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"La Grande Guerra" - L' inizio del conflitto, L' Italia in guerra, La Guerra di trincea, La guerra sul mare e nei cieli




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"La Grande Guerra"

Introduzione

La guerra che scoppiò nel 1914 fu un avvenimento nuovo nella storia dell' umanità perché fu la prima guerra generale "mondiale" che vide lo scontro di tutti i grandi Stati , i quali impegnarono le capacità produttive dell' industria moderna e le risorse della tecnica per preparare strumenti di offesa e di difesa. Fu una guerra di massa combattuta per terra, per mare e nell' aria con impiego di armi mai prima usate( carri armati, aerei, sommergibili) e con il ricorso a nuovi mezzi di lotta economica e anche psicologica. Venne combattuta dai belligeranti fino all' esaurimento e al crollo, finendo con l' apportare radicali sconvolgimenti anche all' economia internazionale aprendo così la via a ripercussioni e conseguenze che durarono a lungo anche nel dopoguerra.

La terra non avrà più membra intatte

E domani l' anima sarà calpestata

Da piedi stranieri

E tutto ciò perché un tizio qualsiasi

Possa allungare le mani

Su qualche Masopotamia.

Tu che combatti per loro e muori,

quand' è che ti leverai in piedi

in tutta la tua statura

e lancerai sulla loro faccia

la tua ira profonda

in un grido.. - Perché

si combatte questa guerra?

Majakovskij

Le cause della prima guerra mondiale non si possono individuare in modo preciso; tuttavia è possibile delineare i principali motivi di dissidio tra le potenze europee. In primo luogo la questione dei confini franco - tedeschi: la Germania nel 1870 si era annessa l'Alsazia e la Lorena, e la cosa non andava giù alla Francia, che voleva riprendersi le province. La Germania aveva anche il problema della Russia, che si era alleata con la Francia e che avrebbe potuto aprire un nuovo fronte orientale; contemporaneamente l'impero Turco aveva avuto appoggi dalla Germania e ciò aggravava i suoi rapporti con l'impero zarista; anche l'Austria aveva due potenziali fronti: l'Italia, che rivendicava le terre irredente, e la zona balcanica, in bilico tra espansionismo russo e spirito nazionalista.
La Germania inoltre era la più terribile concorrente economica della Gran Bretagna, anche se ad un grande sviluppo industriale corrispondeva una forte dipendenza alimentare, aggravata dalla mancanza di un vasto impero coloniale e da una flotta insufficiente; questo naturalmente non poteva andare bene alla Germania Guglielmina.
Questione coloniale e riarmo navale furono i principali motivi di tensione tra Germania da un lato, Francia e Gran Bretagna dall'altro.
Riguardo la prima, la Germania, dopo aver subito molte sconfitte diplomatiche, riteneva che la forza fosse l'unica soluzione possibile per rompere questo accerchiamento delle altre potenze.
Per fare questo però, bisognava rinforzare gli armamenti: la Germania, andando contro il principio inglese del 'two - powers standard' (cioè la flotta inglese doveva essere pari alla somma delle prime due potenze a lei successive) varò nuove navi, alle quali l'Inghilterra rispose con il 'two keels for one' (due chiglie per una), ovvero costruì due navi, con enorme sforzo produttivo, per ognuna varata dalla Germania.
Si assistette dunque ad una rivalutazione e ad un acquisto di potere da parte delle gerarchie militari e ad un irrigidirsi del sistema di alleanze europee che avrebbe impedito la soluzione diplomatica agli incidenti che si sarebbero sviluppati dopo.

L' inizio del conflitto.

