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Impulsi e sdoppiamento degli impulsi




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Impulsi e sdoppiamento degli impulsi


Impulsi e sdoppiamento degli impulsi. In Psicologia III[1] abbiamo affermato

Vincenzo Monti


Vincenzo Monti Nato ad Alfonsine il 19 febbraio 1754, muore a Milano il 13

Severino BOEZIO


Severino BOEZIO Vita Anicio Manlio Severino Boezio nacque a Roma verso
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Impulsi e sdoppiamento degli impulsi.


In Psicologia III[1] abbiamo affermato che il lavoro di un impulso in qualsiasi circuito finisce per fornire un registro interno al soggetto. Uno dei circuiti comprende la percezione, la rappresentazione, la ripresa della rappresentazione e la sensazione interna in generale. Un altro circuito ci mostra il percorso degli impulsi che terminano nelle azioni lanciate verso il mondo esterno e delle quali il soggetto ha anche una sensazione interna. Questa presa di rialimentazione è quella che permette di apprendere dalle proprie azioni, o perfezionando l'azione anteriore o scartando l'errore commesso. Tutto ciò è stato chiarito con l'esempio dell'apprendimento nell'uso di una tastiera .


D'altra parte, qualsiasi impulso - che termini nell'intracorpo o all'esterno del corpo - dà registri di collocazioni diverse nello spazio di rappresentazione; possiamo aggiungere che gli impulsi dell'intracorpo si collocano nel limite tattile-cenestesico, verso "dentro", mentre gli impulsi che terminano in azioni nel mondo esterno si registrano nel limite tattile-cinestesico, verso "fuori" (dal corpo). Qualsiasi direzione abbia l'impulso, che dispone necessariamente di un correlato di informazione o sensazione interna, esso modificherà immancabilmente lo stato generale del circuito. Esaminando quest'attitudine trasformatrice degli impulsi possiamo prenderne in considerazione due tipi: 1. quelli in grado di liberare tensioni o provocare scariche di energia psicofisica, che chiameremo "catartici", e 2. quelli che permettono di trasferire cariche interne, integrare contenuti e ampliare le possibilità di sviluppo dell'energia psicofisica, che chiameremo "trasferenziali". Pertanto ogni impulso, indipendentemente dalla sua direzione, avrà un'attitudine prevalentemente catartica o prevalentemente trasferenziale. Inoltre in ogni impulso ci sarà una quota di gratificazione o malessere, di gradimento o "sgradimento", che permetterà al soggetto di eseguire una selezione dei suoi atti di coscienza o delle sue azioni corporee.


Gli impulsi si "sdoppiano" grazie a diverse rialimentazioni come quelle che permettono di comparare i registri delle percezioni con i registri delle rappresentazioni e quelle che necessariamente accompagnano le "ritenzioni" o memorizzazioni delle stesse. Esistono altri sdoppiamenti che "mettono a fuoco" più o meno volontariamente le percezioni e le rappresentazioni. Tali sdoppiamenti sono stati definiti come "appercezioni", vale a dire come selezioni e direzioni della coscienza verso le fonti di percezione e come "evocazioni", vale a dire come selezioni e direzioni della coscienza verso le fonti di ritenzione. La direzione e selezione, volontaria e involontaria, della coscienza verso le sue diverse fonti costituisce la funzione genericamente chiamata "attenzione".


2. La coscienza, l'attenzione e l'"io".


Chiamiamo "coscienza" l'apparato che coordina e struttura le sensazioni, le immagini e i ricordi dello psichismo umano. D'altra parte non si può collocare la coscienza in un'area precisa del sistema nervoso centrale, o in qualche punto corticale o subcorticale e ad una certa profondità. Né è il caso di confondere punti di lavoro specializzato, come nel caso dei "centri", con strutture di funzionamento che si verificano sistema nervoso nella sua totalità.


Per maggior chiarezza espositiva chiameremo "fenomeni coscienti" tutti quelli che si verificano nei differenti livelli e stati di veglia, dormiveglia e sonno, compresi quelli subliminali (che si verificano nel limite del registro del percepito, del rappresentato e del ricordato). Ovviamente, nel parlare di "subliminale ", non ci stiamo riferendo a un preteso "subconscio " o "inconscio".


Spesso si confonde la coscienza con l'"io" mentre in realtà quest'ultimo non ha una base corporea, al contrario della prima che possiamo identificare come "apparato" di registro e di coordinazione dello psichismo umano. In una precedente occasione abbiamo chiarito: "[] Questo registro dell'identità propria della coscienza deriva dai dati dei sensi e da quelli della memoria, cui s'aggiunge una configurazione peculiare che fornisce alla coscienza l'illusione della permanenza nonostante i continui cambiamenti che in essa si verificano. Tale configurazione illusoria di identità e permanenza è l'io"[3]. Negli stati alterati di coscienza si nota spesso che questa si mantiene in stato di veglia mentre determinati impulsi che dovrebbero arrivare al suo registro sono stati bloccati; la nozione dell'io subisce allora un'alterazione o straniamento, si perde reversibilità, senso critico e, a volte, le immagini decontestualizzate assumono una "realtà" esterna allucinatoria. In tale situazione l'io è registrato come se si collocasse in zone ai limiti esterni dello spazio di rappresentazione e a una certa "distanza" dall'io abituale. Il soggetto può esperire - registrare e sentire - fenomeni provenienti dal mondo esterno mentre, a rigore, tali fenomeni sono non di percezione bensì di rappresentazione. A questi fenomeni, in cui la rappresentazione sostituisce la percezione, e che pertanto vengono situati in uno "spazio esterno" verso i cui limiti si sposta l'io, diamo abitualmente il nome di "proiezioni".


3. Spazialità e temporalità dei fenomeni di coscienza


Nella veglia attiva l'io si colloca nelle zone più esterne dello spazio di rappresentazione, "perso" nei limiti del tatto esterno; però, se esercito l'appercezione nei confronti di qualche cosa che vedo, il registro dell'io subisce uno spostamento. In quel momento posso dire a me stesso: "Vedo l'oggetto esterno a partire da me e mi registro dentro il mio corpo". Sebbene sia connesso col mondo esterno per mezzo dei sensi, esiste una divisione degli spazi ed è in quello interno che mi colloco io. Se successivamente appercepisco la mia respirazione potrò dire a me stesso: "Esperisco a partire da me stesso il movimento dei polmoni: sono dentro il mio corpo ma non dentro i miei polmoni". È chiaro che esperisco una distanza tra l'io e i polmoni: e non solo perché l'io lo registro nella testa, che è lontana dalla cassa toracica, bensì perché in tutti i casi di percezione interna (come nel caso di un mal di denti o di un mal di testa), i fenomeni saranno sempre a una certa "distanza" da me in quanto osservatore. Qui però non ci interessa questa "distanza" tra osservatore e osservato ma la "distanza" tra l'io e il mondo esterno e tra l'io e il mondo interno. Ovviamente possiamo notare sottilissime sfumature nella variabilità delle posizioni "spaziali" dell'io, ma quel che stiamo sottolineando sono le collocazioni diametrali dell'io in ciascuno dei casi presi in esame. E, in questa descrizione, possiamo dire che l'io si può collocare nell'interiorità dello spazio di rappresentazione ma nei limiti tattili cinestesici che danno nozione del mondo esterno e, al contrario, nei limiti tattili cenestesici che danno nozione del mondo interno[5]. In ogni caso, possiamo usare l'immagine di una pellicola biconcava (il limite tra i due mondi), che si dilata o si contrae e così facendo mette a fuoco o sfuma il registro degli oggetti esterni o interni. L'attenzione si dirige, più o meno intenzionalmente, verso i sensi esterni o interni nella veglia e perde il controllo della propria direzione in dormiveglia, nel sonno e persino in veglia durante gli stati alterati, giacché in tutti quei livelli e stati influiscono sulla reversibilità fenomeni e registri che s'impongono alla coscienza. È più che evidente che nella costituzione dell'io intervengono non soltanto la memoria, la percezione e la rappresentazione bensì anche la posizione dell'attenzione nello spazio di rappresentazione. Non si sta parlando, per tanto, di un io sostanziale ma di un epifenomeno dell' attività della coscienza.


