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TESINA DI MATURITÀ
TANTI MODI DI INTERPRETARE,VIVERE E IMMAGINARE.IL PESSIMISMO
I have chosen to talk about this writer, in order to underline the aspect of a negative vision of life. He tried to underline the presence of an enemy nature.
THOMAS HARDY( 1840-1928 )
Thomas Hardy was born near Dorchester, in June 1840. He left school when he was 16 years old and started to work and in the same time to write poetry. One of his great works is Tess of the D'Urbervilles. In this novel he told about a young girl, Tess, who was convinced to work at D'Urbervilles house. Later she was seduced and raped by his master, Alec. Then she decided to come back her home and tell the story to her mother, who reproached her because she didn't stay and marry Alec. Tess was very depressed and tried to forget him, but the memory of that terrible man didn't leave her because she gave birth to a baby, who died soon after. The fact that Tess, after being raped by Alec, doesn't behave like a fallen woman depends on the author choice. In fact he decides to presente her like a victim. The human being, in the author's opinion are only puppets in the hand of an inscrutable malicious force, the Immanent Will, which rules the universe and human destiny. This led Hardy to work out a sort of predestination, a predestination of failure, according to which all men fulfil their destiny without finding any help by society which oppresses and destroys them or which leads them to unhappiness.
Reading his works, we can find a series of pessimistic characters, and also a negative vision of Nature, which is seen as a force against human life. An example of that is made up by his living in Wessex, a county in which (according to Hardy) men are obliged to fight against cruelty of life.
In fact, in his pessimistic vision of life and Nature, he was deeply influenced by the German philosopher A. Schopenhauer, adopting the idea of an "Immanent Will", completely hostile to humanity.
His pessimism can be related to the negative vision of Nature by the Italian writer Giacomo Leopardi and with the pessimism of Greek Drama.
L'ASPETTO LETTERARIO DEL PESSIMISMO IN ITALIA
GIACOMO LEOPARDI (1798-1837)
Prendendo in considerazione, in particolare, l'ambito della letteratura italiana, ritengo che il personaggio degno di nota sia Giacomo Leopardi.
Giacomo Leopardi è
nato a Recanati nel 1798, la sua educazione è affidata a precettori,però lascia
un importante segno il rapporto diretto con la biblioteca paterna che conserva
una buona rappresentanza di testi italiani e stranieri. La sua produzione può
essere inserita in un periodo che va dal 1818 (anno in cui scrive le canzoni
civili) al 1836 (anno in cui compone
Le caratteristiche specifiche della posizione pessimista leopardiana appaiono più chiare se ripercorriamo l'evoluzione che il rapporto 'pessimismo-progressismo' subisce nel suo pensiero. Il cammino, che porterà l'autore dall'iniziale 'pessimismo storico' al 'pessimismo cosmico' e poi oltre, è meglio identificabile seguendo l'evoluzione della dialettica: 'natura contro ragione', che può essere inquadrata in quattro fasi fondamentali.
Lo Zibaldone rappresenta per eccellenza il punto di partenza per indagare sul pensiero dell'autore e sulla sua evoluzione. Come ho appena detto nell'opera si assiste ad una continua evoluzione,che può portare perfino a cambiamenti radicali di prospettiva e a rovesciamenti nelle conclusioni. È il caso del rapporto tra natura e civiltà.
Nella I FASE, dal 1816 al 1818, inizia il pessimismo storico. L'infelicità non dipende dalla natura,essa è quindi considerata un'entità positiva, in quanto crea negli uomini solide illusioni. La ragione,o meglio la civiltà,è negativa poiché distrugge queste illusioni rendendo la vita dell'uomo insopportabile e mostrando quindi la loro vera condizione. Sono dunque,secondo Leopardi,le condizioni storiche a determinare l'infelicità.
La causa dell'infelicità umana è indicata nel rapporto tra il bisogno dell'individuo di essere felice e le possibilità che ciò si realizzi. Il poeta elabora la teoria del piacere,secondo la quale l'uomo aspira al piacere naturalmente,ma il piacere desiderato è sempre superiore al piacere effettivamente conseguito e conseguibile. Si deduce perciò che il desiderio è illimitato e che l'uomo è destinato comunque a non essere soddisfatto. Ora la responsabilità della felicità ricade sulla natura. Sono le condizioni stesse della vita a rendere infelice l'uomo. La natura non è più madre benevola,ma matrigna crudele. Si parla di pessimismo cosmico.
Tra il 1819 e il 1821, vedranno la luce Gli Idilli, nei quali la concezione della natura è ancora benigna, ma comincia a profilarsi l'idea di 'natura matrigna': la quale esclude per l'uomo ogni possibilità di gioia e felicità. La ragione è nemica della natura. Si intravede qui una prima rivalutazione del ruolo salvifico della ragione.
