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ETA' DEGLI ANTONINI
Nel 138 alla morte di Adriano gli successe Aurelio Antonino, detto il Pio, che resse l'impero dal 138 al 161. In seguito furono imperatori Marco Aurelio, il cui principato durò dal 161 al 180 e poi Commodo, figlio di Marco Aurelio, che morì assassinato alla fine del 192.
L'età degli imperatori Antonini fu nel complesso un periodo di grande prosperità per l'impero, ma si andavano profilando dei problemi.
il più preoccupante era costituito dalla pressione dei barbari alle frontiere settentrionali;
la diffusione del cristianesimo. Lo spirito anti-romano che sembrava animare i seguaci della nuova religione induceva a provvedimenti repressivi che tuttavia non valsero ad arrestarne la travolgente avanzata;
nuova fioritura della cultura greca, favorita dalla rinascita di Atene e di altri centri della Grecia e dell'Asia minore. I brillanti conferenzieri erano tutti di lingua greca.
Il clima favorevole diede impulso al movimento della seconda sofistica. Inoltre nel II sec. grazie alla forte coesione politica, espresse un'unica civiltà e un'unica letteratura bilingue: l'impero era veramente un grande organismo unitario e gli scambi culturali erano intensi e fecondi. In questo contesto il greco, grazie alla neosofistica, sembra prendere il sopravvento sul latino. Fino alla fine del secolo, le manifestazioni più copiose e significative furono in greco; lo stesso imperatore Marco Aurelio scelse il greco per i suoi Pensieri (o Meditazioni). Il predominio del greco fu ancora più netto e vistoso nell'ambito della nascente letteratura cristiana. Sul versante latino l'unico autore di grande rilievo fu Apuleio.
APULEIO
Apuleio nacque a Madauro (odierna Algeria) attorno al 120-125 d.C. Studiò a Cartagine e perfezionò la sua istruzione ad Atene. La sua vita fu caratterizzata da un grande amore per i viaggi. Svolse con successo l'attività del conferenziere, cioè come oratore epidittico (=che fa mostra della propria eloquenza di città in città). Si procura per mezzo della sua eloquenza rispettabilità, fama e prestigio. Durante un viaggio verso Alessandria si fermò ad Oea (Tripoli), dove ritrova Ponziano, che più giovane di lui, era stato suo compagno di studi ad Atene e che lo persuade a trasferirsi a casa sua. Nel 155 A. sposa Pudentilla, la madre di Ponziano, una donna ricca e molto più anziana di lui. Dopo la morte di Ponziano, i parenti della moglie intentano contro di lui una causa per magia, accusandolo di aver sedotto Pudentilla con formule magiche e filtri. Il processo, tenutosi a Sabrata davanti al proconsole romano Claudio Massimo, fu celebrato nel 15-159 Gli avversari non riuscirono a provare le accuse e l'imputato da parte sua dimostrò l'inconsistenza delle accuse, con una difesa tanto articolata e argomentata da mettere in luce non solo la sua vasta e brillante cultura, ma anche la meschinità e l'ignoranza degli accusatori. L' assoluzione, pur non esplicitamente ricordata dalle fonti, è sicura, perché in caso contrario A. non avrebbe potuto proseguire la sua attività di retore a Cartagine
Dall' antologia intitolata Florida, ricaviamo che a Cartagine fu fatta erigere una statua in suo onore e che egli ottenne per un anno, la carica di sacerdos provinciae. Morì probabilmente dopo il 170 e prima del 190.
Della vasta produzione sono pervenute le opere più significative: i trattati filosofici De Platone et eius dogmate, De deo Socratis, De mundo; l'antologia Flòrida, il romanzo Metamorphoseon libri, sua opera principale scritta dopo l'orazione De Magia.
Delle opere perdute si posseggono alcuni titoli: Naturales quaestiones, Ludiera, Quaestiones conviviales, De re rustica, De arboribus, Carmina amatoria, una traduzione del Fedone di Platone.
Il De magia o Apologia o Apulei Platonici pro se de magia liber è un'orazione giudiziaria di autodifesa rielaborata dall'autore in vista della pubblicazione, l'unica pervenutaci dell'età imperiale. Fin dall'inizio egli assume l'atteggiamento di chi, suo malgrado, è costretto ad occuparsi di argomenti meschini e risibili ed ha a che fare con personaggi (suoi accusatori) indegni e spregevoli. Egli traccia una netta linea divisoria tra i sostenitori dell'accusa da una parte, e, dall'altra se stesso e il suo giudice, a cui lo uniscono l'onestà morale, l'onorabilità e gli interessi letterari e filosofici.
Nella prima parte del discorso egli sgombra il campo da accuse secondare, ricavate da suoi comportamenti interpretati dagli accusatori come indizi di immoralità. Dal cap. 25 ha inizio la confutazione dell'accusa di magia (propone l'equivalenza tra il filosofo e il mago). L'opera si conclude con l'esibizione della prova decisiva del disinteresse di Apuleio: la lettura del testamento di Pudentilla, che nomina suo erede il figlio Pudente.
