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La battaglia dei Dardanelli
Le pesanti sconfitte subite dall'impero russo ad opera dei tedeschi in Prussia Orientale, a Tannenberg
e sui Laghi Masuri,
unita alla pressione turca sul Caucaso
e alla cronica penuria di munizionamento per le forze armate, avevano reso
piuttosto critica per l'Intesa la situazione del fronte orientale alla fine del
. Il granduca Nicola,
comandante in capo dell'esercito russo, fece all'inizio dell'anno dei passi
presso l'ambasciatore britannico perché fosse effettuata una "dimostrazione di
forza" contro l'Impero
Ottomano. Il consiglio di guerra britannico, riunitosi il 13 gennaio, diede ordine
all'Ammiragliato di organizzare uno sbarco in forze sulla penisola di Gallipoli, che
dominava lo stretto dei Dardanelli,
da attuarsi nel mese successivo. Il piano messo a punto prevedeva degli sbarchi
lungo lo stretto per l'occupazione dei forti turchi, dopo però che importanti
forze navali avessero forzato lo stretto stesso e messo sotto tiro Costantinopoli con i loro
grossi calibri. A quel punto sarebbero intervenute altre unità francesi,
britanniche e russe destinate ad occupare la città e il Bosforo. Questo piano,
messo a punto in mancanza di forze sufficienti per una vera e propria invasione
in massa (si stimava fossero necessari almeno 100.000 uomini) era viziato
dall'estrema difficoltà di effettuare l'occupazione navale dei Dardanelli. Per quanto la Turchia non disponesse di
una apprezzabile forza navale, lo stretto era abbastanza angusto da rendere
pericolosissimi i pochi campi minati che gli ottomani avevano posato, senza
contare i forti, che per quanto dotati di armamenti antiquati, erano in una
posizione di vantaggio.
Il 19 febbraio
dodici corazzate pre-dreadnought (9 britanniche e 3 francesi) al comando del
vice ammiraglio Carden attaccarono le postazioni fortificate turche con un
pesante bombardamento, durato otto ore. Il dello stesso mese le
navi da guerra alleate tornarono all'attacco e danneggiarono alcune
fortificazioni, riducendo al silenzio le batterie fisse. Le batterie mobili
turche invece furono abilmente gestite e riuscirono a costituire un serio
ostacolo ai tentativi di sbarco e di dragaggio degli sbarramenti minati
all'imboccatura dello stretto. Il 18 marzo dieci corazzate
(sei britanniche e quattro francesi) forzarono lo stretto raggiungendo il mar di Marmara, ma
incapparono in uno sbarramento minato e si dovettero ritirare con perdite
pesanti.
A questo punto apparve chiaro che il forzamento dello stretto con le sole navi da guerra era pressoché impossibile; fu pertanto deciso lo sbarco nell'area della penisola di Gallipoli.
Con truppe fresche, appena giunte, Hamilton decise di sferrare un nuovo risolutivo attacco, corroborato da un nuovo sbarco nella baia di Suvla diretto a tagliare in due la penisola e impedire l'intervento in forze dei difensori, oltre all'occupazione delle alture. L'operazione prevedeva anche un attacco diversivo da sud (capo Helles) per distrarre gli eventuali rinforzi turchi. Tutto iniziò il 6 agosto, ma gli uomini dell'Intesa si arenarono quasi subito ovunque. Le truppe fresche, inesperte, e le esauste veterane di aprile vennero ancora una volta costrette a trincerarsi nelle ormai anguste teste di ponte. La situazione divenne drammatica in autunno, con l'inizio del maltempo. Il governo britannico decise per lo sganciamento da una campagna ormai chiaramente compromessa, e sostituì Hamilton con il generale Charles Monro, il quale organizzò abilmente, dopo una rapida ricognizione della situazione, le operazioni di sganciamento e reimbarco. Entro il 20 dicembre la maggior parte dell'equipaggiamento pesante e delle truppe fu evacuato. Gli ultimi 35.000 uomini furono reimbarcati fra l' e il 9 gennaio .
Da questo vero e proprio disastro, dovuto anche alla resistenza ad oltranza delle forze ottomane, una volta tanto ben organizzate e ben guidate, il prestigio che la Royal Navy voleva difendere a ogni costo evitando perdite sopportabili (in quel momento erano in servizio ben 25 pre-dreadnought più altre 9 di riserva) venne macchiato dal sacrificio delle truppe a terra. La disfatta costò quasi la carriera all'allora Primo Lord dell'Ammiragliato (ministro della Marina Militare) Winston Churchill, fra i sostenitori del piano, che non ebbe più comandi operativi.
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