Tra il 1820 e il 1822 si assiste alla transizione verso il pessimismo cosmico. La dialettica "natura contro ragione" è sostituita dalla dialettica "natura opposta al fato".
La natura è sì bella e poetica ma esclude il poeta dal partecipare alla sua bellezza stessa; il fato invece è responsabile del destino dell'uomo.
ISLANDESE:..appena un terzo della vita degli uomini è assegnato al fiorire, pochi istanti alla maturità e perfezione, tutto il rimanente allo scadere, e agl'incomodi che ne seguono.
NATURA: Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?sempre ebbi e ho l'intenzione a tutt'altro, che alla felicità degli uomini o all'infelicitàquest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzioneciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo'
da Dialogo della Natura e di un Islandese
Questa
Operetta Morale ha una grande importanza perché contiene la riflessione conclusiva
di Leopardi sul problema della relazione tra l'uomo e
'Arcano è tutto,
fuor che il nostro dolor
Ogni più lieto
giorno di nostra età primo s'invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra
della gelida morte. Ecco di tante
sperate palme e dilettosi errori,
il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
han la tenaria Diva,
e l'atra notte, e la silente riva.'
Da Ultimo canto di Saffo
I
l poeta intende rappresentare l'infelicità di un animo delicato,nobile e appassionato,posto in un corpo "brutto" e giovane.
La poetessa
greca Saffo sarebbe stata bruttissima e per questo respinta da Faone, ad lei
appassionatamente amato. Per questo motivo si sarebbe uccisa gettandosi dalla
rupe di Leucade. Il canto è il monologo della
poetessa prima di morire, in cui vengono accusati
Nella III FASE, dal 1824 al 1827,Leopardi giunge ad un nuovo e definitivo sviluppo del suo pensiero. Torna in primo piano l'esigenza dell'impegno civile. A partire dal Dialogo di Plotino e Porfirio, viene espressa l'importanza della dimensione sociale nella vita umana.
Inoltre però il poeta esprime la propria considerazione riguardo al suicidio (una viltà, un atto disumano,un errore che provoca dolore nei vivi,rendendo la loro vita insopportabile) e riguardo al concetto di solidarietà.
'Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insiemeper compiere nel miglior modo questa fatica della vitaE quando la morte verrà, allora non ci dorremmo: e anche in quest'ultimo tempo, gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero che poici ameranno ancora.'
Da il dialogo di Plotino e Porfirio
(Plotino dissuade Porfirio dall'intenzione di suicidarsi;e descrive al suo compagno un'umanità unita da un fraterno legame d'amore e di reciproca pietà)
Coi Canti pisano-recanatesi del 1828-30, Leopardi riprende a comporre testi poetici.
Appartiene a questo gruppo di poesie A Silvia.
.Da chiuso morbo combattuta e vinta
Perivi,o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi.
.Anche peria fra poco
La speranza mia dolce...
..Questo è il mondo? Questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti'
Il tema riporta alla giovinezza del poeta,ricordata nel momento in cui viene denunciato il fragile destino di disillusione e di morte;la tisi che uccide Silvia e la delusione che colpisce le speranze di Giacomo testimoniano l'ineluttabile destino dell'uomo.
'Troppo
mite decreto
quel che sentenzia ogni animale a morte,
s'anco mezza la via
lor non si desse in pria
della terribile morte assai più dura.
D'intelletti immortali
degno trovato, estremo
di tutti i mali, ritrovar gli eterni
la vecchiezza, ove fosse
incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
maggiori sempre, e non più dato il bene'.
da Il tramonto della luna
Questo è l'idillio della morte, del lento morire, dell'appassire della vita dopo la fine della giovinezza e delle illusioni. Come al tramontare della luna, il mondo si scolora, così perde colore e senso la vita quando la giovinezza è spenta: ma mentre nel mondo al tramonto segue una nuova aurora, per l'uomo, dopo la giovinezza, non resta che un'aridità desolata.
La produzione leopardiana si conclude con:
-il Ciclo d'Aspasia: Aspasia è il nome di un'etera amata da Pericle e dunque il suo uso esprime un giudizio negativo. Il ciclo consta di 5 liriche composte tra il 1831 e il 1834,periodo in cui il poeta è colpito da una violente passione nei confronti di Fanny Targioni Tozzetti,che non lo ricambia.
-le Canzoni sepolcrali: composte tra il 1834 e il 1836 le canzoni sepolcrali riprendono il tema foscoliano dei Sepolcri, a differenza del fatto che vi è in Leopardi un più vivo senso della caducità e della perdita,rappresentate senza alcuna possibilità di riscatto. La morte riacquista la dimensione del lutto presente in alcuni autori classici. L'esperienza della perdita diviene l'occasione per interrogare l'intera vicenda umana,sottoponendo a una verifica esistenziale la condizionerei viventi,ed in questa analisi vengono inseriti temi come la natura, il piacere, il dolore, il senso dell'esistenza.
