteggi, opuscoli e libri, regolamenti e timbri, indumenti per i lavori rituali come stole e grembiuli, ed elenchi massonici; furono fermati alcuni massoni di Salsomaggiore appartenenti alla loggia Zola, con dimostrazioni dei fascisti nei loro confronti, si procedette alla sospensione dal lavoro del dottor Alfredo Frassi, ufficiale sanitario del comune di Parma, «noto e attivo maggiorente di
detta massoneria» , e rettore dell'Università Popolare, insieme ad altri sei impiegati del comune aderenti alla massoneria e in altri comuni si presero analoghi provvedimenti; furono perquisite le abitazioni di circa sessanta massoni giustinianei, su cui furono svolte indagini approfondite.
Inoltre, fu sciolto il consiglio direttivo dell'Università Popolare, secondo il prefetto
«generalmente composto di massoni giustinianei ed esponenti d'opposizione, che avevano dimostrato in varie circostanze indirizzo ed attività politicamente ostili al Regime [pare che, fra l'altro, nella sua sede si fosse tenuta nel giugno una commemorazione di Matteotti], e dato anche ricetto, nella sede dell'Università stessa, a riunioni massoniche» . L'istituzione
aveva già subito, poco tempo prima, un'aggressione da parte dei fascisti e alla fine dell'anno fu commissariata, con l'insediamento di una commissione di fascisti o di filo-fascisti col compito di ricostruirla su nuove basi .
Infine, fu lambito dalla campagna anti-massonica il Circolo di lettura e conversazione, ritenuto un ricettacolo delle logge massoniche: la sede del circolo fu occupata per un breve periodo dalle squadre d'azione, il segretario del Fascio di Parma controllò scrupolosamente l'elenco dei 566 iscritti al circolo e, infine, i fascisti provocarono l'indizione di nuove elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo dell'istituzione, elezioni in cui peraltro la lista fascista rimase in minoranza, mostrando in tal modo la refrattarietà dell'associazione di origine risorgimentale alla fascistizzazione.
Sebbene Roberto Farinacci, che di massoneria se ne intendeva (era stato iscritto alla massoneria giustinianea e poi anche alla massoneria di Piazza del Gesù), ritenesse ancora nel maggio 1927 che «a Parma trionfa in pieno la massoneria , è indubitabile che i colpi subiti nel 1925 lasciassero stremato il sodalizio per i successivi anni del regime fascista, nonostante le ricorrenti indagini del prefetto al riguardo, spesso sollecitate da lettere anonime.
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