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Il Problema del XX sec. L'unità della società divisa
Nel XX sec in intaglia ci fu un problema politico che l'italia liberale non riusci a venirne a capo. Le classi popolari si erano organizzate e chiedevano la loro candidatura alla direzione dello stato, cosi entrarono in conflitto con ,la vecchia classe dirigente liberale, bisognava risolvere il problema evitando la guerra civile passando da un regime oligarchico a uno veram. democratico.
La situazione politica in Italia: i partiti di massa e i sindacati
Nella situazione generale il regime oligarchico era andato sfaldandosi ed era in corso un processo di democratizzazione. Le elezioni politiche avevano introdotto i partiti popolari in parlamento cosi le classi avevano interessi contrapposti; il partito popolare e quello fascista erano la maggioranza. La vita politica era diventata una lotta tra partiti. Contemporaneamente si costituirono i grandi sindacati nazionali (confederazione generale del lavoro) e a questa si contrapposero le associazioni dei proprietari terrieri (gli agrari) e degli imprenditori industriale.
I conflitti sociali
Una società di questo tipo era altamente conflittuale, le esigenze delle classi subalterne di giustizia cha erano compresse dalla crisi e dallo sviluppo determinarono una situazione esplosiva. Cosi dal 19 al 20 si ebbero occupazioni delle terre, delle fabbriche dagli operai e assalti ai negozi. La situazione sociale si tese fino a determinare una sorta di guerra civile latente che non poteva consentire il funzionamento dello stato.
L'ingovernabilità del paese e il fallimento della politica giolittiana
Nessuna forma di governo riusciva ad affermarsi e a stabilire un ordina accettabile. Giolitti tento di creare un'alleanza politica con la partecipazionedei partiti popolari e di dare cosi allo stato una maggiore stabilità. I tentativi furono falliti come quello ultimo di creare un blocco nazionale di centro del 1929.
Il fascismo strumento antidemocratico della borghesia
La borghesia non si era rassegnata alla democrazia voleva il fascismo come restauratrice dell'ordine e dello stato anche se ostile alla vera tradizione liberale. Lo stato era ormai debole e il crollo fu possibile perche la democrazia si era fatta strada nella vita politica ma non in quella sociale. La società aveva enormi disuguaglianze. Nessun regime democratico era in grado di sopravvivere senza la democrazia sociale. Le tensioni erano enormi in queste situazioni si affermo il fascismo.
Il rovesciamento dell'ideologia liberale
La politica liberale aveva fondato la società e lo stato sui diritti dei singoli individui. Al contrario il fascismo considero l'individualismo la causa prima della disgregazione sociale. Il suo compito perciò era quello di rovesciare i principi liberali. I diritti vennero sostituiti dai doveri e tutto per lo stato.
L'organicismo fascista gli individui come mezzi
Gli individui non sono elementi portanti della società: essi nascono crescono muoiono, mentre la società resta sempre identica a se stessa, l'individuo non puo perciò essere considerato come il fine della società essendo solo il mezzo. La società ha dei fini propri storici di conservazione e di espansione e di perfezionamento totalmente distinti dai fini degli individui. Per la realizzazione di questi fini la società deve utilizzare gli individui come mezzi e tutta la vita sociale consiste nel fare dell'individuo lo strumento dei suoi fini.
3 IL TOTALITARISMO FASCISTA: I regimi totalitari, a differenza di quelli autoritari, negano la vita privata e proclamano che nulla nell'esistenza degli individui riguarda solo loro stessi, ma che tutto riguarda tutti, perciò lo stato ha il diritto e il dovere di entrare in ogni momento della vita di ciascuno. Commentando un motto di Mussolini "tutto nello stato, niente al di fuori dello stato, nulla contro lo stato" Noberto Bobbio scrive che essa può considerarsi come: il diritto privato, conquista della rivoluzione liberale, cede il passo all'espansione del diritto pubblico, che esprime la supremazia dello stato rispetto ai singoli. I diritti individuali di libertà cessano di esistere e si trasformano in obblighi di agire nell'interesse dello stato. Lo stato entrò dappertutto diventando totale. Per svolgere i suoi compiti sviluppò un imponente sistema di interventi (autorizzazioni, controlli.) che ingabbiavano la società. Completamento della concezione totalitaria fu la distruzione della morale individuale e la sua sostituzione con l'etica statale. Lo stato etico è lo stato che ha la sua morale, che è unica vita morale. La "restaurazione dello stato" che il fascismo aveva intrapreso avveniva attraverso l'annientamento della società civile e delle sue forze morali. Questo non fu completamente realizzato poiché scarseggiavano gli strumenti tecnici per un controllo sociale ma soprattutto il fascismo non riuscì a piegare la religione ai suoi fini.
4 IL FASCISMO E LA CHIESA CATTOLICA: Il fascismo non fu in grado di fare della chiesa cattolica la chiesa di stato come la sua tendenza avrebbe richiesto. Grazie al concordato del Laterano del 1929 il fascismo riuscì ad assicurarsi l'appoggio della chiesa ufficiale, in cambio di un sistema di privilegi. (insegnamento della religione cattolica nelle scuole di stato, valore civile del matrimonio religioso, finanziamento di parroci da parte dello stato.) La religione cattolica fu riconfermata come religione di stato per questo ne divenne obbligatorio l'insegnamento. Le altre religioni furono invece sottoposte a misure restrittive, poiché sospettate di antifascismo. Si determinò così una commissione tra stato e chiesa che legò il Cattolicesimo italiano ufficiale alla politica del fascismo.
