La rivoluzione russa
Le rivoluzioni sono
due: febbraio e ottobre del 1917. Ma già una prima
rivoluzione è riconosciuta nell'anno 1905 durante il conflitto tra Russia e
Giappone. La
Cina, fino all'avvento di Mao, era un impero, la cui
autorità non veniva riconosciuta in tutte le regioni. Russia e Giappone si contendono il possesso della Manciuria cinese (pianura molto
fertile). La Russia
ne aveva bisogno per sfamare la popolazione, il
Giappone per impostare un sistema agricolo di tipo moderno. Il Giappone ottiene
una serie di vittorie grazie all'esercito elitario e tecnologicamente avanzato.
Armistizio con cui la Russia rinuncia alla Manciuria. Di
conseguenza gran parte dell'esercito, soprattutto della
marina, si ammutinò per l'arretratezza dell'apparato militare russo. Questa rivolta che coinvolgeva operai e contadini e si diffuse in
tutto il paese. Il re concesse la costituzione che prevedeva che il
potere legislativo andasse alla Duma, il parlamento
elettivo. Intanto, nel contesto del processo
industriale russo, iniziavano a nascere movimenti operai. L'industria nascente
russa era confinata in alcune città (Kiev, Minsk.), dove il capitale
industriale era in mano a stranieri perché la borghesia russa non ne aveva le capacità economiche. La servitù della gleba era
in vigore dal medioevo e i contadini avevano voluto mantenerla per vincolarsi
alla terra e avere sicuramente un lavoro. Ma ormai la servitù della gleba non
aveva più senso in un sistema economico agricolo (ma anche industriale per
colpa di una borghesia poco attiva) in grande
difficoltà. Lo zar si alienò la simpatia della popolazione contadina, ma anche
della classe dirigente; ne consegue un governo instabile, giochi di potere,
contrasti. Niccolò II che abdicò in favore del fratello
Michail Romanov. Si forma un governo provvisorio moderato in attesa che l'assemblea costituente creasse la
costituzione per formare la repubblica. Il governo provvisorio era di coalizione e includeva tutti i partiti tranne quello
bolscevico: i monarchici, gli industriali liberali (non russi ma stranieri), i
socialisti moderati (i menscevichi). I bolscevichi erano i socialisti
rivoluzionari che erano la maggioranza ed inoltre estremisti, volevano 1-la nazionalizzazione delle fabbriche (avversata dai
borghesi del governo provvisorio); 2-la nazionalizzazione delle campagne
(avversata dagli aristocratici del governo provvisorio); 3-ritiro dalla guerra.
Dopo il febbraio del 1917 i bolscevici aumentano vertiginosamente, I
bolscevici, che non riconoscono il governo, creano un movimento che nasce nelle
zone più industrializzate e che guarda agli interessi degli operai, fra cui fa
più proseliti, più che a quelli dei contadini. La nazionalizzazione
delle fabbriche prevedeva una confisca di queste ai proprietari e una gestione
di queste in senso socialista; anche le campagne dovevano essere affidate ai
contadini in gestione o come piccole proprietà. Lenin giunge in
Russia clandestinamente spinto e aiutato dai servizi segreti tedeschi,
che avevano a cuore un'uscita della Russia dalla guerra. Al potere della nuova
repubblica sovietica dovevano essere i soviet (consigli di fabbrica) formati
dai rappresentanti delle fabbriche eletti dagli
operai. Non esiste più la proprietà privata, lo stato assume
tutto il controllo di fabbriche, proprietà agricole e commercio. Successivamente il potere fu assunto da rappresentanti di
partito che erano funzionari fedeli allo stato. I liberali, gli aristocratici,
i socialisti moderati organizzarono una controrivoluzione. Con Lenin nasce l'armata rossa per difendere gli ideali comunisti, che, nata
nel 1917 per fronteggiare la controrivoluzione, si rafforzerà col tempo
fino a diventare una vera e propria macchina da guerra. Nelle campagne si attua
un provvedimento provvisorio si attua il comunismo di guerra, provvisorio
perché in quella situazione di disordine dello stato, si decide di
nazionalizzare le campagne con una retribuzione dei contadini da parte dello
stato proprietario, ma si aveva intenzione di impostare successivamente
nelle campagne un sistema basato sulla piccola proprietà, cedendo le terre ai
contadini. Nel 1921 col NEP (nuova politica economica) si attua questo: si
favorisce la piccola proprietà, aiutando anche con mutui i contadini
nell'acquisto delle terre.
Agricoltura e
produzione cambiavano da paese a paese dell'U.R.S.S. che producevano in un solo
ambito agricolo.
Dal 2° dopoguerra
fino a qualche decennio fa chi parlava della Rivoluzione Russa, del comunismo
in senso approfondito, anche in qualità d'insegnante, era bollato come
comunista.
Già in Francia nel
1871 e in altri luoghi c'erano stati movimenti popolari che avevano avuto
successo grazie alla solida struttura economica della borghesia. Il comunismo
diventa necessario quando il liberalismo accentua
notevolmente la disparità sociale, con le grandi masse che vivono di povertà a
causa di un governo poco attento o del tutto allo sbando, con leggi non
rispettate soprattutto dai ricchi che fanno quello che vogliono.
In Italia lo Stato
è stato dal 1° dopoguerra molto presente nella società col fascismo,
l'esperienza cattolica della DC, con l'anima comunista che non raggiunse mai il potere ma che è fortemente presente nella
cultura italiana; è intervenuto, ha dato assistenza. Lo stato liberale italiano è da sempre stato
di tipo sociale (basta pensare all'INA creata da Giolitti, che aveva
soppiantato le assicurazioni private).
Intanto dopo la Terza internazionale che
ritornò alla Prima, in Italia dal PSI nel 1921 si
scinde il PCI grazie a Gramsci.
Dopo la Rivoluzione la Russia esce dalla guerra; ai contadini viene ceduta la
terra e dopo 10 anni già erano proprietari terrieri e produttivi e
sufficientemente agiati. Scontro fra 2 modelli di comunismo:
quello di Trockij o internazionalista che però non ebbe seguito.
Internazionalismo=
idea per cui il comunismo deve partire da un paese per
poi diffondersi in tutti gli altri; prende il nome dalla Prima internazionale.
Trockij era
collaboratore di Stalin e quest'ultimo perseguitò lui e altri compagni che non
erano del tutto conformi alle sue idee, al partito dei
Soviet e tentennavano. Stalin aveva invece l'idea di comunismo presente in un
solo paese per far si che la Russia in questo tipo di
regime si rafforzasse in qualche decina d'anni, dimostrasse la validità del
comunismo e solo dopo l'imposizione agli altri stati che avrebbero avuto
rispetto alla Russia un ruolo di satellite. Infatti
non furono appoggiate le rivolte comuniste ne in Germania, ne in Italia, né in
Francia. Se si fosse favorito il comunismo in Germania, paese più solido della
Russia economicamente e militarmente, certamente la Germania
in poco tempo si sarebbe imposta politicamente superando la Russia. Secondo Stalin quando la Russia, ormai primeggiante,
avesse esteso il comunismo lo avrebbe fatto per creare
satelliti che soddisfassero i suoi (della Russia)
bisogni (come ad esempio quello agricolo). Molto storici
ritengono che Stalin abbia usato il comunismo in funzione della grandezza dello
stato, comunismo e nazionalismo. Prima ancora che realizzare l'uguaglianza fra
gli uomini, mirava a aumentare il potere della Russia.
Lenin invece voleva realizzare il programma di Marx, fu più vicino ai
contadini.