Il modello stilistico di base è quello di Cicerone (il Cicerone della Pro Caelio, vivace brillante e pieno di ironia e di sarcasmo). Su questa base egli inserisce moltissimi abbellimenti e fiori desunti dalle scuole di retorica dei suoi tempi. Il lessico è spesso poetico, con neoformazioni, parole rare e antiquate, e con la predilezione per le struttura ritmiche, si ha dunque una trattazione brillante, ironica e scanzonata, in cui vengono messi in ridicolo i suoi avversari ed esaltata ed esibita la sua cultura filosofica, scientifica e letteraria.
I Florida (Florilegio) sono una breve antologia di 23 passi scelti, tratti da sue conferenze e suoi discorsi raccolti, da un ignoto compilatore, in 4 libri. Gli argomenti trattati sono vari e superficiali e mostrano la raffinata abilità dello scrittore nel narrare con grande abilità tecnica qualsiasi argomento
De deo Socratis: è una conferenza tripartita di argomento filosofico, dove A. parla del demone che, a detta di Socrate, stava sempre accanto al filosofo e lo ammoniva, trattenendolo dal compiere passi falsi. Prendendo spunto da Socrate, espone la dottrina platonica dei demoni, mediatori fra il mondo divino e quello umano.
De Platone et eius dogmate (Platone e la sua dottrina): è dedicato all'esposizione della biografia e della dottrina di Platone, il trattato, scritto in due libri, è di carattere compilatorio e senza contributi originali.
De mundo (Il mondo): è la trattazione latina di un'operetta greca anonima sulla teologia cosmica, attribuita ad Aristotele, ma probabilmente falsificata. La traduzione di A. è libera e arricchita da frequenti allusioni letterarie e ornata da uno stile poetico.
Sono una composizione novellistica, un ampio romanzo in 11 libri, intitolato anche dagli antichi l'"Asino d'oro"(Asinus aureus), ma questo titolo non è originale.
La trama del romanzo presenta notevoli somiglianze con un'operetta greca: Lucio o l'asino, ma allo stesso tempo differiscono per la lunghezza, per lo stile oltre che per l'inserimento in quella di A. di narrazioni secondarie.
Inoltre Apuleio si richiama espressamente alla tradizione della fabula Milesia. Le fabulae Milesiae erano racconti piacevoli e leggeri, di solito di argomento erotico, noti per la loro licenziosità.
Il racconto si apre, dopo il proemio, con la presentazione del protagonista, Lucio in viaggio, che narra in prima persona. Il giovane Lucio, recandosi in Tessaglia, la regione famosa per la presenza delle maghe, pieno di curiosità, è colto dal desiderio di imparare l'arte della magia. Giunto a Ipata e ospite di Milone, la cui moglie è una maga. Grazie all'aiuto di una servetta di lei, ottiene di far prova delle arti della padrona, ma per errore si trasforma in un asino, pur mantenendo facoltà raziocinanti umane. Lucio apprende poi dalla servetta che per riacquistare sembianze umane dovrà cibarsi di rose. Incominciano da questo punto le sue disavventure: un gruppo di briganti lo rapisce e sarà trasferito in una spelonca montana. Tenterà di scappare insieme a una fanciulla loro prigioniera. Saranno liberati ad opera del fidanzato di lei.
Dalla vecchia sorvegliante della fanciulla sentirà raccontare la favola di
Amore e Psiche. (3 libri)
In una città di fantasia vivono un re e una regina che hanno tre figlie. L'ultima di nome Psiche da suscitare l'invidia di Venere. Per volere di questa ultima, Psiche viene data in preda a un mostro. Ma Amore, figlio di Venere, innamorato della fanciulla, salva Psiche e la trasporta in un bellissimo castello incantato, dove è servita e onorata come una regina da ancille invisibili, e la fa sua sposa visitandola solo di notte, senza mai lasciarsi vedere. Per consolare la sua solitudine, Psiche ottiene di far venire nel palazzo le sue sorelle: queste mosse dall'invidia, la spingono a voler vedere Amore nonostante la proibizione di lui. Una notte ella trasgredisce il divieto e spia Amore mentre dorme nel suo letto e se ne innamora perdutamente, ma una goccia di olio bollente caduta dalla lampada accesa, sveglia Amore, che fugge via. Psiche si mette alla ricerca dell'amato. Deve affrontare l'ira di Venere, che sfoga la sua gelosia imponendole di superare quattro prove (tra cui anche una discesa negli Inferi). Ma alla fine Amore interviene a salvarla e si celebrano le nozze fra Amore e Psiche: da esse nascerà una fanciulla che avrà nome Voluptas.
Riprendono le peripezie di Lucio-asino, spinto dalla sua curiositas e dal desiderio di trovare le rose che lo possano liberare dal sortilegio. Nell'ultimo libro Lucio riprende forma umana mangiando le rose di una corona recata da un sacerdote alla sacra processione in onore di Iside, di cui diviene devoto. Iniziato ai misteri della dea a Corinto, si reca a Roma per completare l'iniziazione. Qui diviene devoto anche di Osiride, e si darà a patrocinare le cause nel foro.