Dunque diverse circostanze contribuirono a scatenare una guerra di dimensioni inaspettate. Il XIX secolo aveva visto nascere una serie di rivalità tra le grandi potenze europee. La Francia aveva con i tedeschi dei conti in sospeso che risalivano alla sconfitta del 1871, quando le regioni francesi dell'Alsazia e della Lorena erano state annesse da Berlino; la Germania aveva problemi di frontiera con la Russia a causa dei territori polacchi, divisi allora tra le due potenze; l'Austra-Ungheria si disputava con la Serbia e la Russia il predominio nei Balcani, mentre la Gran Bretagna vedeva minacciato il suo impero coloniale dall'espansionismo tedesco. In definitiva, le questioni europee si sostanziavano di un contrasto politico sul cui sfondo vi erano rivalità economiche. Francia, Gran Bretagna e Germania erano i principali contendenti nella lotta per ottenere maggiore estensione territoriale nelle colonie, con l'obiettivo di allargare i mercati di approvvigionamento di materie prime e di vendita di manufatti. Gran Bretagna e Francia avevano decenni di vantaggio nella colonizzazione e la Germania era intenta a cercare un proprio spazio o con la diplomazia o con la forza. Questa necessità si fece ancor più pressante a causa dell'enorme e rapido sviluppo industriale vissuto dal paese dalla fine del XIX secolo, quando il Kaiser Guglielmo II aveva impresso un'accelerazione alle politiche di espansione. Perciò non fu davvero casuale che si scatenassero dei gravi conflitti, come quelli del 1905 e del 1907 tra francesi e tedeschi, provocati dal tentativo della Germania di eliminare la presenza francese dal Marocco settentrionale. L'impero guglielmino riuscì a ottenere una sua zona d'influenza e concessioni commerciali in quell'area, ma per contro, produsse anche un aumento della tensione nel continente. La belligeranza politica ed economica tra gli Stati più potenti della terra trascinò i governi verso un'inevitabile riarmo che fu appoggiato da gran parte delle rispettive società. Quando la guerra scoppiò, la maggioranza delle società europee l'accolse con giubilo, convinta com'era dal furore nazionalista che fosse finalmente arrivata l'ora di vendicare i precedenti oltraggi. Fu così che anche l'educazione e la propaganda contribuirono a fomentare il conflitto. Queste società, accomunate dal forte orgoglio nazionale, presentavano però sistemi politici distinti: la Francia era una repubblica, Gran Bretagna, Germania, Austria-Ungheria erano rette da monarchie parlamentari, di carattere più o meno liberale; Turchia e Russia erano governate da regimi autocratici. E anche dal punto di vista sociale i due schieramenti erano molto complessi, perché in ognuno di essi, acanto a nazioni più sviluppate industrialmente, ve n'erano altre, come la Turchia e la Russia, molto arretrate, con un'economia a base agraria e forti residui feudali. L'atteggiamento dei socialisti fu la prova dell'assenza di forti tensioni ideologiche nella guerra. Antiborghesi e pacifisti, si opponevano a un conflitto provocato dagli interessi del grande capitale e propugnavano l'unità operaia in tutto il mondo per evitare il confronto militare. Ma il nazionalismo, che impregnava tutte le società, provocò un mutamento di atteggiamento nei socialisti per timore di essere accusati di scarso patriottismo. Fu così che decisero di appoggiare i rispettivi paesi nel caso fossero stati attaccati. E poiché in quel momento tutti si sentivano minacciati, i socialisti di quasi tutti i paesi finirono per lottare gomito a gomito con i militari, nobili e borghesi contro altri socialisti che condividevano i loro stessi ideali, ma militavano nelle file dei paesi avversari. Soltanto i partiti socialisti serbi e russi si schierarono contro la guerra, mentre i socialisti italiani adottarono la formula 'né aderire né sabotare'. La causa ultima fu la tensione per il controllo dei Balcani, dove vi erano particolarmente forti pressioni nazionaliste e in cui erano coinvolte Austria-Ungheria, Turchia, Serbia, Russia e anche l'Italia. Già scoppiarono nei Balcani due guerre e numerosi conflitti locali, che sul piano diplomatico coinvolsero tutte le grandi potenze europee. Il 28 Giugno 1914, un giovane studente serbo, assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie. Così, il 28 Luglio l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia. I calcoli tedeschi si rivelarono però sbagliati e la diplomazia germanica non poté impedire l'intervento non solo dei russi, ma anche di inglesi e francesi. Così, il 1° agosto Germania e Russia entrarono in guerra; il 3 agosto fu la volta della Francia; l'Austria dichiarò guerra alla Russia il 6, mentre Gran Bretagna e Germania avevano aperto le ostilità il 4. La prima guerra mondiale era cominciata. La situazione era dunque questa: da una parte la Triplice Alleanza, formata da Germania, Austria e impero Ottomano; dall'altra la Triplice Intesa, formata da Inghilterra, Francia, Russia, che difendevano la Serbia. Rimanevano neutrali Italia e Romania.

