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Umanesimo e Rinascimento




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Umanesimo e Rinascimento

I CONCETTI D'UMANESIMO E DI RINASCIMENTO; IL PROBLEMA DELLA PERIODIZZAZIONE; I TEMPI E I LUOGHI.


L'Umanesimo è la cultura della civiltà rinascimentale. Fra i concetti d'Umanesimo e Rinascimento esiste una stretta vicinanza, poiché il primo sottolinea in modo particolare il momento ideologico culturale, mentre il secondo si riferisce soprattutto alle manifestazioni artistiche e ai fenomeni di costume, alla civiltà nel suo complesso.

La parola Umanesimo implica la coscienza di una differenza fra mondo umano - naturale e mondo religioso, cioè alla scrittura dedicata al mondo umano - naturale e quella invece consacrata a quella divino; invece nel Medioevo ogni tipo di scrittura veniva considerata sotto la prospettiva religiosa.

Dalla fine del Trecento lo studio delle letterature greche e latine divine rivendicazione dei diritti dell'uomo naturale, quale appunto si era rivelato nelle epoche classiche.

Il concetto di mondo umano - naturale (Humanitas) serviva a sottolineare una proprietà tipica degli uomini, il desiderio di conoscenza che li distingue fra tutti gli esseri animati.

La riscoperta del mondo classico costituisce la premessa culturale del Rinascimento. La parola "Rinascenza" viene usata nel XVI secolo per significare la rinascita degli studi classici e l'inizio di un'epoca nuova. Le generazioni dell'età umanistica e rinascimentale marcano con ciò una distanza rispetto all'età di mezzo e l'esigenza di ricollegarsi invece all'insegnamento del mondo greco -latino. Il concetto viene poi sviluppato nel Settecento dagli illuministi che vedono nella cultura rinascimentale la nascita del libero pensiero.

Subito dopo il Mille gli elementi di rinascita cominciano ad affermarsi. Secondo Le Goff, l'epoca iniziata allora continuerebbe di fatto sino alla fine del sistema feudale nel Settecento. Ciò tuttavia non deve impedire di cogliere gli indubbi elementi di novità che la cultura umanistica introduce nella civiltà rinascimentale, in cui giungono a maturazione tutti i fermenti emersi nei secoli precedenti. Secondo Hauser, lo stesso individualismo che si afferma nel corso del secolo non è nuovo come fenomeno in sé, ma solo come programma cosciente, consapevole acquisizione culturale vissuta come segno di identità storica in opposizione ai secoli precedenti. Nei confronti del passato, la cultura umanistica ha la percezione precisa di un distacco e di una distanza, che era invece ignota alla cultura medievale. Nei suoi confronti si possono fare scelte o di rifiuto o di accettazione e di esaltazione, ma sempre nella consapevolezza che si tratta di una realtà diversa e lontana. La culla dell'Umanesimo e del Rinascimento è l'Italia, ma soprattutto Firenze grazie anche nel Trecento all'influenza di Dante, Petrarca e Boccaccio. Tuttavia l'Umanesimo mira a costruire una comunità internazionale di dotti che usano tutti la stessa lingua, il latino, e si riconoscono negli stessi valori, al di là delle barriere fra Stati. L'Umanesimo non si sviluppò solo nell'Europa Occidentale ma anche in quella orientale, in Boemia, Ungheria e Polonia. L'età dell'umanesimo e del Rinascimento va dalla fine del Trecento alla metà del Cinquecento, quando il Concilio di Trento nel 1545 apre la fase della Controriforma e la pace di Cateau- Cambresis (1599) quella del dominio spagnolo in Italia. Si distinguono al suo interno due fasi, divise fra loro dalla morte di Lorenzo de Medici e dalla scoperta dell'America (1492) a partire dalla quale incomincerebbe l'età moderna. La prima fase raggiunge il momento del suo massimo splendore a Firenze; nella seconda si manifestano forti momenti di crisi religiosa con la nascita della Riforma protestante e, in Italia, di crisi politica.

Nell'età che va dalla fine del Trecento al Concilio di Trento, si possono distinguere tre momenti:

Il primo va dal 1380 al 1469 e in esso prevalgono gli interessi umanistici e quindi una prevalenza del latino; il secondo va dal 1469 al 1492 ed è caratterizzato dalla rinascita delle letteratura in volgare; ed infine dal 1492 al Concilio di Trento (1545) c'è il terzo momento in cui abbiamo un predominio della letteratura in volgare.


LA SITUAZONE ECONOMICA E POLITICA NEL QUATTROCENTO.


In particolare la Francia e l'Inghilterra escono spossate dalla guerra dei Cent'anni. In questo secolo, le guerre diventano sempre più costose, e sempre più sanguinose anche a causa della polvere da sparo e dello sviluppo dell'artiglieria. Per l'Europa inoltre si presenta un altro pericolo, che impone nuovi preparativi bellici e quindi nuove spese: quello turco. I Turchi infatti conquistano Costantinopoli nel 1453 e premono ormai non solo sull'Europa occidentale ma anche sul Mediterraneo, minacciando i traffici veneziani e insediando già il sud dell'Italia.

