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Karl Marx e il conflitto di classe come strumento di equità sociale
Karl Marx, nasce nel 1818 da una famiglia borghese di origine ebraica. Studia diritto a Bonn, per poi trasferirsi all'università di Berlino dove si laurea in filosofia. Lasciata la Germania, si reca a Parigi, dove entra in contatto con i maggiori esponenti democratici, socialisti e comunisti francesi.
Prima di essere espulso dalla Francia, conosce Engels, con il quale scrive, nel 1848 il "Manifesto del partito comunista", testo politico divenuto il programma di grandi movimenti e di grandi Stati che si diffonde in Urss nella prima metà del XX secolo con Lenin.
Il Manifesto segna il primo e sicuro ingresso nella storia del movimento operaio organizzato su basi marxiste: nell'opera è attuata un'analisi scientifica del mondo moderno che diviene, poi, programma di azione politica nell'interesse autonomo e specifico del proletariato moderno.
L'ideologia marxista si sviluppa principalmente a partire dalla critica rivolta alla filosofia hegeliana, che rappresentava un punto ideale di riferimento teorico per la continua ricerca della sintesi come chanche di vita risolutiva di ogni conflitto, in aperta contrapposizione alla filosofia kantiana volta invece alla valorizzazione dell'antagonismo.
Marx sostiene che la filosofia hegeliana, basandosi sul pensiero, sull'Idea (soggetto), di cui la realtà è predicato, pensa solo alla realtà, senza affrontare il problema della miseria reale della gran parte degli uomini. Lo scopo di Marx, dunque, è lo stesso dell'idealismo kantiano, cioè il superamento dell'alienazione umana, la liberazione dell'uomo. Tale liberazione, per Marx, può avvenire soltanto attraverso la lotta di classe, lotta in cui il proletariato stabilirà il suo dominio con la violenta rovina della borghesia.
Marx, nella sua critica, individua i presupposti, sia oggettivi, sia soggettivi, che rendono inevitabile la rivoluzione. Quelli oggettivi sono costituiti dal conflitto tra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti sociali borghesi, centrati sulla proprietà privata dei mezzi di produzione. Quelli soggettivi sono costituiti dalla presa di coscienza del proletariato della propria condizione di subalternità.
Una presa di coscienza che è fattore fondamentale della lotta di classe, perché porta il proletariato a trasformarsi nella lotta, da "classe in sé" a "classe per sé", ossia in classe sociale che ha acquisito la piena consapevolezza dei propri interessi. Proprio per questo il proletariato, una volta eliminata la borghesia, non si sostituirà ad essa come classe dominante, bensì darà vita ad una nuova società senza classi, dove non ci sarà più chi domina e chi è dominato, ci sarà solo il comunismo.
In riferimento al comunismo, Marx sostiene che esso significa riappropriazione di tutta la ricchezza fisica e spirituale prodotta dagli uomini. L'essenza umana ha le sue radici nelle attività produttive che gli uomini svolgono per sopravvivere. La storia ha inizio con la creazione, da parte degli uomini, dei mezzi necessari a soddisfare i propri bisogni, mezzi "artificiali" che producono, a loro volta, nuovi bisogni: la produzione di questi ultimi rappresenta "la prima azione storica". Quindi i pensieri degli uomini, le loro idee, non possono che essere un riflesso delle loro "condizioni materiali di vita". Per Marx la coscienza è determinata dalla vita stessa, anche se gli uomini sono dominati da una "falsa coscienza" che nasce spontaneamente e produce l'illusione dell'indipendenza delle idee.
L'ideologia marxista, inoltre, non si limita alla semplice teoria: la critica per Marx è necessaria ma non sufficiente per cambiare il mondo, ad essa occorre affiancare la prassi (Pràxis), ossia l'azione concreta.
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