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VISITE CONIUGALI IN CARCERE SENZA CONTROLLO VISIVO COME PREMIO PER BUONA CONDOTTA
Oggigiorno i detenuti chiedono sempre più diritti. Lo dimostra la proposta di legge presentata dal deputato Pisapia con la quale il detenuto avrebbe, per esempio, il diritto a colloqui più lunghi, senza controllo visivo e in locali idonei. Questi colloqui autorizzerebbero il detenuto ad avere anche rapporti sessuali con il proprio coniuge in carcere. Ma è giusto che ciò venga considerato come un diritto? Un uomo è in carcere perché ha violato come dice l'illuminista Cesare Beccarla, il patto che esiste tra lo Stato ed ogni singolo uomo. Ognuno di noi cede una piccola parte della propria libertà in cambio di una via più sicura, sorretta da leggi, che proteggono il bene comune e puniscono ik colpevoli. Questi ultimi nonostante abbiano violato questo patto hanno tutto il diritto di essere considerati come singole persone e il loro trattamento deve essere conforme ad umanità.
Che cosa stabiliscono le norme
Nessuna legge vieta ai detenuti di vedere i propri parenti, infatti le visite previste sono una alla settimana sotto controllo visivo, più i premi che il magistrato può concedere a coloro che si sono comportati correttamente all'interno della struttura carceraria. Inoltre sia i detenuti che le loro famiglie sono aiutati dai servizi sociali per abituarsi alla situazione e per affrontare le difficoltà che essa comporta con la possibilità che vengano aggiunti ulteriori colloqui a quelli previsti e che i familiari passino parte della giornata, assieme al parente detenuti, in ambienti appositi. La legge fa dunque tutto quello che è possibile per raggiungere il proprio obbiettivo, "il mantenimento e il rafforzamento dei legami familiari", sia attraverso un trattamento rieducativi individuale che consiste nell'istruzione, nel lavoro, nella religione, nelle attività culturali, ricreative e sportive sia, come ho spiegato sopra, con l'aiuto che i servizi sociali offrono alle famiglie dei detenuti.
Che cosa chiedono i detenuti
"Sono ormai tantissimi i paesi nei quali sono permessi i colloqui intimi, ma non l'Italia" dice il detenuto Ernesto Doni. Ovvio che lui, come i suoi compagni in carcere, sostiene l'approvazione della proposta di legge Pisapia che prevede il diritto di avere "una visita al mese.senza controllo visivo". Neanche l'America, dove per la prima volta sono stati permessi i primi colloqui intimi, li considera come un diritto del detenuto, ma "un privilegio concesso solitamente a chi mantiene una condotta regolare durante la carcerazione".
Un altro detenuto, Dario, sostiene che "è la possibilità che prima o poi si aprano degli spazi nuovi in carcere, una piccola fetta di intimità che aiuti quelle persone che sono così coraggiose e generose da restare accanto ad un detenuto". Allora perché sperare nell'approvazione di una legge piuttosto che nella buona condotta del proprio coniuge in carcere? È vero che non c'è la possibilità di avere colloqui intimi, ma non è giusto che lo stato conceda loro diritti di cui si sono essi stessi privati commettendo il crimine per il quale sono in carcere.
Chi rovina le famiglie?
Il detenuto Emiliano Mehari dice "non credo di esagerare se dico che lo Stato è in parte complice della rovina di tante famiglie, perché priva la moglie o la fidanzata, colpevoli solo di essersi innamorate del proprio uomo, di un diritto da sempre considerato fondamentale". Come può accusare lo Stato di essere la rovina delle famiglie?
Sono i detenuti che hanno commesso i crimini, che hanno messo in pericolo la sicurezza della loro famiglia. Sono loro che hanno violato la legge. Sono loro che hanno rovinato anche le famiglie delle loro vittime. L'aver infranto la legge ha portato gravi conseguenze alle persone che stanno loo intorno e ad altre famiglie e persone che, a volte, hanno l'unica colpa di essersi trovai nel posto sbagliato al momento sbagliato. Condannandoli lo stato ha portato a termine il suo dovere: salvaguardare la collettività. Ciò nonostante le carceri fanno il possibile per il mantenimenti e il rafforzamento dei legami famigliare. Lo stato non rovina le famiglie, le tutela. Se quella del detenuto viene disgregata egli deve prendersi tutta la responsabilità dell'accaduto perché non pensare alle conseguenza delle proprie azione o anche non tenerne conto può portare a creare sofferenze per cui nessuno può rimediare, ma per le quali qualcuno deve pagare. Non è corretto accusare terzi della propria colpa e neanche chiedere eccessivi diritti. Devono pagare per gli errori commessi e se vogliono migliorare le proprie vite all'interno della struttura carceraria devono semplicemente comportarsi correttamente; a quel punto potranno essere premiati e al massimo provare a chiedere ulteriori concessioni, non come diritto, ma come "premio di buona condotta".
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