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Il silenzio e il rumore




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IL SILENZIO E IL RUMORE


CAP.1 TRA VENTI DI GUERRA E ITALICI NEL MONDO

Nel libro si fa riferimento al termine "italicità"e "italici". Il primo termine è utilizzato per identificare l'insieme di ciò che caratterizza la civiltà italiana come lascito di una lunga storia. Il termine italici invece è usato nel corso del libro in una duplice accezione. Da un lato (secondo il suggerimento di Bassetti) identifica persone sparse nel mondo che non hanno rapporti di consanguineità con gli italiani ma per qualche aspetto sono innamorati dell'Italia e ne condividono tratti dello stile di vita, della cultura, delle tradizioni. La seconda accezione ha un significato più generale che comprende 3 gruppi di persone accomunati dall'italicità:

  1. Gli ITALIANI VERI E PROPRI: gli abitatori attuali dell'Italia
  2. Gli ITALIANI DI ORIGINE: quelli che hanno legami di discendenza da italiani
  3. Gli ITALICI VERI E PROPRI: nell'accezione di Bassetti

Le ragioni per cui Bechelloni decide di occuparsi degli italici sono 2.

RAGIONE 1: l'autore parte da una citazione di Prezzolini che scrisse "The Italian Legacy" tradotto col titolo "L'Italia finisce, ecco quel che resta" dove sintetizza le sue tesi sull'Italia da "italiano deluso". Prezzolini sostiene che nove decimi dei modi con i quali il mondo moderno ha coscienza di se stesso derivano dall'Italia a parte la democrazia, la libertà politica, il valore del lavoro e della associazione umana. Egli mette a fuoco quello che lui chiama l'ENIGMA ITALIANO. Esso consiste nel fatto che nonostante le forze congiurate contro l'unità politica il paese rimase italiano.per lui è difficile spiegare come tutta la gente e le dinastie che misero piede sul suolo italiano si trasformassero in ambiente italiano oppure fossero assimilate dalla popolazione. Ciò che fa meraviglia è il trionfo della civiltà italiana sopra le divergenze di interessi, di razze, di lingue, di culture. Tentare di risolvere questo enigma è ciò che motiva la prima ragione di scelta di questo tema da parte di Bechelloni.

RAGIONE 2: risolvere l'enigma italiano e carpire i segreti del "sentire italiano" può diventare molto importante per trovare la strada per avviare a soluzione i gravissimi problemi che minacciano di far saltare in aria tutti gli esseri umani e porre fine alla storia.

Infine Bechelloni aggiunge un ultima ragione e cioè la natura PARADIGMATICA DELL'ITALIA, quello che è accaduto in Italia non ha rilevanza solo per coloro che ci abitano ma per tutti gli abitatori del mondo e non è un caso che siano maturate in Italia istituzioni come l'impero romano e la Chiesa che hanno tendenze universalistiche.

CAP.4 GLI ITALICI COME RICCHEZZA NEL MONDO

Bechelloni racconta l'aneddoto del manifesto della Regione Lazio durante una sua visita a Roma con la scritta "La vera ricchezza dell'Italia sono gli italiani". Egli intende parlare di italiani come ricchezza nel mondo con "orgoglio patriottico" ma non con orgoglio "nazionalistico". La parola patria che oggi viene utilizzata solo nel contesto di un discorso costruito dall'avvento degli stati nazionali aveva e ha un significato più antico al quale Bechelloni si richiama: quello legato a un territorio concepito come "terra dei padri", senza alludere necessariamente a discendenze di sangue.  Sono padri e madri in senso culturale. L'orgoglio patriottico dunque deve essere orgoglio per ciò che i nostri padri hanno fatto e noi che veniamo dopo dobbiamo trarre esempio e ispirazione dalle loro opere. Il riferimento ai padri non è un riferimento maschilistico o al sangue o all'ordinamento politico bensì al legami con una memoria collettiva che dobbiamo coltivare. Secondo Bechelloni l'uso della parola patria invece rinvia ad altre parole importanti appartenenti alla civiltà romana: PIETAS e VIRTUS. Questo discorso non può valere per tutti i popoli e tutte le culture. Non tutti i popoli e le culture hanno un passato come il nostro che ha lasciato tracce così visibili nel mondo ed è per questo motivo che altri popoli hanno costruito legami che passano attraverso il sangue, la razza o l'etnia.

L'autore poi si sofferma sul tema delle diaspore italiche. L'identica italica infatti è figlia di diaspore antiche ed è per questo motivo che è stato sempre luogo di incontro e di miscelazione delle culture, di ibridazione e di contaminazione. Una miscela che dette origine nel tempo a uno speciale genius loci che andrebbe meglio coltivato ed esplorato.

CAP.5 VERSO IL TRAMONTO?