In Italia, rispetto al resto d'Europa, si hanno invece sintomi di ripersa soprattutto al Nord con le città di Milano, Torino e Venezia. Invece nel sud e anche sul litorale toscano al situazione economica tende a peggiorare. E' in questo periodo che incomincia a manifestarsi differenza di sviluppo tra Nord e Sud. Nella Valle Padana incominciano opere di bonifica e di canalizzazione delle acque che assicurano al disponibilità di nuove terre da lavorare e di traffici anche per via d'acqua, particolarmente intensi quelli fra Venezia e Milano. La borghesia rurale getta così le basi di un capitalismo agrario. Accanto alle vecchie famiglie di mercanti che tendono ad acquisire costumi ed abitudini della vecchia nobiltà terriera, a Firenze continua una borghesia più dinamica, che riesca a far fronte alla crisi della manifattura della lana sviluppando quella dei tessuti di seta. I mercanti italiani tendono infatti a specializzarsi sempre di più nei traffici dei generi di lusso. La tendenza non sembra tuttavia indirizzarsi all'investimento produttivo dei profitti, ma piuttosto all'acquisto della terra e a spese per palazzi, opere d'arte e generi di lusso. La parte più ricca della nuova e della vecchia borghesia cittadina e della antica nobiltà feudale costituisce ormai un'unica aristocrazia che ha il dominio dei nuovi Stati regionali. E' il sistema delle Signorie.Lo Stato diventa insomma una proprietà personale e famigliare; ci sono quindi dei vantaggi come la diminuzione delle contraddizioni interne e alcuni svantaggi quali il potere sottoposto sull'insidia delle congiure all'interno dell'oligarchia dominante talvolta della stessa famiglia del signore.

In Italia l'equilibrio politico è determinato dai contrasti e dalle alleanze dei cinque Stati regionali più importanti: Milano, Venezia, Firenze, Stato della Chiesa, Regno di Napoli. Ognuno di essi è abbastanza forte da impedire l'espansione degli altri, e troppo debole per imporsi a livello nazionale sui concorrenti.E' il particolarismo italiano, che impedisce al nostro paese di arrivare a uno stato nazionale unico. La pace di Lodi (1454) fra i cinque stati italiani segna la raggiunta consapevolezza di questo equilibrio e garantirà una relativa pace per circa un quarantennio.


RAZIONALISMO E ATTEGIAMENTO SCIENTIFICO NELLA CULTURA E NELLE ARTI: IL LETTERATO DIVENAT UN FILOLOGO, L'ARTISTA CESSA DI ESSERE UN ARTIGIANO E DIVENTA UN INTELLETUALE UMANISTA.


Il razionalismo entra nell'amministrazione del denaro e del commercio non solo per ragioni oggettive di tipo economico ma anche come un preciso atteggiamento culturale, che informa di sé varie manifestazioni del pensiero e delle arti. Esso caratterizza anche gli studi dei classici, assumendo la forma di una nuova disciplina, la filologia che mira alla ricostruzione e alla corretta interpretazione di testi letterari e all'eventuale attribuzione della paternità dell'opera.

La filologia si sviluppò nel Quattrocento e con Lorenzo Valla e poi Poliziano si cominciò un procedimento volto a collezionare i codici di una medesima opera per riscoprire la versione autentica. Valla sottopose a procedimento filologico anche la Bibbia; in tal modo anche l'approccio alle Sacre Scritture veniva sottoposto per la prima volta a critici laici. Valla mostrò anche la falsità del documento con cui la Chiesa faceva risalire a Costantino l'origine del suo potere temporale.

Nello stesso tempo la conoscenza del greco permise di risalire alle fonti filosofiche dell'antichità. La lingua greca divenne accessibile dopo la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453) e la conseguente fuga in Italia di numerosi studiosi bizantini. Essi portarono nel nostro paese preziosi manoscritti greci e ne insegnarono la lingua ai nostri umanisti. Ciò permise di conoscere Platone e Aristotele. L'atteggiamento scientifico informa campi molto diversi fra loro. Il corpo umano viene studiato nelle sue proporzioni, nella ricerca di una perfetta armonia. La scoperta di Euclide permette un'applicazione più rigorosa delle leggi della geometria. Brunelleschi, Donatello e Paolo Uccello scoprono la prospettiva e l'applicano rispettivamente all'architettura, alla scultura e alla pittura. Poco dopo Piero della Francesca scrive un trattato in latino sulla prospettiva in pittura.

L'uso della prospettiva entra in quella tendenza a controllare pienamente e razionalmente l'ambiente che è uno dei tratti della cultura umanistica. La differenza fra l'arte quattrocentesca e quella tardo- gotica del secolo precedente, è che, mentre la tardo- gotica era sostanzialmente analitica e procedeva per accumulazione di dati, senza un preciso centro prospettico e narrativo, quella quattrocentesca - rinascimentale è invece sintetica, avendo per fine una rappresentazione unitaria capace di mostrare l'unitarietà e la totalità di una situazione. Un atteggiamento filologico è riscontrabile anche nelle arti attraverso il viaggio a Roma e attraverso lo studio dei tratti classici.