Questo "io-attenzione " sembra svolgere la funzione di coordinare le attività della coscienza con il suo corpo e con il mondo in generale. I registri del trascorrere e della posizione dei fenomeni mentali si embricano in questa coordinazione che si rende indipendente dalla coordinazione stessa. Così la metàfora dell'"io" finisce per acquisire identità e "sostanzialità" rendendosi indipendente dalla struttura delle funzioni della coscienza.


D'altra parte, nell'essere umano, i registri reiterati e i riconoscimenti dell'azione dell'attenzione si configurano molto presto, mano a mano che il bambino può dirigersi più o meno volontariamente verso il mondo esterno e verso l'intracorpo. Gradualmente, con l'acquisizione di padronanza del corpo e di determinate funzioni interne, si rafforza la presenza puntuale e una compresenza in cui il registro del proprio io si costituisce come elemento concentratore e come sottofondo di tutte le attività mentali. Siamo in presenza di quella grande illusione della coscienza alla quale diamo il nome di "Io".


Dobbiamo ora considerare come si collochi l'io nei differenti livelli di coscienza. In veglia l'io occupa una posizione centrale data dalla disponibilità dell'attenzione e della reversibilità. Ciò varia sensibilmente nel dormiveglia, quando gli impulsi provenienti dai sensi esterni tendono a indebolirsi o a fluttuare tra il mondo esterno e una cenestesia generalizzata. Durante il sonno con immagini, l'io si interiorizza; infine, durante il sonno vegetativo il registro dell'io sfuma[6]. Le trasformazioni degli impulsi negli insogni in stato di veglia appaiono nelle sequenze di associazioni libere con numerose traduzioni allegoriche, simboliche e segniche, che formano quello speciale linguaggio d'immagini della cenestesia. Naturalmente stiamo parlando delle sequenze immaginarie prive di controllo, proprie delle vie associative, non delle costruzioni immaginarie il cui sviluppo è più o meno premeditato , né delle traduzioni degli impulsi canalizzati nelle vie astrattive che pure si manifestano come immagini simboliche e segniche. Gli impulsi, trasformandosi in differenti livelli, provocano anche variazioni nel registro dell'io nella profondità o superficialità dello spazio di rappresentazione. In termini figurativi, possiamo vedere come i fenomeni psichici si registrino sempre tra coordinate "spaziali" x e y ma anche in relazione a z, dove "z" è la profondità del registro nello spazio di rappresentazione. Certamente il registro di qualsiasi fenomeno si esperisce nella tridimensionalità dello spazio di rappresentazione (quanto ad altezza in verticale, lateralità in orizzontale e profondità degli impulsi, a seconda che sia maggiore l'esteriorità o l'interiorità), cosa che possiamo provare nel momento in cui appercepiamo o rappresentiamo impulsi provenienti dal mondo esterno, dall'intracorpo o dalla memoria.


Senza complicarci la vita con descrizioni proprie della Fenomenologia, dobbiamo ora considerare alcuni argomenti nodali che essa ha esaurientemente indagato . Diremo perciò che in veglia i campi di presenza e compresenza permettono di situare i fenomeni in sucessione temporale e che la relazione tra fatti si stabilisce dal momento attuale, quello in cui mi trovo, con i momenti precedenti dai quali proviene il fluire della mia coscienza e con quelli successivi verso i quali tale fluire si proietta. In ogni caso, l'istante presente è la barriera della temporalità e, sebbene non possa darne ragione - perché nel pensarlo dispongo solo della ritenzione di quanto è successo nella dinamica della mia coscienza - la sua apparente "fissità" mi permette di muovermi "all'indietro", verso i fenomeni che non sono più, o "in avanti", verso i fenomeni che non sono ancora. È nell'orizzonte della temporalità della coscienza che si iscrive ogni avvenimento: e, nell'orizzonte ristretto che fissa la presenza di atti e oggetti, starà sempre operando un campo di compresenza nel quale tutti questi si connetteranno.


A differenza di quanto accade nel trascorrere del mondo fisico, i fatti della coscienza non rispettano la successione cronologica bensì tornano, persistono, si attualizzano, si modificano e si futurizzano, alterando l'istante presente; "istante presente" che si struttura tramite l'incrocio di ritenzione e protensione. Esemplificando: un avvenimento doloroso immaginato nel futuro può agire sul presente del soggetto deviando la tendenza del suo corpo a muoversi in direzione di un oggetto precedentemente desiderato. Così le leggi rispettate nella spazio-temporalità del mondo fisico subiscono una considerevole deviazione negli oggetti e negli atti mentali. Tale indipendenza dello psichismo, per "deviazione" dalle leggi fisiche, fa ricordare l'idea di "clinamen" che avrebbe prospettato Epicuro per introdurre la libertà in un mondo dominato dal meccanicismo[9].


Dando per intesa la strutturalità della coscienza nella relazione tra gli "apparati" e le differenti vie per le quali circola l'impulso, possiamo prendere in considerazione quest'ultimo nelle sue diverse trasformazioni come "atomo" fondamentale dell'attività psichica. Tuttavia tale atomo non si presenta isolato bensì in "sequenze di impulsi", in configurazioni che danno luogo alla percezione, al ricordo e alla rappresentazione. In questa maniera, l'inserzione dello psichico nella spazialità esterna inizia dagli impulsi che, convertiti in protensioni di immagini cinestesiche, si spostano verso l'esterno della tridimensionalità dello spazio di rappresentazione, muovendo il corpo. E' chiaro che le immagini cenestesiche e quelle corrispondenti ai sensi esterni agiscono in modo ausiliario (come "segnali composti"), in ogni fenomeno in cui si selezioni e si regoli la direzione e l'intensità motrice. In definitiva, in questo fluire di impulsi relativi al tempo e allo spazio della coscienza, avvengono i primi eventi che finiranno per modificare il mondo.


