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La città greca




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La città greca


Gli antichi greci indicavano con il temine polis, la città stato, cioè il centro abitato; esso aveva inoltre un territorio dipendente. Sull'origine della polis le opinioni degli storici sono discordi: è però dai più ammesso che le prime poleis sorgessero sulle coste dell'Asia minore. La nascita della polis contribuì però l'indebolimento dei vincoli che legavano fra di loro gli appartenenti ad una stessa stirpe.


Nella Grecia continentale, dove allora si viveva per lo più in villaggi sparsi, l'innovazione si diffuse presto nel 6°-5° sec. C., infatti in poco tempo le poleis crebbero moltissimo di numero. In genere la polis era disposta anticamente su una rocca, che poi venne chiamata acropoli per distinguere la polis bassa da quella alta, la più antica. Una città, che contava territori intorno di 500 kmq, era considerata grande.


Con lo sviluppo della democrazia la città greca, in particolare Atene che venne considerata la polis per eccellenza, assunse delle caratteristiche ben definite e originali che la differenziarono dalle città del vicino Oriente.


La polis aveva il suo centro politico in uno spazio aperto e pianeggiante, circondato da portici: l'agorà. Qui il popolo si riuniva per il mercato, per discutere e decidere sui problemi della città; nell'agorà si trovavano anche gli edifici che ospitavano le più importanti istituzioni politiche, come la boulè. Un altro nucleo urbano fondamentale era l'acropoli, che non era più, come all'epoca micenea, la sede del palazzo reale, ma il centro monumentale della vita religiosa. Infatti sull'acropoli sorgevano i principali templi della città. Il tempio era la 'casa' del dio alla quale solo i sacerdoti potevano accedere. Le città marittime avevano un porto, dal quale le navi portavano prodotti da tutto il Mediterraneo.


Altri edifici pubblici di particolare rilevanza erano il teatro, che è una costruzione tipicamente greca e dimostra l'importanza che aveva la partecipazione dei cittadini nella polis alla cita pubblica. I ginnasi invece erano palestre per esercizi fisici, ma anche scuole, poiché nella Grecia l'attività fisica era strettamente connessa all'educazione intellettuale.


L'asty era la parte bassa della città ed era costituita dai quartieri popolari formati da casupole, addossate l'una all'altra, e da viuzze fangose. Ad Atene in particolare sorgeva il ceramico, ad ovest dell'acropoli, così chiamato per le numerose botteghe di ceramisti che qui si trovavano. Gli abitanti delle poleis trascorrevano gran parte della giornata fuori dalle abitazioni, per questo gli edifici pubblici erano ben curati, al contrario delle case private, che erano piccole e modeste. Esse erano principalmente ad un piano, scavate nella roccia o addossate alle colline. Le pareti che le costituivano erano sottili ed ogni casa ere provvista di un cortile interno.


Nel loro complesso le strutture urbanistiche e gli edifici monumentali della città costituiscono uno degli esempi più significativi di quell'ideale di razionalità e armonia di quell'arte a 'misura d'uomo' caratteristici della civiltà greca classica.


Con la fine della guerra del Peloponneso ( 404 a.C.) comincia il declino delle poleis; primo per il progressivo distaccarsi dei singoli dalla partecipazione attiva della sua vita e poi per l'assoggettamento della Grecia da parte dei Macedoni, che tolsero la libertà alle città.