Nelle arti esso si accompagna allo studio diretto della natura. Di classici si apprende infatti l'idea- base dell'imitazione e l'osservazione della natura e l'applicazione rigorosa dei criteri matematici e geometrici. D'altra parte l'attenzione per il modo fisico è costante in tutta la cultura dell'Umanesimo. L'artista di fatto cessa di essere un artigiano e diviene un intellettuale umanista. Viene così superato il senso di inferiorità che nel Medioevo contrassegnava le attività artistiche coincidenti con le arte meccaniche, che allora erano considerate di livello inferiore perché contraddistinte dal lavoro manuale. L'artista diventa anzi una figura principale dell'immaginario umanistico- rinascimentale. Nella circolazione delle opere d'arte e nella loro tematica si osservano alcuni significativi mutamenti infatti sempre più frequentemente le committenze sono private , e sempre meno dipendono dalla richiesta di Chiese e conventi; inoltre i temi tendono a diventare sempre più spesso profani , essendo le opere destinate a uso privato ed infine i nuovi mecenati tendono a divenire dei collezionisti d'arte, e questo fatto provoca un aumento dell'offerta.


LA NASCITA DEL CETO INTELLETUALE IN SENSO MODERNO, LE NUOVE CARRIERE PROFESSIONALI DETGLI SCRITTORI UMANISTICI.


Il principale elemento di novità dell'età moderna umanistica è la nascita dell'intellettuale - cortigiano, che dipende dal mecenatismo signorile. A Firenze e a Venezia sopravvive fino al quarto decennio del Quattrocento un "Umanesimo repubblicano o civile", in cui prevale la figura dell'intellettuale - legista, cioè notaio o politico. A Milano, Ferrara, Mantova, Roma, Napoli abbiamo un "Umanesimo cortigiano", promosso dal signore ed espressione del mecenatismo:gli intellettuali provengono dalla nobiltà cittadina e vivono in una condizione necessariamente subordinata nei confronti del potere. A Venezia e a Firenze "l'Umanesimo civile" nasce nel senso dell'alta borghesia cittadina che detiene il potere e promuove in prima persona l'affermazione e la diffusione degli ideali di rinnovamento culturale; gli intellettuali cortigiani, vivendo a corte, praticano e teorizzano l'otium letterario, la separazione dagli impegni pratici per dedicarsi agli studi, i rappresentanti dell'Umanesimo civile sostengono il primato della vita attiva.

Con la scomparsa dell'Umanesimo civile, a seconda che i datori di lavoro siano i vari signori oppure il Papato e la Chiesa si possono distinguere due principali carriere di intellettuali: quella del cortigiano vero e proprio e quella del chierico. La prima dipende da un signore, la seconda da una gerarchia ecclesiastica. Queste due figure sociali prevalgono ormai sull'altra dell'intellettuale - legista, che era invece tipica dell'età comunale.

I cortigiani e i chierici appaiono nel Quattrocento più numerosi perché favoriti dal ritorno del Papato a Roma e dalla trasformazione della curia pontificia in una vera e propria corte signorile. Essa infatti appare più stabile e soprattutto ha bisogno di un apparato culturale più vasto e complesso e promuove carriere ecclesiastiche di sostegno per gli intellettuali offrendo loro benefici.

I cortigiani veri e propri e i chierici possono anche scambiarsi le parti quanto a mansioni. In genere gli scrittori di questo periodo sono "erranti per mestiere" costretti a cercare protezione passando da corte a corte sottoposti a tutti gli imprevisti dei cambiamenti del potere signorile, delle rivalità fra le corti e all'interno delle corti , della competitività stessa che diventa sempre più viva all'interno del ceto intellettuale in seguito al crescente individualismo e al carattere sempre più privato che va assumendo il lavoro intellettuale. Questa mobilità favorisce un vasto e articolato uso delle epistole, cioè lettere quasi sempre in latino, con le quali i singoli letterati e i vari gruppi intellettuali mantengono fra loro fittissime comunicazioni.

Lo stesso concetto di libertà si va progressivamente modificando; diventa una condizione privata di sufficiente indipendenza, collegata alla possibilità di dedicarsi interamente all'otium umanistico e dunque da ricercarsi con continui spostamenti. L'intellettuale assume sempre maggiore coscienza di essere uno specialista e di far parte di un ceto sociale ormai autonomo e separato. Qui il mito umanistico di una " repubblica delle letture" sopranazionale, lontana dagli affari quotidiani, abitata da spiriti superiori che amano gli studi classici e la filosofia.

Mentre però l'intellettuale sogna un'utopistica repubblica delle lettere e tende a rivendicare per sé una libertà privata in nome della superiore missione del dotto umanista, di fatto egli è sempre più costretto a svolgere mansioni limitate e specifiche, lavori subordinati per conto del principe.


I GRANDI TEMI DELL'IMMAGINARIO UMANISTICO E DEL SISTEMA IDEOLOGICO ELABORATO DAGLI INTELLETTUALI: LA CONCEZIONE DEL TEMPO E DELLO SPAZIO, IL RAPPORTO ANTICHI - MODERNI, LA FORTUNA, IL PIACERE, LA GLORIA, L'ESALTAZIONE DELLA PAROLA, LA MISSIONE DEL SAGGIO.


Nell'immaginario umanistico l'idea del tempo presenta un elemento di continuità e di novità. La tendenza a quantificare il tempo per denominarlo si collega sempre più alla prudenza economica. Emerge il concetto di un'economia del tempo, di un suo uso cosciente e organizzato, che riprende con maggior consapevolezza intuizioni in tal senso già presenti nei due secoli precedenti. L'organizzazione del tempo è anche uno dei modi con cui l'uomo cerca, con la sua industria e con le sue virtù, di contrastare la cieca fortuna, che altrimenti ne determinerebbe la sua sorte. Lo stesso accade per il tema dello spazio; esso è geometrico, calcolato, studiato secondo misure e proporzioni che dimostrano la superiore capacità di dominio dell'uomo sull'ambiente.

