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Vincenzo Monti


Monti fa parte di quel gruppo di poeti per i quali il Neoclassicismo si riduce a banali riprese di figure classiche volte all' abbellimento dei propri versi. Monti fu uno straordinario versificatore, in possesso di un'eccepibile tecnica poetica, in lui non si avverte un'intima partecipazione, ma salvo alcune eccezioni, la sua è poesia fredda. Ciò rende ancor oggi valido il giudizio di Leopardi che affermò che Vincenzo Monti era poeta "dell'orecchio e , ma del cuore in nessun modo". La classicità, insomma, non si anima in lui di ideali che riscaldino il suo cuore e la sua anima. La sua è una poesia celebrativa ed esteriore, che accetta senza problemi di cantare ora questo ora quel potente di turno, a seconda di chi si affermava in quel momento; e in effetti Monti fu celebratore del papa, della Rivoluzione Francese , di Napoleone, degli Austriaci, adattandosi a quel ruolo di "segretario della maggioranza" che il De Sanctis vide sarcasticamente come calzante alla sua personalità. Le opere nelle quali Monti si avvicinò maggiormente all'ideale neoclassico sono la sua traduzione dell'Iliade (non dal greco, ma da altre traduzioni che erano poco fedeli all'originale omerico) in cui seppe creare scene ricche di una forte impronta poetica (celebre l'incontro fra Ettore e Andromaca presso le porte Scee) e nella sua Canzone per il giorno onomastico della sua donna, dedicato alla moglie Teresa Pickler, in cui si celebra la poesia come mezzo di fama per l'autore; il poeta vecchio e malato presagisce la fine imminente e dice alla moglie che le lascia in eredità un nome onorato, infatti di lei si dirà che è stata la moglie di colui che "in itale gravi note tradusse l'ira di Achille", la moglie del "cantor di Basville" (l'opera a cui si riferisce è la Bassvilliana, scritta nella fase moderata, in cui difende gli Ancien Regimes, poema in terzine sulla morte, a opera dei rivoluzionari, di Luigi XVI, con decisa condanna di colui che compì questo misfatto).

Monti ebbe da dire con Foscolo, sia perché quest'ultimo era un uomo molto coerente dal punto di vista degli ideali politici (a differenza di Monti già definito "segretario della maggioranza"), sia perché scrivevano probabilmente per la stessa donna.

Se il valore poetico dell'opera montiana è disomogeneo, rimane, tuttavia, intatta la importanza di Monti sul piano culturale in quanto egli si è fatto interprete, in Italia, delle tendenze culturali più vive nell'Europa di quei decenni. Notevole pure il suo contributo a quel dibattito linguistico che durava da secoli in Italia e che era ancora lontano da una soluzione. Una delle tendenze più diffuse fra i letterati del primo '800 era il Purismo, ovvero l'uso della lingua toscana così come utilizzata dai grandi trecentisti (Dante, Petrarca, Boccaccio), visione questa molto vicina a quella teorizzata dal Bembo. Monti, insieme al genero Giulio Perticari, scrisse nel 1826 una "Innovativa proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario della Crusca", con cui caldeggiava una lingua letteraria che fosse il risultato di tutta la nostra migliore tradizione letteraria, che fosse aperta anche ai linguaggi filosofici e scientifici, e che accogliesse con moderazione anche vocaboli stranieri (per lo più francesi), ormai entrati nell'uso corrente (vocaboli che i puristi rifiutavano in modo scandalizzato).

Nell'Ode a Montgolfier si contrappone con evidenza all'ode "All'amica risanata" di Foscolo, una delle due odi che questi pubblicò nel 1802 insieme ai Sonetti.

Nei due testi letti vengono tratteggiate con evidenza le due strade del Neoclassicismo. Con Foscolo abbiamo il Neoclassicismo sentimentale-nostalgico che nasce dall'anima del poeta; con Monti abbiamo invece il Neoclassicismo monumentale-celebrativo che recupera dall'antico solo gli stilemi formali e le belle immagini. Questa tendenza fu assai tenace in Monti, che, ancora nel 1825 nel suo poemetto "Sermone sulla mitologia" prende posizione contro la nuova poetica romantica realistica per difendere la poesia intrisa di favole e di decoro: secondo Monti il "vero" romantico è la tomba dei vati. C'è infine una terza direzione del Neoclassicismo che viene definita repubblicano-giacobina e che rimane legata ai valori civili coevi, alle conquiste della Rivoluzione Francese. Questi poeti richiamano temi, vicende, stilemi, eleganze dell'età classica per cantare i valori della libertà e dell'uguaglianza; scrive Andrea Chénier (il più grande poeta neoclassico francese, che fu anche un rivoluzionario) "facciamo pensieri nuovi su dei versi antichi" vale a dire utilizziamo il decoro del passato per cantare le conquiste civili del presente. Questo filone neoclassico si sviluppò nella pubblicistica, nel teatro tragico (v.tragedie di Foscolo e Monti) e anche nella pittura, in particolare del francese David che rievoca alcuni momenti dell'antichità in cui i valori civili di democrazia e di libertà vennero messi in pericolo (v. "Giuramento degli Orazi", "Incoronazione di Napoleone", "La morte di Cesare", "La cacciata dei trenta tiranni da Atene"). In questo caso la classicità è un terreno di confronto con i valori per cui si combatte nel presente.

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