L'autore sostiene che ci siano 2 fenomeni paralleli che nascono in contesti diversi ma che nell'attuale clima da guerra mondiale anomala e asimmetrica si stanno miscelando tra loro e stanno diventando senso comune nei minoritari ma numerosi ambienti giovanili e femminili del mondo occidentale. Il primo di tali fenomeni nasce nel contesto degli studi e delle ricerche di antropologia ed etnologia. Sono stati scoperti, studiati e valorizzati centinaia di gruppi umani denominati "culture" sopravvissuti con le loro lingue e con le loro tradizioni ai margini e negli anfratti più riposti sopratutto nei due continenti (Americhe e Oceania) rimasti da parte sino all'epoca delle scoperte geografiche. Lo studio e la valorizzazione di tali gruppi umani si sono estesi anche ad altri gruppi umani marginali o marginalizzati sparsi nel mondo. Gli studi etnologici e antropologici ossessionati dalla loro mentalità di natura positivistica, scientifica e classificatoria hanno contribuito a legittimare un diritto è a dir poco perverso. Il diritto cioè di ogni popolo a essere considerato una cultura o una nazione e quindi restare legato alla terra di origine e di conservare intatti i propri usi e costumi anche quelle più palesemente in contrasto con i diritti individuali. Si è introdotto così in occidente un pensiero "politicamente corretto" che f a pugni con qualsiasi forma di educazione, evoluzione e ibridazione. Il secondo fenomeno è quello fissista che condanno gli esseri umani alla statica riproduzione dell'identico. È un fenomeno presente da molto tempo che ha acquisito sulla spinta dei neo fondamentalismi islamici un carattere duro e pericoloso. Si tratta della tipica configurazione della cultura islamica, che era un tempo religione e ordine politico e adesso si trova alla sua declinazione violenta e bellicosa. I fondamentalismi musulmani sono quelli che considerano le attuali disgrazie del mondo musulmano non l'effetto di una modernizzazione insufficiente ma di una eccessiva che giudicano come un tradimento agli autentici valori islamici. Il rimedio per loro è un ritorno all'Islam, con l'abolizione di tutte le leggi e i prestiti dell'Occidente e la restaurazione della Santa Legge islamica come legge vigente sul territorio. I movimenti islamici radicali non rappresentano la maggioranza del mondo musulmano ma rappresentano sicuramente ma sono un pericolo dato che considerano tutti coloro che non condividono la loro idea degli infedeli.

Il RUMORE ovvero il grande clamore suscitato da una consenso minoritario e da sogni primitivistici e fissisti, regressivi e nostalgici non può che allarmare. Sembra sposarsi all'ondata nihilistica. Solo un fenomeno può contrastare il rumore ed è l'ATTIVITÀ RIFLESSIVA che potrebbe scaturire dalla scoperta che gli esseri umani nel corso del 20 secolo hanno compiuto passi avanti al riguardo del potenziale autodistruttivo. La possibilità tecnica di distruggere il mondo è dei giorni nostri. L'unica speranza che abbiamo è comprensibile con un analogia. L'essere umano è l'unico essere vivente che è consapevole della propria morte. Quando questa consapevolezza si affacciò alla mente degli uomini mise in moto un processo (45.000 anni fa) di segno evolutivo che dette vita gradualmente a tutte le forme superiori di intelligenza e riflessività che caratterizzano l'essere umano. Ciò che oggi potrebbe accadere sulla spinta di un istinto di sopravvivenza è l'emergere di una ENERGIA EVOLUTIVA che a partire dalla consapevolezza di una morte collettiva possa contrastare le derive radicali, neofondamentaliste e nihiliste. Questa spitna potrebbe portare l'uomo a inventare forme adeguate e civili al fine della sopravvivenza. La civiltà italica potrebbe essere una delle risorse più importanti per condurre l'umanità a coltivare forme di civiltà e regimi politici possano assomigliare a quelli che hanno costruito gli italici per sopravvivere e aumentare la qualità della vita per quasi 3000 anni di splendida esistenza storica.

CAP.6 IL FARDELLO DEGLI ITALIANI

Il peso della storia è entrato nel dibattito italiano in 4 accezioni.

