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La crisi del 1873-1896: l'età dell'imperialismo
Fu questo il periodo della prima grande crisi del capitalismo, il cui motivo occasionale fu l'ondata speculativa del 1871-'73. Le manifestazioni più evidenti della crisi furono il crollo dei prezzi ed il blocco degli investimenti; questi però avevano delle cause più profonde. La principale causa consisteva nella sproporzione tra quantità di beni prodotti da un'industria ormai mondiale e la limitata capacità di assorbimento del prodotto.
La crisi fu tale che cambiò radicalmente l'organizzazione della società industriale; cambiò il ruolo dello Stato, che da liberista divenne protezionista per chiudere i mercati interni alla concorrenza straniera. Cambiò la configurazione del sistema produttivo: se prima era composto da un gran numero di piccole e medie imprese poi fu dominato da un numero limitato di monopoli e cartelli. Cambiò infine il sistema mondiale dell'economia: sino ad allora il predominio economico dell'Occidente si era basato su strumenti prevalentemente economici, ora tale predominio si avviava a diventare militare e politico.
Era nato l'Imperialismo.
Ad avviare tale processo di colonizzazione fu l'Inghilterra che conquistò moltissimi territori in varie parti del mondo ed ottenne il controllo di una larga fascia di territori del Mediterraneo. Inoltre si costituì l'Unione Sudafricana, uno stato autonomo sottoposto al controllo inglese.
Altro Paese colonizzatore fu la Francia che conquistò territori in Africa che nel Laos.
Anche l'Italia tenterà le conquiste coloniali in Eritrea ed in una parte della Somalia.
La Germania, a partire dagli anni '80, stabilì rapidamente il suo dominio nel Togo, nel Camerun, Africa sud-occidentale tedesca ed Africa orientale tedesca, diventando il terzo impero coloniale. Diversa fu la penetrazione nel continente asiatico; se in Africa non avevano incontrato quasi resistenza, più difficoltà vi incontrarono qui, dove si trovarono società più evolute e quindi più difficili da conquistare e soprattutto più numerosi furono coloro che ambivano alle conquiste; ai Paesi Europei si aggiunsero infatti Russia, Giappone e Stati Uniti.
L'imperialismo delle grandi nazioni, giustificato con l'ideologia delle missione civilizzatrice e con l'apertura degli sbocchi all'immigrazione, innescò tra i popoli colonizzati un'iniziativa di rivalsa e fece nascere un nuovo nazionalismo.
Nuova fase di espansione: 1900-1914
Tra il 1900 ed il 1914 l'economia mondiale conobbe una nuova fase espansiva favorita dalla crescita demografica, che diede impulso alla domanda di beni di consumo, ed alla maggiore economicità e velocità dei trasporti. Questa fase è caratterizzata dall'utilizzazione di nuove fonti di energia (elettricità e petrolio), dallo sviluppo dell'industria chimica e dell'acciaio e da una serie di innovazioni tecnologiche in molti settori produttivi.
In questo quindicennio l'economia conobbe trasformazioni radicali, in parte dovute agli effetti che la crisi del 1873/96 aveva prodotto nell'economia mondiale ed in parte dovute alla modalità dello sviluppo stesso. Tale ripresa ebbe infatti come sfondo un sistema di Divisione Internazionale del Lavoro in cui si erano modificati i flussi di scambio fra Europa e Paesi colonizzati: da serbatoio di materie prime, le colonie erano diventate territori dove investire capitali e vendere l'eccesso di produzione delle industrie europee.
La ripresa economica ebbe inoltre come protagonisti i grandi gruppi monopolistici che organizzavano enormi fabbriche e complessi industriali di dimensioni addirittura inimmaginabili nel 1800, dove il modo di lavorare cambiò radicalmente.
Fu riorganizzata la Divisione Internazionale del Lavoro ed anche la divisione del lavoro all'interno di una stessa fabbrica: fu il cosiddetto «TAYLORISMO», che consisteva nell'ottimizzazione dell'impiego della forza-lavoro attraverso la scomposizione delle mansioni, teorizzata da Frederick Taylor ed applicata dal magnate dell'auto.
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