La guerra si dimostrò subito diverso rispetto a tutte le altre, sia per la grande massa di uomini impiegati sia per i nuovi e terribili armamenti.
Nonostante una prima posizione di neutralità, i socialisti europei finirono per cedere alle posizioni nazionaliste e si dichiararono favorevoli all'intervento in guerra, votando i crediti per gli armamenti.
Esisteva una grande sproporzione tra le forze della Triplice e quelle dell'intesa e per questo motivo il piano tedesco ideato da Schlieffen prevedeva la guerra - lampo, in modo da sconfiggere subito la Francia e concentrare le forze sul fronte orientale russo. In un primo momento l'offensiva riuscì, portando i tedeschi a 40 chilometri da Parigi ma poi la controffensiva francese nella battaglia della Marna fece ritirare il generale Von Moltke. Dopo questa sconfitta si provò la 'corsa al mare', ovvero il tentativo di aggirare da nord le truppe francesi e chiudere i rapporti marittimi con la Gran Bretagna: anche questa offensiva fallì e i due eserciti si prepararono ad affrontare la terribile guerra di trincea.

Sicuramente più successo ebbe il blocco navale Britannico, al quale si opponeva la guerra sottomarina tedesca. Un incidente però, ossia l'affondamento del piroscafo civile Lusitania, con 100 cittadini americani, attirerà sulla Germania le antipatie degli Stati Uniti.

L' Italia in guerra

In base all'articolo 7 del trattato che univa l'Italia alla Germania e all'Austria, la posizione neutrale assunta dall'Italia era perfettamente legittima, infatti il punto prevedeva la discussione preventiva dei territori da dare in compenso alla fine della guerra e ciò non era avvenuto. Ma il problema della posizione italiana rimaneva irrisolto.

All'interno del paese erano infatti schierati i neutralisti e gli interventisti. Ai primi appartenevano:

i socialisti: essi infatti ritenevano la guerra voluta dalle grandi potenze imperialiste e capitaliste europee ma d'altra parte erano isolati e il loro neutralismo era stato indebolito dalle posizioni interventiste dei socialisti europei;

i cattolici: ovviamente il pontefice non poteva che schierarsi contro la guerra, anche se esisteva ancora il contrasto tra l'obbligato neutralismo della Chiesa e la dovuta lealtà dei cattolici allo Stato di cui facevano parte;

i giolittiani: Giolitti sosteneva che la guerra sarebbe durata molto tempo e l'Italia era impreparata sia economicamente che militarmente ad affrontarla. Ma Giolitti non si limitò a manifestare la sua posizione sulla situazione italiana, anzi formulò un'analisi della situazione internazionale: egli riteneva che si sarebbe potuto ottenere 'parecchio' senza la guerra, ove parecchio indicava l'opportunità di contrattare la neutralità come se fosse una vittoria. D'altronde anche la situazione dell'Austria, che non poteva resistere all'urto di altre diverse nazionalità, lasciava presagire ciò. Invece proprio l'Austria era assolutamente contraria a qualsiasi cessione di territori, nonostante le pressioni tedesche.

Agli interventisti appartenevano:

gli 'interventisti democratici' e i 'socialisti riformisti': i primi erano fautori di una pronta cessione delle terre irredente; i secondi ritenevano che solo sconfiggendo gli imperi centrali si potevano attuare le aspirazioni di indipendenza nazionale e di democrazia dell'Europa intera; gli esponenti del sindacalismo rivoluzionario: guidati da Mussolini, essi credevano nella prospettiva rivoluzionaria che potrebbe nascere dalla sconfitta degli imperi centrali e criticavano apertamente la passività dei socialisti italiani;

i nazionalisti: essi vedevano nella guerra esclusivamente anti - democraticismo e ambizioni espansionistiche;

i liberali conservatori: essi ritenevano che da un lato, entrando in guerra, al parlamento venivano dati poteri straordinari tali da far finire per sempre le riforme giolittiane, e dall'altro puntavano a riottenere i territori del Trentino e Trieste e di far acquistare all'Italia lo status di grande potenza.

Era allora ormai inevitabile la rottura da parte dell'Italia della Triplice Alleanza sancita nel 1915 con il Patto di Londra tra Italia, Inghilterra, Francia, Russia. Il governo Salandra appoggiato dal re sostenuto dalle grandi manifestazioni di piazza promosse dagli interventisti di destra e sinistra, nonché dalla campagna di stampa capeggiata dal "Corriere della Sera", unitamente alla passività nelle forze neutraliste, che non osavano rischiare una crisi politica ottenne, i pieni poteri potendo così dare il via alle ostilità il 24 maggio 1915, dichiarando guerra all'Austria.
Le prime battaglie,  ebbero esito disastroso: nei territori del Carso i soldati italiani subirono quattro disfatte (Battaglie dell'Isonzo). Nel frattempo la Bulgaria si schierava dalla parte degli imperi centrali, aggravando la posizione russa nei Balcani ma soprattutto quella serba. L'unico presidio dell'intesa nei Balcani fu Salonicco, città greca ufficialmente neutrale ma in realtà alleata dell'Intesa.

