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IL CRISTIANESIMO
LE ORIGINI
Espansione del cristianesimo Nel corso del suo primo millennio la religione cristiana conobbe una rapida diffusione: gli eserciti di Roma e di Costantinopoli la impiantarono nei nuovi territori di conquista; personaggi carismatici come sant'Agostino di Canterbury, san Colombano, san Bonifacio e i santi Cirillo e Metodio si spinsero in luoghi sconosciuti per portarvi il messaggio cristiano.
Le informazioni in nostro possesso circa la vita e il messaggio di Gesù sono contenute nei testi del Nuovo Testamento, che furono scritti dagli appartenenti alle prime comunità cristiane allo scopo di diffondere la fede. Proprio questo carattere dei documenti neotestamentari, concepiti in primo luogo come attestazione di fede in colui che si rivelò Figlio di Dio attraverso la sua morte e resurrezione, rende complessa una ricostruzione precisa, dal punto di vista storico, della vita di Cristo: gli episodi salienti di questa vicenda sono stati riletti dalla comunità primitiva alla luce della fede stessa, per mezzo di procedimenti articolati e complessi che la moderna critica biblica si è sforzata di determinare. Oggi comunque gli studi critici si orientano a riconoscere la possibilità di ricostruire nelle sue linee essenziali la predicazione e la vicenda storica di Gesù.
Sede della prima comunità cristiana fu, fino alla sua distruzione a opera dell'esercito romano nel 70 d.C., la città di Gerusalemme. Qui il gruppo dei discepoli di Cristo era considerato una delle correnti dell'ebraismo prima che i rapporti con la religione, da cui lo stesso Cristo aveva preso le mosse, si facessero oltremodo complessi: i cristiani, infatti, non esitarono a vedere nella vicenda del loro Maestro il compimento delle promesse che Dio aveva fatto al popolo ebraico, secondo quanto attestavano quei libri che costituivano la Bibbia ebraica e che saranno integralmente riconosciuti dalla nuova Chiesa come Antico Testamento. La comunità cristiana, dunque, si considerò l'erede privilegiata della tradizione religiosa del popolo ebraico.
I primi concili
L'impegno a definire i contenuti fondamentali della fede divenne predominante nel II e III secolo, soprattutto a motivo delle controversie sorte in relazione alla persona del Cristo, la cui natura veniva concepita da alcune correnti, poi dichiarate eretiche, come unicamente divina oppure unicamente umana: si giunse così ai primi concili ecumenici, fra i quali quelli di Nicea nel 325 e di Calcedonia nel 451, che formularono ufficialmente la dottrina della Trinità e della duplice natura, umana e divina, di Gesù, elaborando quello che per secoli sarà il linguaggio della teologia cristiana. Questo linguaggio ispirerà le opere di un grande pensatore come sant'Agostino.
Dalle persecuzioni all'editto di Costantino
Per quanto riguarda invece i suoi rapporti con le autorità politiche, il cristianesimo, dapprima riconosciuto come setta ebraica nell'ambito dell'impero romano, incontrò ben presto (già prima della morte di Nerone nel 68 d.C.) l'ostilità degli imperatori. Si verificarono così periodi di persecuzione e numerosi cristiani dovettero affrontare la morte pur di non rinnegare le loro convinzioni, andando a costituire la schiera, da sempre oggetto di venerazione della Chiesa, dei martiri, testimoni supremi della fede. Il fallimento sostanziale del tentativo, condotto in particolare da alcuni imperatori come Diocleziano, di sradicare il cristianesimo attraverso la persecuzione sistematica, portò di fatto a una sua diffusione ancor più massiccia, come già aveva intuito Tertulliano, autore della celebre definizione secondo la quale il sangue dei martiri sarebbe stato seme per la Chiesa: si arrivò così all'accettazione della nuova fede da parte delle autorità e alla promulgazione dell'editto di Costantino.
