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LA STORIOGRAFIA LATINA
Dalle origini a Sallustio
La prima forma storiografica praticata a Roma fu quella annalistica, che riscosse un certo successo anche in periodi successivi. Per lungo tempo infatti si continuò a concepire l'opera storica come narrazione, anno per anno, di tutti gli eventi a partire dalle origini o dagli avvenimenti leggendari che le avevano precedute. Ogni opera impostata sull'impianto annalistico trattava in modo specifico le origini e il periodo contemporaneo all'autore, mentre in modo più succinto quello intermedio, comprendente le guerre puniche. Tale filone continuò ad avere larga diffusione anche dopo l'introduzione di altri modelli, come la monografia, e ne troviamo un classico esempio in Livio, che in un momento cruciale della storia di Roma passò in revisione tutti gli eventi dalle origini in poi, con accenni moralistici e celebrativi. Il primo esempio di annalistica è rappresentato dagli annales pontificum, precise narrazioni, effettuate anno per anno, della storia di Roma.
L'età arcaica non conobbe storici di professione, così come accadrà in seguito, tranne che in casi rari, come quello di Tito Livio. Infatti l'attività storiografica era destinata quasi esclusivamente ai membri della classe dirigente, anche se non di primissimo piano, che vi si dedicavano nei loro momenti di otium o in vecchiaia, esauritosi il loro impegno nella vita pubblica. Perciò la storiografia romana nasce come interpretazione, politica e morale, delle vicende storiche.
La prima opera storica di cui abbiamo notizia è quella di Fabio Pittore: scritta in lingua greca, ce ne restano pochissimi frammenti. L'impostazione annalistica di tale opera rappresenta un elemento di continuità con la cronaca pontificale, ma presenta diverse innovazioni: infatti l'autore ricercava e annotava la causa di ogni evento e si interessava anche della trattazione degli usi e dei costumi, della tradizione, della religione.
Catone
La storiografia trovò un grande innovatore in Catone: egli si proponeva di trasferire nel racconto storico quegli stessi principi, convinzioni e ideali che aveva perseguito nella vita politica.
Alla sua opera storica, le "Origines", Catone si dedicò solo in vecchiaia: segno che nei suoi anni migliori, fedele al mos maiorum si era impegnato in politica, mentre ora occupava dignitosamente i suoi momenti di otium. Egli polemizzava contro la tradizione puramente elencativa degli annales pontificum e l'ordine distributivo -anno per anno- degli eventi; al contrario egli raggruppava gli avvenimenti per argomento, senza tuttavia sconvolgerne la cronologia. Le Origines trattavano le vicende dalla venuta di Enea in Italia fino agli eventi più recenti. L'ambiente geografico inquadrato era più vasto, mentre gli interessi dell'autore si estendevano anche alle culture straniere e ai cosiddetti admiranda, eventi strani o miracolosi, probabilmente trattati a scopo di diletto.
Catone era contro il culto dei grandi condottieri e delle grandi famiglie, tendenza riscontrabile nell'opera, che si configura come una sorta di autocelebrazione: egli si presenta come difensore dei propri ideali e non risparmia lodi a se stesso. L'impegno polemico era accentuatissimo, soprattutto a proposito della degenerazione dei costumi e della decadenza dei valori antichi, fenomeni entrambi la cui nascita e conseguente diffusione vengono rintracciati nella distruzione di Cartagine: una tendenza destinata a prevalere in tutta la storiografia successiva.
Dopo Catone, che promosse l'uso del latino ella storiografia, due furono gli autori principali di opere a carattere storico: Hemina e Gellio, i cui interessi erano pressoché simili a quelli di Fabio Pittore.
La crisi sociale e politica dell'età graccana è chiaramente rispecchiata nelle opere concepite come documenti storici, che pur concentrandosi soprattutto su vicende contemporanee, ricercavano nelle antiche lotte tra patrizi e plebei la causa dei problemi attuali, come la distribuzione delle terre. E' questo il periodo in cui la narrazione storica inizia a essere concepita non solo come fonte di insegnamenti morali, ma anche come racconto piacevole.
La figura principale del periodo fu Celio Antipatro, che gettò le basi per lo sviluppo della monografia. Egli fu il primo a rompere i legami con l'arida impostazione annalistica a favore di una cura stilistica: le sue narrazioni abbondavano di peripezie e scene grandiose, mentre gli excursus venivano celati in sogni e presagi.
In età sillana due furono le figure di un certo rilievo: Asellione e Sisenna. Il primo introduceva spunti di storiografia tragica e, seguendo l'esempio di Polibio, indagava le motivazioni dell'agire umano; la storiografia era per lui indirizzata alla formazione dell'uomo politico. Sisenna si impegnò particolarmente nella cura dello stile, talvolta rifacendosi a Celio Antipatro, ma esasperandone le tecniche narrative.
La principale differenza tra la storiografia romana e quella greca era, come affermava Sallustio, che a Roma si considerava più importante "facere quam dicere": dunque lo storico romano considerava la sua attività come la diretta prosecuzione di quella politica.
L'esempio lampante di tale concezione sono i Commentarii: erano, letteralmente, appunti e annotazioni, che qualunque generale poteva tracciare durante le proprie battaglie e poi far rielaborare da esperti. In realtà erano dei mezzi utilissimi di autocelebrazione e giustificazione delle proprie imprese: quelli di Cesare ne sono l'esempio più classico.
Con Sallustio trova piena affermazione un modello storiografico ormai lontano da quello annalistico, che già Celio Antipatro aveva sperimentato: la monografia, che rinuncia alla continuità del racconto storico e si focalizza su un unico episodio, analizzandolo nelle cause e nei risvolti sul presente. Le due maggiori opere impostate su tale modello sono il "De Catilinae Coniuratione" e il "Bellum Iugurthinum". L'interesse per eventi recenti non è dovuto tanto ad una migliore documentazione dei fatti, quanto ad un diretto impegno nella vita politica. Sono le monografie di Sallustio il primo importante risultato dell'evoluzione della storiografia latina, il primo vero tentativo di fare del racconto storico un'opera d'arte. L'indagine di Sallustio è soprattutto volta a indagare l'animo umano e la sua psicologia, all'analisi interiore dei personaggi fondamentale perché ha dei riscontri nella società. Il suo è uno stile drammatico e arduo, conciso, caratterizzato da un velo arcaicizzante e spesso poetico. E' caratterizzato dalla brevitas (non solo concisione, ma anche pregnanza, intesa come capacità di riuscire a concentrare il massimo di significati nel minimo di parole), e dalla variatio, ovvero la tendenza a introdurre bruschi cambiamenti e ad evitare ogni esito scontato.
L'atteggiamento di Sallustio è pessimista: egli mostra grande preccupazione per la crisi dello stato, denuncia la decadenza dei costumi, causa di dissidi interni, di guerre civili, del disinteresse per la cosa pubblica.
Sallustio vuole rivendicare l'utilità dell'attività storiografica, che costituisce la diretta prosecuzione della politica. La storiografia era secondo lui preferibile perfino all'agricoltura, poiché spingeva all'emulazione delle grandi imprese degli antenati. Egli sublima infine il ruolo dello storico, e non potendo incarnare se stesso in tale figura, la cui vita non era stata certo lontana da colpe o quanto meno da sospetti, passa in rassegna le diverse qualità della storiografia e individua come sue caratteristiche fondamentali la veridicità e l'imparzialità.
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