La scelta di entrare in guerra o meno fu dunque lacerante in un paese ideologicamente diviso come l' Italia come testimonia uno storico militare contemporaneo, Giorgio Rochat, che riporta questi dati che evidenziano il numero impressionante di diserzioni che si verificarono in quegli anni di guerra: I morti italiani per le ferite nel 1915-18 ammontarono a 402.000. I militari sotto le armi pro­cessati per diserzione e altri reati simili nello stesso periodo furono 340.000. Ad essi vanno aggiunti oltre 100.000 processi per renitenza alla leva, 370.000 per sottrazione agli obblighi militari a carico di emigranti e 60.000 a civili per reati militari.

 In effetti le truppe europee che nel 1914 partirono per il fronte lo fecero cantando, accompagnate da folle festanti: la guerra era vista da molti come una bella avventura di qualche settimana. Questo era anche dovuto alla pressante propaganda di guerra che ogni paese belligerante mise in atto con ogni strumento. Infatti durante la Prima guerra mondiale gli uffici addetti alla propaganda inondarono i rispettivi Paesi di centinaia di migliaia di cartoline, manifesti, calendari che incitavano le popolazioni civili a credere negli scopi della guerra e nella vittoria, a resistere, a sostenere l'esercito.

Molti però furono i giovani che chiamati alle armi dalla cosiddetta 'cartolina' si resero presto conto che la guerra non era una bella avventura, ma solo un gioco di potere dei governi per provare la propria potenza. Tanti di questi giovani erano partiti pieni di speranza, la maggioranza erano figli di piccoli agricoltori che si vedevano strappare l'unica forza lavoro che avevano, per l'appunto i figli, e molti di questi furono costretti ad assoldare braccianti e spesso si ritrovavano senza niente di che vivere, molti di questi giovani soldati non sarebbero più tornati dalle loro famiglie.  

La Guerra di trincea

Il capitolo più terribile e sanguinoso di questa guerra fu rappresentato proprio dalla guerra di trincea. Migliaia di uomini al freddo, alle intemperie, vittime delle malattie e dei cecchini, che persero la vita per conquistare pochi metri, poi regolarmente persi.

Le trincee erano lunghissime linee di scavo che la fanteria, formata prevalentemente da contadini, praticava nel terreno per proteggersi dagli incessanti bombardamenti dell'artiglieria nemica. Esse erano difese in modo piuttosto rozzo da parapetti costruiti con la terra scavata e rinforzati da sacchi di sabbia. Il fronte occidentale era costituito da linee parallele di trincee che si estendevano senza interruzione da Ostenda fino alla frontiera svizzera. Esso si trasformò in una terrificante macchina di massacri mai visti prima. Nel 1915, anche il fronte italiano subì la stessa sorte. Quando il terreno lo permetteva, le trincee venivano portate vicine il più possibile a quelle del nemico, spesso anche a meno di dieci metri. Nei punti in cui esse quasi si toccavano, i cosiddetti avanposti, reti di filo spinato servivano come prima protezione dagli improvvisi assalti dell'avversario. Solo di notte o nei giorni nebbiosi era possibile stendere le reti; e quando si era troppo vicini al nemico per poter lavorare allo scoperto, esse venivano lanciate alla cieca al di là della trincea, sicché spesso si andavano ad attorcigliare con i reticolati del nemico, rendendo poi difficilissimo aprire dei varchi quando si era costretti ad andare all'attacco.

Quando l'attacco veniva ordinato dagli ufficiali, ondate di uomini scavalcavano il parapetto della trincea ed entravano nella «terra di nessuno», che si stendeva fino ai reticolati nemici sotto l'occhio vigile delle loro mitragliatrici. Su questa «terra di nessuno», piena di fango, di crateri creati dalle bombe, di morti abbandonati da entrambe le parti, si tentava di avanzare sotto il fuoco delle mitragliatrici per conquistare qualche metro di terra. Il più delle volte questi soldati andavano del tutto inutilmente al massacro, e lo sapevano.

Dietro gli avamposti si snodava la prima linea che incrociava i camminamenti sotterranei delle seconde e terze linee. In questi cunicoli, milioni di uomini vivevano tra topi e pidocchi, immersi nella sporcizia. Qui mangiavano, dormivano, morivano.