Per quanto riguarda il tempo, l'elemento di maggior novità sta nel rapporto con il passato. Si teorizza un collegamento diretto con l'età classica concepita come una sorta di età dell'oro da far rivivere al presente. Comincia un dibattito sul tema del rapporto fra antichi moderni che investe anche il concetto di imitazione. Queste considerazioni comportano altre due tematiche: la piena rivalutazione della natura e del piacere, e la rivendicazione del valore superiore della cultura dell'uomo saggio che studia e conosce la natura; che diventa una realtà positiva da imitare, anche se si cerca di conciliare il piacere che offre con i valori religiosi. Per quanto riguarda i valori superiori della cultura, occorre notare che nel Quattrocento gli intellettuali diventano un vero e proprio ceto, più numeroso che nel passato, ma più separato dal resto della società.

A mano a mano che l'intellettuale diventa un intellettuale specifico dotato di competenze specialistiche utilizzate in ruoli subordinati, questo restringimento reale di compiti pratici e di uso sociale viene ideologicamente capovolto in un ampliamento ideale della loro missione considerata altamente civilizzatrice e in una rivendicazione di superiorità. Questo nuovo atteggiamento si articola in quattro motivi: l'esaltazione dell'otium, la celebrazione della parola, l'importanza della gloria e l'enfatizzazione della funzione del saggio. Per quanto riguarda il secondo, si oscilla fra il linguaggio che viene concepito come strumento della mente ed espressione del nuovo razionalismo quattrocentesco; mentre dall'altro la parola viene sempre più esaltata in se stessa, come puro ornato, come retorica e arte estrinseca del bel discorso.

La parola, viene già concepito come uno strumento per conquistare la gloria. Il fine dell'attività intellettuale cessa di essere sociale e diventa individuale, almeno fino all'età comunale.

Il Quattrocento è anche il secolo dei "certami" letterari (gare artistiche), delle elargizioni di doni, di denaro, di cariche e di onorificenze dei signori agli artisti. L'umanista immagina poi un'ideale gerarchia al cui vertice sta l'uomo saggio, il filosofo, lo studioso della natura, il cui modello di vita viene preferito a quello stesso del principe che governa gli Stati.

Soprattutto nella seconda metà del Quattrocento vengono gettate le basi di una cultura umanistica destinata a durare secoli e a condizionare in profondità l'uomo di lettere, consolidando nell'orgoglio di casta, fondato sull'idea della superiorità del letterato e della nobiltà della propria missione; disprezzando chi non è colte ed educato e il disinteresse per questioni che riguardano la funzione politica, in senso sociale e collettivo, del lavoro culturale.


LE CORTI E L'ORGANIZZAZIONE DELLA CULTURA: LE UNIVERSITA', I CENACOLI, LE ACCADEMIE, LE BIBLIOTECHE, LE STAMPERIE.


Il mecenatismo delle corti diventa nel Quattrocento un fattore determinate nella produzione e nella organizzazione della cultura. Le entrare fiscali e i profitti provenienti dalle imprese commerciali vengono usati per spese improduttive, per la costruzione di sontuosi palazzi, l'acquisto di opere d'arte, per la protezione, gli stipendi, i benefici agli intellettuali di corte.

Accanto all'iniziativa delle corti, va registrata però anche quella degli stessi umanisti, riuniti in cenacoli o in accademie, talora indipendentemente dal potere signorile, talora invece sotto la sua protezione. I cenacoli erano aggregazioni volontarie informali. Gruppi di umanisti si riunivano al di fuori delle sedi tradizionali del sapere, per discutere liberamente dei propri studi e dei problemi filosofici ed etici che essi suscitavano. I cenacoli nascono dunque dall'esigenza del confronto fra posizioni diverse, dello scambio di esperienze intellettuali, del dialogo aperto. La formula organizzativa del cenacolo risponde a un modo diverso di concepire la conoscenza, concepita come un percorso di ricerca fondato sull'intercambio, su un atteggiamento fondamentale interdialogico. Anche la nozione di verità va dunque modificando: essa non è più qualcosa di assoluto e di dogmatica, ma diventa processuale e relativa.

Il genere stesso del dialogo si afferma proprio in relazione alla nuova consapevolezza del valore conoscitivo della discussione. Un'altra forma di comunicazione è rappresentata dall'epistola (lettera). Anche il genere epistolare serve insomma come un poderoso strumento di coesione del ceto intellettuale: l'epistola, come il dialogo, presenta infatti una struttura aperta, presuppone un interlocutore e un atteggiamento conversativo e dialogico.

Alcuni cenacoli tendono a organizzarsi e a divenire accademie; presentano forme più fisse e centralizzate, si fondano su rituali precisi e a volte su un vero e proprio cerimoniale. La struttura delle accademie si sviluppa soprattutto nella seconda metà del Quattrocento e si prolungherà sino a tutto il Settecento. A partire dall'invenzione della stampa, luogo di incontro degli umanisti poteva essere anche la stamperia e la bottega del librario. Gli stampatori avevano infatti bisogno dei consigli e dell'esperienza filologica degli umanisti, e ne favorivano le riunioni e talora le aggregazioni.

