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Umanesimo, Rinascimento e Manierismo
La letteratura del Cinquecento si può dividere in due momenti: il Rinascimento, che si afferma nei primi decenni del secolo, portando a conclusione il processo culturale già avviato nel Quattrocento dall'Umanesimo; il Manierismo, che ne rappresenta la crisi, che da inizio alle nuove espressioni di sensibilità secentesca e barocca.
L'Umanesimo propone una nuova immagine dell'uomo che si fonda sulla sua autonoma "dignità" dopo un'età di pregiudizi e superstizioni come il Medio Evo. Si inizia a considerare l'uomo come artefice del mondo in cui vive e della storia. Da una visione di tipo "teocentrica", che riconosce nella divinità il fine ultimo degli interessi umani, si passa così ad una visione "antropocentrica", che colloca al centro dell'universo la persona umana, in grado di costruire da sé il proprio destino.
Nel Rinascimento questa concezione dell'uomo viene riaffermata e portata a più mature conseguenze e avviene una straordinaria fioritura intellettuale, artistica e letteraria, che animò la vita delle coti italiane nei primi decenni del secolo. L'Italia diventa così maestra di civiltà e cultura per tutta l'Europa. Nel Rinascimento cinquecentesco la letteratura conserva evidenti legami con l'Umanesimo e con le teorie del "neoplatonismo", che esaltavano le doti intellettuali e spirituali dell'individuo attraverso la contemplazione della bellezza e l'esperienza dell'amore. Si afferma una mentalità scientifica e matematica che favorisce un nuovo rapporto dell'uomo con la natura. A questo progetto aveva contribuito, nel periodo dell'Umanesimo la filologia, che si era proposta di riscoprire i testi degli scrittori greci e latini per conoscerli nella loro forma originale. Grazie alla filologia la storia cessa di essere considerata come una creazione divina (secondo i canoni medievali), risultando sempre più una costruzione dell'uomo e inoltre la riscoperta dei classici porta ad una rivalutazione dell'antico. Il Rinascimento trasferisce l'idea di "classicismo" alla letteratura volgare e crede utile riproporre e perfezionare i valori della latinità anche attraverso l'arte dell'"imitazione" considerata a quei tempi un pregio. Petrarca è l'unico poeta medievale apprezzato nell'Umanesimo, proprio per il suo interesse verso i classici che andava a cercare girando per l'Europa e che per primo ha trascritto in piccoli volumi che avrebbe potuto portare con sé. È considerato per questo un pre-umanista.
Dopo la conclusione
del concilio di Trento, nel 1563, con
La corte nel Cinquecento non costituisce solo il centro della vita politica, ma anche dell'attività culturale. In essa si elaborano i contenuti e i valori della letteratura e dell'arte. L'intellettuale è infatti inserito organicamente nell'ambito della corte con precisi compiti e funzioni. Si rafforza in questo periodo l'istituto del "mecenatismo", ossia della protezione che i principi e i signori accordano ad artisti e scrittori. Infatti Mecenate (da cui deriva il termine) era stato il ricco e potente ministro di Augusto, protettore di Virgilio e di altri scrittori del tempo; anche questo è un elemento della cultura latina che viene ripreso dal classicismo rinascimentale. Lo scrittore viene protetto e stipendiato dal principe, che gli assicura degli impieghi e delle rendite, affidandogli anche incarichi di rappresentanza pubblica e diplomatica. L'intellettuale può così dar lustro e prestigio al potere, celebrando la figura del principe e rappresentandone le glorie dinastiche. Le opere degli scrittori contengono sempre dediche per il mecenate o collegano la propria gloria con quella del signore ponendosi così sotto la protezione del suo potere. Proprio Petrarca aveva infatti sostenuto che solo la grande poesia può immortalare l'eroe come Vigilio aveva nell'Eneide celebrato la gloria di Augusto. La letteratura si trasforma così, attraverso le corti in una professione particolarmente richiesta ed apprezzata.