Il maltempo trasformava le trincee in un mare di fango dove era impossibile rimanere sdraiati a causa degli attacchi di reumatismi; ma dove non era possibile nemmeno mettersi in piedi perché si rischiava di essere colpiti dalle pallottole nemiche.

Queste infernali condizioni di vita e il contatto quotidiano con la morte generarono nella maggioranza dei soldati una sommessa e tragica rassegnazione. Per un altro verso, il fatto di condividere gli stessi pericoli e le stesse sofferenze diede vita a solidarietà e cameratismo profondi tra i combattenti. Tuttavia, vi fu chi non si rassegnò alla guerra: molti non capivano le ragioni che avevano scatenato il conflitto; molti erano pacifisti e rifiutavano di combattere; altri avevano paura, altri ancora non ritenevano loro dovere morire per la patria. 

Questi sentimenti diedero origine a una crescente opposizione individuale che assunse forme diverse; la diserzione, cioè l'abbandono del Fronte, delle armi e della divisa o con la fuga o non tornando dopo una licenza. Tutte queste forme di rivolta individuale, così come le ribellioni collettive, furono punite dai tribunali militari o con lunghi anni di carcere o con la pena di morte.

Dopo pochi mesi di vita in trincea, anche chi era partito per il Fronte carico di entusiasmo e di sentimenti patriottici si scopriva disgustato dalla guerra, nonostante continuasse a combattere per senso del dovere o per solidarietà verso i propri compagni. Facevano eccezione gli aviatori, protagonisti di epici duelli individuali nei cieli, e i reparti d'assalto, incaricati di missioni speciali e particolarmente rischiose: in Italia si chiamavano «Arditi»; in Germania «Sturmtruppen», truppe d'assalto, appunto.

La guerra sul mare e nei cieli

Il più importante scontro navale della guerra fu la battaglia dello Jutland, combattuta fra il 31 maggio e il 1° giugno 1916 dalle flotte inglese e tedesca. Seppure le perdite inglesi, sia in navi sia in vite umane, superassero quelle della Germania, la flotta del Reich rientrò nei porti nazionali per non tornare più in azione. Nel 1917 i responsabili militari tedeschi fecero nuovamente ricorso alla guerra sottomarina indiscriminata, convinti che questo fosse l'unico modo per contrastare la Gran Bretagna. Il calcolo non solo non portò il risultato cercato, ma provocò l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Secondo i termini dell'armistizio, i tedeschi consegnarono agli Alleati l'intera flotta (10 navi da guerra, 17 incrociatori, 50 torpediniere e più di 100 sottomarini), che con l'eccezione dei sottomarini fu interamente internata nella base di Scapa Flow, con tanto di ufficiali e di equipaggi a bordo. Quando il trattato di Versailles del 1919 dispose che essa sarebbe definitivamente divenuta di proprietà degli Alleati, i marinai tedeschi la auto affondarono.

La prima guerra mondiale incoraggiò la produzione e l'uso militare di aeroplani, aeronavi e dirigibili, utilizzati per azioni di perlustrazione, osservazione e bombardamento. Una caratteristica della guerra furono le incursioni condotte a mezzo di dirigibili o di aeroplani su importanti centri nemici situati lontano dal fronte di battaglia. La prima incursione aerea tedesca su Parigi ebbe luogo il 30 agosto 1914; la prima ai danni dell'Inghilterra fu invece a Dover, il 21 dicembre dello stesso anno. Durante il 1915 e il 1916 dirigibili tedeschi del tipo Zeppelin effettuarono 60 incursioni sull'Inghilterra orientale e su Londra, con l'obiettivo di danneggiare l'industria inglese e minare il morale della popolazione civile. A partire dalla metà del 1915 i duelli aerei tra singoli aeroplani o tra squadroni nemici diventarono comuni. I tedeschi godettero della superiorità aerea dall'ottobre del 1915 al luglio del 1916, quando la supremazia passò agli inglesi, continuando ad aumentare sino a divenire schiacciante a seguito dell'entrata in guerra degli Stati Uniti. Tra gli assi del volo più famosi, si ricordano l'italiano Francesco Baracca, abbattuto sul Montello dagli austriaci e medaglia d'oro e il tedesco Manfred von Richthofen, noto come 'Barone Rosso'.