La Grecia classica


L'età classica fu un periodo di guerre civili continue, complicate da rivalità esterne, ma anche un periodo di vigorosa espansione economica e demografica. Il risultato congiunto di questi elementi fu l'espansione coloniale che portò gli Elleni a insediarsi sulle coste dell'Italia meridionale, della Sicilia, del mar di Marmara e del mar Nero, nonché a costituire empori e centri un po' in tutto il mondo mediterraneo-microasiatico, non escluso l'Egitto. In quasi tutte le polis, il contrasto tra aristocrazia e popolo si risolse con la vittoria del secondo, ma nella forma dell'instaurazione del potere assoluto di una dinastia (tiranni): grandi dinastie di tiranni si stabilirono, per esempio, nelle colonie di Sicilia, a Corinto (i Cipselidi), nel 657 a.C., a Megara con Teagene, nel 640 a.C., a Mileto con Trasibulo, nel 610 a.C., e nel Peloponneso, nonostante l'ostilità spartana. Più raro è il caso (ad Atene, nell'Attica) di una conciliazione, dovuta all'opera di un moderatore che fornisce una costituzione politica fondata sul bilanciamento dei poteri, destinata ad evolversi in senso democratico.
Esemplare, ma non sufficiente a superare le tensioni interne fra proprietà fondiaria e nuova classe mercantile, fu ad Atene l'attività legislativa di Dracone (621 a.C.) e poi di Solone (594-593) che diede alla città una Costituzione fondata sul censo, dividendo la popolazione in cinque classi, fino allo stabilirsi, con l'appoggio degli strati popolari, della tirannide dal 561 al 560 e poi dal 546 al 528, imposta da Pisistrato, cui succedettero i figli Ippia e Ipparco (528-511). La spedizione spartana contro Atene costrinse Ippia ad abbandonare la città, riportando al potere i gruppi aristocratici, costretti ad avviare un parziale processo di democratizzazione con Clistene (508-507), la cui Costituzione, concedendo i diritti politici a circa l'8% della popolazione, darà alla Grecia il primo modello di polis democratica.
Per tutto il VI sec., intanto, Sparta aveva combattuto contro i suoi vicini peloponnesiaci, dando vita a un solido Stato (sempre nella forma tipica alla Grecia antica di una federazione di polis), unendo la maggior parte delle città nella lega Peloponnesiaca e sottomettendo definitivamente i Messeni. A ciò corrispose l'evoluzione del regime spartano in senso aristocratico e militare, con una rigida divisione in caste all'interno della città: il potere fu assunto dall'aristocrazia militare degli spartiati, l'unica a godere dei diritti politici e a ispirarsi a principi egualitari e comunistici nei propri rapporti interni, mentre la restante popolazione era ridotta in condizioni analoghe a quelle dei servi della gleba (perieci) o in schiavitù (iloti). Sparta assunse anche un ruolo centrale nella lotta contro le emergenti classi mercantili e i regimi tirannici che andavano opponendosi all'aristocrazia nel resto della Grecia.
Grazie alla solidità del suo esercito di opliti, Sparta divenne anche, insieme con Atene, la più solida garanzia dell'indipendenza greca contro l'offensiva persiana dei primi decenni del V sec. a.C. Soffocata una rivolta delle colonie greche d'Asia (da tempo entrate nello Stato lidio e quindi in quello persiano), i Persiani inviarono dapprima una spedizione punitiva contro Atene ed Eretria, che avevano sostenuto i ribelli, ma gli Ateniesi riuscirono a bloccare gli invasori a Maratona (490), grazie al genio strategico di Milziade. Dieci anni dopo, un grande esercito persiano si proponeva addirittura il disegno di conquistare l'intera Grecia: il re Serse forzava il passo delle Termopili, invano difeso dal re spartano Leonida, giungeva ad Atene, abbandonata dagli abitanti, e la distruggeva, ma solo per incontrare un'insormontabile resistenza spartana sull'istmo. Mentre la flotta ateniese distruggeva quella fenicia, al servizio della Persia, a Salamina (480), gli opliti spartani infrangevano a Platea la potenza terrestre dei Persiani. Serse dovette ritirarsi e, nel decennio successivo, la flotta ateniese e gli eserciti degli alleati spartani smantellavano le posizioni persiane nel nord dell'Egeo, sul mar Nero, in Ionia, finché la pace di Callia (449) garantiva le libertà di tutte le comunità greche in Asia e nell'Egeo. Fu comunque una libertà relativa, perché la lega Delio-Attica, costituita dalle città liberate, si andava ormai configurando come un impero ateniese.
