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I curdi




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I CURDI


Nel 1991, finito il conflitto del Golfo, si è consumata la tragedia del popolo curdo.  Due milioni di curdi incalzati dalI'esercito, dagli aerei e dagli elicotteri di Saddam Hussein fuggivano dall'Iraq con auto, camion, carri trascinati da buoi o asini e soprattutto a piedi. È stata una ecatombe, morivano almeno mille persone al giorno, in maggioranza vecchi e bambini.  Ma non era la prima volta. Fino a quel momento pochi conoscevano le sofferenze e la tragedia di questo popolo che da secoli non ha pace. Pochi sanno però che se oggi i curdi vengono perseguitati e sterminati, gran parte delle responsabilità ricadono sulle potenze vincitrici della prima guerra mondiale che hanno badato ai loro interessi a spese del popolo curdo. Nel 1920 il Trattato di Sèvres aveva concesso ai curdi l'autonomia e una patria. Tre anni dopo, a Losanna, gli alleati rinnegano il precedente impegno di Sèvres e lasciano i curdi sotto la giurisdizione di quattro paesi: Turchia, Iran, Iraq e Siria. Nel 1946, approfittando dell'occupazione degli alleati sull'Iran, i curdi di questo paese proclamarono la Repubblica Curda di Mahabad. Questa Repubblica non verrà riconosciuta da nessuna delle potenze alleate e durerà soltanto undici mesi. La sua fine fu tragica: il Presidente e alcuni dei suoi ministri furono impiccati, senza che vi fosse alcuna reazione da parte della comunità internazionale. L'annullamento di questa Repubblica di Mahabad segna un riferimento fisso nella rivendicazione dei movimenti curdi attuali. E' a partire da questa data che appaiono i primi partiti politici curdi.  Il più antico è il KDP (Kurdistan Democratic Party/Partito democratico curdo), creato nel 1946 da Mustafà Barzani, capo storico e leggendario della resistenza curda in Iraq. Fu lui a guidare la rivolta curda dal 1961 al 1970, obbligando l'allora governo iracheno a negoziare uno statuto d'autonomia largamente favorevole alle rivendicazioni curde. Il mancato rispetto iracheno di questo accordo sarà la causa della seconda guerra curda nel 1974 nella quale Barzani venne sconfitto e costretto all'esilio negli Stati Uniti dove morì nel 1979.  Attualmente il KDP è diretto da suo figlio Massud Barzani.

Il KDP ha conosciuto una prima scissione nel 1976, dopo la sconfitta militare. Il primo giugno, con il nome di PUK (Patriotic Union of Kurdistan/Unione patriottica curda) venne creato un movimento raggruppante diverse tendenze curde, diretto dal giurista Jalal Talabani che fu uno dei più significativi rappresentanti del KDP in quanto guidò le ribellioni curde contro Baghdad, ma il fallimento della rivolta del '75 mise in crisi il movimento curdo. In contrasto con Mustafa Barzani, Talabani decise di abbandonare il KDP e fondò il PUK. Questi due partiti, i più influenti nel Kurdistan del sud, sono stati eterni rivali e a partire dal '94 si sono scontrati militarmente per ottenere il predominio della regione curda dell'Iraq. I contrasti si sono appianati nel '98, quando, grazie alla mediazione turca, Talabani e Barzani si sono incontrati e si sono impegnati a contrastare il PKK. L'alleanza tra KDP e PUK è continuata poi, durante il conflitto in Iraq, in funzione anti-Saddam.

E proprio nel Kurdistan meridionale (quello iracheno) negli anni settanta e ottanta il regime di Baghdad scatena un vero e proprio genocidio: il 35% del Kurdistan viene forzatamente arabizzato, in particolare intorno all'area petrolifera di Kirkuk. L'esercito iracheno rade al suolo interi villaggi con dinamite e bulldozer. I pozzi d'acqua vengono chiusi con il cemento per impedire il ritorno degli abitanti. La popolazione deportata verso le aree desertiche alla frontiera con la Giordania e il Kuwait. L'obiettivo è quello di sradicare i curdi e di cancellare le loro tradizioni e la loro cultura. Una strategia del terrore che non è comunque riuscita a piegare i combattenti curdi. Il regime di Saddam ha sempre agito spietatamente contro questo popolo. Nel 1983 ha arrestato ottomila uomini, dai 12 agli 80 anni, appartenenti alla tribù Barzani. Tutti scomparsi nel nulla; probabilmente trucidati nell'area desertica di Rutba, al confine con la Giordania. Nel 1987 Saddam arriva alle armi chimiche e gasa la popolazione curda della provincia di Sulaimaniya, dei villaggi di Haladin, Bargalo, Vanito, Awazic, Sirwan, Noljika, Chinara. Le terre dei curdi vengono cosparse da 15 milioni di mine, per impedire qualsiasi insediamento umano e ogni attività agricola. Il 16 marzo 1988 le armi chimiche tornano ad uccidere: più di 5 mila le vittime.

