La conquista inglese dell'Irlanda
L'Irlanda è stata la prima colonia
dell'Inghilterra, invasa, nel 1169, prima ancora del Galles e della Scozia. Ma
a causa della resistenza indigena gli invasori si trovarono ridotti, dal XIV
secolo, a controllare un piccolissimo tratto della costa orientale del paese,
intorno a Dublino, e alcune città.
Con la
Riforma protestante di Enrico VIII (1534) l'Inghilterra si strutturò come
Stato-nazione moderno, e diresse di nuovo contro l'Irlanda il proprio
espansionismo, soprattutto ad opera della regina Elisabetta I (1558-1603), i
cui eserciti riuscirono per la prima volta a prendere il controllo dell'intera
isola (1603). Ad eccezione della zona di Dublino, già amministrata dagli
Inglesi, la società irlandese era a quell'epoca una società tribale celtica,
divisa in molti regni locali, di lingua gaelica, di religione cattolica.
L'espansionismo militare inglese si avvantaggiò del frazionamento irlandese, ma
visto che ciò non bastava ad assicurare il controllo del territorio, e
volendosi presentare queste guerre all'opinione pubblica interna come crociata
contro il Cattolicesimo e il (preteso) dominio papale, invece che come pura
conquista coloniale, dalla fine del Cinquecento si curò di spossessare gli
indigeni delle loro terre, rafforzando le conquiste militari con il trasporto
di coloni protestanti inglesi e scozzesi che divenivano proprietari al posto degli
abitanti irlandesi originari. Ma solo nell'Ulster, la più settentrionale delle
quattro regioni storiche in cui è divisa l'Irlanda, la Plantation ad
opera di coloni protestanti in maggioranza scozzesi, intrapresa da re Giacomo I
nel 1610, ebbe effetti permanenti. Lo scontro tra le ribellioni dei
'selvaggi Irlandesi' e le armate britanniche continuò per un altro
secolo: sono ancora ricordate le campagne militari inglesi di sterminio guidate
da Oliver Cromwell (1649-1652). Solo dal 1690-1692, con le battaglie del fiume
Boyne e di Aughrim, gli Inglesi, nominalmente guidati dal loro nuovo Re
protestante, Guglielmo d'Orange, ottennero un controllo incontrastato
dell'Irlanda.
Le condizioni del dominio vennero
rafforzate con le Leggi Penali, che proibivano di fatto l'esercizio della
religione cattolica e l'uso della lingua gaelica irlandese, impedendo ai
Cattolici/Gaeli di avere qualsiasi proprietà, a beneficio dei nuovi coloni
protestanti di lingua inglese. Si toglieva loro anche qualsiasi diritto umano,
civile, e politico: un Parlamento irlandese, dipendente dalla Corona
d'Inghilterra, sarebbe stato eletto solo dai ricchi coloni protestanti di
lingua inglese. Per 'Protestanti' si intendevano solo i membri della Chiesa
anglicana, fedeli alla Corona: mentre i Calvinisti, Puritani o Presbiteriani,
chiamati 'Dissidenti' (Dissenters), molto numerosi tra i coloni nel Nord
dell'Irlanda, avevano i diritti civili e quello di proprietà, ma erano esclusi
dal godimento dei diritti politici. La maggior parte degli aristocratici
irlandesi dovette fuggire all'estero, in Francia, in Spagna, in Italia, ma la
resistenza della popolazione contadina indigena continuò con azioni di
guerriglia organizzate da società segrete irlandesi contro i nuovi proprietari
terrieri conquistatori. Solo a partire dal 1778, per l'influsso della
Rivoluzione americana, le parti più feroci delle Leggi Penali cominciarono a
venire abrogate; nel 1793 venne persino reso il diritto di voto (ma non di
candidarsi) ai Cattolici abbienti.