  1. La prima è la più diffusa. Le Goff suggerisce l'idea che la storia degli italiani è stata con Roma, con il Medioevo dei mercanti e del papato, con il Rinascimento e con il Barocco talmente grande, unica e irripetibile da suscitare sentimenti ambivalenti nella coscienza collettiva italiania: da un lato un sentimento di impotenza e dall'altro un sentimento di orgoglio e di emulazione. Sia nel caso dell'orgoglio che dell'impotenza il passato italiano pesa in modo negativo. Il passato lontano di Roma è stato perso irrimediabilmente nella penosa strumentalizzazione propagandistica che ne fece il fascismo. Il passato recente è stato deformato da ideologie e da propagande. La storiografia recente diviene spesso partigiana e faziosa.
  2. La seconda è più tecnica e deriva da un brillante saggio di Domenico Parisi che è uno studioso della mente. Egli sostiene che gli europei hanno una memoria sovraccaricata dalla storia, dalla tanta storia che li riguarda e quindi a differenza degli Americani, che hanno poca storia nella loro memoria, sono poco orientati al presente e al futuro. Sono di conseguenza meno pragmatici e innovativi. La storia qui pesa come un INGOMBRO. Questo spiegherebbe la maggior capacità degli americani di competere e di innovare.
  3. Qui la storia pesa nel senso che conta. La storia conta quando diventa memoria collettiva e diventa largamente condivisa, alimenta l'immaginario collettivo si cristallizza in miti, leggende e proverbi, oppure quando diventa storiografia.
  4. La storia pesa in una accezione negativa quando è intesa come quella versione o quella interpretazione dei fatti che è riuscita a imporsi come la migliore, la leggitima o quella più vera. È la storia raccontata da quelli che presumono essere i vincitori.

Un esempio di memoria storica cancellata è il caso degli etruschi e delle loro radici. Tale cancellazione impedisce che possa entrare nella memoria collettiva e in quella storica l'idea che la civiltà occidentale nasce dall'ibridazione fra oriente e occidente. Sarebbe interessante per far capire che la globalizzazione ha origini lunghe e antiche. Gli etruschi soccombettero di fronte alla violenza e alla forza dei Romani non solo perchè erano meno forti ma perchè erano convinti della loro superiorità culturale e civile non rendendosi conto che potevano essere copiati, invidiati e messi da parte. Ciò che è accaduto con la cancellazione etrusca non accade coi Romani che riescono a equilibrare bene softpower e hardpower.

CAP.8 IL RUMORE DELLE DISSONANZE E IL SILENZIO DELLE INVARIANZE. VERSO UNA LETTURA COMUNICATIVA DELL'ESISTENZA STORICA IN UN MONDO A RISCHIO

Siamo di fronte alla paura che nasce dalla consapevolezza che gli  esseri umani hanno, della straordinari a potenza che hanno sviluppato per dominare e addomesticare il mondo. Essa però può essere utilizzata per rivolgersi contro il mondo umano. Vi è insomma l'oscura consapevolezza di una possibilità di un gigantesco conflitto catastrofico. Di fronte a questa possibliità ci sono 3 risposte possibili.

  1. Quella NIHILISTA, che pensa che non ci sia nulla da fare se non abbandonarsi ala deriva autodistruttrice che sembra essersi impossessata del mondo umano. È una risposta molto potente, è diffusa sopratutto nel cuore intellettuale, disincantato e cinico del mondo occidentale.
  2. Risposta ATTIVISTICA, trae le sue origini dall'idea che solo attraverso un macroconflitto si possa distruggere la potenza imperiale per tornare a un mitico stato di natura originario, all'età dell'oro che ha preceduto il processo di civilizzazione.
  3. Data dallo stato mentale del neo capitalismo trionfante, nella versione sfrenata e liberista. È uno stato mentale che si pone come a-ideologico e neutrale alimentato dal senso comune e dalla forza del vincitore.

A queste risposte Bechelloni ne aggiunge una quarta. Egli sostiene che la risposta da cercarsi deve porsi allo stesso livello di complessità della situazione che dobbiamo fronteggiare. La prima mossa da fare è leggere la storia in chiave comunicativa, dal punto di vista della comunicazione. La consapevolezza del possibile scatenarsi di una violenza inarrestabile capace di portare all'esitenzione della specie umana deve attivare nuove forme di sapere e di conoscenza capaci di imprimere un nuovo corso alla storia. Il RUMORE DELLE DISSONANZE prima di essere il rumore che siamo in grado di cogliere intorno a noi (il frastuono che ci impedisce di comunicare) è il rumore che circonda l'oggetto del nostro lavoro scientifico. Il compito degli intellettuali che hanon capito la centralità della comunicazione è quello da un lato di imparare meglio a coltivare e comunicare la nostra identità come scienziati che lavorano alla costruzione di un sapere che possa diffodnersi a partire dalla percezione della comunicazione come problema. Dall'altro lato dobbiamo identificare i più gravi problemi di comunicazione che oggi affaticano il mondo rendendo difficile e forse impossibile cogliere la strordinaria e inedita opportunità che ci viene offerta dalla nascita inewuivocabile di una sfera pubblica mondiale. Per l'autore le relazioni interumane , specie quando coinvolgono entità collettive, gruppi sociali numerosi, si svolgono all'insegna degli equivoci comunicativi, dei fraintendimenti prodotti dagli stereotopi e dagli etichettamenti, ignoranza e dai pregiudizi. In un crescendo che talvolta si avvita su se stesso producendo crisi e disastri. Si pensi nel tentativo di far percepire la diffusa mancanza di consapevolezza circa l'esistenza dei problemi di comunicazione al modo in cui si coltiva e si comunica la memoria collettiva. La comunicazione e la coltivazione della memoria collettiva è selettiva e tale selezione si attiva in base a criteri partigiani, non esiste il tentativo di attribuire significati condivisi o condivisibili al lavoro di coltivazine della memoria. E' mutato anche il concetto di sfera pubblica secondo Bechelloni. Nell'eta conteporanea definita età di massa la sfera pubblica ha assunto una configurazione nuova. Si cerca di sostituire l'immagine del "cittadino santo" ben informato, critico e partecipante una nuova figura di cittadino, meno informato e meno partecipe ma non per questo meno vigile e attento. Il cittadino cioè capace di monitorare attraverso la sua esposizione selettiva ai moderni media audiovisivi l'operato die pubblici poteri e capace quindi di intervenire attivandosi o non attivandosi. In realtò poi il ruolo del cittadino (sfera pubblica) non va distinto da quello del consumatore (sfera privata). Essi sono interidpendenti e come tali vengono vissuti dalla maggior parte delle persone. La presenza dei media di comunciazione di massa ha prodotto la mediatizzazione della vita sociale rendendo intercomunicanti due sfera della vita pubblica e della vita privata. Si parla di sfera pubblica DENSA.