5 IL CORPORATIVISMO FASCISTA
La terza via tra liberismo e socialismo
Il fascismo proclamava il superamento delle due grandi dottrine sociali ed economiche dell'ottocento: a) l'individualismo liberale della borghesia capitalista che sottoponeva a se il proletariato, b) il collettivismo socialista, che era il progetto del proletariato per eliminare lo sfruttamento capitalista e abolire la divisione della società in classi. Il fascismo era convinto di aver scoperto la terza via che potesse mettere tutti d'accordo. Il torto dei capitalisti e dei proletari era quello di porsi entrambi al di sopra di tutto e voler sottomettere ed eliminare l'altra parte; ma sopra a tutte le parti della società, per il fascismo, c'era la nazione e lo stato fascista. Fu proclamata così la Carta del lavoro del 1927, manifesto delle dottrine economiche del fascismo che affermava che la nazione italiana è un organismo avente fini e mezzi superiori a quelli degli individui divisi.
C'è una differenza tra corporativismo cattolico e fascista. Nel primo la dottrina predica la collaborazione spontanea tra le classi come dovere di solidarietà mentre nel secondo c'è una visione molto realistica dei rapporti sociali e ritiene che questi non possano lasciarsi allo spirito di solidarietà. Ma debbano essere imposti dall'azione dello Stato.
Lo stato diventa così il soggetto economico essenziale dove le classi operano come strumenti dell'economia di Stato. Quando le classi sociali si dimostrano impari al loro compito lo Stato deve intervenire direttamente e farsi Stato-imprenditore. La Carta del lavoro dice che l'intervento dello Stato si ha quando manca o è insufficiente l'iniziativa privata oppure quando sono in gioco interessi politici dello Stato. Questi principi trovarono fondamento in occasione della crisi del 1929. In questo caso rilevò numerose imprese e banche private che rischiavano il fallimento.
Nei rapporti tra imprenditori e lavoratori la Carta del lavoro stabiliva i seguenti principi: a) il lavoro è un dovere sociale. Gli obbiettivi del lavoro sono unitari e si riassumono nello sviluppo della potenza industriale, b) i sindacati sono sottoposti al controllo dello stato.
In questo contesto in cui non si conosce più la libertà sindacale, è stato oppresso anche lo sciopero. Esso diventa un delitto contro la produzione nazionale, punito con pene severe dal codice penale. Per la dottrina fascista lo sciopero non aveva più ragioni d'esserci. Le parità tra le classi e i rapporti di lavoro dovevano essere assicurati dallo Stato tramite le corporazioni.
Non fu così. La pacificazione delle relazioni sindacali imposta dallo Stato fu in realtà vantaggiosa solo per una parte. Il sistema corporativo chiuse gli anni delle tensioni sociali e portò l'ordine nelle fabbriche. Ma soprattutto cristallizzò il rapporto tra le classi
6 IL FASCISMO COME REGIME A PARTITO UNICO E LO SVUOTAMENTO DELLO STATUTO ALBERTINO:
Il partito unico e l'assoggettamento dello stato
Il fascismo sostituì al sistema liberale un regime a partito unico,il Partito nazionale fascista (Pnf). Attraverso il PNF il fascismo poté inserirsi nello stato, e assoggettarlo, così ché per assumere cariche pubbliche era necessario appartenervi e accettarne tutti gli aspetti.
Il Partito nazionale fascista
Il PNF era uno strumento di mobilitazione guidato dal duce con il quale poteva intrattenere un rapporto personale con le masse. Si considerava rappresentativo del fascismo e della nazione in quanto da una parte ne esprimeva gli umori, e dall'altra li determinava in un rapporto diretto di tipo demagogico. Si ebbe così un potere dall'alto,e i rapporti sociali furono fondati sulla disuguaglianza di gerarchi e seguaci.
Il fascismo si sovrappose allo Stato senza abolire lo Statuto Albertino, bensì svuotando le strutture tradizionali. In questo modo il regime si creò un proprio corpo armato(Milizie),una propria polizia con compiti di repressione delle opposizioni politiche l'OVRA, il Gran Consiglio del Fascismo, il Tribunale speciale per la difesa dello stato.In fine la Camera dei deputati venne sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni.
Il capo del governo,massimo organo di regime
Il governo risultò essere il massimo organo del regime,dopo che tutti gli altri erano stati svuotati. Esso era capeggiato da Mussolini nel quale si identificavano stato e partito e lo stato divenne il mezzo attraverso il quale egli raggiungeva i suoi scopi. Si affermò in questo modo il regime di partito:lo stato era solo dei fascisti, ed era oppressivo nei confronti di coloro che non aderivano ad esso.
Identità nazionale e nazionalismo
Il fascismo si legò molto all'idea di unità, e questo lo portò al nazionalismo. Il principio di identità nazionale si trasformò in una idea di appartenenza esclusiva e totale a una comunità di vita.
La persecuzione delle minoranza
Da qui ebbe origine il principio di intollerabilità verso tutto ciò che è antinazionale e pericoloso per l'unità e da qui si aprì la strada alla discriminazione delle minoranze fino ad arrivare alla persecuzione degli ebrei con le leggi razziali del 1938 e alla partecipazione con i nazisti al loro sterminio.
Il colonialismo e la guerra
Sul piano internazionale il nazionalismo comportava un atteggiamento di ostilità nei confronti delle nazioni"diverse".Aprì quindi la strada alla politica imperialistica di espansione coloniale nella quale si ritrovarono questi elementi:volontà di potenza e disprezzo razzista degli altri popoli.
L'isolamento culturale
Sul piano culturale la conseguenza fu la chiusura contro le culture diverse. Il nazionalismo fu il coronamento ideologico della società chiusa voluta dal fascismo.
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