Non è oziosa a questo punto una riflessione generale sui fatti in cui lo psichismo agisce a partire dalla propria esteriorità e verso di essa. Per cominciare osserviamo che gli oggetti materiali si presentano come spazialità alla captazione "tattile" dei sensi esterni che differenziano il corpuscolo, l'onda, la molecola, la pressione, la termicità, etc.; per concludere, diciamo che queste "impressioni", o impulsi esterni allo psichismo, mettono in moto un sistema di interpretazione e di risposta che non può operare se non in uno spazio interno.


Stiamo dunque affermando nel modo più ampio che grazie alla variazione di impulsi tra "spazi" lo psichismo è penetrato dal mondo e lo penetra. Non stiamo parlando di circuiti chiusi tra stimolo e risposta bensì di un sistema aperto e in continua crescita che capta e agisce per accumulazione e protensione temporale. D'altra parte, questa "apertura" tra spazi non avviene per superare le barriere di una monade[10] ma perché la coscienza, già in origine, si costituisce a partire dal mondo, nel mondo e per il mondo.


4. Strutture della coscienza.


I differenti modi in cui l'essere umano sta nel mondo[11], le differenti posizioni del suo sperimentare e fare, rispondono a strutturazioni complete della coscienza. La "coscienza infelice", la "coscienza angosciata", la "coscienza emozionata", la "coscienza disgustata", la "coscienza nauseata", la "coscienza ispirata", sono tutti casi rilevanti che sono stati convenientemente descritti . E' pertinente notare in questa sede che tali descrizioni si possono applicare alla persona, al gruppo e alla società. Per esempio, per descrivere una struttura di coscienza in panico si dovrà partire da una situazione collettiva, quale si può ritrovare alle origini (leggendarie e storiche) della parola "panico", che designa uno speciale stato di coscienza. Col passare del tempo il termine "panico" è stato usato sempre più spesso per riferirsi a un'alterazione di coscienza individuale .


Ebbene, i casi sopra citati possono essere intesi individualmente o in un insieme (in relazione all'intersoggettività costitutiva della coscienza). Ogni qualvolta si daranno variazioni in tali strutturazioni globali si daranno variazioni anche nei fenomeni concomitanti, come nel caso dell'io. Ecco dunque che, in piena veglia ma in stati di coscienza differenti, registreremo l'io a differenti profondità dello spazio di rappresentazione.


Per capire quanto detto dovremo richiamarci alla differenza tra livelli di coscienza e stati di coscienza. I livelli classici di veglia, dormiveglia, sonno profondo paradossale e sonno profondo vegetativo, non presentano difficoltà di comprensione; però, in ciascuno di questi livelli abbiamo la possibilità di riconoscere posizioni variabili dei fenomeni psichici. Facciamo esempi estremi: diciamo che, quando l'io mantiene contatto sensoriale con il mondo esterno ma è perduto nelle proprie rappresentazioni o evocazioni, oppure considera sé stesso ma senza alcun interesse minimamente rilevante nei confronti della propria azione nel mondo, siamo in presenza di una coscienza vigilica in stato di raccoglimento in se stessa. Esternamente il corpo agisce in una sorta di "irrealtà" che, portata alle ultime conseguenze, può arrivare alla disconnessione e all'immobilità. Si tratta di uno "slittamento" dell'io verso una presenza costante dei registri di evocazione, rappresentazione, o percezione tattile cenestesica e, per tanto, la distanza tra l'io e l'oggetto esterno si "allunga". Nel caso opposto, l'io perduto nel mondo esterno si sposta verso i registri tattili cinestesici senza critica né reversibilità rispetto agli atti che compie. Ci troviamo di fronte a un caso di coscienza vigilica in stato di alterazione, come nel caso della cosiddetta "emozione violenta". In questo caso, l'importanza assunta dall'oggetto esterno è decisiva e la distanza tra l'io e l'oggetto percepito si accorcia.


a. Strutture, stati e casi non abituali.


Chiamiamo "non abituali" i comportamenti che presentano anomalie rispetto a parametri dell'individuo o del gruppo che si prende in considerazione. Chiaramente, se gli abitanti di un paese o di un gruppo umano impazzissero, non tralasceremmo di comprendere tali casi tra i comportamenti "non abituali" solo perché riguardano numerosi rappresentanti. In ogni caso, il comportamento di quell'insieme umano andrà comparato con situazioni stabili in cui esso ha vissuto e nelle quali la reversibilità, il senso critico e il controllo dei propri atti ha caratteristiche prevedibili. D'altra parte ci sono casi "non abituali" passeggeri e altri che sembrano radicarsi o addirittura diffondersi col passare del tempo. Non ci interessa, ora, classificare tali comportamenti sociali dal punto di vista del Diritto, dell'Economia o della Psichiatria. Forse troveremmo altri spunti di riflessione su questi casi nell'Antropologia e nella Storia


Se il nostro interesse per i comportamenti "non abituali" ci portasse nel campo del personale, o al massimo dell'interpersonale immediato, continuerebbero a essere validi i criteri di reversibilità, senso critico e controllo dei propri atti, in relazione a quella storia personale o interpersonale. Anche qui possiamo applicare quel che abbiamo accennato in precedenza relativamente ai casi "non abituali" passeggeri e a quelli che sembrano radicarsi o addirittura diffondersi nella loro anormalità col passare del tempo.


Pertanto portiamo il nostro studio sui comportamenti "non abituali" fuori dal campo della patologia per concentrarci, nella nostra Psicologia, su due grandi gruppi di stati e casi che chiameremo, l'uno, gruppo della "coscienza perturbata" e, l'altro, gruppo della "coscienza ispirata".


b. La "coscienza perturbata".


Esistono posizioni dell'io diametralmente opposte tra gli stati alterati, che vanno dall'attività quotidiana all'emozione violenta, e gli stati di raccoglimento in sé, che vanno dalla calma riflessiva fino alla disconnessione dal mondo esterno. Esistono, tuttavia, altri stati alterati, in cui le rappresentazioni si proiettano all'esterno così da rialimentare la coscienza come "percezioni" provenienti dal mondo esterno e altri, di raccoglimento in se stessi, in cui la percezione del mondo esterno si interiorizza per introiezione.


Abbiamo ascoltato e letto storie e ricerche, seriamente verificate, sulle allucinazioni di cui soffre chi si trovi in situazioni di difficoltà in alta montagna, nelle solitudini artiche, nel deserto e in alto mare. Lo stato fisico di fatica, anossia e sete; lo stato psichico di abbandono nella monotonia del silenzio e della solitudine; le condizioni ambientali termiche estreme, sono elementi che hanno portato all'insorgere di casi di alterazioni allucinatorie e molto più frequentemente a casi di alterazioni illusorie puntuali.


D'altra parte, dalla parte cioè del raccoglimento introiettivo in se stessi, la sensazione esterna arriva alla coscienza ma la rappresentazione corrispondente opera sconnessa dal contesto generale percettivo rialimentando la coscienza, che interpreta e registra il fenomeno come interiorità "significativa", come rappresentazione che sembra "dirigersi" all'interiorità del soggetto in modo diretto. Facciamo un esempio: le luci colorate dei semafori di una grande città d'un tratto, agli occhi di un angosciato pedone, cominciano a "inviare" codici e chiavi misteriosi. Il soggetto, da questo momento, si considera l'unica persona in grado di "ricevere" e comprendere il significato di tali messaggi.