Pur essendo uscita sì distrutta dalla guerra del 480, Atene, grazie alla sua eccezionale classe dirigente, aveva imboccato la via dell'espansione commerciale-imperialistica, sostenuta dalla flotta, i cui equipaggi fornivano la base di un'accentuata trasformazione politica in senso democratico-egualitario (462-458). La democrazia raggiunse la sua forma più evoluta nell'età di Pericle (461-429 a.C.), in cui alla democrazia formale corrispose la dittatura personale di Pericle stesso. In questo periodo Atene divenne il più importante centro culturale del mondo antico e 'democrazia' significò soprattutto espansione commerciale e imperialismo marittimo.
Il tesoro della lega venne trasferito ad Atene e gli alleati si trovarono ridotti al ruolo di tributari. Tra l'impero marittimo di Atene e l'impero terrestre di Sparta era ormai aperta la lotta per la supremazia su tutta la Grecia. Già nel 448-447 a.C. Sparta era intervenuta per impedire che Atene estendesse la sua egemonia alla Beozia e a Tebe. Dopo una guerra che aveva visto sconfitti gli Ateniesi, si era giunti ad una tregua trentennale, ma le ostilità ripresero già nel 431 e dovevano durare fino al 404, con alterne vicende: fu questa la guerra del Peloponneso che, con le sue distruzioni, segnò la fine del periodo di maggiore fulgore civile. La vittoria finale andò a Sparta. L'ambizioso tentativo di conquistare le colonie doriche della Sicilia (427) aveva notevolmente indebolito la potenza di Atene, messa a dura prova dall'intervento della Persia, che invase l'Attica per cinque volte (431, 430, 428, 427, 425 a.C.), oltre che dalle mutevoli alleanze fra le città greche, soprattutto Argo, in cui si alternarono regimi democratici e oligarchici, e infine da una profonda crisi all'interno di Atene stessa, in cui, dal 411 al 410 a.C., fu per breve tempo instaurato un regime oligarchico filospartano.
Il re lacedemone Lisandro distrusse nel 405 la flotta ateniese all'Egospotamo e, otto mesi dopo, la città rivale capitolava. Ai vinti fu imposto un duro regime oligarchico che resistette solo per poco: Trasibulo restaurava la democrazia già nel 403, ma la lega marittima era ormai un ricordo del passato. Neanche Sparta riuscì a conquistarsi un'egemonia stabile: la logica delle cose la spingeva a riprendere l'espansione in Asia e, di conseguenza, spingeva a un'alleanza tra Persia e Atene: a Cnido nel 394 una flotta ateniese e persiana distruggeva, dopo solo un decennio, l'egemonia spartana. Sull'Egeo e in Asia, ritornò il dominio persiano (pace di Antalcida, 386 a.C.). A Siracusa si impose, con la tirannide di Dionisio (405-367 a.C.) il tentativo di unificare la Sicilia e la Magna Grecia. In Tessaglia, Giasone di Fere (380-370 a.C.) unificò il paese, creando un forte esercito mercenario, mentre in Grecia si aprì una fase di complesso equilibrio tripolare, tra Atene (che ricostituì, per breve tempo, una seconda lega marittima, 386-356), Sparta e Tebe, giunta al ruolo di grande potenza, grazie alle riforme politiche e militari di Pelopida e di Epaminonda, che a Leuttra (371) sconfissero gli Spartani, ne distrussero poi l'impero terrestre, ridando la libertà ai Messeni e affermando una breve egemonia beotica. Atene, fatalmente, si riavvicinò a Sparta: la nuova coalizione fu sconfitta dai Tebani a Mantinea (362), dove però Epaminonda morì. Nessuna città greca poteva più controllare le altre (tra il 357 e il 355 gli alleati di Atene si ribellarono definitivamente, ponendo fine, con la guerra sociale, alla seconda lega). Si accentuò, inoltre, la crisi della polis, conseguente all'aggravarsi dei conflitti sociali fra la ricca borghesia mercantile e la massa dei salariati o dei piccoli artigiani impoveriti dalle guerre.
Di questa situazione approfittarono i Macedoni, popolo considerato barbaro dai Greci, ma che era riuscito a costituire (359-336 a.C.) una forte organizzazione statale con Filippo II, che aveva creato anche un agguerrito esercito e una nuova tattica militare (uso del cavallo, della lancia lunga e dello schieramento degli opliti a falange). Egli seppe abilmente inserirsi nelle cose greche, prendendo parte alla cosiddetta guerra sacra (per il controllo del santuario di Delfi, 356-346), dando un colpo irreparabile alla potenza tebana. Si volse poi contro Atene, divisa fra i sostenitori della mobilitazione immediata (Demostene), i pacifisti, espressione dei ceti medi mercantili (Eubulo), e i filomacedoni, occupandone le colonie nel Chersoneso e in Tracia, fino alla guerra definitiva, che vide gli Ateniesi e gli alleati (lega antimacedone, 341 a.C.) sconfitti a Cheronea nel 338. Questa data segna la fine dell'indipendenza politica delle città greche, cui venne imposto di non guerreggiare fra loro e di partecipare alla lotta comune contro l'impero Persiano che attraversava ormai una notevole crisi interna.



