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Invasione della Francia e guerra contro l'Inghilterra




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Invasione della Francia e guerra contro l'Inghilterra


Libero sul fronte orientale e consolidato il controllo del Nordeuropa, il Führer decise allora di sferrare l'attacco a fondo contro la Francia.

L'offensiva, sca­tenata il 10 maggio evitò la poderosa linea fortificata Magi­not (che si estendeva dal confine franco-svizzero sino a Mont­médy e prendeva nome dal ministro che l'aveva fatta costruire) e si rivolse contro l'Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, neu­trali.

Il Belgio, sostenuto dall'afflusso di truppe anglo-francesi, op­pose una sensibile resistenza, presto sopraffatta peraltro dalle forze nemiche. Mentre gli Inglesi, giustamente intuendo che la partita sul continente era perduta, riuscivano a stento a reimbarcarsi a Dunkerque (3 giugno 1940), i Tedeschi penetravano nel suolo francese, vincevano le due battaglie della Somme e del­l'Aisne (6-10 giugno e si avviavano verso sud prendendo alle spalle la linea Maginot, ridotta così a semplice testimonianza di una concezione strategica superata.

La nuova guerra-lampo (Blitzkrieg), fondata sull'uso massiccio dell'aeronautica e delle divi­sioni corazzate (Panzerdivisionen) sconvolgeva i piani dello stato maggiore francese e i concetti statici sui quali si era fondata la linea Maginot.


Le strepitose vittorie tedesche indussero Mussolini a dichiarare la guerra alla Francia e all'Inghilterra (10 giugno nella convinzione che la partita fosse ormai sul punto di chiudersi vantaggiosamente per l'Asse. Voleva essere «realismo» politico, era invece - come si sarebbe visto - soltanto un cinico errore di calcolo.

Mentre le nostre truppe si ammassavano sul confine occidentale e subivano sensibili perdite senza ottenere alcun successo apprez­zabile data l'impervietà del sistema alpino, i Tedeschi entravano in Parigi (14 giugno), già evacuata dal governo francese che si era tra­sferito a Bordeaux. Dimessosi il Reynaud, gli succedette, a capo del governo francese, il maresciallo Philippe Pétain, che, pochi giorni dopo, sottoscrisse l'armistizio con la Germania (22 giugno) e con l'Italia (24 giugno).

Il tracollo della Francia non era dovuto solo a ragio­ni militari, ma anche e soprattutto a ragioni etico­politiche: per un verso, la guerra non era stata sostenuta dal proletariato perché il patto russo-tedesco aveva disorienta­to le masse popolari e ne aveva insidiato la spontanea avversione al nazismo; per l'altro, la destra francese (della quale Pétain e il suo collaboratore Pierre Laval erano esponenti) non aveva mai nascosto le sue simpatie filofasciste e aveva potentemente contribuito a to­gliere alla Repubblica francese quello spirito di patriottismo demo­cratico che l'aveva sostenuta in tempi migliori.


Con l'armistizio la Francia venne divisa in due

  1. la parte settentrionale, compresa anche tutta la costa atlantica, rimase direttamente in mano ai Tedeschi;
  2. la parte meridionale, con capitale a Vichy, fu assegnata al governo di Pétain, che gravitò nell'ambito dell'Asse sin quando i Tedeschi, nel novembre del 1942, non occuparono direttamente anche la Francia meridionale.

L'impero coloniale rimase sotto la sovranità del governo Pétain, fatta eccezione per quei territori che preferiro­no invece seguire il generale Charles De Gaulle nella sua ribellione contro il collaborazionismo della Francia di Vichy. Questi, subito riconosciuto dall'Inghilterra, si eresse ad esponente della Francia libera, stabilì la propria sede a Londra, e continuò, con le forze che lo seguirono e con i partigiani, a combattere la guerra contro l'Asse.


Annientata la Francia, il Führer rivolse all'Inghilter­ra proposte di pace, convinto, se non altro, di far va­cillare il fronte interno inglese e di esautorare il governo britannico, passato dal maggio 1940 dalle mani di Chamber­lain a quelle ben più solide di Winston Churchill. Ma il premier bri­tannico, sostenuto da un forte consenso popolare, lasciò cadere le assurde proposte di pace di Hitler, che avrebbero messo il conti­nente europeo nelle mani del nazismo.

L'intera macchina bellica tedesca fu quindi concentrata contro la Gran Bretagna.



Di gran lunga superiore alla Gran Bretagna nelle forze di terra, la Germania lo era altresì nell'aeronautica, dove la Luftwaffe stava, nei confronti della Royal Air Force, nel rapporto di tre a uno circa. Nel campo navale, invece, fatta eccezione per la flotta sottomarina dove la supremazia era dei Tedeschi, il primato britannico rimane­va indiscusso.

Mentre concentravano battelli e scialuppe sulla Ma­nica in vista di un progettato sbarco sul suolo ingle­se, i Tedeschi sferrarono una violenta offensiva ae­rea, inizialmente rivolta a distruggere gli apprestamenti militari britannici, ma dal 7 settembre concentrata particolarmente su Londra. La città fu martellata per quasi due mesi senza che si manifestasse il minimo segno di cedimento nel morale della popo­lazione, e l'offensiva dovette alla fine essere interrotta, perché le perdite della Luftwaffe erano di una gravità insostenibile, dato che gli Inglesi avvistavano tempestivamente gli aerei tedeschi mediante il radar, da poco inventato e adottato

La battaglia di Londra era dunque una vittoria inglese, e lo sbarco tedesco sul suolo dell'isola rimaneva una pura velleità, come lo era stato per Napoleone.





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