Gli stati alterati proiettati e gli stati di raccoglimento in sé introiettati corrispondono a perturbazioni transitorie o permanenti della coscienza vigilica che abbiamo qui menzionato come casi diametralmente opposti dell'ubicazione dell'io. Per il resto dobbiamo menzionare gli stati di alterazione e di raccoglimento in se stessi anche nel livello di sonno con immagini e di dormiveglia.


In Psicologia III avevamo passato in rassegna numerosi casi di perturbazioni transitorie della coscienza[14]. Abbiamo accennato alla situazione di chi proietta le proprie rappresentazioni interne restandone fortemente suggestionato, simile a quella che si dà in pieno sonno quando si subisce la suggestione delle immagini oniriche. Si tratta di allucinazioni che si danno anche per intensi stati febbrili; per azione chimica (gas, stupefacenti e alcol); per azione meccanica (giri, respirazioni forzate, compressione delle arterie); per soppressione dei sensi esterni (camera del silenzio) o per soppressione di quelli interni (assenza di gravità per gli astronauti).


Dobbiamo prendere in considerazione anche le perturbazioni accidentali quotidiane. Esse si manifestano nei cambiamenti improvvisi di umore, quali gli accessi d'ira e le esplosioni d'entusiasmo che, in maggiore o minore misura, ci permettono di sperimentare lo spostamento dell'io verso la periferia, mentre cade la reversibilità e lo stato si fa più alterato. Osserviamo che accade il contrario di fronte a un pericolo improvviso, davanti al quale il soggetto si contrae o fugge, cercando di mettere distanza tra sé e l'oggetto minaccioso. In ogni caso lo spostamento dell'io è verso l'interno. Nello stesso senso possiamo anche verificare determinati curiosi comportamenti infantili. In effetti i bambini usano di solito giocattoli mostruosi per "bloccare" o "combattere" altri mostri in agguato, o che si avvicinano nel cuore della notte E, qualora tali tecnologie non diano risultati, resta sempre il rifugio delle lenzuola, sotto le quali il corpo si nasconde di fronte alle minacce più atroci. È chiaro, in questi casi, che l'io si raccoglie in sé stesso e introietta.


c. La "coscienza ispirata".


La coscienza ispirata è una struttura globale, capace di intuizioni immediate della realtà. È atta, inoltre, ad organizzare insiemi di esperienza e a dare priorità a espressioni che di solito sono trasmesse attraverso la Filosofia, la Scienza, l'Arte e la Mistica.


Continuando in questa linea di ricerca, possiamo chiederci - e risponderci in termini un po' scolastici: la coscienza ispirata è un stato di raccoglimento in se stessi o di alterazione? La coscienza ispirata è uno stato perturbato, una rottura della normalità, un'introiezione estrema o un'estrema proiezione? Senza dubbio la coscienza ispirata è più che uno stato: è una struttura globale che passa attraverso stati differenti e che si può manifestare a differenti livelli. Inoltre la coscienza ispirata perturba il funzionamento della coscienza abituale e spezza la meccanica dei livelli. Infine, è più che un'estrema introiezione o un'estrema proiezione giacché si serve alternativamente di queste, secondo il suo proposito. Questo è evidente quando la coscienza ispirata risponde a un'intenzione presente o, in alcuni casi, quando risponde a un'intenzione non presente ma che agisce compresentemente.


Nella Filosofia non si dà importanza ai sogni ispiratori, né alle ispirazioni improvvise, ma piuttosto all'intuizione diretta, quella cui ricorrono alcuni pensatori per afferrare le realtà immediate del pensiero senza l'intermediazione del ragionamento deduttivo o discorsivo. Non si tratta qui delle correnti "intuizioniste" in Logica e in Matematica: parliamo di pensatori che privilegiano l'intuizione diretta come nel caso di Platone con le idee, di Cartesio con il pensare chiaro e distinto, che evita l'inganno dei sensi, e di Husserl con le descrizioni delle noesi, nella "sospensione del giudizio" (epoché).[15]


Nella storia della Scienza si trovano esempi di ispirazioni improvvise che cha hanno permesso di fare notevolissimi passi avanti. Il caso più conosciuto, pur se di dubbia autenticità, è quello della famosa "caduta della mela di Newton"[16]. Qualora fosse davvero accaduto, dovremmo riconoscere che l'ispirazione improvvisa fu comunque motivata da una lenta ma intensa ricerca orientata verso il sistema cosmico e la gravità dei corpi. Come esempio potremmo citare un altro caso, quello accaduto al chimico Kekulé. Egli sognò, una notte, vari serpenti intrecciati da cui prese l'ispirazione per poi sviluppare le sue notazioni di chimica organica. Senza dubbio la sua preoccupazione costante - trovare la formula dei legami tra sostanze - continuò ad agire anche nel livello del sonno paradossale, per prendere la via della rappresentazione allegorica.


Nell'Arte ci sono molti esempi di sogni ispiratori. Pensiamo a Mary Shelley[18] che aveva dichiarato ai suoi amici di sentire una "vuota incapacità d'invenzione, che è la più grande disdetta dell'autore" e quella stessa notte vide in sogno l'essere orrendo che fu lo stimolo per il suo romanzo Frankenstein o il moderno Prometeo. Altrettanto accadde con il sogno di R. L. Stevenson da cui poi nacque il suo racconto fantastico Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde. Certamente le ispirazioni vigiliche di scrittori e poeti sono le più largamente conosciute nel campo delle arti. Eppure, per altre vie, abbiamo potuto conoscere le ispirazioni di pittori come Kandinsky che, in Dello spirituale nell'Arte, descrive la necessità interiore che si esprime come ispirazione nell'opera d'arte. Artisti plastici, letterati, musicisti, danzatori e attori hanno cercato l'ispirazione cercando di collocarsi in ambienti fisici e mentali non abituali. I differenti stili artistici, che corrispondono alle condizioni epocali, non sono semplicemente mode o modi di generare, captare e interpretare l'opera d'arte, bensì maniere di "disporsi" a ricevere, e dare, impatti sensoriali. È questa "disposizione" a modulare la sensibilità individuale o collettiva; in altre parole, è la condizione del dialogo che permette di stabilire la comunicazione estetica.


Nella Mistica troviamo vasti campi d'ispirazione. Va detto che quando parliamo di "mistica" in generale, ci riferiamo ai fenomeni psichici di "esperienza del sacro" nelle loro diverse profondità ed espressioni. Esiste una vasta letteratura che si occupa dei sogni , delle "visioni" del dormiveglia , e delle intuizioni vigiliche dei personaggi chiave di religioni, sette e gruppi mistici. Abbondano inoltre gli stati anormali e i casi straordinari di esperienza del sacro che possiamo definire come Estasi, ossia situazioni mentali in cui il soggetto è profondamente assorto, abbagliato dentro di sé e sospeso; come Rapimento, per l'incontrollabile agitazione emotiva e motoria durante la quale il soggetto si sente trasportato, trascinato fuori di sé verso altri paesaggi mentali, altri tempi, altri spazi; e, infine, come Riconoscimento, in cui il soggetto crede di capire tutto in un istante. In questo passaggio stiamo esaminando la coscienza ispirata nella sua esperienza del sacro, che varia nel modo di porsi nei confronti del fenomeno straordinario, sebbene, per estensione, tali funzionamenti mentali siano stati attribuiti anche ai raptus del poeta o del musicista, casi in cui "il sacro " può non essere presente.