Altra forma di organizzazione culturale è la biblioteca pubblica. Essa può essere creata da privati ma più spesso è promossa dal principe mecenate. A volte può trattarsi di biblioteche specializzate che si limitano a raccogliere codici antichi e manoscritti. In genere però la biblioteca tende ad accogliere tutta la numerosissima nuova produzione libraria di stampa. Certe biblioteche si specializzano in seguito anche a particolari avvenimenti storici, come a Venezia dove vengono assorbite un gran numero di opere in greco dopo la caduta di Costantinopoli. I libri cominciano a essere in prestito dietro un pegno in denaro. Inoltre il bibliotecario è spesso un noto umanista che promuove momenti di aggregazione con altri dotti.

Un ruolo minore ha l'insegnamento universitario. L'ambiente resta refrattario all'Umanesimo e più legato alla tradizione medievale. In genere le università continuano a fornire la preparazione professionale degli uomini di legge e dei medici, e dipendono sempre più strettamente dal potere politico. A volte si giunge a una divisione dei compiti fra centri umanistici di corte e attività accademica: è il caso di Milano e Pavia.

Vicino ai centri umanistici cominciano poi a sorgere collegi - convitti per giovani, prima in Francia e poi in Inghilterra, poi anche in Italia. Si tratta di scuole umanistiche in cui si impartisce l'insegnamento secondario da parte di maestri che vivono in comune con gli allievi.



LA SCRITTURA UMANISTICA, L'INVENZIONE DELLA STAMPA E LE SUE CONSEGUENZE, LA STRATIFICAZIONE DEL PUBBLICO.


Prima dell'invenzione della stampa, intorno al 1450, esistevano tre tipi di libri manoscritti:

il libro universitario, o da banco, di gran formato, in caratteri gotici, su due colonne con ampi margini esterni.

il libro umanistico, di medio formato, testo a piena pagina con margini più ristretti .

il libro da bisaccia, di piccolo formato in doppia colonna, senza margini, assai meno costoso, prodotto da scribi non professionisti e destinato a un pubblico popolare.

Dopo l'invenzione della stampa a partire dal 1475, una fruttuosa collaborazione fra umanisti e tipografi creò un libro di medio formato, contenente opere di classici e opere moderne di umanisti, stampato a piena pagina in carattere tondo o romano. Caratteristiche particolari hanno invece le edizioni scritte in ottavo dei classici latini e greci, pubblicate senza commento e in caratteri corsivi o italici. Solo in un secondo momento si diffonderanno edizioni popolari.

Si possono distinguere così due tipi di pubblico, corrispondenti ai due diversi tipi di produzione libraria. Il pubblico a cui si rivolgono gli umanisti e i dotti, dall'altro un pubblico più minuto e popolare a cui si rivolgono i predicatori, i divulgatori e gli autori di cantari. Il primo è formato da due categorie principali: il principe, la sua famiglia e tutti coloro che vivono a corte da un lato, gli umanisti e i dotti in genere dall'altro. Il secondo è del tutto separati dal primo infatti si tratta di mercanti, artigiani, popolani, frati e monache di città, borghi e campagne, ai quali è rivolta una lettura di devozione o di intrattenimento o di divulgazione esclusivamente in volgare.

L'invenzione della stampa a caratteri mobili avvenne a Magonza nel 1455: la prima opera fu una Bibbia che fu firmata non da Gutenberg, cui in genere si attribuisce la scoperta, ma dai suoi ex soci.

Essa poi si diffuse in tutta Europa, trasformando radicalmente il sistema di comunicazione.

Il libro a stampa contribuisce a togliere alla scrittura il suo carattere sacro e solenne e a laicizzare la cultura: esso tende a diventare una merce come un'altra, facilmente riproducibile, modificandone anche il rapporto con l'immagine. In terzo luogo la lettura diviene sempre più astratta: cessa che essere ad alta voce e diventa muta. Il libro favorisce l'alfabetizzazione, allarga il pubblico dei lettori, trasforma l'insegnamento sostituendo sempre di più l'oralità con la lettura.

Altre conseguenze importanti sono che mentre il testo manoscritto, passando di trascrizione in trascrizione, veniva moderato, modificato, trasferito nel presente e ciò favoriva, nella tradizione medievale una confusione fra passato e l'attualità, ora il testo a stampa dei classici, reintegrati nelle loro versioni originali, li riconduceva alla loro lontananza temporale ed estraneità all'oggi, favorendo il distacco scientifico e filologico degli studi; il libro a stampa è più stabile di quello manoscritto; diventa costante in esso l'impiego della punteggiatura, assente nei codici antichi; la scelta delle opere pubblicate dai maggiori editori si presenta a diventare un canone, a stabilire cioè una tradizione e una gerarchia di valori; la lingua viene fissata in un modello astratto e immobile che favorisce la sempre maggior distanza fra parlato e scritto.


LA CONCEZIONE UMANISTICA DEL MONDO: LA RIVALUTAZIONE DEL CORPO UMANO E DELLA DIGNITA' DELL'UOMO, L'INTERESSE PER LE ARTI MAGICHE E PER LE SCIENZE OCCULTE, LA NASCITA DELLA PEDAGOGIA.


