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La rivoluzione francese




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La rivoluzione francese

Premessa

La rivoluzione francese ha rappresentato nella storia dell'umanità un evento centrale, uno spartiacque tra due società: la società feudale e la società moderna. La critica, in questi ultimi due secoli, ha visto nella rivoluzione francese essenzialmente una 'rivoluzione borghese', nel senso che essa ritiene che si sia trattato essenzialmente di un fenomeno sociale che ha condotto alla sostituzione di una classe sociale dominante, l'aristocrazia, con una nuova classe sociale dominante, la grande borghesia commerciale ed industriale. Questa visione della rivoluzione francese la abbiamo ereditata da chi ha aderito ai principi e agli ideali di quella stessa rivoluzione o da chi si è sentito in una sorta di continuità politico-ideologica con la rivoluzione. L'analisi marxista moderna, però, non si può fermare alle parole d'ordine lanciate da chi ha fatto quella rivoluzione e non può iniziare un lavoro di studio e di interpretazione di un fenomeno sociale di tale rilevanza partendo a priori da un punto di vista falso anche se ideologicamente attraente per chi desidera nel profondo del proprio cuore il ripetersi - impossibile - di fenomeni rivoluzionari analoghi a quelli della rivoluzione francese. La rivoluzione francese, infatti, nella realtà non è stata una 'rivoluzione borghese' nel senso che usualmente si intende dare a questa espressione, perché essa non ha condotto alla sostituzione dell'aristocrazia con la borghesia commerciale e industriale in quanto classe sociale dominante tout court, ma ha condotto alla distruzione di una intera classe sociale, l'aristocrazia tradizionale, e alla sostituzione della vera classe sociale dominante nell'era dell'Assolutismo, l'aristocrazia burocratica di Stato, con un nuovo tipo di classe sociale dominante: la borghesia burocratica di Stato. La borghesia tradizionale ha goduto dei vantaggi derivanti dalla distruzione della società feudale, operata dalla classe sociale dominante, che inizialmente aveva le forme della aristocrazia burocratica di Stato e che poi ha acquisito le forme di un nuovo tipo di borghesia - appunto la borghesia di Stato -, ma in nessun momento è stata il motore dei processi rivoluzionari che hanno condotto al superamento della vecchia società e mai, neppure in questa fase, la borghesia commerciale e industriale è diventata la classe sociale dominante. L'unica vera nuova classe sociale dominante nata dalla rivoluzione francese è stata la borghesia di Stato e, già a partire dalla rivoluzione, la lotta di classe tra questa nuova classe sociale dominante e le classi sociali subalterne è scoppiata violentissima.

Le classi sociali dell'Ancien Régime

Le classi sociali fondamentali dell'Ancien Régime erano fondamentalmente:

l'aristocrazia burocratica di Stato, costituita dal re, dal governo e da quella parte della corte che in qualche modo interveniva direttamente nei processi decisionali, che nel regime dell'Assolutismo ereditato da Luigi XIV rappresentava la classe sociale dominante dal momento che deteneva nelle sue mani la quasi totalità del potere politico;

l'aristocrazia tradizionale, una specie di burocrazia politico-militare di origine medioevale a cui era affidata la gestione amministrativa dello Stato da cui traeva i propri privilegi, che si caratterizzava per la attribuzione individuale delle cariche e dei poteri e per la loro trasmissione ereditaria;

la burocrazia clericale, che partecipava insieme alla aristocrazia tradizionale alla gestione amministrativa dello Stato e alla possibilità di sfruttamento delle classi popolari tipiche dell'aristocrazia tradizionale;

la borghesia commerciale, industriale e finanziaria, che, a partire dal regno di Luigi XIV e, quindi, dalla nascita della aristocrazia burocratica di Stato in quanto classe sociale dominante autonoma rispetto alla aristocrazia tradizionale e portatrice di interessi radicalmente diversi - il primo interesse della aristocrazia di Stato, al contrario della aristocrazia tradizionale non è l'aumento dei propri privilegi economici, ma il costante incremento del sovrapotere istituzionale e sociale concentrato nelle sue mani -, era riuscita a ritagliarsi degli spazi sempre maggiori nel sistema economico e sociale francese;

le classi sociali subalterne, costituite in prevalenza da contadini e da artigiani.