Abbiamo parlato di strutture di coscienza che chiamiamo "coscienza ispirata" e le abbiamo mostrate nei grandi campi conosciuti come Filosofia, Scienza, Arte e Mistica. Però, nella vita quotidiana, la coscienza ispirata entra spesso in gioco anche nelle intuizioni o nelle ispirazioni della veglia, del dormiveglia e del sonno paradossale. Esempi quotidiani di tale ispirazione sono quelli del "presentimento", dell'innamoramento, della comprensione improvvisa di situazioni complesse e della risoluzione istantanea di problemi che per molto tempo hanno afflitto il soggetto. Questi casi non garantiscono l'esattezza, la verità o la coincidenza del fenomeno rispetto al suo oggetto, ciò nonostante i registri di "certezza" che li accompagnano sono di grande importanza.


d. Fenomeni accidentali e fenomeni desiderati.


La coscienza può strutturarsi in forme differenti, variando sotto l'azione di stimoli puntuali (interni ed esterni) o in base a situazioni complesse che operano in modo non voluto, accidentale. La coscienza è "presa"[25] in una situazione in cui la reversibilità e l'autocritica rimangono praticamente annullate. Nel caso di cui ci occupiamo, l'"ispirazione" irrompe in meccanismi e livelli agendo, a volte, in modo meno evidente come "sottofondo" della coscienza. D'altra parte anche l'angoscia, la nausea, il disgusto e altre configurazioni possono manifestarsi improvvisamente o restare come sottofondo mentale più o meno prolungato. Esemplificando: quando, accidentalmente, sollevo una pietra e nel farlo scopro un brulichio di minuscoli insetti che potrebbero salirmi sulla mano, che potrebbero invadermi, provo repulsione nei confronti di questa vita informe che mi aggredisce. Registro anche una sorda avversione quando percepisco qualche cosa di appiccicoso, umido e tiepido che avanza verso di me. Ma la reazione immediata va ben oltre il riflesso motorio che risponde al pericolo: è un qualcosa che mi coinvolge visceralmente provocando un rifiuto che può arrivare fino a una reazione di disgusto, a un conato di vomito, a una salivazione eccessiva in bocca e allo straordinario registro che la distanza tra me e l'oggetto, o tra me e la situazione disgustosa, si è "accorciata". Tale accorciamento dello spazio nella rappresentazione mette l'oggetto in un tipo di esistenza che gli permette di "toccarmi" e "introdursi" in me, suscitando il conato di vomito come rito di espulsione dal mio intracorpo. L'"accorciamento" è ben poco reale, come per altro la reazione di vomito che gli corrisponde. Ecco allora che la relazione tra l'oggetto disgustoso e la risposta del conato assumono caratteristiche proprie che esulano dagli oggetti reali in gioco. Si trasformano in un rituale in cui oggetto e atto formano una struttura peculiare, la struttura del disgusto. Questa configurazione accidentale della coscienza capita anche di fronte a un oggetto moralmente o esteticamente ripugnante, come nel caso di un romanzo infarcito di trovate artificiose, di giochi di parole, di tiepido sentimentalismo, sdolcinato e carico di vitalità diffusa. Tutto ciò finisce per provocare una difesa istintiva, tesa ad evitare l'"invasione" profonda del mio corpo. Queste strutture di coscienza pregiudicano la mia unità influendo negativamente non solo sulle mie idee, emozioni o reazioni motorie ma su tutta la mia struttura somatica.


Credo che a questo punto sia opportuno fare una piccola digressione. È possibile prendere in considerazione configurazioni di coscienza avanzate nelle quali qualsiasi tipo di violenza provocherebbe ripugnanza, con le corrispondenti reazioni somatiche. Tale strutturazione di coscienza nonviolenta potrebbe arrivare a radicarsi nelle società come una profonda conquista culturale; essa andrebbe ben oltre le idee o le emozioni che si manifestano ancora debolmente nelle società attuali, per cominciare a far parte del tessuto psicosomatico e psicosociale dell'essere umano.


Ma torniamo al nostro argomento. Abbiamo identificato strutture di coscienza che si configurano accidentalmente. Abbiamo anche osservato come si diano configurazioni che rispondono a desideri o progetti di chi si "mette" in una particolare situazione mentale per far sorgere il fenomeno. Naturalmente ciò a volte funziona e a volte no, come accade col desiderio di ottenere un'ispirazione artistica o con il desiderio di innamorarsi. La coscienza ispirata, o ancora meglio, la coscienza disposta a raggiungere l'ispirazione, si palesa nella Filosofia, nella Scienza, nell'Arte nonché nella vita quotidiana con esempi variati e suggestivi. Tuttavia è soprattutto nella Mistica che la ricerca di ispirazione ha dato vita a pratiche e sistemi psicologici che hanno avuto, e hanno, diversi livelli di sviluppo.


Pensiamo alle tecniche di "trance"[26] come a qualcosa che appartiene all'archeologia dell'ispirazione mistica: troviamo la trance nelle forme più antiche della magia e della religione. Per indurla, i popoli hanno fatto ricorso alla preparazione di bevande a base di vegetali più o meno tossici e all'aspirazione di fumi e vapori . Altre tecniche più elaborate, nel senso che permettono al soggetto di controllare e far progredire la propria esperienza mistica, si sono lentamente perfezionate nel corso del tempo. Le danze rituali, le cerimonie ripetitive ed estenuanti, i digiuni, le preghiere, gli esercizi di concentrazione e meditazione hanno avuto una notevole evoluzione.


e. Lo spostamento dell'io. La sospensione dell'io.


La sibilla di Cuma, non volendo che la terribile ispirazione si impossessi di lei, si dispera e grida, in preda a spasmi : "Ecco che arriva il dio, eccolo!". Al dio Apollo costa poco scendere dal suo boschetto sacro fino all'antro profondo, dove si impossessa della profetessa[29]. In questo caso, come in diverse culture, si entra in trance per interiorizzazione dell'io e per una esaltazione emotiva in cui è compresente l'immagine di un dio, di una forza o di uno spirito che s'impossessa della personalità umana e la soppianta. Nei casi di trance il soggetto si mette a disposizione di quell'ispirazione che gli permette di captare realtà ed esercitare poteri per lui sconosciuti nella vita quotidiana. Eppure leggiamo spesso che il soggetto oppone resistenza, o persino lotta con uno spirito o un dio al fine di evitare il rapimento con quelle convulsioni che ricordano quelle dell'epilessia: ma ciò fa parte di un rituale che afferma il potere di quell'entità che soggioga la normale volontà .


