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Il '900 è un secolo attraversato dal dibattito sull'autonomia degli intellettuali, cioè sull'esigenza che essi, nello svolgimento della loro funzione, mantengano una collocazione separata e neutrale rispetto ai processi storico-politici del loro tempo, o, al contrario, si schierino, prendano posizione a favore o contro l'uno o l'altro degli schieramenti in campo.
La questione dell'autonomia degli intellettuali si pone soprattutto come problema del rapporto tra intellettuali e politica. A volte alcuni intellettuali scelsero di rifiutare ogni coinvolgimento, mantenendo una totale neutralità, nella convinzione che compito degli intellettuali fosse quello di mantenersi al di sopra della mischia, salvaguardando i valori della cultura. Altri scelsero la strada opposta, quella della presa di posizione, e tra questi Sartre, che descrisse il modello teorico della presa di posizione teorizzando un impegno (éngagement) dell'intellettuale nell'azione politica e sociale come un "compagno di strada" che mantenga una sfera autonoma di critica e di dissenso.
Per quanto riguarda la vita di Sartre, questa è stata caratterizzata da un intenso impegno politico-culturale, durante la Resistenza e nei decenni successivi alla guerra. Di questo impegno è espressione la rivista I tempi moderni, affermatasi come autorevole periodico della sinistra europea. Sartre ha affermato che l'intellettuale deve partecipare direttamente ai grandi conflitti del proprio tempo. Egli ha testimoniato in prima persona questo impegno partecipando a grandi campagne di opinione contro il riarmo atomico, contro le guerre d'Indocina e di Corea e l'invasione sovietica dell'Ungheria e a favore delle lotte di liberazione dei popoli ex-coloniali. Importante è stato il ruolo che egli ha svolto in occasione della guerra d'indipendenza algerina, sia a sostegno del diritto degli Algerini all'indipendenza dalla Francia, sia con la denuncia delle torture inflitte dall'esercito francese ai combattenti algerini. Nel '68 si schiera a favore degli studenti e , più in generale, del Maggio francese e condanna l'invasione della Cecoslovacchia, rompendo con il Partito comunista francese. Sartre si era definito sempre e solo un "compagno di viaggio" dei comunisti, a cui nel dopoguerra si era avvicinato, intendendo, con questo, di voler condividerne il percorso, ma mantenendo una piena indipendenza di valutazione e giudizio. Negli ultimi anni si allontanò dal Marxismo e sembrò orientarsi verso un'etica della solidarietà e della fraternità.
Per quanto riguarda l'aspetto prettamente filosofico, ne "L'esistenzialismo è un umanismo" viene marcata la dimensione progettuale della libertà, non più come indifferenza delle scelte, ma come responsabilità assoluta del soggetto e delle sue scelte. L'uomo, dice Sartre, sarà ciò che avrà progettato di essere. Egli è totalmente responsabile della sua esistenza, non solo per sé, ma per tutti gli uomini. Chi sceglie, sceglie per sé, e per tutti gli altri uomini. La scelta è assunzione di responsabilità che si manifesta in ogni situazione, anche in quelle che appaiono più lontane dalla nostra portata: ad esempio, anche di una guerra dichiarata da altri e nella quale m i trovo coinvolto, io porto, in qualche misura, la responsabilità, perché ad essa potrei comunque sottrarmi, magari con la diserzione o con il suicidio. E se non lo faccio, allora quella diventa anche la mia guerra, scrive provocatoriamente.
È un concetto nuovo di responsabilità morale dell'individuo, di fronte a scelte che solo a lui spetta compiere, responsabilità per i significati che, in ragione di tali scelte, il mondo viene ad assumere
Ungherese 1913-1954. Emblema del fotogiornalismo eroico, Robert Capa ha creato la figura del fotoreporter intrepido che affronta sorridendo le pallottole, con una misteriosa capacità di essere sempre al posto giusto nel momento giusto.
Nato Andrè Friedman, Robert Capa studiò scienze politiche a Berlino nei primi anni trenta e in quel periodo vide pubblicata la sua prima fotografia, di Trotsky. Con l'ascesa di Hitler fu costretto a riparare a Parigi, dove inventò l'identità del "famoso fotografo americano Robert Capa" per giustificare l'applicazione di tariffe più alte. Frequentò i principali circoli intellettuali della Parigi prebellica, incontrando personaggi come Ernest Hemingway, Pablo Picasso, e il fotografo Henri Cartier-Bresson.