Luigi XVI

La lotta tra le tre classi sociali dominanti, cioè l'aristocrazia burocratica di Stato, l'aristocrazia propriamente detta e l'aristocrazia burocratica clericale, sin da quando con Luigi XIV era stato imposto più o meno violentemente il dominio della prima sulle altre due, era stata costante. Le lunghe guerre in America e la crisi economica interna dagli effetti notevolmente destabilizzanti avevano spinto il re, già a partire dagli anni '80 del XVIII secolo, a cercare di rompere i meccanismi burocratico-feudali in modo da far ripartire l'economia come già avvenuto in paesi come l'Inghilterra. Si può dire, per certi versi, che a scatenare la rivoluzione francese, più che la fame e le guerre, sia stato il tentativo di un re - Luigi XVI - e del suo governo di risollevare la situazione economica e sociale del Paese, in modo tale di salvare la classe sociale dominante, cioè l'aristocrazia burocratica di Stato, che ruotava intorno ad essi, da una sicura ed inevitabile rovina a danno della aristocrazia tradizionale e a tutto vantaggio di quelle soggettività sociali, come la borghesia commerciale ed industriale, che, uniche, avrebbero potuto adempiere ad un simile compito. Il re e i suoi ministri sapevano benissimo, che non avrebbero potuto vincere la loro battaglia senza l'appoggio di queste nuove soggettività sociali e del popolo in genere. Luigi XVI , consigliato dal controllore delle finanze del regno Calonne, ha, quindi, deciso, a partire dall'agosto del 1786 di varare un piano che conducesse ad una reale democratizzazione del sistema economico, grazie a:

una riforma del sistema fiscale che colpiva tutti i privilegi feudali, dal momento che prevedeva la soppressione del ventesimo sui beni fondiari e la sua sostituzione con la sovvenzione territoriale, una imposta proporzionale al reddito, senza possibilità di distinzioni né di esenzioni, una imposta sulla terra non personale, che avrebbe dovuto colpire tutte le proprietà fondiarie dell'aristocrazia e della burocrazia clericale;

una riforma strutturale dell'economia, che prevedeva la distruzione delle fondamenta stesse della aristocrazia in quanto classe burocratica a cui era affidata l'amministrazione diretta del territorio mediante la soppressione di tutte le dogane interne allo Stato Francese con la conseguente unificazione del mercato nazionale a tutto vantaggio della piccola e media borghesia commerciale e delle nascenti borghesie burocratiche industriali;

l'associazione dei sudditi, sia pure solo dei più facoltosi tra i non aristocratici, cioè i borghesi, alla gestione del potere politico con la istituzione di assemblee municipali elette su base censitaria.