Le Accademie
La accademie avevano costituito uno dei centri più importanti della cultura quattrocentesca. Nate spontaneamente, come libero incontro di personalità intellettuali, avevano svolto un ruolo centrale nell'elaborare e diffondere le idee guida dell'Umanesimo. Sviluppatesi parallelamente al affermazione delle corti, avevano ottenuto la protezione di principi e signori, particolarmente interessati alla fioritura delle arti e sensibili agli sviluppi della politica culturale. Il loro sostegno dipendeva sia da ragioni di prestigio per il lustro che queste istituzioni potevano portare, sia dal bisogno di controllare da vicino l'azione degli intellettuali, adattandola alle necessità del potere. Così queste istituzioni se trasformarono in veri e propri organismi ufficiali, regolati da rigide norme e da un preciso cerimoniale. Divenute centri di prestigio e potere le accademie tendono alla conservazione della cultura più che ad una nuova ricerca sperimentale. Le funzioni svolte originariamente dall'accademia sono così delegate alla corte. Solo con la crisi delle corti gli intellettuali possono ritrovare nell'accademia una nuova sicurezza ed una forma di identità professionale. A Firenze negli Orti Oricellari, villa dell'umanista Bernardo Rucellai, cognato di Lorenzo de' Medici, si riunivano le maggiori personalità cittadine mentre l'Accademia Aldina, che si riuniva intorno alla bottega di Aldo Manuzio vide aderire Pietro Bembo e Erasmo da Rotterdam. Un'altra importante accademia senese fu quella degli Intonati che vide Alessandro Piccolomini suo sovrintendente.
L'Editoria
Nel Cinquecento avviene l'affermazione definitiva della stampa. Rispetto al manoscritto che richiedeva un lavoro molto laborioso e dispendioso per la sua riproduzione, risultando prezioso anche per la sua rarità, il volume a stampa consente una più rapida circolazione. Nonostante ci fosse ancora un alto livello di analfabetizzazione, il pubblico comincia ad acquistare una sua particolare identità. Attraverso la stampa la letteratura risulta un investimento economico e un valore di mercato. Lo scrittore comincia a considerare questa attività come fonte di guadagno. Si vedono i primi segni di un'editoria di mercato che già ricorre a particolari strumenti di penetrazione commerciale come la pubblicazione di libri a basso costo e di formato ridotto o la presenza di tecniche di pubblicità come lettere di personaggi illustri che garantiscono la bontà del prodotto. Tende ad incrinarsi il rapporto con il mecenate poiché lo scrittore cerca nell'editoria una forma alternativa di guadagno. Questa realtà si manifesta soprattutto a Venezia, dove sono attivi i maggiori editori del tempo e dove si forma un gruppo di intellettuali che svolge mansioni editoriali; sono spesso autori di scritti anticonformistici, composti anche per venire incontro ai gusti sempre più differenziati del pubblico. Pietro Aretino ne fu il maggior esponente e, polemico contro la corte, usò la letteratura come strumento di pressione o ricatto, inducendo il potere ad accaparrarsi alla sua benevolenza con sussidi e favori. L'Aretino mette la sua penna al servizio del migliore offerente e sfrutta le nuove possibilità offerte dal mercato librario. Importante fu anche Aldo Manuzio, stampatore elegante e raffinato nonché intellettuale fornito di una solida cultura umanistica, che pubblicò libri latini ma anche opere di scrittori italiani (tra cui Dante), che raggiungono una più ampia notorietà e circolazione. L'editoria fu quindi molto importante per la affermazione del classicismo rinascimentale. Pietro Bembo, massimo assertore del principio dell'imitazione, curò l'edizione delle rime di Petrarca grazie alla quale si diffuse il fenomeno del "petrarchismo". Si allargano grazie all'editoria gli spazi e le frontiere del letterario mentre si avvicina il lettore allo scrittore.
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