L'ASPETTO FILOSOFICO IL PESSIMISMO DI ARTHUR SCHOPENHAUER (1788-1860 )
Senza dubbio, in ambito filosofico, il maggiore esponente del Pessimismo è Arthur Schopenhauer, dato che col suo pensiero, egli ha tentato di fornire un'analisi pessimistica che fosse la più possibile realista.
La concezione della cosa in sé come volontà porta Schopenhauer ad un radicale pessimismo.
Egli afferma che volere significa desiderare e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione, per la mancanza di qualcosa che non si ha e che si vorrebbe avere. La vita è per definizione dolore. Il dolore non riguarda soltanto l'uomo, ma ogni cosa. E l'uomo soffre di più rispetto alle altre creature semplicemente perché egli è destinato a sentire in modo più accentuato la spinta della volontà e a sentire maggiormente l'insoddisfazione del desiderio e quindi il dolore.
Schopenhauer perviene ad una delle più radicali forme di pessimismo cosmico. Ed è contro quelle filosofie che vedono il mondo come un organismo perfetto,governato da un Dio o da una ragione immanente,come in Hegel (rifiuta chiaramente l'esistenza di un Dio,sostenendo che sia espressione del doppio bisogno che spinge l'uomo a ricercare aiuto e sostegno ed a trovare un'occupazione ed un passatempo).
Accanto al dolore, che è realtà durevole e continua, ed al piacere, che è momentaneo, Schopenhauer pone anche la noia, che subentra quando viene meno il desiderio o quando si sta senza far nulla e non si hanno preoccupazioni.
La vita oscilla,come un pendolo, tra il dolore e la noia: dei sette giorni della settimana - dice Schopenhauer- sei sono di dolore e bisogni, ed il settimo è di noia.
Espressione del dolore universale è anche la lotta crudele di tutte le cose.
Dietro le cosiddette "meraviglia del creato", si cela una lotta continua degli uni contro gli altri individui, tutti protesi alla propria autoconservazione. L'individuo appare come un mero strumento per la specie,per la sopravvivenza della specie.
Da quanto ho appena relazionato, si può capire che il pessimismo di Schopenhauer derivi dalla consapevolezza che l'irrazionale domina la ragione e il mondo e che il male presente nel mondo è reale e concreto.
Il male è quindi di natura positiva,mentre il piacere e la felicità sono di natura negativa.
L'illusione di poter raggiungere facilmente la felicità non è data solamente da un'erronea impostazione dell'educazione o dalla inevitabile distorsione dei valori morali e del costume di ogni società, perché questo errore è profondamente legato all'uomo e lo accompagna fin dalla nascita.
Tutti ci portiamo dietro dalla nascita questa pretesa di felicità. Questo errore può essere corretto dall'esperienza.
Dice Schopenhauer "ciò che rende infelice la vita è proprio l'andare a caccia della felicità in base al fermo presupposto che essa debba potersi incontrare nella vita: ne scaturiscono speranze continuamente frustate e insoddisfazioni".
Ci si potrebbe chiedere: Schopenhauer crede nella possibilità di poter raggiungere una qualche felicità? A questo egli risponde nel saggio intitolato Eudemonologia, con le seguenti parole: " è una domanda alla quale la mia filosofia risponde negativamente, mentre il saggio presuppone una risposta affermativa". Di conseguenza il saggio contrasta con tutta la filosofia di Schopenhauer.
IL PESSIMISMO NELLA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA FRANCISCO GOYA
Le 14 pitture negre (ora conservate nel Museo del Prado) sono la massima espressione del conflitto e del travaglio interiore di Goya, scaturiti soprattutto dalla sordità che colpì l'artista nel fiore della sua attività e che influenzò notevolmente un gran numero di opere raffiguranti un mondo triste,macabro,oscuro,popolato da esseri mostruosi,grotteschi,maligni e deformi che andranno a rappresentare il ciclo della cosiddetta "pittura negra".
Questi dipinti hanno decorato
In quest'opera "Sabba delle Streghe" Goya rovescia il rapporto tra
mostruoso e umano. Per l'artista il mostruoso e il demoniaco sono il lato
oscuro della stirpe umana e non forze indipendenti che le si contrappongono.
L'animale che troneggia al centro del dipinto ha infatti perduto i tratti
demoniaci,che si sono trasferiti agli esseri umani disposti in cerchio intorno
a lui: donne da volti deformati e grotteschi che offrono dei bambini al caprone
(le bestia che è nell'uomo, assurta al rango di maestro di stregoneria), uno
dei quali ha smarrito la freschezza e la spontaneità che Goya attribuiva spesso
ai piccoli, simbolo di innocenza, per assumere l'aspetto di un cadavere.
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