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Introduzione
La guerra che scoppiò nel 1914 fu un avvenimento nuovo nella storia dell' umanità perché fu la prima guerra generale "mondiale" che vide lo scontro di tutti i grandi Stati , i quali impegnarono le capacità produttive dell' industria moderna e le risorse della tecnica per preparare strumenti di offesa e di difesa. Fu una guerra di massa combattuta per terra, per mare e nell' aria con impiego di armi mai prima usate( carri armati, aerei, sommergibili) e con il ricorso a nuovi mezzi di lotta economica e anche psicologica. Venne combattuta dai belligeranti fino all' esaurimento e al crollo, finendo con l' apportare radicali sconvolgimenti anche all' economia internazionale aprendo così la via a ripercussioni e conseguenze che durarono a lungo anche nel dopoguerra.
La terra non avrà più membra intatte
E domani l' anima sarà calpestata
Da piedi stranieri
E tutto ciò perché un tizio qualsiasi
Possa allungare le mani
Su qualche Masopotamia.
Tu che combatti per loro e muori,
quand' è che ti leverai in piedi
in tutta la tua statura
e lancerai sulla loro faccia
la tua ira profonda
in un grido.. - Perché
si combatte questa guerra?
Majakovskij
Le cause della prima guerra mondiale non
si possono individuare in modo preciso; tuttavia è possibile delineare i
principali motivi di dissidio tra le potenze europee. In primo luogo la
questione dei confini franco - tedeschi:
La Germania inoltre era la più terribile concorrente economica della Gran
Bretagna, anche se ad un grande sviluppo industriale corrispondeva una forte
dipendenza alimentare, aggravata dalla mancanza di un vasto impero coloniale e
da una flotta insufficiente; questo naturalmente non poteva andare bene alla
Germania Guglielmina.
Questione coloniale e riarmo navale furono i principali motivi di tensione tra
Germania da un lato, Francia e Gran Bretagna dall'altro.
Riguardo la prima,
Per fare questo però, bisognava rinforzare gli armamenti:
Si assistette dunque ad una rivalutazione e ad un acquisto di potere da parte
delle gerarchie militari e ad un irrigidirsi del sistema di alleanze europee
che avrebbe impedito la soluzione diplomatica agli incidenti che si sarebbero
sviluppati dopo.
L' inizio del conflitto.
Dunque diverse circostanze contribuirono a
scatenare una guerra di dimensioni inaspettate. Il XIX secolo aveva visto
nascere una serie di rivalità tra le grandi potenze europee.
La guerra si dimostrò subito diverso
rispetto a tutte le altre, sia per la grande massa di uomini impiegati sia per
i nuovi e terribili armamenti.
Nonostante una prima posizione di neutralità, i socialisti europei finirono per
cedere alle posizioni nazionaliste e si dichiararono favorevoli all'intervento
in guerra, votando i crediti per gli armamenti.
Esisteva una grande sproporzione tra le forze della Triplice e quelle
dell'intesa e per questo motivo il piano tedesco ideato da Schlieffen prevedeva
la guerra - lampo, in modo da sconfiggere subito
Sicuramente più successo ebbe il blocco navale Britannico, al quale si opponeva
la guerra sottomarina tedesca. Un incidente però, ossia l'affondamento del
piroscafo civile Lusitania, con 100 cittadini americani, attirerà sulla
Germania le antipatie degli Stati Uniti.
L' Italia in guerra
In base all'articolo 7 del trattato che univa l'Italia alla Germania e all'Austria, la posizione neutrale assunta dall'Italia era perfettamente legittima, infatti il punto prevedeva la discussione preventiva dei territori da dare in compenso alla fine della guerra e ciò non era avvenuto. Ma il problema della posizione italiana rimaneva irrisolto.