In America centrale il culto del Voodoo haitiano ci permette di comprendere le tecniche di trance che si realizzano tramite danze stimolate da pozioni preparate con un pesce velenoso . In Brasile, la Macumba ci mostra altre varianti mistiche della trance raggiunte anch'esse attraverso la danza e aiutate da una bevanda alcolica e tabacco.


Non tutti i casi di trance sono così vistosi come quelli finora citati. Alcune tecniche indiane, quelle degli "yantra", permettono di raggiungere la trance mediante l'interiorizzazione di triangoli sempre più piccoli interni a una figura geometrica complessa che, in alcuni casi, finiscono con un punto centrale. Anche con la tecnica dei "mantra" , grazie alla ripetizione di un suono profondo che il soggetto emette in continuazione, si arriva al raccoglimento in se stessi. In queste contemplazioni visive o auditive, molti praticanti occidentali non raggiungono i risultati sperati perché non si preparano affettivamente, limitandosi a ripetere figure o suoni senza interiorizzarli con la forza emotiva o devozionale necessaria affinché la rappresentazione cenestesica accompagni il progressivo centrarsi dell'attenzione. Questi esercizi si ripetono tante volte quante ne siano necessarie fino a che il praticante sperimenti la sostituzione della sua personalità e l'ispirazione diventi piena.


Possiamo verificare questo spostamento dell'io, e la sua sostituzione con altre entità, nei culti menzionati e fino alle più recenti correnti dello Spiritismo. In queste ultime, il "médium" in trance è posseduto da una entità spirituale che sostituisce la sua abituale personalità.


Non è molto diverso ciò che accade nella trance ipnotica quando il soggetto interiorizza profondamente le suggestioni dell'ipnotizzatore, potando la rappresentazione della voce nel "luogo" occupato normalmente dall'io abituale. Naturalmente, perché l'ipnotizzatore possa "impadronirsi" dell'ipnotizzato, il soggetto deve mettersi in uno stato ricettivo di "fede" e seguire, senza dubitare, le istruzioni impartite. Qui si mostra una caratteristica importante della coscienza. Stiamo dicendo che, mentre si esegue un'operazione vigilica attenta, appaiono insogni che, a volte, passano inavvertiti o finiscono per deviare la direzione degli atti mentali che si stavano portando a termine. Il campo di compresenza agisce sempre, anche quando gli oggetti di coscienza presenti si trovano esattamente al centro dell'attenzione. La gran quantità di atti automatici che si compiono in veglia dimostra tale attitudine della coscienza a realizzare simultaneamente lavori differenti. Certamente la dissociazione può raggiungere livelli patologici, ma può anche manifestarsi con forza in quasi tutti i fenomeni di ispirazione. D'altra parte, nella trance spiritista o nell'ipnosi lo spostamento dell'io può non essere completo; lo prova la cosiddetta "scrittura automatica", che procede senza tentennamenti quand'anche l'attenzione del soggetto sia incentrata nel dialogo o in altra attività. Questa dissociazione la troviamo molto spesso nella "crittografia", in cui la mano disegna mentre il soggetto è molto concentrato in una conversazione telefonica.


Avanzando verso lo stato di raccoglimento in se stessi, possiamo arrivare a un punto in cui gli automatismi vengono superati; non si tratta più di spostamento né di sostituzioni dell'io. Abbiamo l'esempio che ci viene dalla pratica della "preghiera del cuore", eseguita dai monaci ortodossi del monte Athos[36]. La raccomandazione di Evagrio Pontico è molto adeguata al fine di evitare le rappresentazioni (per lo meno quelle dei sensi esterni): "Non immaginare la divinità dentro di te quando preghi e non lasciare che la tua intelligenza accetti l'impressione di una qualsiasi forma; mantieniti immateriale e capirai". A grandi linee, la preghiera funziona così: il praticante in ritiro silenzioso si concentra sul proprio cuore e, scegliendo una frase breve, inspira dolcemente portando, con l'aria, la frase fin dentro al cuore. Quando ha terminato l'inspirazione, "spinge" per farla arrivare ancor più dentro. Dopodiché espira molto dolcemente l'aria viziata senza perdere l'attenzione al cuore. I monaci ripetevano questa pratica molte volte al giorno, finché non si manifestavano alcuni indicatori di progresso come la "illuminazione " (dello spazio di rappresentazione). Per essere precisi, dovremo riconoscere, in un determinato momento delle ripetizioni delle preghiere usate, il passaggio in uno stato di trance. Tale passaggio non è molto differente da quello che si verifica nel lavoro con gli yantra o coi mantra: ma, poiché nella pratica della "preghiera del cuore" non c'è l'intenzione di farsi "prendere" da entità che si sostituiscano alla propria personalità, il praticante finisce per superare lo stato di trance e per "sospendere" l'attività dell'io. In questo senso, anche nelle pratiche dello Yoga si possono attraversare differenti tipi e livelli di trance, ma bisogna tener conto di quel che ci dice Patanjali nel Sutra II del Libro I: " lo Yoga aspira alla liberazione dalle perturbazioni della mente". Questo sistema di pratiche va in direzione del superamento dell'io abituale, degli stati di trance e delle dissociazioni. Nello stato più avanzato di raccoglimento in se stessi, fuori da qualsivoglia trance e in piena veglia, si produce quella "sospensione dell'io" di cui abbiamo sufficienti indicatori. È evidente che, fin dall'inizio della pratica, il soggetto si orienta verso la scomparsa dei "rumori" della propria coscienza, attenuando percezioni esterne, rappresentazioni, ricordi e aspettative. Alcune pratiche dello Yoga permettono di calmare la mente e di collocare l'io, per un breve lasso di tempo, in uno stato di sospensione.


f. L'accesso ai livelli profondi.


Senza dubbio, la sostituzione dell'io operata da una forza, uno spirito, un dio o dalla personalità di uno sciamano o di un ipnotizzatore è stato qualcosa di usuale nella storia. E' stato altrettanto conosciuto, ma forse meno usuale, il fatto di sospendere l'io evitando però qualsiasi forma di sostituzione, come abbiamo visto in alcuni tipi di Yoga e in alcune pratiche mistiche avanzate. Ebbene, se qualcuno potesse prima sospendere e poi far scomparire il proprio io, perderebbe qualsiasi controllo strutturale della temporalità e spazialità dei propri processi mentali; si troverebbe in una situazione precedente a quella in cui, da bambino, imparava a muovere i primi passi. Non potrebbe mettere in comunicazione tra loro, né coordinare, i propri meccanismi di coscienza; non potrebbe fare ricorso alla propria memoria; non potrebbe entrare in relazione con il mondo e non potrebbe avanzare nell'apprendimento. Non saremmo semplicemente in presenza di un io dissociato sotto alcuni aspetti, come potrebbe accadere in determinate malattie mentali, ma avremmo a che fare con qualcuno che si troverebbe in uno stato analogo a quello del sonno vegetativo. Ne consegue che sciocchezze come "sopprimere l'io" o "sopprimere l'ego" nella vita quotidiana, non sono possibili. Quel che è possibile, tuttavia, è arrivare a una situazione mentale di soppressione dell'io, non nella vita quotidiana bensì in determinate condizioni, il cui primo passo è la sospensione dell'io.