Nella conclusione il romanzo presenta una sorta di sigillo che sembra dissolvere l'illusione del racconto. Al sacerdote di Osiride appare infatti in sogno il dio in persona, e gli comunica che l'indomani si presenterà da lui un Madaurensis per essere iniziato ai sacri misteri.
La struttura e il contenuto
Si individuano tre sezioni narrative:
Libri I-III: il tema della magia
Libri IV-X: la più ampia, comprende oltre alle numerose peripezie di Lucio-asino, anche il maggior numero delle inserzioni novellistiche. Ha una struttura libera, disorganica e paratattica, in quanto accosta un'avventura all'altra secondo il semplice rapporto del prima e del dopo e solo per la presenza dell'asino. Ne deriva un'impressione di caotico disordine negli avvenimenti. Ma il disordine è il mezzo di cui si serve lo scrittore per comunicare la confusione e l'arbitrarietà del mondo che circonda Lucio trasformato in asino.
Libro XI: l'iniziazione ai misteri di Iside. Questa parte è totalmente differente dalle precedenti. In essa l'autore spiega il significato di tutta la vicenda.
Le tre parti, pur così diverse si organizzano in una superiore unità, che deriva dal loro reciproco contrasto, mentre l'apparente disorganicità del testo si compone nella tensione del racconto verso i due punti essenziali della vicenda: le due metamorfosi di Lucio.
Questa complessità d'impostazione si addice particolarmente a una forma letteraria libera ed aperta come quella del romanzo. A. si serve di questa forma con un duplice intento: da una parte la gioia del raccontare, l'intento d'intrattenere piacevolmente il lettore, suscitando il divertimento e il riso, dall'altra l'intento serio ed edificante, ed è probabilmente proprio per questo che alla molteplicità e alla ricchezza dei temi egli introduce anche nuovi interessi di tipo filosofico-religioso.
Il primo aspetto è ricollegabile alla tradizione della fabulae Milesiae, ed è caratterizzata dal gran numero di racconti di argomento erotico. L'intento edificante invece si rivela nella conclusione del romanzo, quando viene proposta un'interpretazione globale dell'opera in termini di ravvedimento del protagonista, che attraverso una serie di disavventure si riscatta. Questa componente affiora anche nella novella di Amore e Psiche
La successione degli avvenimenti della novella riprende quella delle vicende del romanzo: prima un'avventura erotica, poi la curiositas punita con la perdita della condizione beata (per Lucio della forma umana e della posizione sociale elevata, per Psiche di un giardino di delizie e dell'amore del più bello fra i numi), quindi le peripezie e le sofferenze, che vengono concluse dall'azione salvifica della divinità.
L'allegoria filosofica è appena accennata nel nome della protagonista, Psiche, simbolo dell'anima umana, mentre il significato religioso è evidente soprattutto nell'intervento finale di Amore, che come Iside, prende l'iniziativa di salvare chi è caduto, e lo fa di sua spontanea volontà, non per meriti della creatura umana.
A questo schema iniziatico (di un percorso che attraverso una serie di prove conduce alla salvezza grazie alla benevolenza divina) la conclusione del romanzo aggiunge implicazioni soggettive, suggerisce una lettura della vicenda in chiave autobiografica. L'elemento che più accomuna le M. con la vita di A. è evidentemente la magia. Probabilmente ha volute riprendere il fine, già perseguito nel De Magia, di difendersi dall'accusa di praticare le arti magiche. Tant' è che il giudizio sulla magia è decisamente negativo: essa provoca la totale degradazione dell'uomo.
Più in generale è probabile che lo scrittore abbia voluto offrire ai lettori una rappresentazione simbolica del proprio itinerario spirituale, che l'ha portato dall'interesse per la magia all'adesione del culto di Iside. La seconda metamorfosi, infatti, che segna il passaggio a una condizione migliore di quella iniziale, non avviene grazie alla ragione umana o ai meriti del protagonista, ma è dovuta esclusivamente alla misericordia divina. In questo consiste il messaggio propriamente religioso del romanzo: la rinascita ha qualcosa di miracoloso; la salvezza dell'uomo è un dono gratuito della divinità. Dunque il filosofo approda alla religione attraverso l'iniziazione a un culto misterico: la razionalità cede il campo al misticismo.
Lingua e stile
Sono in linea con le tendenze e con i gusti del II secolo. A. ci presenta una raffinata elaborazione artistica. Questo stile artificioso e composito si vale di un lessico estremamente vario: arcaismi, neologismi, parole rare, espressioni ricercate ed insolite, si mescolano, a seconda delle esigenze espressive, con colloquialismi e volgarismi. Spiccatissimo è il colorito poetico, ottenuto mediante poetismi (ossia termini usati esclusivamente o prevalentemente in poesia).
A livello sintattico la disposizione delle parole nella frase e delle frasi nel periodo obbedisce a criteri artistici, dominati dall'intento di differenziare lo stile rispetto a quello della comunicazione ordinaria. Grande rilievo assumono le figure di suono e le decadenze armoniose con cui si concludono frasi e periodi. Tipiche sono anche una certa enfasi e ridondanza, con frequenti ripetizioni dello stesso concetto e la tendenza ai giochi di parole.
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