All'interno del paese erano infatti schierati i neutralisti e gli interventisti. Ai primi appartenevano:
i socialisti: essi infatti ritenevano la guerra voluta dalle grandi potenze imperialiste e capitaliste europee ma d'altra parte erano isolati e il loro neutralismo era stato indebolito dalle posizioni interventiste dei socialisti europei;
i cattolici: ovviamente il pontefice non poteva che schierarsi contro la guerra, anche se esisteva ancora il contrasto tra l'obbligato neutralismo della Chiesa e la dovuta lealtà dei cattolici allo Stato di cui facevano parte;
i giolittiani: Giolitti sosteneva che la guerra sarebbe durata molto tempo e l'Italia era impreparata sia economicamente che militarmente ad affrontarla. Ma Giolitti non si limitò a manifestare la sua posizione sulla situazione italiana, anzi formulò un'analisi della situazione internazionale: egli riteneva che si sarebbe potuto ottenere 'parecchio' senza la guerra, ove parecchio indicava l'opportunità di contrattare la neutralità come se fosse una vittoria. D'altronde anche la situazione dell'Austria, che non poteva resistere all'urto di altre diverse nazionalità, lasciava presagire ciò. Invece proprio l'Austria era assolutamente contraria a qualsiasi cessione di territori, nonostante le pressioni tedesche.
Agli interventisti appartenevano:
gli 'interventisti democratici' e i 'socialisti riformisti': i primi erano fautori di una pronta cessione delle terre irredente; i secondi ritenevano che solo sconfiggendo gli imperi centrali si potevano attuare le aspirazioni di indipendenza nazionale e di democrazia dell'Europa intera; gli esponenti del sindacalismo rivoluzionario: guidati da Mussolini, essi credevano nella prospettiva rivoluzionaria che potrebbe nascere dalla sconfitta degli imperi centrali e criticavano apertamente la passività dei socialisti italiani;
i nazionalisti: essi vedevano nella guerra esclusivamente anti - democraticismo e ambizioni espansionistiche;
i liberali conservatori: essi ritenevano che da un lato, entrando in guerra, al parlamento venivano dati poteri straordinari tali da far finire per sempre le riforme giolittiane, e dall'altro puntavano a riottenere i territori del Trentino e Trieste e di far acquistare all'Italia lo status di grande potenza.
Era allora ormai inevitabile la rottura da parte dell'Italia
della Triplice Alleanza sancita nel 1915 con il Patto di Londra tra Italia,
Inghilterra, Francia, Russia. Il governo Salandra appoggiato dal re sostenuto
dalle grandi manifestazioni di piazza promosse dagli interventisti di destra e
sinistra, nonché dalla campagna di stampa capeggiata dal "Corriere della Sera",
unitamente alla passività nelle forze neutraliste, che non osavano rischiare
una crisi politica ottenne, i pieni poteri potendo così dare il via alle
ostilità il 24 maggio 1915, dichiarando guerra all'Austria.
Le prime battaglie, ebbero esito
disastroso: nei territori del Carso i soldati italiani subirono quattro
disfatte (Battaglie dell'Isonzo). Nel frattempo
La scelta di entrare in guerra o meno fu dunque lacerante in
un paese ideologicamente diviso come l' Italia come testimonia uno storico
militare contemporaneo, Giorgio Rochat, che riporta questi dati che evidenziano
il numero impressionante di diserzioni che si verificarono in quegli anni di
guerra: I morti italiani per le ferite nel 1915-18
ammontarono a 402.000. I militari sotto le armi processati per diserzione e
altri reati simili nello stesso periodo furono 340.000. Ad essi vanno aggiunti oltre 100.000 processi per
renitenza alla leva, 370.000 per sottrazione agli obblighi militari a carico di
emigranti e
In effetti le truppe europee che nel 1914
partirono per il fronte lo fecero cantando, accompagnate da folle festanti: la
guerra era vista da molti come una bella avventura di qualche settimana. Questo
era anche dovuto alla pressante propaganda di guerra che ogni paese
belligerante mise in atto con ogni strumento. Infatti durante
Molti però furono i giovani che chiamati alle armi dalla cosiddetta 'cartolina' si resero presto conto che la guerra non era una bella avventura, ma solo un gioco di potere dei governi per provare la propria potenza. Tanti di questi giovani erano partiti pieni di speranza, la maggioranza erano figli di piccoli agricoltori che si vedevano strappare l'unica forza lavoro che avevano, per l'appunto i figli, e molti di questi furono costretti ad assoldare braccianti e spesso si ritrovavano senza niente di che vivere, molti di questi giovani soldati non sarebbero più tornati dalle loro famiglie.
Il capitolo più terribile e sanguinoso di questa guerra fu rappresentato proprio dalla guerra di trincea. Migliaia di uomini al freddo, alle intemperie, vittime delle malattie e dei cecchini, che persero la vita per conquistare pochi metri, poi regolarmente persi.