Il suo reportage sulla Guerra civile spagnola (1936-1939) è giustamente considerato un esempio perfetto di fotogiornalismo completo, appassionato e umanitario, che comprende la celebre immagine di un soldato colpito a morte. La sua tecnica era ridotta all'essenziale, basata sul suo detto " se le tue foto non sono abbastanza buone è perché non sei abbastanza vicino" e determinata anche da pregi e limiti della Leica che usava.
Malgrado la sua fama di uomo temerario, Capa detestava la guerra. A Capa interessava il lato umano della guerra e il suo genio sta nella capacità innata di cogliere le emozioni. Confessò che "non è sempre facile stare lì e non poter fare nulla se non registrare la sofferenza intorno" e sperava ardentemente di rimanere "disoccupato come fotografo di guerra per il resto della vita".
Oltre alle immagini, ha dato un contributo duraturo alla fotografia con la fondazione dell'agenzia Magnum (con il fotoreporter polacco David "Chim" Seymour, il francese Henri Cartier-Bresson, il britannico George Rodger e l'americano William Vandivert). Lo stile dell'agenzia, che combina fiuto commerciale e ideali umanitari porta il marchio di Robert Capa, sin dall'inizio infatti l'Agenzia fu ideologicamente impegnata a denunciare i mali sociali, le persecuzioni dei deboli, i problemi del Terzo Mondo, le vittime del Fascismo e delle guerre.
Le notizie provenienti dalla Spagna durante la guerra civile inquietano l'artista. Molti suoi amici che vivono in francia partono per prendere parte alla difesa della Spagna repubblicana contro la propaganda franchista, nella guerra civile spagnola scoppiata il 18 luglio 1936: Ricasso è tenuto al corrente dai racconti, tutt'altro che ottimisti, degli amici e della madre che vive a Barcellona.
Nonostante di solito non si consideri un artista engagé, si sente più che mai vicino alla lotta anti-franchista. Nel 1936, accetta la nomina a direttore del Prado. Nel gennaio 1937 incide una serie di grandi lastre, divise in nove parti, e scrive un lungo testo poetico, Sogno e menzogna di Franco, nel quale denuncia il terrore e la brutalità dela guerra: "Gridi di bambini gridi di donne gridi di uccelli gridi di fiori gridi di travature.gridi di fumo che pongono alla gola i gridi che cuociono nella caldaia e i gridi della pioggia di uccelli che inondano il mare che rode l'osso e si rompe i denti mordendo il cotone che il sole intinge nel piatto.". Le cartoline tratte dalle incisioni sono diffuse e vendute insieme al testo e alla sua traduzione in inglese e francese. La somma ricavata è devoluta agli spagnoli repubblicani.
Il governo francese decide di organizzare nel giugno 1937 una grande esposizione internazionale delle Arti e delle Tecniche. Il progetto per il padiglione spagnolo è affidato all'architetto José Luis Sert e a Luis La Casa, con la collaborazione dello stesso Picasso. Questi decide di realizzare una composizione monumentale, e a tal fine affitta due piani di una casa secentesca in rue des Grands-Augustins nella quale allestisce un grande-studio.
Dopo mesi di ricerche finalmente individua il tema dell'opera quando il 28 aprile la città basca di Guernica è rasa al suolo dai bombardieri tedeschi. Picasso decide di raffigurare la tragedia nel grande dipinto destinato al padiglione spagnolo. Le figure che per prime appaiono in schizzi e dipinti con precipitazione, ira e passione, sono il toro, la donna che illumina la scena e il terribile cavallo ferito, al centro. Alcuni di questi elementi erano già stati realizzati nella incisione di "Sogno e menzogna di Franco". Schizzi a matita o a olio,eseguiti direttamente sulla tela o in studi preliminari, si susseguono uno all'altro, aggiungendosi a un centinaio di studi preparatori realizzati per Guernica. Ultimamente è stato detto che durante il primo viaggio in Italia (1917) Picasso potrebbe aver visto le riproduzioni del Trionfo della morte, un affresco attribuito a Pisanello, e oggi conservato a Palazzo Abatellis di Paleremo sede della Pinacoteca Nazionale. Nell'affresco compaiono alcuni elementi, come ad esempio il cavallo, che Picasso avrebbe "sintetizzato" in Guernica. Ma l'ipotesi che accomuna le due opere, per quanto affascinante, non è ancora stata confermata.
