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Roma e Cartagine
Compiuta l'unità della Penisola, ragioni di difesa e di sviluppo richiamarono Roma alla nuova missione mediterranea. L'Italia romana, ricca di giovani energie, era ora spinta verso il mare per cercarvi la sicurezza e il fondamento della sua potenza; ma si trovò di fronte Cartagine.
I Cartaginesi, dediti quasi esclusivamente ai commerci e all'espansione coloniale, possedevano una potenza navale di prim'ordine, forte e sperimentata, ma un esercito di terra formato da elementi mercenari. Roma era invece una forte e sperimentata potenza militare, fondata essenzialmente sull'agricoltura e sulla proprietà terriera dei suoi cittadini, pronti a difendere la patria non solo col cervello e col braccio ma anche col cuore. Essa dimostrò infatti quanto facile le riuscisse di costituire anche una forte potenza navale.
Questa differenza della struttura dello Stato e delle forze economiche, sociali e morali dei due grandi antagonisti, ci fa intendere le profonde ragioni sul trionfo finale di Roma.
Fino alla conquista romana della Magna Grecia le relazioni fra Roma e Cartagine erano rimaste amichevoli. Alla fine della monarchia etrusca a Roma, un primo trattato di amicizia riferito da Polibio al 509 a. C. costituisce il più antico documento sulle relazioni internazionali di Roma. Nel 306 fu convenuto il reciproco riconoscimento dell'Italia come sfera di azione esclusiva di Roma, e della Sicilia come sfera d'azione esclusiva di Cartagine; successivamente di fronte a Pirro si stipulò una nuova alleanza militare (278).
Dopo la sconfitta di Imera (circa 480 a. C.), la riscossa cartaginese in Sicilia si iniziò solo a seguito della catastrofe ateniese a Siracusa (418) e fu favorita dalla lotta fra i Sicelioti e gli Elimi. Con due spedizioni del 409 e del 406 Cartagine si era impadronita dei due terzi dell'isola e minacciava di nuovo Siracusa. Ma Dionisio, siracusano, nel 892 restrinse il dominio dei Cartaginesi alle città fenice ed elime dell'angolo occidentale della Sicilia. Altre sconfitte a opera dei Siracusani, i Cartaginesi subirono da Timoleonte (339), finché la gelosia di Agrigento non portò alla sconfitta del siracusano Agatocle (Ecnomo, 3l0).
A questo momento storico si deve l'accordo del 306 a. C. fra Roma e Cartagine, dal quale si desume che Roma non si disinteressava delle condizioni della Sicilia, dove gli insuccessi più recenti di Agatocle e più tardi di Pirro avrebbero lasciato l'isola alla mercè di Cartagine. In Sicilia infatti, nel duello contro i Cartaginesi per il dominio del Mediterraneo occidentale, ai Greci indeboliti dalla lunga lotta, stava per sostituirsi Roma.
La causa occasionale della guerra fu offerta dai Mamertini. Questi erano soldati mercenari italici e prendevano il nome da Mamers, nome osco di Marte. Licenziati dal governo siracusano, invece di ritornare alla loro patria si impadronirono di Messina (289 a. C.) e, sconfitti più tardi da Ierone, signore di Siracusa (265), invocarono l'aiuto dei Cartaginesi, che mandarono un presidio. Furono però presto scontenti del protettorato cartaginese, e chiesero aiuto ai Romani, che mandarono forze a Messina, sotto il comando di Appio Claudio Caudice.
I Cartaginesi concentrarono tutte le loro forze presso Messina e strinsero alleanza con Ierone; ma i due eserciti collegati furono sconfitti e i Romani riuscirono a staccare Ierone da Cartagine e a occupare Agrigento.
I Romani, che in realtà conoscevano da tempo l'arte navale, poterono anche provvedere alla rapida costruzione della flotta perché signori dell'Etruria e delle città greche dell'Italia Meridionale, da cui potevano ottenere navi, marinai e rematori.
Ricostruzione di una Bireme e di una Quinquireme romane.
Una prima flotta, al comando del console Gaio Duilio, presso il promontorio di Mibe (Milazzo) riportò una grande vittoria navale sulla flotta cartaginese, stimata quasi invincibile (260 a. C.). La vittoria fu in gran parte dovuta al sistema di ponti a uncini (corvi) per l'abbordaggio, che permetteva di trasformare la battaglia navale in tanti piccoli combattimenti di fanti a corpo a corpo, in cui i Romani erano assai superiori al nemico. Nell'anno 256, una nuova poderosa flotta sotto il comando dei consoli M. Attilio Regolo e L. Manlio Vulsone, sbaragliata la flotta cartaginese al Capo Ecnomo presso Licata, sbarcò l'esercito in Africa presso Clupea (Ermeo, attuale capo Bon).
Ma Attilio Regolo, rimasto in Africa, fu sconfitto e fatto prigioniero (255 a. C.).
I consoli Marco Emilio e Servio Fulvio con una nuova flotta sconfiggono i cartaginesi nei pressi del promontorio Ermeo, recuperano i soldati rimasti in Africa e tornano in Italia.
Fallito il tentativo africano, la Sicilia rimase il teatro della guerra e gli anni dal 255 al 242 furono i più difficili, nei quali non mancò l'attività piratesca da entrambe le parti.
Deciso l'allestimento di una nuova flotta poderosa, il console Gaio Lutazio Catulo investì Drepana (Trapani), dove si erano asserragliati i Cartaginesi e in uno scontro navale presso le Egadi sbaragliò l'armata cartaginese di 300 navi che trasportava ingenti aiuti alla fortezza assediata (241 a. C.).
A conseguenza di ciò Cartagine chiede e ottiene la pace a condizioni abbastanza moderate, rinunciando, a favore di Roma, al possesso della Sicilia e a far guerre senza il consenso romano.
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