Le trincee erano lunghissime linee di scavo che la fanteria, formata prevalentemente da contadini, praticava nel terreno per proteggersi dagli incessanti bombardamenti dell'artiglieria nemica. Esse erano difese in modo piuttosto rozzo da parapetti costruiti con la terra scavata e rinforzati da sacchi di sabbia. Il fronte occidentale era costituito da linee parallele di trincee che si estendevano senza interruzione da Ostenda fino alla frontiera svizzera. Esso si trasformò in una terrificante macchina di massacri mai visti prima. Nel 1915, anche il fronte italiano subì la stessa sorte. Quando il terreno lo permetteva, le trincee venivano portate vicine il più possibile a quelle del nemico, spesso anche a meno di dieci metri. Nei punti in cui esse quasi si toccavano, i cosiddetti avanposti, reti di filo spinato servivano come prima protezione dagli improvvisi assalti dell'avversario. Solo di notte o nei giorni nebbiosi era possibile stendere le reti; e quando si era troppo vicini al nemico per poter lavorare allo scoperto, esse venivano lanciate alla cieca al di là della trincea, sicché spesso si andavano ad attorcigliare con i reticolati del nemico, rendendo poi difficilissimo aprire dei varchi quando si era costretti ad andare all'attacco.
Quando l'attacco veniva ordinato dagli ufficiali, ondate di uomini scavalcavano il parapetto della trincea ed entravano nella «terra di nessuno», che si stendeva fino ai reticolati nemici sotto l'occhio vigile delle loro mitragliatrici. Su questa «terra di nessuno», piena di fango, di crateri creati dalle bombe, di morti abbandonati da entrambe le parti, si tentava di avanzare sotto il fuoco delle mitragliatrici per conquistare qualche metro di terra. Il più delle volte questi soldati andavano del tutto inutilmente al massacro, e lo sapevano.
Dietro gli avamposti si snodava la prima linea che incrociava i camminamenti sotterranei delle seconde e terze linee. In questi cunicoli, milioni di uomini vivevano tra topi e pidocchi, immersi nella sporcizia. Qui mangiavano, dormivano, morivano.
Il maltempo trasformava le trincee in un mare di fango dove era impossibile rimanere sdraiati a causa degli attacchi di reumatismi; ma dove non era possibile nemmeno mettersi in piedi perché si rischiava di essere colpiti dalle pallottole nemiche.
Queste infernali condizioni di vita e il contatto quotidiano con la morte generarono nella maggioranza dei soldati una sommessa e tragica rassegnazione. Per un altro verso, il fatto di condividere gli stessi pericoli e le stesse sofferenze diede vita a solidarietà e cameratismo profondi tra i combattenti. Tuttavia, vi fu chi non si rassegnò alla guerra: molti non capivano le ragioni che avevano scatenato il conflitto; molti erano pacifisti e rifiutavano di combattere; altri avevano paura, altri ancora non ritenevano loro dovere morire per la patria.
Questi sentimenti diedero origine a una crescente opposizione individuale che assunse forme diverse; la diserzione, cioè l'abbandono del Fronte, delle armi e della divisa o con la fuga o non tornando dopo una licenza. Tutte queste forme di rivolta individuale, così come le ribellioni collettive, furono punite dai tribunali militari o con lunghi anni di carcere o con la pena di morte.
Dopo pochi mesi di vita in trincea, anche chi era partito per il Fronte carico di entusiasmo e di sentimenti patriottici si scopriva disgustato dalla guerra, nonostante continuasse a combattere per senso del dovere o per solidarietà verso i propri compagni. Facevano eccezione gli aviatori, protagonisti di epici duelli individuali nei cieli, e i reparti d'assalto, incaricati di missioni speciali e particolarmente rischiose: in Italia si chiamavano «Arditi»; in Germania «Sturmtruppen», truppe d'assalto, appunto.