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L'intervento degli Usa e il crollo degli imperi centrali

Alla fine del 1916 si era venuta a creare una situazione di stallo tra le potenze belligeranti. Si pensò che la pace fosse vicina. La fine del conflitto aveva come principale punto di riferimento gli Stati Uniti ed il loro presidente. Proprio alla fine dello stesso anno il governo tedesco propose delle condizioni di pace miranti all'acquisizione di territori a est e ad ovest. Ma queste condizioni erano ben lontane da quelle che avrebbero voluto le potenze dell'intesa. L'imperatore austriaco offrì alla Germania parte dei suoi territori polacchi se quest'ultima in cambio avesse ceduto in caso di pace l'Alsazia e la Lorena alla Francia. L'Italia si oppose a quest'accordo perché non avrebbe visto riconosciuto il principio di autodeterminazione per la sua terre irredente.
Le speranze di pace si affievolirono e ben presto ripresero le ostilità. La Germania avviò una guerra sottomarina contro l'Inghilterra pensando che questa entro sei mesi non sarebbe stata in grado di provvedere al suo approvvigionamento a causa dei danni inferti al suo sistemi di trasponi dai potentissimi sottomarini e gli Usa non sarebbero entrati in guerra prima di un anno. Tutto ciò non fu vero infatti l'Inghilterra in breve tempo si riprese dalla crisi e gli Usa dopo l'affondamento del loro mercantile Vigilantia il 2 aprile 1917 decisero di entrare in guerra. Contemporaneamente usciva di scena a causa delle rivolte sociali la Russia. Il Pontefice Benedetto XV chiedeva invano una pace senza vincitori ne vinti ma la volontà di vincere delle potenze dopo tutti gli sforzi sopportati era troppa Così a metà del 1917 si ebbe una ripresa del conflitto sul fronte orientale e su quello italiano. Gli imperi centrali grazie alla ritirata degli eserciti Russi potettero occupare la Polonia e parte delle regioni Baltiche. Contemporaneamente fu predisposta una controffensiva in Italia. Le truppe italiane erano ancora predisposte in assetto da attacco e a causa di errori tattici ed organizzativi a Caporetto, dopo che l'esercito austriaco era stato rinforzato da alcune divisioni tedesche, si ebbe una grave sconfitta. L'esercito austriaco penetrò in Italia per oltre 200. Questo fu uno dei momenti più drammatici della storia italiana e parve quasi che la stessa unità fosse in pericolo.
Al posto di Boselli sali al governo Orlando il quale era maggiormente appoggiato e sostituì Cadorna con Armando Diaz affermando che più terribile di una guerra è una guerra perduta.
Nel 1918 il Presidente degli Stati Uniti pubblicò i 14 punti nei quali fissava le condizioni che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra le nazioni alla fine del conflitto, In base al principio di nazionalità e autodeterminazione dei popoli si doveva ridisegnare l'Europa. Doveva essere una pace nuova; non doveva mirare all'espansionismo delle potenze vincitrici ma doveva garantire il rispetto del principio di nazionalità. La disgregazione dell'impero austriaco e le rinunce territoriali imposta alla Russia con la pace di Best-Litovsk diedero origine a nuovi stati (Jugoslavia, Austria, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia e Finlandia) e a rettifiche di confine per Bulgaria, Romania, Grecia. I rapporti tra questi stati, che ereditavano secolari motivi di contrasto e una situazione di arretratezza economica, non sarebbero stati facili ne pacifici: ma Francia e Gran Bretagna, intendendo riservarsi il luogo di arbitro per utilizzare questi stati in funzione antisovietica e antitedesca, si divisero il Vicino Oriente e le colonie tedesche, tagliando fuori l'Italia, cioè la potenza più debole. I possedimenti tedeschi nel Pacifico centrale andarono al Giappone che rinsaldò la sua egemonia in Estremo Oriente, trovando opposizioni non più della Gran Bretagna, ma negli U.S.: indizio, quest'ultimo, dell'imperialismo britannico e della rapida crescita statunitense. La conferenza della pace si chiudeva così con un'affermazione della supremazia franco-inglese che risultava troppo superiore alla realtà dei rapporti di forza per poter essere duratura. La creazione della Società delle nazioni, la prima organizzazione interstatale a livello mondiale (28 aprile 1819), non avrebbe perciò assicurato ne la pace ne un miglioramento delle relazioni internazionali, perché la Società da cui rimanevano esclusi (U.S., Germania e U.R.S.S.) avrebbe difeso soprattutto gli interessi dell'imperialismo franco-inglese e con esso sarebbe stata travolta da un'altra guerra mondiale, ben più tragica e disastrosa della prima.   




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