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VITA DI UMBERTO SABA
Saba Umberto (Gorizia 1883 - Trieste 1957). Di origine ebraica, rifiutò il cognome del padre -che lo aveva abbandonato - e assunse, in omaggio alla madre, il cognome di Saba ('pane' in ebraico). Fu soldato nella prima guerra mondiale, ma non fu inviato al fronte. 'Il canzoniere' (1921) raccoglie tutta la sua produzione poetica di vent'anni. Una seconda edizione del 'Canzoniere' è del 1948. La sua raccolta di poesie è molto vasta, molto spesso descrive aspetti aspetti di vita quotidiana, come in 'Città vecchia'.
Saba ha sempre dichiarato di aver cercato nella propria opera la verità , quella più profonda e nascosta, di cui noi stessi non abbiamo chiara consapevolezza e che solo l'esperienza del dolore è capace di rivelarci.Con 'la verità che giace al fondo' Saba si riferisce alla profondità dell'inconscio. La poesie diventa quindi strumento per la ricerca della verità interiore e si serve di versi chiari e trasparenti (antiermetismo) che fa apparire un mondo e lo rischiara.
La poetica di Saba
Il colloquio confidenziale
con la realtà (secondo la lezione pascoliana) si arricchisce in seguito di toni
lirici e si volge ai temi della gioia, del dolore, della morte (Cose leggeri e
vaganti, 1929 -
Nelle ultime raccolte,
accanto alla contemplazione assorta della vita si insinuano il ricordo e la
nostalgia del passato, spesso affidati alla musicalità dei versi. Persistono,
tuttavia, gli aspetti domestici e le figure amate, i versi sono, però, più
scanditi e la composizione è breve e incisiva. Restano immutabili i temi
originari: i fanciulli di Trieste, le vie solitarie, i caffè fumosi del porto,
le donne amate. Sono temi immobili, poiché Saba concepisce la vita come
immutabile: l'uomo - ed in questo segue il pensiero di Leopardi - spera sempre
un domani migliore, anche se sa che il nuovo giorno porterà le stesse
sofferenze di quello trascorso. Saba è ritenuto una delle voci migliori e più
riconoscibili del '900 italiano, per la fedeltà ai propri temi, la ricchezza
sentimentale, l'impegno umano, l'itinerario spirituale e stilistico non
condizionato dalle mode. La sua poesia è, soprattutto, storia della sua
esistenza, contemplata con la fermezza di chi sa trovare nel dolore e nella
pena il segno del destino umano, in nome del quale si sente unito agli altri
uomini (Leopardi - La ginestra). Mentre i poeti del periodo fra le due guerre
tendono ad una riflessione e ad una grande consapevolezza letteraria, che
conduce all'ermetismo, in Saba è evidente la volontà di esprimersi in modi
semplici, musicali, a volte con notazioni diaristiche, anche se
l'autobiografismo gradualmente si dissolve nel canto. Il fondo costante di Saba
è la consapevolezza malinconica di una esistenza immutabile e la malinconia è
alleviata dalla contemplazione delle cose quotidiane, dal sentirsi vivere,
dall'accettare le passioni come sempre diverse e sempre le stesse. I paesaggi
non sono descritti, bensì evocati dal ricordo e dall'affetto che modulano un
canto monotono, ma intimo e suggestivo. Di Saba esistono due documenti critici
di altissimo valore: Quello che resta da fare ai poeti (1911), articolo
rifiutato dalla Voce e
La 'poesia onesta'
L'apparente contraddizione tra la poesia onesta propugnata nell'articolo e la critica della propria opera, attenta a sottolineare i meriti e a trascurare le manchevolezze, si risolve nell'essere il Saba critico di se stesso e, quindi, in possesso di una verità diretta che fa della seconda opera la conclusione logica di una vita trascorsa al servizio della poesia. La prima ragione di Saba, la sua umanità, fa sì che la sua poesia sia un dono per gli altri (Pascoli), con la speranza di giungere ad un discorso fatto di umiltà, semplicità e pietà. Saba ha quindi già ben chiara la nozione di una poesia che non deve essere frutto di artificio, di finte passioni, di menzogna, esclusivamente volta ad ottenere un bel risultato. Compito dello scrittore è far collimare contenuto e forma, magari limitando la spinta emotiva, piuttosto che correre il rischio di esagerare e mentire. Il poeta, lo scrittore in genere, deve essere, tanto nella vita, quanto nella letteratura, un uomo onesto. Tale principio, che è il punto di partenza di Saba, è ancore determinante al momento della critica della propria opera e tale possibilità critica gli viene dalla consapevolezza di ciò che egli ha inteso realizzare. Saba parla della necessità di sostenere con il ritmo l'espressione della passione, fissando così i limiti dello strumento, a vantaggio del sentimento da esprimere. Il poeta deve rileggersi cercando di rilevare la corrispondenza fra stati d'animo e versi, tra pensato e scritto, mediante moduli tradizionali e semplici, in netto contrasto con le soluzioni allora di moda. Saba adotta il più semplice dei linguaggi e propone un discorso non drammatico, cercando di sviluppare la naturale capacità dell'uomo - Saba nello stabilire il contatto con gli altri, sulla base di uno scambio fondato su una diversa, ma sempre semplice ed umana interpretazione dell'esistenza. Saba vive pazientemente aspettando la serena disperazione, ossia la serenità che viene dalla volontaria partecipazione a ciò che deriva dall'esperienza del mondo, dalla ricerca dell'equilibrio e dal senso delle proporzioni, mentre la disperazione è la consapevolezza dell'inalterabilità della vita e dell'inevitabilità del destino. A tale consapevolezza, Saba contrappone la pazienza, il gusto dell'interpretazione, l'amore della vita, per arrivare non alla spiegazione (alla maniera di Montale) bensì a mitigare l'impatto con la realtà. La malinconia e la dolente consapevolezza dell'esistenza, la meditazione sul trascorrere del tempo, diviene accorata saggezza della maturità e un doloroso amore della vita.
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