Triste sorte è toccata anche ai curdi di Turchia. A partire dalla creazione della repubblica di Turchia il 23 aprile 1923, i curdi (descritti come turchi di montagna cha hanno dimenticato il loro dialetto turco) sono stati sottomessi ad un'assimilazione forzata che vieta ogni uso della lingua curda e tutte le manifestazioni della sua identità (questo diritto gli verrà solo concesso nell'estate del 2002). Le rivolte curde di quell'epoca, da quella di Piran nel 1925 a quella di Dersim nel 1938, furono represse nel sangue. Milioni di curdi furono deportati in Anatolia centrale e sostituiti da turchi.

A partire dal 1974 nascono dei movimenti curdi clandestini come Rizgari (indipendenza), Ala Rizgari (fiamma di liberazione), KUK (gli indipendentisti del Kurdistan), Kava (il nome di un mitico personaggio curdo), PSKT (Partito Socialista del Kurdistan in Turchia) sotto la guida di Kemal Burkay, il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) guidato da Abdullah Ocalan.

Questo partito acquista importanza dal 1984 quando i ribelli curdi iniziarono una lunga e violenta campagna per l'autonomia in Turchia. E' il solo movimento che ha messo in atto la lotta armata e gode di grande seguito presso la popolazione curda in Turchia.

Oltre 31.000 persone sono morte e il PKK è stato accusato non solo dell'assassinio dei soldati governativi, ma anche di uomini politici, insegnanti, giornalisti e altri Curdi in disaccordo con l'ideologia del gruppo estremista.
Il 13 novembre 1998 Abdullah Ocalan, colpito da mandato di cattura tedesco e turco, si consegna alle autorità italiane. Dopo l'arresto è ricoverato in un ospedale vicino a Roma e chiede asilo politico. Verrà scarcerato con l'obbligo di non allontanarsi. Il 16 dicembre la Corte d'Appello di Roma revoca l'obbligo di dimora e Ocalan, tornato libero, lascia l'Italia e si rifugia nell'ambasciata greca a Nairobi. Qui forse viene tradito e i servizi segreti turchi lo catturano e lo trasferiscono imbavagliato in Turchia, nel carcere dell'isola di Imrali. Viene processato e condannato a morte. La sentenza di morte verrà poi commutata nella carcerazione a vita.

Dato il permanere di Abdullah Ocalan nel carcere di Imrali il PKK ha indetto un congresso straordinario nel marzo 2000, le cui conclusioni hanno suscitato un certo sconcerto anche tra i militanti stessi del partito e dell'esercito: rinuncia alla lotta armata e a qualsiasi rivendicazione di autonomia, trasformazione del PKK in un partito politico in grado di presentarsi alle elezioni in una coalizione democratica.

Ci si domanda quale sarà il futuro per questa popolazione ora che è caduta la dittatura di Saddam Hussein. L'appoggio fornito dai combattenti curdi agli americani sul fronte nord permette loro di inserirsi nella discussione sul post Saddam, ma una sana dose di realismo impone di non puntare troppo in alto

Il loro futuro dipende dagli americani e da come riusciranno a gestire il mosaico etnico-religioso che Saddam ha tenuto in piedi grazie al collante della repressione.

Sta di fatto che la creazione di uno stato curdo indipendente nel nord dell'Iraq è fuori discussione. I leader delle due principali formazioni politiche, Jalal Talabani e Massud Barzani, lo escludono da tempo, da prima che scoppiasse la guerra. Il veto turco è l'ostacolo principale, ma anche Iran e Siria si opporrebbero temendo pericolose ripercussioni interne. Uno stato indipendente curdo nel nord dell'Iraq farebbe precipitare i fragili equilibri della zona.

Non è ancora chiaro quale sarà il futuro assetto del Medio Oriente alla fine della campagna americana, i curdi, tuttavia, non possono permettersi di diventare un elemento di disturbo. Pena perdere il nuovo potente amico americano e tornare a fidarsi solo delle montagne.

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