La Lingua Greca


La prima fase della documentazione del greco, lingua appartenente alla lingua indeuropea, è rappresentata dal miceneo, i cui testi in scrittura Lineare B, decifrati e interpretati da Michael Ventris, risalgono alla seconda metà del II millennio a.C.. Molto più ampia e sicura è però la conoscenza che noi abbiamo del greco nel I millennio a.C. sia perché la documentazione epigrafica si presenta molto più ampia e varia di quella micenea, sia perché questa preziosa documentazione epigrafica è integrata da una prestigiosa tradizione letteraria che fa capo a Omero. La tradizionale suddivisione dei dialetti antichi greci in ionico-attico, parlato in Attica, in Eubea, nelle Cicladi, sulla costa dell'Asia Minore, nella Magna Grecia; in eolico, comprendente il dialetto di Lesbo, il tessalico e il beolico; in dorico, parlato a Corinto, nell'Argolide, in Laconia, Messenia e, fuori dalla Grecia continentale, in alcune delle Cicladi, a Creta, sulla costa dell'Asia Minore, a Cirene, in Italia, nelle Focide, nella Locride, nell'Acarnania e nell'Epiro, riflette sostanzialmente le forme dei dialetti letterari, ma non tiene sufficientemente conto della molto più complessa situazione delle parlate locali e regionali. All'interno del dorico, per esempio, si possono scorgere numerose varietà dialettali che costituiscono il dorico meridionale e il dorico settentrionale che viene considerato un gruppo a sé, quello dei cosiddetti dialetti nord-occidentali, cui appartiene tra gli altri anche l'acheo. Si possono comunque cogliere alcuni tratti caratteristici e specifici della grecità linguistica nel suo insieme.


Nel periodo ellenistico si forma, su basi essenzialmente attiche, una lingua comune, detta koiné, in cui si dissolvono tutti gli antichi dialetti greci (solo lo zaconico continua in età moderna un antico dialetto greco). Nel periodo bizantino la lingua ufficiale dell'alta letteratura, della scuola, della Chiesa e della amministrazione statale si presenta come un ritorno artificioso al greco classico, ma la lingua parlata continua la sua evoluzione staccandosi sempre più dalla lingua scritta. Questa situazione si riflette nella diglossia che caratterizza l'epoca moderna in cui la lingua popolare o volgare si contrappone nettamenta alla lingua classica. L'importanza del greco nella storia della civiltà umana non si può valutare in tutta la sua portata se non si tiene conto dell'influenza che il greco ha esercitato sul mondo latino e, anche per il suo tramite, su tutta la civiltà europea. Molte parole greche comuni sono passate in latino sostituendovi la parola indigena, e dal latino sono passate a tutte le lingue romanze. L'influsso linguistico greco sul latino si configura in tutta la sua ampiezza e profondità anche nel caso dei calchi per cui la parola greca non viene mutata nella sua forma originaria, ma viene tradotta nei suoi elementi costitutivi. A questo proposito si può dire che quasi tutta la terminologia tecnica, filosofica, retorica, grammaticale latina sia stata forgiata sul modello della corrispondente terminologia greca. E ancor oggi gran parte della terminologia tecnica o scientifica è continuamente creata o ricreata con materiale lessicale greco. Per non parlare dell'importanza che i Greci hanno avuto nell'adattare l'alfabeto fenicio alla propria lingua in modo così geniale e funzionale da fornire un modello, diretto o indiretto, alla formazione di tutte le scritture dell'Occidente.


Il mondo dei Greci

La civiltà sviluppatasi nel mondo greco presentò aspetti profondamente innovativi rispetto alle altre che si erano manifestate in precedenza nel Vicino Oriente. Non solo fu completamente diverso l'atteggiamento verso i problemi politici e religiosi, ma diversi furono anche i metodi seguiti per raggiungere il sapere e la sensibilità verso le opere d'arte.

Le principali divinità erano quelle olimpiche (così chiamate perché si riteneva avessero sede sul monte Olimpo): esse, a differenza degli uomini, avevano il privilegio dell'immortalità, ma degli uomini avevano vizi e virtù. Al di sopra delle divinità vi era il Fato, contro il quale nulla era possibile.

I sacerdoti non erano considerati rappresentanti delle divinità sulla terra, così come avveniva presso i popoli orientali; essi erano semplicemente dei funzionari statali, degli esperti incaricati dalla polis di celebrare i sacrifici a nome di tutta la collettività.

Accanto alla religione ufficiale esistevano altri livelli di religiosità: attraverso i culti misterici il singolo individuo cercava di stabilire un contatto diretto e personale con la divinità per calmare le proprie sofferenze, per invocare aiuto e protezione su di sé, soprattutto per assicurarsi una sorte migliore nella vita ultraterrena.

Era inoltre convinzione comune che gli dei potessero manifestare la loro volontà e predire il futuro attraverso gli oracoli: per questo motivo sorsero numerosi santuari, meta di pellegrinaggi continui, il più famoso dei quali era a Delfi, dove si trovava l'oracolo di Apollo.