Nella concezione umanistica- rinascimentale l'uomo è come un dio terreno, infatti è creatore e signore del mondo. L'uomo è infatti concepito come un microcosmo, cioè come una parte del mondo che riflette in sé l'armonia del macrocosmo, vale a dire dell'universo nella sua interezza. L'uomo deve il proprio potere a Dio, che lo ha fatto a sua immagine e somiglianza. Di qui il tema ricorrente del valore dell'uomo, non solo del suo ingegno ma anche del suo corpo: l'uomo infatti è concepito come equilibrio fra materia e spirito.

Ne deriva una rivalutazione dei valori laici e terreni e delle possibilità conoscitive dell'uomo, e un atteggiamento speculativo più libero e spregiudicato. Crollata la rigida e sistematica visione del mondo legata alla Scolastica e all'aristotelismo, vengono piuttosto privilegiate le indagini concrete e immediatamente utilizzabili. Si giunge a una concezione più attiva e dinamica della natura. Essa cessa di essere un'entità passiva, e viene vista invece come vita in movimento collegata da mille fili all'esistenza umana. La diffusione del pitagorismo matematico, che vede rapporti numerici, misteriose simmetrie e proporzioni armoniche in ogni aspetto dell'universo, e la scoperta dell'ermetismo greco, che teorizza pratiche magiche e la influenza degli astri sul mondo naturale e umano, contribuiscono ad alimentare un interesse per la realtà fisica in cui esigenze scientifiche e tendenze mistiche e irrazionali sono strettamente connesse. La magia, l'alchimia, l'astrologia che si diffondono rapidamente negli strati più elevati della società, portano tutte con sé questa costitutiva ambiguità, ma sono comunque già un segno dell'avvenuto superamento degli schemi medievali e di un'esigenza di manipolare il mondo naturale e di conoscerne le leggi.

Pico della Mirandola tentando di conciliare ecletticamente il platonismo e l'ermetismo con l'aristotelismo, aveva un atteggiamento più caduto ed equilibrato e si impegnò a scrivere un'opera rimasta incompiuta ma ripresa e terminata in volgare da frate Savonarola intitolata "Dissertazioni contro l'astrologia indovina". Nell'età umanistica e rinascimentale il razionalismo scientifico e misticismo irrazionale e magico si intrecciano e possono convivere anche negli stessi pensatori. Il bisogno che l'uomo prova di forgiare il proprio destino lo induce a una nuova attenzione per la formazione dei giovani, per i processi educativi e per la pedagna in generale. Ovviamente in questo atteggiamento si riflette anche l'esigenza pratica di innalzare a teoria la pratica di precettori dei figli del signore che impegna direttamente molti umanisti.


LA PRIMA FASE DELL'UMANESIMO FIORENTINO: L'UMANESIMO CIVILE.


Il primo Umanesimo fiorentino è caratterizzato da un forte legame fra elaborazione intellettuale e impegno politico. D'altronde, alcuni dei suoi massimi esponenti, come Col luccio Salutari, Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini furono cancelliere della Repubblica fiorentina. Gli umanisti repubblicani o civili sono intellettuali laici, legati a una formazione di tipo giuridico, essi concepiscono ancora l'attività intellettuale come un impegno al servizio della comunità.

Questa concezione tenderà a venir meno nella seconda metà del secolo, quando l'elogio della vita contemplativa prevarrà su quello della vita attiva e si diffonderà una filosofia ispirata al neoplatonismo. Due aspetti caratterizzano l'umanesimo civile fiorentino: Il ritorno ai classici latini e greci e la teoria etica del primato della volontà come fondamento della vita civile. Alla base di entrambi l'attività umanistica di Coluccio Salutati, che di fatto collega il preumanesimo di Luigi Marsili all'Umanesimo di Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini.

Dal greco tradusse molte opere Leonardo Bruni, come mostra il suo lavoro storico intitolato "Storie del popolo fiorentino", diviso in 12 libri narra dell'assalto a Firenze come città in cui ritorna a rivivere la virtù dell'antica Roma repubblicana.

L'idea della perfezione umana e della possibilità di raggiungerla è collegata da Bruni alla vita civile e comunitaria: soltanto dalla società civile l'uomo trae la sufficienza e la perfezione che non trova in esso. Queste tematiche si allargano in Bracciolini a considerazioni riguardanti l'economia e il lavoro umano, presenti soprattutto nei suoi dialoghi in latino. Lo sviluppo economico della città è possibile solo grazie al lavoro, considerato da Bracciolini come il segno della benedizione divina.


IL NEPOLATONISMO E LA SECONDA FASE DELL'UMANESIMO FIORENTINO: MARSILIO FICINO E LA NASCITA DEL MODERNO SIMBOLISMO.


Nel Quattrocento la generale predilezione per Platone nasce nel segno del rifiuto della Scolastica e del pensiero aristotelico quale era stato elaborato dal tomismo. Il pensiero platonico può offrire la possibilità di concepire la religione in modo diverso rispetto al rigido razionalismo aristotelico- cristiano che l'ortodossia tomista aveva presentato. Insomma l'opposizione tradizionale Aristotele - Platone viene ora rivissuta in termini nuovi.

Nel Medioevo Platone aveva avuta una larga influenza sino alla seconda metà del Duecento; il suo pensiero aveva influenzato sant'Agostino e attraverso questi era giunto al movimento francescano.

Nel Quattrocento la conoscenza di Platone sì ampia. Ma il Platone dell'Umanesimo civile fiorentino è diverso dal Platone che si imporr poi nella seconda metà del secolo con Marsilio Ficino: è un Platone socratico, dialogico, civile, non il Platone ermetico e gnostico.

