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Ed è proprio il superomismo di Nietzsche che forse riesce a spiegare più precisamente il totalitarismo e il Nazismo. Infatti, nella filosofia nietzschiana, il dittatore può considerarsi e specchiarsi nel superuomo, intendendo la volontà di potenza non tanto come possibilità da parte dell'individuo di elevarsi sopra le masse, quanto come scatenamento delle passioni e forza demagogica. Egli conta sulle proprie capacità di superuomo per ripristinare il caos originario, imponendo il crollo di tutti quei falsi dèi quali la morale, il Cristianesimo e in generale ogni metafisica. Mediocrità e modestia non fanno per lui; è un modo per riscattarsi e mostrare al mondo che quel ragazzo che ha subito amare delusioni in gioventù, ha tenuto, con tragiche conseguenze, la Germania in pugno per più di un decennio. Un decennio di orrore per la patria tedesca e non solo, un decennio in cui la follia di un solo individuo ha preso il sopravvento. Ma la storia, bene o male, grazie ai libri o a quegli stessi mezzi di telecomunicazione che hanno consentito l'espansione del fascismo e del nazismo, la conosciamo bene tutti; più arcane sono le cause di gesti simili e i motivi del consenso popolare ad un tanto estremo regime.
Facendomi un'idea su ciò che ho appreso dallo studio, dai media e dai mezzi di informazione di cui dispongo, sono arrivata in qualche modo a farmi un quadro, anche se superficiale, della perversa personalità di questo personaggio.
Spesso il Dittatore si trovò in imbarazzo per la sua scarsa cultura, dovuta alla decisione di abbandonare gli studi dopo la morte del padre per dedicarsi alla pittura; ma anche in quest'ambito si dimostrò mediocre, e così venne bollato dall'accademia delle belle arti di Vienna, che lo bocciò ben due volte, fallimento di cui Hitler risentì per il resto della vita.
All'età di vent'anni si ritrovò a vivere da solo a Vienna senza lavoro né danaro; disoccupato, frustrato, costretto a lavori saltuari, si dedicò alla lettura di libri di politica rivoluzionaria che divennero un'ossessione per lui, unico modo per poter organizzare il proprio riscatto contro tutti coloro che non avevano creduto in lui e lo avevano dipinto come un 'mediocre'.
In seguito fu costretto a scappare da Vienna per non essere arruolato nell'esercito austro-ungarico, ma fu catturato e riformato per la scarsa forza fisica; giunse così, per la labile coscienza del giovane Hitler, un'altra ferita.
Partecipò come volontario alla prima guerra mondiale nell'esercito tedesco e si battè con coraggio.
Ma l'episodio che lo segna più amaramente è la rivoluzione del 1891 stroncata dai socialdemocratici, ed è in tale occasione che nasce l'accanimento contro gli ebrei borghesi; infatti lo stesso Hitler afferma nel Mein Kampf: "quel giorno crebbe in me l'odio per i responsabili, Miserabili! Degenerati criminali! Con dentro la rabbia che mi divorava l'anima, decisi di dedicarmi più seriamente alla vita politica".
Dopo questo episodio si susseguirono una serie di eventi che lo videro dapprima fondatore del partito nazionalsocialista, poi cancelliere ed infine dittatore, grazie alle sue numerose tattiche, facendo leva sulle piazze e sfruttando l'arma della stampa, della radio e del cinema. Così nacque il Terzo Reich. Questa vittoria rafforzò in lui la convinzione d'essere l'uomo della provvidenza, si sentiva invincibile. Il delirio di onnipotenza si impossessò di lui, e lo condusse agli orrori della seconda guerra mondiale e infine al suicidio.
Oltre che ad una personalità perversa, le cause sono quindi anche da cercare nella vita del personaggio, che come abbiamo visto soffre di complessi di inferiorità, viene più volte giudicato mediocre: prima negli studi, nella sua passione ed infine anche fisicamente. Ed è quando ha l'occasione di riscattarsi col mondo che lo ha tanto deluso, che la vena della follia prende il sopravvento nel dittatore, distruggendo l'opportunità di riscattarsi,varcando ogni limite razionale e diventando simbolo della più terrificante espressione dell'uomo.
Sono passati oggi più di sessanta anni e gli storici ancora si interrogano su come sia stato possibile per un uomo dimostratosi più volte mediocre, riuscire a piegare alla propria volontà un'intera nazione.
È così molto facile passare dalla follia del singolo a quella della collettività. Infatti, la massa, riconoscendo in Hitler quasi un "capo carismatico", si fece facilmente influenzare come se fosse pronta a sottomettersi al nuovo regime, conseguenza, forse, di uno stato di stanchezza interiore e di rassegnazione, derivata da un periodo di crisi economica e sociale, contribuendo così al più grande massacro dell'umanità.
Sarebbe però insostenibile considerare il nazismo come una malattia o come un segno dello sviluppo dell'umanità, e sarebbe riduttivo nei confronti dell'intelletto umano sopravvalutare un uomo come Hitler, attribuendogli capacità da oratore tali da piegare un'intera nazione soltanto grazie al suo mito. Credo invece che le ragioni debbano essere ricercate nell'ingenuo desiderio del popolo di ritrovare quella vecchia pace che regnava in terra, una cultura questa che però precede di molto l'ascesa di Hitler, una corrente ideologica che rintraccia le sue radici nell'Ottocento e che trova le sue cause in un movimento dal carattere prettamente antimodernista.
In altre parole Hitler, anche essendo un oratore carismatico, non ha fatto altro che cogliere il giusto momento per proporre le sue malsane idee, momento in cui l'ideologia popolare era totalmente vulnerabile e sperava di trovare un regime che riportasse quella tanto attesa stabilità.
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