La rivoluzione cristiana
La tradizionale religione romana, che Augusto aveva
tentato di rinnovare per rafforzare la moralità pubblica, aveva assunto
in epoca imperiale sempre più il carattere di un rituale di stato,
rivolto a garantire a Roma la devozione degli dei in cambio del culto dovuto
(carattere utilitaristico). In un società multietnica, attraversata da credenze
e culture diverse, caratterizzate da gravi ingiustizie e profonde disparità
sociali, gli stanchi riti del culto romano non potevano certo dare una risposta
ai grandi problemi della vita individuale: la felicità, il dolore, . Le classi
elevate, in particolare gli intellettuali, pur rispettando formalmente i
riti tradizionali, trovarono conforto nelle dottrine filosofiche
dell'ellenismo perché ricche di forte contenuto morale; queste dottrine
filosofiche erano: epicureismo (allontanava dall'uomo la superstizione),
stoicismo (invitava a partecipare alla vita politica per dovere). Si
rivolgevano anche, come una parte crescente della popolazione urbana, ai culti
orientali ( monoteisti e universalistici) che da tempo si diffondevano
nell'impero, offrendo ai credenti una speranza di salvezza dopo la morte (culto
di Iside, Mitra,.).
All'interno delle numerose comunità di ebrei,
presenti nelle principali città del Mediterraneo, comparvero i primi gruppi di cristiani.
Erano seguaci di Gesù di Nazareth, considerato il Messia-Cristo, cioè
l'inviato di Dio per la salvezza del popolo. Gesù, crocefisso attorno al 30,
aveva proclamato l'avvento del regno di Dio. Non si trattava del regno
terreno promesso dagli Ebrei, ma di un rivoluzionario messaggio di salvezza
spirituale, di liberazione dal male e dal peccato, destinato a tutti gli
uomini in particolare agli umili, poveri e perseguitati. Dopo vivaci contrasti,
i cristiani si separarono dagli ebrei, e formarono delle comunità autonome
chiamate chiese, rette da presbiteri (anziani) e diaconi (servitori)
e guidate da un vescovo, considerato successore degli apostoli. Nel
corso del II secolo le chiese cristiane svolsero un'intensa attività
missionaria diffondendosi in tutte le classi sociali.
Le autorità romane, in genere tolleranti nei
confronti delle diverse religioni, erano particolarmente severe con quei culti
che potevano essere e divenire movimenti sediziosi. Il rifiuto dei cristiani
di partecipare ai riti religiosi pagani
e di sacrificare al "genio" dell'imperatore li rendeva sospetti di slealtà
politica e di ateismo, quindi perseguibili. Il cristianesimo era
considerato, dalle leggi romane, un culto non autorizzato e quindi soggetto
a condanna penale. Di fatto dopo la prima persecuzione di Nerone (64) e quella
di Domiziano, da Traiano in poi gli imperatori adottivi non perseguirono
attivamente i cristiani, ma invitarono le autorità a processarli solo in caso
di denuncia.