L'entrata negli stati profondi della coscienza avviene a partire dalla sospensione dell'io. A partire da questa sospensione cominciano già a prodursi registri significativi di "coscienza lucida" e di comprensione delle proprie limitazioni mentali, il che costituisce un grande passo avanti. In questo passaggio bisogna tener conto di alcune condizioni ineludibili: 1. che il praticante abbia ben chiaro il Proposito, ovvero ciò che desidera ottenere come obiettivo finale del proprio lavoro; 2. che disponga dell'energia psicofisica sufficiente a mantenere l'attenzione raccolta e concentrata nella sospensione dell'io e 3. che possa proseguire senza soluzione di continuità nell'approfondimento dello stato di sospensione finché non scompaiano i riferimenti spaziali e temporali.


Rispetto al Proposito, esso va considerato come la direzione di tutto il processo senza però che esso stia al centro dell'attenzione. Quel che stiamo dicendo è che il Proposito dev'essere "memorizzato" con forte connotazione affettiva, in modo da operare compresentemente mentre l'attenzione è occupata nella sospensione dell'io e nei passi successivi. Questa preparazione condiziona tutto il lavoro successivo. Quanto all'energia psicofisica necessaria a mantenere l'attenzione in un livello di concentrazione interessante, l'impulso principale proviene dall'interesse, che fa parte del Proposito. Nel momento in cui si rileva la mancanza di potenza e di permanenza, si dovrà riesaminare tutto il lavoro di preparazione del Proposito. Saranno necessarie una coscienza sgombra da stanchezza e una minima educazione a restringere il fuoco dell'attenzione su un unico oggetto. Continuare l'approfondimento della sospensione fino a raggiungere il registro di "vuoto" significa che nulla deve apparire come rappresentazione né come registro di sensazioni interne. Non può, né deve, esserci alcun registro di questa situazione mentale. Il ritorno alla situazione mentale di sospensione o alla veglia abituale si produce quando gli impulsi segnalano la posizione e le scomodità del corpo.


Nulla si può dire di questo "vuoto". Al recupero dei significati ispiratori, dei sensi profondi che sono oltre i meccanismi e le configurazioni di coscienza, si procede a partire dal mio io quando esso riprende il proprio lavoro vigilico normale. Stiamo parlando di "traduzioni" di impulsi profondi, che arrivano al mio intracorpo durante il sonno profondo, o di impulsi che arrivano alla mia coscienza con un tipo di percezione differente da quelle conosciute nel momento del "ritorno" al normale stato di veglia. È un mondo di cui non possiamo parlare perché non abbiamo registri durante l'eliminazione dell'io; possiamo fare affidamento solo sulle "reminiscenze" di quel mondo, come ha spiegato Platone nei suoi miti.





Il riferimento è alle spiegazioni fornite alle Canarie nel 1978, pubblicate sotto il titolo di Psicologia III in questo stesso volume.


Op.cit., Catarsi, trasferenza e autotrasferenza - L'azione nel mondo come forma trasferenziale.


Op. cit., La coscienza e l'io.


Vedi Spazio di rappresentazione in Psicologia II, in questo stesso volume.

Vedi Psicologia dell'immagine, in Silo, Contributi al Pensiero, Opere Complete vol I, traduzione di Salvatore Puledda, Multimage, Torino 2000.


Nel "sonno paradossale" o con immagini, il registro dell'io si "allontana" del mondo esterno e si diluisce in immagini sconnesse fino a scomparire in una situazione che difficilmente il soggetto che sta sognando può governare. Quanto al sonno vegetativo profondo, il tracciato elettroencefalografico mostra una totale assenza di immagini. Non si verifica neanche il REM (Rapid Eyes Mouvement) e ciò coincide con una successiva amnesia relativamente agli avvenimenti psichici verificatisi nel più totale oblio dell'io. N.d.R.


Vedi la conferenza sulle Esperienze Guidate tenuta nell'Ateneo di Madrid nel 1989. In Silo, Discorsi di Silo, Presentazioni di libri, Esperienze guidate, Opere Complete, Cit.


Per una miglior comprensione di questo passaggio, consultare Edmund Husserl , Meditazioni Cartesiane (a cura di Filippo Costa), Seconda Meditazione, 19. Attualità e potenzialità della vita intenzionale, Bompiani, Milano 1988. Consultare anche: Martin Heidegger, Essere e Tempo, (traduzione di Pietro Chiodi), Sezione seconda, Capitolo IV, Temporalità e quotidianità, 70. La temporalità della spazialità propria dell'Esserci, Torino, Utet 1986.


Sembra che Epicuro difese la Teoria di Democrito secondo la quale gli atomi si muovono formando il mondo fisico; ma, a fronte dell'obiezione di Aristotele, aggiunse che gli atomi subiscono deviazioni, inclinazioni che permettono loro di incontrarsi. La dottrina che corrisponde all'idea del "clinamen", sembra essere stata formulata compiutamente trecento anni dopo Epicuro. Vedi Lucrezio, De rerum natura.


Da Pitagora in poi la monade era stata concepita come la prima unità o unità fondamentale da cui derivano i numeri. Nel corso del tempo, l'idea di monade ha subito notevoli modificazioni, finché, nel Rinascimento, con Giordano Bruno nel De monade, gli atomi costitutivi della realtà diventano viventi e animati. Nel XVIII secolo Leibniz, nei Principi della filosofia, o Monadologia - Principi razionali della natura e della grazia (introduzione, traduzione, note e apparati di Salvatore Cariati, Milano, Rusconi, 1997), caratterizzò le monadi come "atomi" senza inizio né fine che si combinano senza interpenetrarsi e che possiedono forza propria. Contemporaneamente, Kant nella sua Monadologia Fisica (1756), descrisse la monade come punto indivisibile, a differenza dello spazio che è divisible all'infinito.


Per "mondo" intendiamo la sintesi tra mondo interno ed esterno.


Nella Fenomenologia dello Spirito (traduzione di Enrico De Negri, Fabbri, Milano, 2004), Hegel chiama "alienazione" la "coscienza infelice", che si registra come frattura della coscienza stessa nel momento in cui questa si trova separata e espoliata della realtà cui appartiene. Nel Il concetto dell'angoscia (traduzione e cura di Cornelio Fabro, Sansoni, Firenze, 1991) Kierkegaard studia la "coscienza angosciata" che si manifesta rispetto al suo oggetto che è il "nulla". Molti "filosofi dell'esistenza" ricorrono al metodo fenomenologico per descrivere gli atti e gli oggetti di sintesi della coscienza. Sartre, in L'immaginazione: idee per una teoria delle emozioni (revisione, note e apparati di Nestore Pirillo, Bompiani, Milano 2004), descrive la "coscienza emozionata". E Kolnai in Il disgusto (trad. it. In Agalma n. 9, 2005) descrive la "coscienza disgustata".


