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HENRI BERGSON: LA VITA
Nacque a Parigi il 18 ottobre 1859.
Acquistò fama e successo grazie a "Materia e memoria", alle sue critiche sul positivismo e alla sua teoria sulla durata.
Il bergsonismo diventa un orizzonte di pensiero cui la filosofia e la letteratura, francese e non, non potranno cessare di riferirsi.
Nel 1889 prende il dottorato in filosofia presentando una tesi in latino sul concetto di luogo in Aristotele, ed una tesi in francese intitolata "Saggio sui dati immediati della coscienza". Quest'ultima contiene l'elaborazione del tempo come durata, sarà l'opera più originale della sua produzione.
Il suo valore venne riconosciuto alla pubblicazione di "Materia e memoria" nel 1896.
Nel 1907 pubblicò "L'evoluzione creatrice"
Nel 1914 divenne Accademico di Francia e nel 1928 ottenne il premio Nobel per la letteratura.
Negli ultimi anni della sua vita si orientò sempre più verso il cattolicesimo (egli era di origine ebraica), ma, presentendo la minaccia delle persecuzioni antisemite, preferì rimanere "tra quelli che saranno domani perseguitati".
Morì nel 1941 a Parigi mentre la città era sotto l'occupazione delle truppe naziste.
IL TEMPO COME INCESSANTE FLUIRE
Da Bergson la cultura italiana assorbì la tesi sul perenne fluire e mutare dell'esistenza, sullo "slancio vitale", ma furono proprio le sue riflessioni sulla rappresentazione del tempo nella vita e della conoscenza a influire sulle poetiche dei maggiori narratori italiani, quali Svevo e Pirandello e sulla struttura narrativa delle loro opere.
Secondo Bergson, il tempo "spazializzato" della scienza tradizionale (e cioè rappresentato come una serie di istanti che si susseguono ordinatamente come dei punti su di una linea, dal passato, al presente, al futuro) è una schematizzazione astratta.
La scienza cercando di essere fedele ai fatti finisce per formare un'immagine astratta della realtà.
I perfezionamenti tecnici che la scienza introduce, attraverso la sperimentazione, rispondono all'esigenza di una sempre maggiore precisione, favorita dalla scomposizione indefinita del tempo: per gli antichi il tempo manteneva una scansione qualitativa analoga a quella che caratterizza le fasi della vita, mentre per Keplero e Galileo il tempo non è scandito diversamente a seconda della materia che lo riempie. Per i moderni, invece, ogni istante si equivale.
Per tale motivo gli antichi privilegiano dei concetti (come la circolarità per il moto degli astri) per descrivere la realtà, mentre i moderni descrivono tutto mediante delle leggi, ovvero attraverso relazioni costanti tra grandezze e variabili.
L'uomo moderno ritiene di poter prevedere il futuro grazie alla conoscenza del presente: infatti nella sua impostazione il tempo non ha consistenza
Bergson non vuole screditare le scienze, ma denunciare un pericoloso influsso tra scienza e filosofia.
Nonostante le critiche al Positivismo, ribadisce di distinguere le scienze dalla filosofia, ma non nega che debbano collaborare. Nella sua opera "Evoluzione creatrice" traccia quello che a suo avviso deve essere il compito della filosofia
"il filosofo deve andare più lontano dello scienziato. Facendo tabula rasa di ciò che è un sinbolo immaginativo, egli vedrà risolversi il mondo materiale in un semplice flusso, in un divenire la filosofia non è solamente il ritorno dello spirito in se stesso una presa di contatto con lo sforzo creatore. Essa è l'approfondimento del divenire in generale il vero prolungamento della scienza"
Egli vuole essere spettatore della realtà, partecipe e contemporaneo.
La realtà è tempo, ma non il tempo astratto di cui parla la fisica, ma durata, fluire continuo dell'esistenza, divenire senza sosta, pura irreversibilità.
"Il tempo per i positivisti è la variabile t in una formula di fisica."
Bisogna sostituire questa t ai concetti di memoria e durata. Il tempo è irreversibile, è continuo. E' il tempo della vita, dell'attesa, del desiderio e del ricordo.
Caratteristica fondamentale è il fluire, il flusso è il tempo della coscienza. E' quindi un flusso continuo di istanti che si compenetrano a vicenda e non sono separabili: nella nostra coscienza ogni istante presente è prosecuzione del passato, conservato dalla memoria, ed anticipazione del futuro progettato dall'immaginazione.
Nella vita interiore gli stati di coscienza (rappresentazioni, sensazioni, sentimenti, atti di volontà) sono tutti contemporaneamente presenti, si fondono in un'unità, anche i momenti del passato sono sempre vivi nella coscienza e continuano ad esercitare la loro azione sul presente, influenzando il nostro pensiero e il nostro comportamento e arricchendosi e modificandosi di continuo attraverso il contatto con gli altri fatti accumulatisi nella memoria.
Un fatto, dunque, non è mai concluso, ma continua ad esercitare la sua influenza in modi sempre nuovi.
Per i positivisti la realtà non era un unico divenire, per i filosofi della scienza e della tecnica, era un qualcosa che poteva essere preso, ripetuto, rielaborato (in laboratorio) e dal quale poteva essere estratta una legge; per il positivista era qualcosa di matematicizzabile, scomponibile e ricomponibile.
Secondo Bergson il positivismo ha sbagliato nel pensare che le scienze fossero essenziali per apprendere la verità. I positivisti analizzavano tutto (partire da determinati dati per ricavarne altri), egli dice che all'analisi bisogna sostituire l'intuizione.
Per la scienza gli istanti possono essere differenti solo quantitativamente, invece noi ci accorgiamo che tra istante e istante vi è una notevole differenza qualitativa.
Per la scienza ogni momento è estraneo all'altro, mentre noi ci accorgiamo che tra istante e istante vi è una notevole differenza qualitativa.
Per la scienza ogni momento è estraneo all'altro, mentre noi sperimentiamo, ad esempio nel pentimento, che c'è compenetrazione tra i diversi momenti.
Infine per la scienza ogni momento è reversibile, si può sempre tornare indietro, ma la vita ci insegna che ogni giorno porta con se delle proprie novità.
Il tempo della fisica è astratto, il vero tempo è durata. Questo tempo è quindi l'inverso del tempo descrittoci dalla fisica: ha una diversità qualitativa, prevede una compenetrazione tra diversi momenti, è il tempo della coscienza. Bergson paragona il fluire dell'esistenza all'arrotolarsi di un filo su un gomitolo: il nostro passato ci segue, ci costruisce e la memoria del passato costituisce noi stessi. Attendiamo il futuro e ricordiamo il passato: il presente non esiste.
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