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Introduzione alla filosofia romana




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Introduzione alla filosofia romana



La Grecia diventa di fatto una provincia romana nel 146 a. C. con la distruzione di Corinto. Naturalmente i rapporti tra il mondo romano e la cultura greca erano già nati da tempo.

Tra il III e il II sec. a.C., già circolavano dottrine filosofiche tratte da alcuni contesti argomentativi, sotto forma di massime, grazie agli scritti di ENNIO, seguace della dottrina EMPEDOCLEA degli elementi e a quella dell'anima e delle sue reincarnazioni.


Ma dal II sec. a.C., la filosofia prende piede in maniera massiccia a Roma.


Si conosce un decreto del 161 a.C. che espelleva da Roma filosofi e retori e ciò fa capire quanto numerosi fossero gli intellettuali greci nella Capitale.

La classe dominante reagì con atteggiamenti diversi. Una parte, quella dei membri più tradizionalisti, giudicava la cultura greca dannosa dal punto di vista etico.


Esempio noto è CATONE il censore, ma l'episodio più famoso è l'ambasceria dei filosofi inviati da Atene a Roma, nel 155 a.C., per il condono di una multa.

Tra questi filosofi vi era CARNEADE, che argomentò sia a favore sia contro l'esistenza di una legge naturale universalmente valida.

Argomento naturalmente respinto da Catone, ma astutamente, Carneade ne introdusse un altro che i Romani non potevano non accettare, ovvero a quale diritto si appella il più forte nell'aggredire il più debole, se non a quello della forza?

Risposta alla domanda, sottilmente formulata da Carneade, la diedero le Storie dello storico greco POLIBIO ( 208-126 a.C.), nelle quali si spiegava che l'Imperialismo romano era l'evoluzione storica più naturale, poiché Roma aveva costituito una "Costituzione mista"( già esaltata da Platone ) che riuniva gli aspetti positivi delle 3 forme costituzionali ( monarchia,aristocrazia, democrazia) senza i difetti di ognuna.


Per questo Polibio fu ben accetto alla classe aristocratica romana, quali gli Scipioni .


Di questo folto gruppo faceva parte anche il filosofo PANEZIO; a non dimenticare

comunque che la filosofia, in questo periodo era considerata solo una parte importante ma non fondamentale, per la formazione di  un nuovo tipo di uomo e politico, meno legato agli ideali romani della tradizione più antica.


Il rapporto con la filosofia da parte dei membri colti della classe aristocratica di Roma non si risolve nella adesione rigida ad una singola scuola ; infatti ,estranei al mondo delle scuole e dell'insegnamento, erano liberi da vincoli e più disponibili all'ascolto di teorie filosofiche diverse tra loro.


Le correnti filosofiche più influenti del tempo furono l'EPICUREISMO, che col tempo aveva mantenuto le sue caratteristiche originarie; lo STOICISMO e lo SCETTICISMO , già dal II sec.a.C. iniziarono a trasformarsi, senza comunque dare vita a dottrine influenti.


Ricordiamo infine l'attività di Panezio e di Cicerone.

Del primo ci restano soltanto frammenti, del secondo abbiamo,per nostra fortuna, un gran numero di opere complete.



PANEZIO di RODI


Fino alla I metà del II sec.a.C. lo STOICISMO segue staticamente le sue dottrine originarie; nel 129 a.C invece con Panezio Di Rodi, ci fu un nuovo slancio al pensiero della Stoà, fase definita dagli studiosi " Media Stoà".


PANEZIO nacque a Rodi intorno al 185 a.C. da famiglia nobile, frequentò Pergamo e poi si stabilì ad Atene dove seguì le lezioni di Diogene di Seleucia e Antipatro.

Dopo il 150 a.C. andò spesso a Roma dove frequentò il circolo culturale degli Scipioni.

Al seguito di Scipione Emiliano viaggiò moltissimo e naturalmente ciò contribuì ad arricchire le sue conoscenze culturali.

Non scrisse molto, o almeno cosi sembra, poiché ci sono giunti solo frammenti delle

sue opere.

Le opere da ricordare sono i trattati Sulla provvidenza, Sulla necessità di sopportare il dolore e altre, ma la più interessante è il trattato Sul dovere,che sarà poi ripreso da Cicerone nei primi 2 libri del De officiis


L'innovazione di Panezio sta nelle modifiche apportate allo Stoicismo antico, mitigandone le asprezze e inaugurando una tendenza eclettica proseguita anche da Cicerone .

Le nuove teorie di Panezio interessano sia l'etica che la fisica.


Per la fisica, Panezio dubitò della "teoria della conflagrazione", che assegnava alle divinità la sola funzione di reggitori e non di artefici dell'universo.


Altra polemica sollevata da Panezio fu quella rivolta all'astrologia e all'arte divinatoria , il cui scopo è quello di prevedere un futuro già stabilito, Panezio sembra

aver "previsto" nell'astrologia (come poi riprenderà Pico della Mirandola) un fattore che limita il libero arbitrio umano: se tutto è già stabilito, l'uomo non ha alcuna libertà e, conseguentemente anche l'ETICA è vana: insegnare il comportamento non ha alcun valore visto che tutto è già stabilito.

Panezio spiega l'ETICA basandosi sui concetti della virtù e della saggezza, infatti asserì che la prima è bastevole solo se le si aggiungono buona salute, vigore fisico e ricchezza economica.

Il saggio di Panezio è naturalmente diverso dai saggi della tradizione.

Per quanto riguarda l'ANIMA, egli non sostenne la sua immortalità ma asserì che in essa esistono due parti: una, razionale , di materia ignea, l'altra irrazionale composta di aria.


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