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TEORIA DELLA RELATIVITA' DELLA MORTE
Con questa mia tesi mi prefiggo di confutare il luogo comune "nulla è assoluto tranne la morte", per sostituirlo con "niente c'è di più relativo della morte".
A tale scopo affronto il problema da un punto di vista letterario , filosofico, botanico , fisico-astronomico , genetico utilizzando opere scritte dagli stessi autori e non bibliografia sugli autori.
SEZIONE LETTERARIA
La parola "morte" evoca inevitabilmente alla nostra mente la sensazione della fine della vita , facilmente ascrivibile ad un corpo pallido ed inerme che ha ormai esalato l'ultimo respiro.
Parlando in questi termini, o meglio intendendo la morte come fine dell'esistenza , è facile ascrivere a questa un valore assoluto.
E' infatti la consapevolezza che prima o poi dobbiamo morire ad investire la morte di assolutezza. Ma siamo sicuri che è sufficiente l 'esserne certi per conferire alla morte assolutezza?
La morte ,che ci piaccia o no, non è assoluta ma relativa, si può essere morti ma più vivi di prima e vivi ma morti più dei defunti , eccone le prove.
MORTI MA VIVI,ANZI PIU' VIVI DI PRIMA
Luigi Pirandello nella novella "I pensionati della memoria" afferma:
"A me tutti i morti che accompagno al camposanto mi tornano indietro.
Fanno finta di essere morti dentro la cassa, o forse sono morti veramente, son morti per sé ma non per me ,vi prego di credere!.
Quando tutto per voi è finito per me non è finito niente! Sono tutti vivi, vivi come voi e come me, anzi sono più vivi di prima! Perché, riflettete bene, che cosa può essere morto di loro? Quella realtà che essi diedero alla stessa vita ,o una realtà molto relativa, non era la vostra, non era la mia!".
Da questo stralcio di Pirandello tratto da "Novelle per un anno" si evince come si può essere morti fisicamente ma essere vivi, anzi più vivi di prima stando a pensione completa nella mente dei nostri cari. Dove risiede allora l' assolutezza?
Intesa come fine di quella realtà o FORMA che il morto si era assegnato in VITA in qualità di maschera nuda la morte è fenomeno assoluto, ma intesa come prosecuzione nella nostra memoria di quella realtà che già ci eravamo creati quando il morto era in vita la morte è cosa relativa.
Questa considerazione pirandelliana è utilissima all'uomo in quanto risolve quell'atavica paura della morte che lo ha sempre angosciato , tanto da fare scrivere ad autori di grande portata come Seneca lettere in cui si cerca di sublimare il problema.
Seneca "Epistulae morales ad Lucilium",lettera IV
"Non ha importanza ciò che sta alla fine la morte viene verso di te; sarebbe da temere se potesse rimanere con te;ma per necessità o non è ancora venuta o quando è venuta passa oltre.Gli uomini in maggioranza oscillano tra il timore della morte ed il disprezzo della vita:
non hanno il coraggio di vivere e non sanno morire. Nessun bene giova a chi lo possiede se il suo animo non è pronto a perderlo;ed è facile accettare la perdita se una volta perso non può essere rimpianto".
IL "contemptus vitae" è fondamentale per affrontare la morte in maniera serena, ma ancora più rasserenante è la consapevolezza che da morti si può essere più vivi di prima attraverso il ricordo nella mente di persone a noi care.
La memoria ha infatti una potenza inestimabile riuscendo addirittura ad essere più forte della
morte, riuscendo ad instaurare
"Celeste è questa corrispondenza d' amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso si vive per lei con l' amico estinto e l' estinto con noiSol chi non lascia eredità d' affetti poca gioia ha dell 'urna".
La "corrispondenza d' amorosi sensi" ovvero il colloquio tra il vivo ed il morto riesce a "vincere di mille secoli il silenzio", per cui è deprecabile il non lasciare in vita alcuna traccia di sé o "eredità d' affetti".
Notiamo bene: Foscolo non parla di sensi, ma di amorosi sensi.
L' amore è infatti una componente fondamentale per la conquista dell' immortalità.
Bibbia,"Cantico dei cantici"
"Forte come la morte è amore".
Amore e morte , ethos e thanathos sono due estremi non antitetici ma complementari,se infatti si è morti ma persiste l' amore dei cari verso di noi siamo vivi, se siamo in vita ma senza amore siamo morti, in uno stato arido-vegetativo.
La corrispondenza d 'amorosi sensi non è l 'unico antidoto alla morte, vi è bensì la forza della scrittura e della poesia , "topos" letterario che da Orazio alla Dickinson ha caratterizzato gli scritti di autori latini, italiani e stranieri.
Tale "topos"letterario è sicuramente valido ed efficace. Non è forse vivo, anzi più vivo di prima quell' Orazio che tanto si preoccupava di "ergere un monumento più duraturo del bronzo?".Già il solo ricordarlo in tale tesi dona lui immortalità. "VIVAM" diceva Orazio e a ragione "VIVET" posso affermare con sicurezza oggigiorno.
D' altronde anche Foscolo riteneva la poesia donatrice di immortalità attraverso la figura di Omero, mendico errante tra gli avelli, cantore della duplice disfatta troiana, della vittoria finale dei figli di Peleo e cantore delle sciagure di Ettore.
