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PERCHE' IL FIGLIO UNICO
Il modello di famiglia ristretto, con il figlio unico, prende sempre più piede in Italia.
Il figlio non è più il fine del matrimonio; spesso è strumento di auto-realizzazione, modalità di vivere la propria femminilità in senso completo.
Il procrastinare all'infinito le scelte affettive e procreative porta alla diminuzione della potenzialità procreativa, all'azzeramento della natalità, all'odierna fragilità matrimoniale o di altre formule di convivenza.
Mentre la vicina Francia , sede storica di una oculata politica familiare, raggiunge l'obiettivo per essere divenuta il paese più prolifico
d'Europa, in Italia la situazione della denatalità si presenta con tutta la sua drammaticità .
La fertilità è attestata attorno al valore di 1,2%, soglia troppo bassa per consentire un ricambio generazionale, con conseguente, progressivo invecchiamento della popolazione. E mentre in Francia si è capito che la famiglia va sostenuta concretamente perché è al tempo stesso un fattore di sviluppo economico ed uno straordinario bene comunitario, in Italia non si rilevano forti cambiamenti di politica familiare che non siano solo ed esclusivamente assistenziali.
L'ISTAT ha presentato recentemente i Rapporti Essere madre in Italia e Avere un figlio in Italia, indagini sulle nascite condotte nel 2005 su un campione di madri intervistate a 18-21 mesi dalla nascita di un figlio, nel periodo cioè cruciale per pensare ad averne un altro.
Emerge una madre sospesa tra aspettative e realtà. Tra i risultati più importanti delle due indagini emergono le difficoltà delle donne ad
avere un secondo figlio. 'La nascita del primo figlio, si legge nel rapporto,
è un evento che è stato interessato solo parzialmente dalla crisi della fecondità:le donne italiane mostrano una elevata propensione a diventare madri, anche se di un solo figlio'.
Se confrontiamo i dati sulla fertilità con il numero medio di figli
'desiderati', notiamo forti discrepanze: per la maggior parte delle madri
intervistate (61,2 per cento ) il numero dei figli ideale è due, per un quarto circa è tre o più, e solo per una minoranza (12 per cento) è uno.
Perchè allora i desideri non si realizzano?
Rispetto al 2002, data della precedente rilevazione , si osserva un aumento del numero delle madri con un figlio solo, le quali indicano, come motivi prevalenti per non volerne altri, il costo dei figli e le difficoltà di conciliare lavoro e figli. E gli aspetti più critici risultano in particolare le rigidità dell'orario.
Aumentano anche le preoccupazioni per le responsabilità di cura, tra cui 'non poter contare sull'aiuto costante di parenti e di amici'. Se da un lato i nonni sono ancora una risorsa importantissima, dall'altro l'organizzazione diventa più difficile se i bambini da gestire sono due o tre.
I padri, invece contribuiscono assai poco al lavoro familiare anche quando la madre lavora: il 63 per cento delle madri occupate dichiara di non ricevere alcun aiuto nei lavori in casa. Recenti ricerche hanno mostrato che questo è un fattore molto importante per spiegare la bassa fertilità e la probabilità di avere più di un figlio.
In paesi dove la divisione del lavoro familiare è più egualitaria, la fertilità è più alta.
Rispetto al 2002 si notano alcuni segnali di sviluppo del sistema dei servizi socio educativi per la prima infanzia. Cresce anche la domanda potenziale, ma i problemi di utilizzo restano legati a scarsa disponibilità, rigidità e costi. Tra le madri che non si avvalgono degli asili nido, quasi il 30 per cento vorrebbe usarli, ma non può per mancanza di posti, eccessiva distanza da casa, rette troppo care ed orari scomodi.
Ma sono le madri del Sud, che hanno a che fare con un mercato del lavoro più difficile e con un sistema dei servizi più carente, a trovare difficoltà ancora maggiori.
Alcune differenze ci sembrano particolarmente importanti:
1) Una donna su quattro non è in grado di mantenere il proprio
lavoro dopo la nascita del primo figlio, soprattutto al Sud;
2) Le madri al Sud rientrano al lavoro molto prima dopo la nascita
dei figli, non usufruendo infatti del congedo facoltativo;
3) Infine, solo il 7,5 per cento usa l'asilo nido, contro il 16 per cento
al Nord-Centro.
Queste differenze aiutano a spiegare il continuo declino della fertilità nelle
regioni meridionali, a fronte dei dati costanti o in lieve ripresa di quelle del Nord.
I risultati dell'indagine offrono elementi importanti per capire la discrepanza tra desideri e realtà delle decisioni di maternità in Italia. Ci aiutano a spiegare perché un figlio solo, più che una scelta, può essere il risultato delle difficoltà di un contesto, dove alle aspirazioni e alle necessità di lavoro delle madri si oppongono ruoli tra uomini e donne che si evolvono troppo lentamente e una politica familiare che non promuove, non tutela e non salvaguarda l'istituzione familiare
La realtà attuale, quindi, denota un'Italia con un tasso di fertilità molto basso. Ciò contribuisce in maniera rilevante ad accrescere i tassi di dipendenza economica, mentre i costi diretti o indiretti di un figlio sono molto elevati e l'apporto dell'immigrazione non è tuttora sufficiente a garantire il superamento di tale dipendenza, né sembra la risposta adeguata alla denatalità.
Inoltre, la donna si porta dietro il retaggio dell'immagina materna, per cui si determina la tradizionale situazione che vede i padri italiani dedicare ancora troppo poco tempo alla cura.
Di qui la necessità di una inversione di tendenza culturale, sociale, politica,
economica:
ridurre i costi per avere e mantenere un figlio. E ciò deve interessare contemporaneamente le famiglie, lo Stato e le unità produttive.
favorire nell'organizzazione familiare una partecipazione maggiore degli uomini al lavoro di cura
rivedere e migliorare gli incentivi e gli interventi dello Stato negli ambiti della politica fiscale, occupazionale, del lavoro e sociale. Lo Stato non può disincentivare la partecipazione al lavoro
retribuito delle donne ,né penalizzare le scelte di procreazione, perché la nascita è un patrimonio della nazione e l'Italia è il paese più vecchio del mondo. Da quasi trent'anni ormai il numero medio dei figli per donna è sotto due, il cosiddetto livello di sostituzione di una generazione, un andamento non rinvenibile in altri paesi occidentali.
Eppure le donne italiane non rifiutano la maternità, tutt'altro. Oltre
l'80% delle attuali quarantenni ha avuto almeno un figlio. L'autentico problema della fecondità italiana sta dunque nella caduta verticale delle nascite di ordine superiore al primo.
Le nascite del terz'ordine e oltre sono diventate ormai un evento eccezionale. Le nascite del secondo ordine si sono invece molto ridotte. Il nodo cruciale sul quale puntare l'attenzione è dunque il passaggio dal primo al secondo figlio.
La denatalità, la rinuncia alla maternità è quindi strettamente correlata alla (non) femminilizzazione del lavoro, alla difficoltà per le donne di conciliare i tempi della vita con i tempi del lavoro. Si auspica che il diritto-dovere al lavoro, per il futuro, non faccia perdere il diritto sacrosanto alla maternità.
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