La guerra sul mare e nei cieli
Il più importante scontro navale della
guerra fu la battaglia dello Jutland, combattuta fra il 31 maggio e il 1°
giugno 1916 dalle flotte inglese e tedesca. Seppure le perdite inglesi, sia in
navi sia in vite umane, superassero quelle della Germania, la flotta del Reich
rientrò nei porti nazionali per non tornare più in azione. Nel 1917 i
responsabili militari tedeschi fecero nuovamente ricorso alla guerra
sottomarina indiscriminata, convinti che questo fosse l'unico modo per
contrastare
La prima guerra mondiale incoraggiò la produzione e l'uso militare di aeroplani, aeronavi e dirigibili, utilizzati per azioni di perlustrazione, osservazione e bombardamento. Una caratteristica della guerra furono le incursioni condotte a mezzo di dirigibili o di aeroplani su importanti centri nemici situati lontano dal fronte di battaglia. La prima incursione aerea tedesca su Parigi ebbe luogo il 30 agosto 1914; la prima ai danni dell'Inghilterra fu invece a Dover, il 21 dicembre dello stesso anno. Durante il 1915 e il 1916 dirigibili tedeschi del tipo Zeppelin effettuarono 60 incursioni sull'Inghilterra orientale e su Londra, con l'obiettivo di danneggiare l'industria inglese e minare il morale della popolazione civile. A partire dalla metà del 1915 i duelli aerei tra singoli aeroplani o tra squadroni nemici diventarono comuni. I tedeschi godettero della superiorità aerea dall'ottobre del 1915 al luglio del 1916, quando la supremazia passò agli inglesi, continuando ad aumentare sino a divenire schiacciante a seguito dell'entrata in guerra degli Stati Uniti. Tra gli assi del volo più famosi, si ricordano l'italiano Francesco Baracca, abbattuto sul Montello dagli austriaci e medaglia d'oro e il tedesco Manfred von Richthofen, noto come 'Barone Rosso'.
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L'intervento degli Usa e il crollo degli imperi centrali
Alla fine del 1916 si era venuta a creare una
situazione di stallo tra le potenze belligeranti. Si pensò che la pace fosse
vicina. La fine del conflitto aveva come principale punto di riferimento gli
Stati Uniti ed il loro presidente. Proprio alla fine dello stesso anno il
governo tedesco propose delle condizioni di pace miranti all'acquisizione di
territori a est e ad ovest. Ma queste condizioni erano ben lontane da quelle
che avrebbero voluto le potenze dell'intesa. L'imperatore austriaco offrì alla
Germania parte dei suoi territori polacchi se quest'ultima in cambio avesse
ceduto in caso di pace l'Alsazia e
Le speranze di pace si affievolirono e ben presto ripresero le ostilità.
Al posto di Boselli sali al governo Orlando il quale era maggiormente
appoggiato e sostituì Cadorna con Armando Diaz affermando che più terribile di
una guerra è una guerra perduta.
Nel 1918 il Presidente degli Stati Uniti pubblicò i 14 punti nei quali fissava
le condizioni che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra le nazioni alla fine
del conflitto, In base al principio di nazionalità e autodeterminazione dei
popoli si doveva ridisegnare l'Europa. Doveva essere una pace nuova; non doveva
mirare all'espansionismo delle potenze vincitrici ma doveva garantire il
rispetto del principio di nazionalità. La disgregazione dell'impero austriaco e
le rinunce territoriali imposta alla Russia con la pace di Best-Litovsk diedero
origine a nuovi stati (Jugoslavia, Austria, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia,
Lituania, Estonia, Lettonia e Finlandia) e a rettifiche di confine per
Bulgaria, Romania, Grecia. I rapporti tra questi stati, che ereditavano
secolari motivi di contrasto e una situazione di arretratezza economica, non
sarebbero stati facili ne pacifici: ma Francia e Gran Bretagna, intendendo
riservarsi il luogo di arbitro per utilizzare questi stati in funzione
antisovietica e antitedesca, si divisero il Vicino Oriente e le colonie
tedesche, tagliando fuori l'Italia, cioè la potenza più debole. I possedimenti
tedeschi nel Pacifico centrale andarono al Giappone che rinsaldò la sua
egemonia in Estremo Oriente, trovando opposizioni non più della Gran Bretagna,
ma negli U.S.: indizio, quest'ultimo, dell'imperialismo britannico e della
rapida crescita statunitense. La conferenza della pace si chiudeva così con
un'affermazione della supremazia franco-inglese che risultava troppo superiore
alla realtà dei rapporti di forza per poter essere duratura. La creazione della
Società delle nazioni, la prima organizzazione interstatale a livello mondiale
(28 aprile 1819), non avrebbe perciò assicurato ne la pace ne un miglioramento
delle relazioni internazionali, perché
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