Il carattere devastante e rivoluzionario di queste riforme nella Francia del '700 danno l'idea di quanto il governo di Luigi XVI, ispirato anche dalle idee di certa nobiltà progressista, tutta imbevuta degli ideali dell'Illuminismo, si sia rivelato un governo tutt'altro che reazionario, che, anche se per difendere la propria classe di appartenenza dal tramonto, ha deciso di liquidare tutti quegli strati burocratici intermedi di derivazione feudale - la piccola e media aristocrazia e il clero - che si frapponevano fra sé e il popolo, assolvendo così una funzione assolutamente nel senso del progresso economico e sociale. In questo atteggiamento vi era già una tendenza della aristocrazia burocratica di Stato a trasformarsi in una moderna borghesia di Stato. La rivolta dell'aristocrazia tradizionale è stata immediata: il progetto di Calonne fu respinto una prima volta dalla commissione di notabili incaricata di esaminarla e di approvarla, una seconda volta - con Briènne al posto di Calonne - nel maggio del 1787, una terza volta dai Parlamenti Aristocratici, che sono giunti ad invocare addirittura la convocazione degli Stati Generali, unico organo competente a legiferare in materia di fisco. Lo scontro tra il re, deciso a stroncare la resistenza aristocratica, e i nobili è culminato il 3/5/1788 con il tentativo da parte del Parlamento Aristocratico di abolire il potere assoluto del re e di ridimensionare la aristocrazia burocratica di Stato. Il tentativo fallì, ma la lotta tra le classi sociali dominanti veniva così allo scoperto in maniera quanto mai eclatante e con un effetto delegittimante nei confronti del potere di quelle stesse classi sociali assolutamente esplosivo. La convocazione degli Stati Generali, chiesta dagli aristocratici, ne ha rappresentato l'inizio della fine perché ha messo in gioco un terzo soggetto, il popolo, riconoscendogli implicitamente il diritto di intervento politico. Come si è visto fino ad ora, la rivoluzione francese non inizia il 14/7/1789, ma diversi anni prima ad opera di un re e della classe sociale di cui era espressione, l'aristocrazia di Stato, decisi a centralizzare nelle proprie mani tutto il potere in un momento di grave crisi economica e sociale e a porsi in un rapporto dialettico con tutto il popolo, di cui si sentivano i legittimi e diretti - cioè non mediati in tale funzione da altri strati sociali come la nobiltà feudale - rappresentanti, pur mantenendo in realtà la propria funzione di classe sociale dominante. Questo atteggiamento trovò la sua massima espressione nella decisione del re di recarsi il 17/7/1789, cioè tre giorni dopo la presa della Bastiglia, al Municipio di Parigi dove gli è stata presentata da Bailly la coccarda tricolore, simbolo dell' 'eterna alleanza tra il sovrano e il popolo'. Luigi XVI pronunciò significativamente le seguenti parole: 'Il mio popolo può sempre contare sul mio affetto'. La nuova alleanza tra l'aristocrazia burocratica di Stato e il popolo scosse a tal punto l'aristocrazia tradizionale da spingere i suoi principali esponenti a lasciare la Francia. Da quel giorno, cioè da quando il re ha riconosciuto nel popolo e non in Dio la legittimazione del proprio potere, si è avuta una modifica del carattere fondamentale della classe sociale dominante. L'aristocrazia burocratica di Stato non fondando più il proprio potere sul diritto e la struttura economica e sociale feudale, non era più - a rigore - una vera e propria 'aristocrazia', ma diventava piuttosto una prima forma di 'borghesia di Stato', anche se il suo principale esponente era il re. Questa caratteristica sarà una costante anche di tutte le monarchie che si succederanno in Francia tra Napoleone I e Napoleone III. Lo sviluppo della borghesia commerciale ed industriale in Francia alla fine del '700, quindi, non è stata la causa, ma la conseguenza di una rivoluzione, che ha visto la graduale trasformazione della aristocrazia di Stato in un altro tipo di classe sociale dominante, molto più potente ed assolutista, la borghesia di Stato, che non tollerava la concorrenza di altre classi sociali privilegiate strutturate gerarchicamente al proprio interno: di qui la lotta alla aristocrazia tradizionale e la tendenza a favorire classi sociali, come la borghesia commerciale ed industriale, che raramente hanno la tendenza a darsi una struttura rigidamente gerarchica e burocratica al proprio interno. La guerra iniziata e persa da Luigi XVI contro i nobili rifugiatisi all'estero e contro le nazioni che li proteggevano, anche se costò la testa al re, non fermo questo processo di trasformazione sociale. La morte del re portò nuovi uomini al potere, ma le fondamenta strutturali della nuova classe sociale dominante, la borghesia di Stato, erano ben saldi: potevano cambiare i singoli individui - ieri il Luigi XVI della Costituzione del 1791, oggi Robespierre -, ma non cambiava la sua posizione e il suo ruolo sociale fondamentale. La borghesia di Stato, dopo la morte di Luigi XVI, posti ai propri vertici uomini molto violenti e risoluti, attuò ciò che il re non avrebbe mai potuto permettere: l'eliminazione fisica degli aristocratici rimasti in Francia. La borghesia di Stato dimostrava così di avere un carattere sovversivo nei confronti dei rapporti sociali e un carattere sanguinario, quale nessuna altra classe sociale dominante, al momento della presa del potere, aveva mai avuto nella storia. Il passo successivo, nonostante la demagogia democraticista della nuova classe sociale dominante, è stato il rafforzamento del proprio potere con la guerra all'esterno e una lotta ferocissima contro le classi sociali subalterne all'interno; e la borghesia commerciale ed industriale stavano a guardare.

Conclusioni

La centralizzazione dello Stato, iniziata in Francia con la rivoluzione e generalizzata da Napoleone in tutta Europa, è il frutto della nascita di una nuova classe sociale dominante: la borghesia di Stato. La borghesia commerciale ed industriale ne ha tratto vantaggio nel senso che la caduta dell'aristocrazia tradizionale le ha lasciato più spazio per le proprie attività, ma, se lo ricordino bene gli storici, non è stata lei a scatenare la rivoluzione francese né a condurla e a trarne i maggiori benefici. Una classe sociale nuova, determinata, demagogica e terroristica si è affacciata sul palcoscenico della storia tra il 1789 e il 1795 - la borghesia di Stato - e non lo avrebbe più abbandonato. E' in questo periodo che sono nate le prime organizzazioni politiche che per la propria struttura e le proprie finalità precorrevano la forma-partito - si pensi, ad esempio, alla organizzazione politica a cui avevano dato vita i giacobini -, intesa come strumento di formazione per gli uomini che dovranno andare a costituire i quadri della nuova classe sociale dominante e di redistribuzione del potere politico, economico e sociale fra gli elementi delle classi sociali subalterne più fedeli agli interessi di classe della borghesia di Stato: si passava così, a livello istituzionale, dalla forma oligarchica propria dello Stato aristocratico, alla forma poliarchica dello 'Stato borghese'.


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