Il platonismo entra nella cultura umanistica italiana attraverso il contatto con i dotti bizantini venuti a Firenze in occasione del concilio tenutosi prima a Ferrara e poi a Firenze. Fra i primi furono Giovanni Bessarione e Giorgio Gemisto Pletone, due filosofi seguaci di Platone che ne diffusero i testi fra gli umanisti italiani.

Prima ancora che sul pensiero di Marsilio Ficino, il platonismo ebbe una sicura influenza sul filosofo tedesco Nicola Cusano, che fu vescovo di Bressanone; egli sostiene che la ricerca della verità è interrogazione e approssimazione continua. Essa non può avvenire per via razionale ma solo per via intuitiva e simbolica. In lui si realizza dunque quella coincidenza di opposti che la logica aristotelica esclude. In ogni caso la coincidenza degli opposti non può essere compresa razionalmente, ma solo immaginata. D'altra parte l'uomo è fatto a immagine di Cristo, è unione di opposti, cioè di materiale e di spirituale, e deve sviluppare entrambi questi aspetti. Marsilio Ficino ebbe in dono da Cosimo de' Medici il codice contenente tutto Platone e fu esortato a tradurlo. Sempre per iniziativa di Cosimo, venne poi fondata nel 1462 l'Accademia Platonica.

Il pensiero di Ficino, esposto soprattutto nei 18 libri della Teologia platonica sull'immortalità dell'anima, la cui edizione definitiva è nel 1482, si pone subito in una prospettiva religiosa: la filosofia è definita filosofia religiosa e religione diretta. Filosofia, arte, etica e religione sono intimamente connesse, perché dipendono tutte e due dalla rivelazione di un Dio.

La realtà fisica è solo l'ultima emanazione e dunque si presenta come simbolo e immagine imperfetta di un assoluto da raggiungere per elevazione, per via ascensionale, mistico - intuitiva, non per via storica o razionale. Ogni aspetto della vita allude a tale assoluto che può essere colto attraverso uno slancio mistico d'amore, per via associativa e sintetica, non logica e analitica, affidandosi alla forza dei simboli o alla catena delle analogie: ogni cosa rimanda a un'altra, essendo tutte analogie emanazioni di Dio, sino al grado più elevato.

La poesia è testimonianza di una armonia e di un ordine soprannaturali, rivelazione - emanazione della verità del Logos e può essere compresa solo dal filosofo, in quanto nuovo teologo e sacerdote del verbo divino.

Quest'ultimo aspetto del neoplatonismo sarà ripreso e sviluppato da un altro membro dell'Accademia Platonica fiorentina, Cristoforo Landino, in cui la poesia acquista i caratteri di una rivelazione sacra enigmatica presentandosi come teologia poetica. La concezione religiosa di Ficino non è ovviamente del tutto ortodossa. La sua apertura alla magia, al pensiero ermetico, gnostico, pitagorico, ai misteri orfici, alla antica religione egiziana, alla mistica ebraica ribaltano completamente i procedimenti e il sistema dei valori della Scolastica. Aveva inizio un nuovo modo di rapportarsi al problema della conoscenza e della verità: è un modo che potremmo chiamare simbolico, molto diverso da quello allegorico medievale. Nella cultura neoplatonica cose particolari sono emanazioni simboliche di un misterioso Logos universale a cui alludono per via analogica. Mentre l'allegorismo medievale vedeva negli eventi storici e nei testi letterati un significato letterale e realistico e poi vi cercava, per via razionale, un significato secondo e metafisico, e tuttavia ragionevole e chiaramente riconoscibile, ora il procedimento è solo intuitivo e unisce simultaneamente il particolare a un universale oscuro e, nella sua essenza più profonda, in attingibile, a cui ci si può approssimare in modo inadeguato. Il simbolismo umanistico - rinascimentale si differenzia anche dal simbolismo medievale, più ingenuo e primitivo, che si limitava a vedere nel particolare immediatamente e semplicemente il significato universale voluto da Dio.


L'ESTETICA, LA POETICA, AL QUESTIONE DELL'IMITAZIONE, IL SISTEMA DELLE ARTI E DEI GENERI LETERARI, IL PUBBLICO DELLA LETTERATURA.


Nel Medioevo la poesia è soprattutto esemplificazione tecnico -retorica di un valore assoluto dato una volta per tutte. Nell'Umanesimo la poesia è invece forma di educazione personale, stimolo al perfezionamento interiore.

Nei primi decenni dell'Umanesimo civile, questa funzione educativa non viene vista solo sul piano individuale, ma anche su quello etico politico e sociale. La bellezza artistica è considerata inseparabile dalla perfezione retorica: il poeta è visto come retore e filosofo nello stesso tempo. In un secondo tempo, la retorica diventerà invece culto tecnico - formale del bello e rivelazione di una saggezza divina. Durante il primo Umanesimo si fa strada l'esigenza di una nuova retorica rispetto a quella medievale: si cerca invece un'armonia meno rigida e artificiosa, più naturale e più vicina al modello degli antichi. Lorenzo Valla(1444) considera ormai il latino una lingua morta, quindi lo studia nella sua evoluzione e sceglie come modello da imitare il latino aureo di Cicerone e Quintiliano. Nella letteratura umanistica altri modelli sono Tito Livio per la storiografia e Virgilio per la poesia epica. Dante, Petrarca e Boccaccio nelle loro opere in volgare spesso appaiono ormai superati e lontani dalla perfetta eleganza dei classici latini.