La tela su cui decide di lavorare è grande all'incirca tre metri di altezza e otto di lunghezza,e per introdurla nello studio di rue des Grands-Augustins, Picasso è costretto a piegarla leggermente indietro. Grazie alle preziose foto di Dora Maar, scattate durante il lavoro, e agli studi preliminari in gran parte pubblicati, si può oggi risalire alle varie fasi della realizzazione. Agli elementi citati si aggiungono via via la madre che, urlando verso il cielo, stringe il figlio morto tra le braccia, collocata sulla sinistra della composizione, e il guerriero che impugna la spada spezzata. Solo dopo ripetuti e non convincenti tentativi di inserire il colore, attraverso, ad esempio, dei frammenti di materiale eteroclito giustapposto come esperimento in alcuni studi, Picasso decide di realizzare l'opera in colori che non si discostino dal bianco, dal nero, dal bruno e dalle sfumature di azzurro, per depurarla di inutili abbondanze e farne risaltare la forza nell'essenzialità.
Nonostante l'artista abbia realizzato l'opera ispirandosi alle immagini e ai racconti che i mezzi di comunicazione avevano dato del terribile accaduto, in Guernica non vi è un vero e proprio aspetto narrativo, e forse anche per questo le letture simboliste si sono susseguite nel corso dei decenni. Il capolavoro, concluso in meno di due mesi, è immediatamente considerato un'opera sublime dalla maggior parte degli osservatori, tanto che diventerà nel giro di pochi anni il simbolo del pacifismo mondiale. Ogni singolo dettaglio dell'opera si mostra nella sua cruda semplicità che è la fonte della forza dell'insieme. Ma alle reazioni entusiaste si accompagnano divisioni politiche tra i critici dalle opposte ideologie. Un numero intero dei Cahiers d'Art, curato da Christian Zervos, è dedicato a Guernica e ai suoi studi preparatori. In esso appaiono articoli di Jean Cassou, Georges Duthuit, Michel Le iris, Pierre Mabille e dello stesso Zervos, accanto a due poesie, una di Paul Eluard e l'altra del poeta cattolico spagnolo Josè Bergamin.
Il quadro fu esposto per la prima volta nel padiglione spagnolo dell'Esposizione internazionale delle Arte e delle Tecniche a Parigi e fu acquistato dalla Repubblica spagnola per 150.000 franchi. Ma quando la guerra civile fu vinta dai franchismi Picasso decise di mandare l'opera negli Stati Uniti e di affidarla al Museum of Modern Art, "fino a che in Spagna non fosse tornata la democrazia". Dopo l'Esposizione internazionale di Parigi, la tela di Guernica viaggiò da un'esposizione all'altra raccogliendo vasti consensi. Fu esposta nell'estate del 1938 In Norvegia e a Londra, nell'New Burlington Galleries del West End prima e presso la Whitechapel Art Gallery dell'East End dopo. Le due gallerie furono sempre affollate di visitatori accorsi per ammirare sia Guernica sia gli schizzi preparatori. Dopo Londra andò a Leeds, a Liverpool e infine a New York, dove il MoMA ospitò una grande retrospettiva dedicata a Ricasso e organizzata da Alfred Barr. Solo la notizia della morte dell'amata madre nel 1938 interruppe il momento di successo e soddisfazioni.
L'opera "Guernica" fu per Picasso l'occasione per affrontare un tema politico. Il feroce bombardamento diventa inno universale pronunciato contro gli orrori della guerra. La tecnica adottata e la monocromia scelta si adattano perfettamente a un'opera che vuole denunciare le conseguenze luttuose e distruttive di un evento bellico.
Come scrisse Herbert Read, Picasso creò un "monumento alla disillusione, alla disperazione, alla distruzione".
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