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La Prima Guerra Mondiale




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La Prima Guerra Mondiale


L'occasione che portò alla Prima Guerra Mondiale fu l'assassinio dell'arciduca ereditario d'Austria Francesco Ferdinando e la consorte, a Sarayevo, ad opera di un gruppo di studenti, il 28 giugno 1914. Ma un intreccio di cause di natura politica, economica e culturale determinarono la guerra.

Le cause politiche furono la tensione, irrisolta, tra Francia e Germania, la questione balcanica, in cui Austria e Russia avevano opposti interessi, la rivalità fra Germania ed Inghilterra sulle colonie e il sistema di alleanze che legava le potenze europee, in modo che la guerra dovesse essere generale.

Le cause economiche furono la perdita del ruolo di prima potenza dell'Inghilterra, la spietata concorrenza nei Paesi europei per difendere le proprie economie, la fine della conquista coloniale e la corsa agli armamenti che divenne un grande affare economico che saldava gli interessi dell'industria pesante con il militarismo ed il nazionalismo.

Per ciò che concerne le cause culturali all'idea di patria si andava associando un insieme di elementi reazionari, di razzismo, di aggressività imperialistica, di istinto di potenza. Pertanto anche le ideologie ed i fenomeni culturali diffusi costituirono una delle ragioni dello scoppio del conflitto. All'inizio delle operazioni militari la strategia tedesca, che avrebbe voluto una «guerra lampo», si scontrò con la capacità di resistenza degli eserciti dell'Intesa (Inghilterra, Francia, Russia, Giappone); la guerra divenne così «di posizione», con milioni di soldati sparsi sia sul fronte occidentale che su quello orientale. A questi due si aggiunse quello marino, dove combattevano Inghilterra e Germania, per garantirsi possibilità di rifornimento di armamenti e di generi di consumo. Subito dopo la dichiarazione di guerra l'Italia fu divisa fra interventisti e neutralisti. A favore della guerra erano i nazionalisti che rivendicavano terre italiane (Trento e Trieste) o parzialmente italiane (Istria e Dalmazia), gli irredentisti che rivendicavano solo Trento e Trieste in nome degli ideali risorgimentali, i socialisti riformisti ed i radicali. Contro la guerra furono la maggioranza degli italiani, operai e contadini, rappresentanti del partito socialista e cattolici, i liberali ed i giolittiani.

L'Italia abbandonò il sistema di alleanze in cui era inserita ed il 26 aprile 1915 aderì all'Intesa, perché prevalsero le propagande dei nazionalisti e degli irredentisti che volevano la liberazione di tutto il territorio italiano; famose furono in quest'ambito le declamazioni di Gabriele D'Annunzio. Molto vicino a queste posizioni furono alcuni socialisti rivoluzionari guidati da Benito Mussolini che, espulso per questo motivo dal PSI, fondò un nuovo giornale, il popolo d'italia, strumento di propaganda bellicista. Così, il 24 maggio 1915, l'Italia entrò in guerra, aprendo un altro fronte: lungo i confini con l'Austria dal Carso al Trentino. I primi due anni di guerra furono caratterizzati da un sostanziale equilibrio militare fra le forze in campo; divenne un conflitto di logoramento su tutti i fronti. Questa situazione cominciò a far coagulare una decisa opposizione alla guerra, animata da gruppi di socialisti e dalla Chiesa cattolica che si pronunciarono contro «quell'inutile massacro». Il 1917 è l'anno fondamentale del conflitto. Sul piano militare si verificarono due fatti destinati a pesare notevolmente: l'ingresso degli USA in guerra e l'uscita della Russia, attraversata da una crisi che avrebbe portato alla caduta dello zarismo ed alla rivoluzione comunista. A ciò si aggiunse il rifiuto della guerra da parte dei soldati, cosa che divenne un fenomeno di massa e che produsse diserzioni ed atti di insubordinazione collettiva. Il disfattismo dei soldati andava di pari passo con quello delle popolazioni, travagliate dalla miseria, dalla carestia crescente, dall'inflazione e dalle condizioni di lavoro spesso insopportabili. Questa situazione determinò un ulteriore autoritarismo da parte dei governi che vide la delegittimazione del Parlamento. In questo periodo prese avvio la decisiva offensiva austro-tedesca per risolvere il conflitto prima dell'ingresso in guerra degli USA. A farne per primo le spese fu l'esercito italiano, sconfitto a Caporetto con gravissime perdite umane e materiali; ma l'offensiva tedesca si arenò sul fronte occidentale, dove gli eserciti franco-inglesi resistettero strenuamente.

Con l'arrivo delle forze americane, le armate dell'Intesa passarono alla controffensiva e nel giro di 3 mesi, da agosto ad ottobre 1918, ebbero la meglio sugli austro-tedeschi. Si aprì così, a Versailles, la conferenza di pace. Al tavolo delle trattative si scontrarono due diverse strategie: quella francese a cui si adeguò il resto dell'Europa animato dal desiderio di annientare la Germania, e quella americana, propugnata dal presidente Wilson, volta a promuovere la riorganizzazione politica e territoriale dell'Europa sulla base del principio dell'autodeterminazione dei popoli. Purtroppo prevalse la prima tendenza, pertanto le legittime aspirazioni nazionali di diversi popoli furono subordinate al desiderio di imporre durissime condizioni ai vinti.

Sorsero nuove nazioni: Austria, Ungheria, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia.

L'Italia ottenne il Trentino, l'Alto Adige, Trieste e l'Istria ma non la Dalmazia.



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