Pan era una divinità pre-ellenica benefica per i campi, i pastori e le greggi. Una leggenda lo fa apparire nella battaglia di Maratona, seminando il "terror panico" tra i persiani e aiutando gli ateniesi, che a partire de quel momento estesero il suo culto in tutta la Grecia. L'aggettivo "panico" si riferisce a questa divinità in generale, ma "panico" si utilizzò per segnalare quello stato di coscienza che denota un pericolo imminente e che è collettivo e contagioso. Attualmente, la Psichiatria ha coniato il termine "sindrome da panico", depotenziando il significato collettivo iniziale.

Psicologia III. Il sistema di rappresentazione negli stati alterati della coscienza, Op. Cit.

Platone e Aristotele conobbero la differenza tra pensiero intuitivo e discorsivo. Secondo Platone, che privilegiava il primo, le Idee del Buono e del Bello sono di contemplazione diretta e sono reali, mentre le cose buone o belle derivano da quelle Idee e non possiedono la stessa realtà immediata. In Cartesio riconosciamo il grande apporto del pensiero che pensa sé stesso senza intermediazioni, e in Husserl il contatto diretto con le noesi, gli atti del pensare, e con i noemi, gli oggetti legati intenzionalmente agli atti del pensare.


Isaac Newton, nel 1666 a Woolsthorpe, Gran Bretagna.


Già nel 1865, a Bonn (Germania), Augusto Kekulé stabilì la teoria della quadrivalenza del carbonio e la formula esagonale del benzene.

Mary Godwin. La storia sta nelle note che scrisse Polidori nel suo diario il 18 Giugno 1816 a Villa Diodati, nei pressi del lago Leman in Svizzera.


R.L.Balfour. Nelle Isole Samoa nel 1886.


Vassilij Kandisky, a Mosca nel 1911.


A questo proposito si veda Le condizioni del dialogo conferenza data da Silo all'Accademia delle Scienze di Mosca nel 1999. In Silo Opere Complete, Vol. I.


IV Brihadaranyaka Upanishad. "Quando lo spirito umano si è ritirato nel riposo, trattiene con sé i materiali di questo mondo in cui sono contenute le cose tutte, e allora crea e distrugge la propria gloria ed irradiazioe, poiché lo spirito brilla di luce ropria"


La Bibbia, Daniele, 10:7, Versione italiana Nuova Riveduta, "Soltanto io, Daniele, vidi la visione; gli uomini che erano con me non la videro, ma un gran terrore piombò su di loro e fuggirono a nascondersi".


Avesta. Gatha. Yasna, XLV, 2-3. 'Proclamerò questo primo insegnamento al Mondo. Insegnamento che mi ha rivelato l'Onniscente Ahura Mazda. Sì ora parlerò dei due Spiriti dell'esistenza all'inizio del mondo, quando il virtuoso si è rivolto al malvagio: " Nulla tra noi due cncorda: né il pensiero, né l'insegnamento, né la volontà, né la fede, né le parole, né le azioni, né le concezioni del mondo, né le nostre anime stesse".


Con"presa" si intende non diretta né gestita dal soggetto.

Nella Psicologia ufficiale si considera la trance como "un stato di dissociazione della coscienza, caratterizzato dalla sospensione di ogni movimento volontario e dall'esistenza di certe attività automatiche" . Diccionario Enciclopédico de la Psique. B.Szekely. Ed.Claridad. Buenos Aires, 1975.


Il Soma (per gli indiani) e l' Haoma (per gli iraniani) è stata la bevanda inebriante più antica. Negli Inni Vedici, 730, 2, si legge: "Tu sei il cantore, tu sei il poeta, tu sei il dolce succo nato dalla pianta. Nell'ebbrezza tu elargisci ogni bene"


A Delfi la sacerdotessa di Apollo (Pizia o Pitonessa) si sedeva su un tripode collocato accanto alla fenditura di una roccia da cui fuoriusciva un vapore intossicante e iniziava a profetizzare con parole incoerenti. Nei giorni precedenti, la Pizia aveva praticato il digiuno e la masticazione di foglie di alloro.


Virgilio, che ci dà una descrizione fantastica dell'aneddoto di Cuma, aveva sicuramente informazioni più che sufficienti sulle pratiche proprie delle sibille nel corso della storia della Grecia e di Roma. Ad ogni modo, nel Libro VI dell'Eneide, queste sono le parole della Sibilla: "È tempo di chiedere i Fati: il dio, ecco il dio! E a lei che così parlava, si tramutarono all'improvviso il volto e il colore e le composte chiome; il petto è ansante e il cuore selvaggio si gonfia di furore e sembra più grande e non ha voce mortale, perché ispirata dalla volontà ormai vicina del dio." (Traduzione di Giuseppe Bonghi, in https://www.classicitaliani.it/dante1/eneide6a.htm).


Lo scimanismo e le tecniche dell'estasi, M. Eliade, Ed. Mediterranee, 1999. L'autore passa in rassegna, tra le altre materie, le diverse forme di trance sciamanica nell'Asia centrale e settentrionale, in Tibet e Cina, presso gli antichi indoeuropei, in America del Nord ed America del Sud, nel Sudest asiatico ed in Oceania.


Gli antichi chiamavano l'epilessia la "malattia divina". Nelle convulsioni di questo male credettero di vedere una lotta in cui il soggetto si difendeva dall'alterazione di cui era preda. Gli dei annunciavano il proprio arrivo dando al soggetto una "aura" che lo avvertiva. Si supponeva che dopo l'"attacco", il soggetto restasse ispirato potendo così profetizzare. Non invano si ritenne che Alessandro Magno, Giulio Cesare e persino Napoleone fossero stati colpiti dal "mal divino" poiché, dopo tutto, erano uomini di lotta.


Proveniente dal Togo e dal Benin.

R. Toussaint, De la mort a la vie: essai sur le phenomène de la zombification en Haiti, .Ed. Ife. Ontario, 1993.


Originaria del popolo Yoruba di Togo, Benin e Nigeria, ha anche influenze senegalese e più in generale dell'Africa Occidentale.


E' chiaro che a partire dal "magnetismo animale" di Mesmer e Pueysegur fino ad arrivare all'ipnosi moderna, che inizia con J. Braid, si è via via eliminata quella pompa magna del tutto superflua.


La tradizione della "preghiera del cuore" risale al XIV secolo, nel Monte Athos in Grecia. Nel 1782 si estese fuori dai monasteri con la pubblicazione della Philocalie, del monaco greco Nicodemo l'Agiorita, pubblicata poco dopo in russo da Paisij Velitchkovsky.


Evagrio Pontico, dei "Padri del Deserto", scrisse i suoi apoftegmi nel IV secolo. È considerato uno dei precursori delle pratiche del Monte Athos.


Gli Aforismi sullo Yoga o Yoga-Sutra, sistematizzati da Patanjali nel II secolo, sono il primo libro di Yoga giunto fino a noi íntegro nelle sue 195 brevi e magistrali sentenze.


Mircea Eliade, Tecniche dello Yoga e Lo Yoga - Immortalità e libertà.

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