Compare tuttavia anche l'esaltazione del poeta come creatore e della poesia come risultato dell'entusiasmo del furore creativo. Passando dal primo al secondo Umanesimo e alla teorizzazione neoplatonica dell'arte, questo aspetto viene ripreso e sviluppato in modi nuovi, per esempio attraverso la riproposizione del mito di Orfeo, che rappresenta la forza e il potere magici della parola.

Nell'ottica neoplatonica, la Bellezza estetica si pone come mediatrice fra l'uomo e Dio. Rispecchia in sé l'armonica perfezione della divinità. La matematica e la geometria sono considerate perciò indispensabili per il lavoro dell'artista. Nell'opera d'arte si ricerca e si ritrova la verifica di una perfezione ideale. Secondo la concezione neoplatonica, l'anima può innalzarsi a Dio partendo dalla bellezza delle cose sensibili. La realtà contiene solo immagini dell'armonia divina: compito dell'artista è farle emergere alla luce, liberandole dall'opacità della materia bruta. Da questo punto di vita l'artista è sacerdote del divino, il tramite di una verità assoluta.

L'arte si qualifica dunque per il suo valore simbolico, per l'analogia che ha con l'assoluto: è doppio dell'assoluto, cui allude per una misteriosa via enigmatica, per i segni cifrati che a esso rinviano. Essa non ha dunque un valore realistico: la sua essenza più profonda coincide invece con la sua capacità di rendere la perfezione che sta nascosta nelle cose e che si rivela solo a chi riesce a trascendere la loro ,materialità e a elevarsi alla contemplazione dell'armonia divina.

Le arti si pongono fra oro in un rapporto gerarchico determinato dalla loro possibilità di emanciparsi dalla materia. La pittura è la più limitata; la musica è a un livello superiore in quanto meno tangibile e in quanto imitatrice dell'armonia delle sfere celesti; la poesia si colloca al grado più alto. E' una concezione aristocratica dell'arte che riflette anche la condizione separata dell'intellettuale, la sua pretesa di superiorità e di privilegio. A questo punto, il periodo dell'Umanesimo civile è davvero tramontato. Questo supremo ideale è costretto a confrontarsi con la questione dell'imitazione. Da un lato infatti l'accento viene posto sul potere creatore dell'artista, dall'altro sul fatto che i grandi esempi del passato classico si pongono come modelli.

Secondo Petrarca la strada da seguire è quella dell'imitazione originale:il rapporto con i classici deve essere quello che ogni figlio ha con il padre.

La discussione più famosa avviene fra Paolo Cortese e Poliziano. Il primo rivendica la necessità di un modello unico da imitare, Cicerone; per il secondo, Cicerone, pur essendo somma autorità rappresenta un invito a creare originalmente, a essere se stessi attraverso la sperimentazione continua. L'esigenza della sperimentazione si faceva valere anche nel sistema dei generi letterari. Polizano sperimenta un inedito connubio raffinato tra mitologia classica e volgare.

Lo sperimentalismo all'interno dei generi e nella loro commissione è una caratteristica del periodo. Nel campo della narrativa lunga in ottave il genere del cantare viene profondamente rinnovato e modificato o in direzione comica e giocosa, all'opposto in direzione cortese nasce il poema cavalleresco. Sanazzaro concilia in modo nuovo poesia bucolica e romanzo, e così dando vita a un nuovo genere, il romanzo pastorale.

Rinasce il teatro, in cui alle sacre rappresentazioni di argomento biblico o religioso si alternano le rappresentazioni mitologiche di gusto profano, molto di moda nelle corti. A tale rinascita contribuisce la riscoperta della commedia latina. I generi tipici dell'Umanesimo dalla fine del Trecento a Lorenzo de Medici, sono il dialogo, l'epistola, l'orazione, l'invettiva. E' evidente il primato della saggistica e della filologia sulla poesia o sulla narrativa. Per il dialogo, fu decisivo, nel periodo dell'Umanesimo civile, il modello ciceroniano di dialogo, concepito come forma aperta, campo in cui si fronteggiano alla pari varie opinioni e diversi principi, senza soluzioni precostituite.

La dimensione etico - politica, è ancora prevalente. Successivamente, tende invece ad affermarsi il modello di dialogo platonico, e i contenuti possono diventare più astratti, riguardare i grandi temi della sapienza e del rapporto con il divino. Nell'atmosfera dell'Umanesimo civile si diffondono anche generi già affermati nei secoli precedenti come la storiografia, il trattato politico o etico, e quello tecnico scientifico.

Il pubblico di questi generi è quasi sempre costituito dai membri stessi della repubblica delle lettere, dalle famiglie signorili e dai funzionari di corte; quando i dialoghi e i tratti sono in volgare, il pubblico tende ad allargarsi: il destinatario,allora, è anche la borghesia cittadina.

Quando nell'ultimo trentennio del Quattrocento, il volgare diventa di nuovo la lingua della letteratura alta, si profilano due pubblici separati e molto diversi: il volgare ormai può essere utilizzato per una lettura popolare di intrattenimento o di devozione, oppure per una letteratura raffinata e colta. Questa situazione esprime una profonda frattura sociale fra le classi e una crescente distanza culturale fra città e campagna.     





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