La prima mossa da fare volendo identificare i problemi di comunicazione che ne impediscono un funzionamento orientato alla sfera pubblica mondiale è quello di dotarsi di un APPROCCIO OLISTICO forte di competenze che si possono costruire sugli specialismi, le discipline e le culture.

La diaspora italica ha due caratteristiche molto importanti perchè è pluriculturale  fin dalle sue origini messapiche ed etrusche, elleniche e romane e in secondo luogo è una diaspora alimentata da un paese che non ha una politica imperiale o imperialistica.

Il mito dell'età dell'oro ha alimentato nel corso della storia umana non solo nostalgie riguardo ad un passato ormai perduto, ma sopratutto utopie destinate ad alimentare movimenti religiosi, rivoluzionari, desiderosi di ricostruire quell'età dell'oro in varie versioni. A rinvigorire questo mito contribuì la scoperta delle Americhe. Bechelloni effettua un paragone fra la sua "età dorata" e il mito dell'età dell'oro. L'età dorata è connessa ai ricordi della sua infanzia ed evoca altro piuttosto che le ideologie alla base di lutti, tragedie e stermini che hanno alimentato il mito dell'età dell'oro. Il suo è un riferimento onirico che fa riferimento all'"armonia perduta". L'età dell'oro costituisce il polo negativa, quella dorata, il polo positivo. L'età dorata è la capacità di immaginare, ricordare, trasfigurare e ricreare la realtà storica. L'età dorata per lui è un elaborazione intellettuale prodotta solamente da pazzi, artigiani e contadini (fa riferimento alla suddivisione degli esseri umani in 2 categorie effettuata da Guicciardini: i pazzi ed i savi). L'ETÀ DORATA VUOLE ABBELLIRE LA STORIA ATTRIBUENDO AD ESSA UN SIGNIFICATO UNIVERSALE E TRASCENDENTE. L'età dell'oro invece è un'elaborazione intellettuale prodotta dai savi. Persone e ruoli sociali che non hanno la pazienza di stare coi piedi per terra, presumono di poter volare alto e di poter prescindere dallo stato delle cose, disprezzando la realtà effettuale. Per questo si dedicano a costruire luoghi immaginari e a veder fumo. Al giorno d'oggi l'età dorata si è assopita mentre l'età dell'oro vive nel grande immaginario collettivo rappresentato dia media e dagli intellettuali sotto forma di ricette certe poiché fondate sulla scienza e la tecnologia.

Bechelloni poi effettua una nuova distinzione fra due categorie di italiani: i chierici e gli ingegnosi.   I chierici sono tutti quelli che hanno ostacolato e ostacolano la modernizzazione e la democratizzazione dell'Italia. Essi sono comunitari, tendono ad agire in nome di principi e teorie, sono autoritari, astratti e normati. Gli ingegnosi invece sono individualisti e riflessivi, pragmatici e comunicativi, normativi e democratici. In tutti i ceti e le classi sociali sono presenti queste due categorie, ovviamente questo non è un modo per etichettare tutti nell'una o nell'altra categoria. Questi 2 gruppi si sono sviluppati nella penisola a causa del fatto che le classi dirigenti non sono riuscite nel corso dei secoli a superare le divisioni che le contrapponevano e a costruire un sistema politico e uno stato capace di rappresentare tutti gli italiani. Gli ingegnosi sono tutti gli uomini della diaspora italica.


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