Il monachesimo
Nell'anno 313 il cristianesimo risultava ufficialmente una delle religioni dell'impero romano, fatto che determinò una sempre maggiore contiguità al potere politico e preparò la strada al successivo editto dell'imperatore Teodosio, con il quale la fede predicata dai cristiani divenne l'unica religione accettata dall'impero. Se la Chiesa ottenne in tal modo indubbi privilegi, divenendo effettivamente anche una forza politica, rimase vivo in molti fedeli il desiderio di un ritorno alla purezza della vita religiosa delle origini; questa propensione assunse indubbiamente un ruolo di rilievo nella diffusione della pratica del monachesimo. La pratica dell'ascetismo monastico si diffuse nelle regioni orientali dell'impero romano, prima di approdare in Occidente: proprio i monaci saranno in Europa i principali protagonisti dell'evangelizzazione di numerosi popoli celtici e germanici e notevole sarà anche la loro attività di trasmissione della cultura antica.
IL CRISTIANESIMO ORIENTALE
Fra le iniziative di Costantino non è certo da trascurare il trasferimento, nel 330, della capitale dell'impero da Roma a Bisanzio, da lui ribattezzata Costantinopoli: se il cristianesimo orientale si caratterizzò immediatamente per la tendenza a mantenersi indipendente dalla sede di Roma, alla quale le Chiese d'Occidente riconoscevano ormai più o meno ufficialmente una posizione di primato, appare evidente anche la sua propensione a sottomettersi al volere degli imperatori, secondo la logica che passerà alla storia come 'cesaropapismo' e che trova la sua attestazione simbolica nella dedicazione, nel 538, della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli da parte dell'imperatore Giustiniano. Buona parte dei territori orientali dell'impero che avevano visto la diffusione del cristianesimo finì, fra il VII e l'VIII secolo, sotto il dominio dell'Islam; Costantinopoli rimase l'ultimo baluardo della fede cristiana in Oriente fino al 1453, anno in cui venne conquistata dai turchi ottomani.
Lo scisma greco
L'evoluzione autonoma della Chiesa di Costantinopoli e il suo progressivo allontanamento dalla comunione con la sede romana ebbero come sbocco finale lo scisma del 1054, con la reciproca scomunica fra i delegati papali e il patriarca orientale e la nascita di quelle Chiese che si diffonderanno in Oriente con il nome di Chiese ortodosse; fallito ogni tentativo di riconciliazione, Costantinopoli venne saccheggiata nel 1204 dall'esercito dei crociati, partiti dall'Europa apparentemente con l'intento di liberare i luoghi santi della Palestina dal dominio islamico. Motivo di controversia fra Roma e Costantinopoli fu anche la cristianizzazione dei popoli slavi, alcuni dei quali - polacchi, moravi, cechi, slovacchi, croati e sloveni - entrati allora nell'orbita del cristianesimo occidentale, sono ancora oggi in maggioranza cattolici. I russi invece, fin dall'epoca della conversione al cristianesimo del principato di Kiev, ereditarono la visione culturale e religiosa di Costantinopoli, entrando a far parte della Chiesa ortodossa assieme ai popoli balcanici - serbi, bosniaci, macedoni, bulgari, rumeni e albanesi - e ai greci, anche se a molti di essi, in seguito alle invasioni dei turchi ottomani, fu imposta la religione islamica.
Con il trasferimento della capitale dell'impero romano a Costantinopoli, la figura del vescovo di Roma acquisì in misura sempre maggiore il ruolo prestigioso attribuitogli in Europa occidentale, in quanto capo della Chiesa ritenuto in continuità con il ministero di san Pietro. Questo privilegio sarebbe stato definito 'primato' del papa, caposaldo della tradizione del cattolicesimo, e si sarebbe arricchito di connotazioni politiche dopo la caduta dell'impero romano d'Occidente, avvenuta nell'anno 476 sotto la spinta delle cosiddette 'invasioni barbariche': fu proprio l'attività missionaria che faceva capo alla sede romana a rendere possibile l'incontro dei popoli germanici con il cristianesimo, spesso a seguito della conversione di un sovrano, come nel caso del re dei franchi Clodoveo.
Nell'anno 800 il
papa Leone III incoronò
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