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ELEONORA D'ARBOREA (1347/1404)
E' nata ad Arborea, da Mariano IV, giudice di Arborea e da Timbora de Roccaberti e visse i primi anni della sua giovinezza ad Oristano. La casa d'Arborea, il cui potere si estendeva su un terzo della Sardegna, era diventata per la gente del luogo, l'unica difesa contro il dominio degli stranieri. Date le circostanze, Eleonora, crebbe con una naturale propensione alle armi. La sua bellezza d'animo e di fisico la resero sposa del genovese Brancaleone Doria, noto per le sue virtù militari e la sua gentilezza. Il matrimonio inoltre garantiva l'alleanza tra gli Arborea e i Doria che insieme controllavano gran parte della Sardegna, uniti contro gli Aragona. Dopo le nozze vissero a Castelgenovese, oggi Castelsardo, dove nacquero i due figli: Mariano e Federico.
Nel 1382 Eleonora concesse un prestito di 4000 fiorini d'oro al doge della Repubblica genovese, che avrebbe dovuto rendere il prestito in dieci anni, pena la restituzione del doppio, una clausola aggiuntiva inoltre stabiliva che, qualora durante il prestito, il figlio Federico avesse raggiunto la pubertà, Bianchina, figlia del doge, avrebbe dovuto sposarlo. Il prestito serviva ad Eleonora per rimarcare l'importanza del suo casato, ma anche a riconoscere l'importanza dei liguri, necessari per mettere in piedi un'alleanza che le avrebbe permesso di accedere alla flotta e di spostarsi su gran parte dei porti del Mediterraneo. Dopo la morte del padre, il giudicato passò a suo fratello Ugone III ma quando quest'ultimo si ammalò, Eleonora scrisse al re d'Aragona chiedendo che suo figlio Federico, potesse succedergli. Nel 1383 Ugone fu assassinato nel suo palazzo di Oristano, a desiderare la sua morte potevano essere stati sia esterni, ostili agli Arborea, sia interni come i proprietari e i mercanti, stanchi alla forte pressione fiscale, necessaria a mantenere gli eserciti di mercenari che Ugone assoldava. In questo clima, gli Aragona erano decisi a conquistare tutta l'isola, ciò nonostante, Eleonora scrisse al re una relazione sulla difficile situazione della Sardegna, e chiese ancora una volta la successione per suo figlio Federico. A portare avanti la trattativa inviò suo marito, Brancaleone, contemporaneamente scrisse alla regina, perchè intercedesse col re a favore di suo figlio. L'intento di Eleonora era quello di riunire sotto il controllo del figlio, i due terzi di Sardegna che Ugone era riuscito a mettere insieme prima di morire, ma il re non riteneva una buona cosa dare tanta potenza alla famiglia d'Arborea, tantopiù che, non avendo Ugone discendenti diretti maschi, i suoi possedimenti sarebbero stati incamerati dal fisco. Brancaleone venne trattenuto, con la scusa di aspettare la prima flotta in partenza per la Sardegna, ma in realtà fu fatto prigioniero e in seguito fu trasferito nel castello di Cagliari. Ad Eleonora fu proposto di offrire il primogenito in cambio del marito, ma lei non si fermò, fece ritorno ad Oristano, punì chi aveva congiurato contro Ugone e si autoproclamò Giudicessa di Arborea, secondo il diritto regio sardo, che consentiva alle donne di succedere al padre o ai fratelli, andando in contrasto con gli Aragona. Dal punto di vista dello stile di governo, abbandonò quello del fratello e tornò alle maniere del padre, garantì la difesa del proprio potere, i confini del giudicato, riordinò gli istituti giuridici, sino a scrivere la "carta de logu".
La sua legittimazione a governare veniva contestata, per motivi politici, secondo i quali gli Arborea non erano di dinastia pura, ma non avevano per lei molta importanza, quanto invece ne aveva la sua convizione di essere legittimata a regnare nel suo popolo, e comunque le opposizioni potevano avere valore solo per i territori ricevuti a titolo personale, non quelli che facevano parte del giudicato.
Mantenne sempre l'ordine e trattenne la violenza dei sardi durante la guerra, con le regole e le leggi garantì la pace.
Eleonora fu regina di uno stato che ebbe la sua legittimazione dal popolo, unica in quell'epoca in Europa, a non aver fiducia nel re e nella monarchia in generale. Si sentiva parte del proprio popolo, al quale si mischiava, ascoltandone, magari di nascosto, le ragioni.
Dopo esser riuscita a riunire sotto il suo controllo, quasi tutta l'isola, la malasorte la fermò, infatti, grazie alle peste gli aragonesi, dopo esser stati ricacciati ai margini dell'isola, poterono averla senza combattere.
Eleonora dimostrò con la sua reggenza, di voler uscire dal medioevo, liberando i servi "lieros" e inserendo nella lotta, con le truppei tradizionali i suoi concittadini. Tra i giudicati sardi (Càlari, Torres, Gallura, Arborea) solo quello di Arborea si propose di costruire una nazione tutta sarda, combattendo per non soccombere agli stati confinanti e conducendo una guerra di tipo offensivo piuttosto che difensivo.
La grande opera di Eleonora di cui abbiamo parlato col nome di Carta de logu, il cui significato è CARTA DEL POSTO, cioè del popolo, pubblicata l'11 aprile 1395, conteneva molte norme molto moderne, metteva insieme elementi giuridici di tipo romano, con l'elaborazione delle consuetudini del diritto sardo. Il codice in 163 capitoli, conteneva l'insieme delle leggi da lei ordinate, per fornire al suo popolo un sistema di norme di vita e di convivenza, regolando diritto pubblico e privato. Molto moderno per quei tempi era il principio della valutazione della colpa e dell'abolizione dell pene pecuniare che permettevano a chi poteva pagare di sottrarsi alla pena. " et pro denaro nixunu campit". Altre norme importanti riguardavano problemi attuali allora come adesso: i furti di bestiame e gli incendi. Il codice era scritto in una lingua sarda ricca, armoniosa, solenne e mostrava una legislazione che davvero, non sfigurava per validità giuridica, diffronte ai sistemi di leggi allora in vigore, in Europa. Fu talmente apprezzato anche dai conquistatori aragonesi prima, e spagnoli poi, che venne mantenuto a regolare la vita dei sardi sino al codice di Carlo Felice di 4 secoli dopo.
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