In Grecia l'arte cessò di essere al servizio del potere o della religione e acquistò un valore autonomo. Uno scultore o un pittore portavano a termine il loro lavoro anche per realizzare un'opera che desse piacere a chi la osservava, che stimolasse nell'osservatore un senso di ammirazione. L'artigiano greco, se paragonato a quello orientale, godette di una maggiore considerazione anche se non poteva aspirare a salire nella scala sociale perché per vivere doveva esercitare un lavoro manuale.

Il mondo delle poleis fu il luogo d'origine della filosofia, di una rivoluzione intellettuale che portò l'uomo greco a cercare di capire l'universo che lo circondava non facendo ricorso al mito ma attraverso la forza dimostrativa della ragione. Il sapere presso i popoli orientali era un sapere immobile, esclusivo privilegio delle caste sacerdotali, in quanto era considerato il frutto di una rivelazione divina; ogni cambiamento sarebbe stato sacrilego perché avrebbe significato andare contro un ordine voluto dagli dei. I primi filosofi rifiutarono totalmente questa concezione: ogni teoria doveva essere il risultato del ragionamento, che solo attraverso la ricerca personale, il dubbio e la critica giungeva a proporre nuove soluzioni. La filosofia perciò tendeva all'elaborazione di una cultura libera e progressiva.


La Religione Greca


Sebbene politicamente frazionati, tutti i Greci della penisola, delle isole e delle colonie avevano coscienza di appartenere ad un'unica stirpe e possedevano quindi una unità spirituale: le divinità erano anche dette panelleniche cioè di tutti gli Elleni. Queste divinità erano state concepite in forme umane. Esse erano riunite in numero di dodici, in una famiglia avente suo padre e capo supremo in Zeus.


Esse abitavano sul monte Olimpo, il più alto della Grecia ed erano: Era, sposa di Zeus, Posidone, Demetra, Apollo, Artemide, Ares, Afrodite, Ermete, Atena, Efesto ed Estia. Tra queste divinità ce n'era un'oscura e potentissima, che non ebbe mai volto umano: il Fato o necessità, rappresentante una Volontà superiore agli dei stessi che determina ogni avvenimento. Questi dei avevano le passioni, le virtù, i bisogni e i difetti degli uomini, differendone soltanto nella potenza soprannaturale e nella immortalità; il loro cibo era il nettare e la bevanda l'ambrosia.


I Greci non ebbero una teologia: furono i poeti ad inventare e a diffondere i miti, le storie degli dei; e fu perciò contro i poeti che si esercitò la critica dei poeti naturalisti e razionalisti greci.


Altre figure divine erano quelle di Ade e di Persefone, sovrani dell'oltretomba. Boschi, selve, fiumi erano abitati da divinità minori (satiri, ninfe ecc.). I luoghi in cui erano venerati questi dei si chiamavano templi. Esso era in primo luogo l'abitazione della divinità, rappresentata dalla sua statua di culto conservata all'interno. I fedeli non potevano entrare nel tempio e celebravano i sacrifici all'esterno su altari appositamente costruiti davanti all'ingresso.


Un altro importante luogo di culto era l'oracolo in altre parole un tempio in cui si affermava che se il dio era interrogato questi rispondesse per bocca del proprio sacerdote. Per quanto riguarda questi ultimi, non esisteva una gerarchia sacerdotale e al sacerdozio (elettivo o ereditario) erano ammesse anche le donne.

Grande sviluppo ebbero, soprattutto in epoca ellenistico-romana, le religioni di mistero. I misteri di Eleusi erano dedicati a Demetra e Persefone.

Altro movimento mistico assai importante fu l'orfismo, che tendeva ad una particolare santità nel nome e nel culto iniziatico di Dioniso, dio d'immortalità e di salvezza.

Distinti dagli dei erano gli eroi ch'erano emersi dall'antico culto degli antenati, anteriore allo stesso politeismo. Alcuni eroi (come Eracle) erano accolti nel concesso divino mediante l'apoteosi.

I riti funebri testimoniano nei Greci la credenza in una vita oltremondana; ai morti si metteva in bocca una moneta (obolo) per pagare a Caronte il passaggio sull'Acheronte, il fiume che cingeva l'Averno, e in mano una focaccia da gettare al cane Cerbero, che ne era il custode. Nel regno dei morti si distinguevano l'Eliso e il Tartaro. Il primo era luogo di beatitudine per i giusti, mentre il secondo era luogo di tormenti per chi si era macchiato di delitti.

Come conclusione bisogna affermare che la religione greca era frutto di fervida fantasia, nondimeno essa era più evoluta delle religioni orientali (ad eccezione di quella ebraica) perché ispirava all'uomo non cieco terrore dinanzi alla divinità, bensì reverenza ed affetto.

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