Foscolo "Dei sepolcri"
"E tu onore e pianto avrai ove fia santo e lagrimato il sangue versato per la patria, e finchè il sole splenderà sulle sciagure umane".
La poesia non è però l' unica fonte di immortalità in quanto tutta la letteratura può essere vaccino nei riguardi della malattia più temuta dai mortali.
Anche le lettere hanno potere duraturo:
Seneca "Epistulae morales ad Lucilium", lettera XXI:
"Sbagli o Lucilio,dalla tua vita presente ad un'altra si sale.Fra le due condizioni di vita passa la stessa differenza che c'è tra una cosa che brilla di luce riflessa ed un'altra che ha in se la sua fonte luminosa.
Ti porto l'esempio di Epicuro.Questi scive a Idomeneo: "Se brami immortalità ti daranno maggior fama queste mie lettere che codeste brighe..Aveva forse torto?Il tempo sommerge gli uomini nelle sue acque, solo pochi ingegni eletti sollevano il capo.Ciò che Epicuro ha potuto promettere al suo amico io lo prometto a te, io troverò favore presso i posteri e trarrò dall'ombra nomi di tanti amici che vivranno a lungo."
La morte non è da considerare assoluta per il fatto che i defunti sono "assenti" da questa vita. Infatti, come giustamente afferma Pablo Neruda l'assenza,i distacchi e tutti gli altri addii sono "case" di speranza e conforto,nidi di vita in cui si può ricordare l'estinto e l'estinto può a sua volta vederci senza vita vivere, a patto però che noi non soffriamo, perché se così fosse l'estinto morirebbe veramente.
Neruda XCIV:
"Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura
non voglio che muoia la mia eredità di gioia
Vivi nella mia assenza come in una casa
è una casa sì grande l'assenza che entrerai in essa attraversi i muri
ed appenderai quadri nell'aria".
Senza vita ti vedrò vivere e se soffri , amore mio, morirò nuovamente".
VIVI MA MORTI PIU' DEI DEFUNTI
Nella sezione precedente ho illustrato come persone morte acquistano immortalità mediante il ricordo nella mente di persone loro care e grazie all'apporto della scrittura e della poesia.
Analogamente si può dimostrare come sia vero il contrario , ovvero come persone ancora vive in questo mondo risultino più morte dei veri defunti.
Si può infatti rimanere in questa vita , continuare ad "esserci" per se stessi pur essendo morti per gli altri.
Mattia Pascal, omonimo protagonista del romanzo di Luigi Pirandello "Il fu Mattia Pascal", è morto, morto per la moglie risposata, morto per l'amico Pomino, morto per la suocera ma vivo per se stesso, vivo e vegeto.Nella consapevolezza di questa situazione limite(al limite tra la vita e la morte)decide di morire anche per se stesso diventando Adriano Meis.Può però un morto reincarnarsi in un'altra persona?
No, un morto ancora vivente non può fare altro che visitarsi al cimitero, non può essere altra persona che lui stesso da morto.
Pirandello, "Il Fu Mattia Pascal":
COLPITO DA AVVERSI FATI
MATTIA PASCAL BIBLIOTECARIO
CUOR GENEROSO IN ANIMA SUA
RIPOSA
"Vi ho portato la corona di fiori ed ogni tanto mi reco a vedermi morto e sepolto la'. Qualche curioso ..domanda: "Ma voi chi siete?". Mi stringo nelle spalle e rispondo: "Eh, caro mio, io sono IL FU MATTIA PASCAL".
Una precisazione ritengo opportuno fare; mentre l'essere morti ma più vivi di prima ha sempre valenza positiva, il suo contrario, l'essere ancora in vita in qualità di defunto ha sempre valenza negativa. Infatti "Mattia Pascal" è un uomo che ha perso la moglie, l'identità, la famiglia, la vita ritrovandosi a vivere in qualità di fantasma entro un nuovo e fantomatico castello-forma dagli altri costruito, il castello del "Fu".
Analogamente finisce per trovarsi in una situazione limite e
problematica il personaggio di Filippa, moglie di Nino Mo all'interno della
novella "
L.Pirandello "
"Zi Ni
Ogni cinque mesi Zi Ni si recò a dichiarare la nascita di un figlio asserendo "Questo è della Morta e questo è della Viva".
L'Essere morti in vita non reca alcun vantaggio al povero morto a meno che , come nel caso di Emily Dickinson , non sia il diretto interessato a scegliere volontariamente di morire per sublimare l'esistenza attraverso un' immortalità tutta terrena.
E.Dickinson "Toward Eternity/Behind the door":
"Paradiso è una scelta.
Ognuno nell'Eden vive
malgrado Adamo e l'espulsione sua."
"Fiato di vita è il rantolo di morte
per chi soltanto in morte vita ha avuto
e morto avrebbe la vita trascorso
ma nel punto di morte iniziò a vivere"
"Davanti a noi eran città ma nel mezzo
la foresta di morti.
Senza speranza di tornare indietro
avevamo alle spalle una via sigillata
davanti il bianco vessillo dell'eterno
dio ad ogni porta".
Emily Dickinson decide di morire per tutti coloro che abitano questa Terra(D'altronde "Eden is a choice")per varcare la soglia della sua interiorità che si affaccia direttamente sull'eternità. Eternità che può essere raggiunta solo mediante la forza della scrittura.
Il paradiso ,ovvero l'immortalità, non si raggiunge in Terra ma nell'interiorità profonda dell'io dopo aver però pagato come fio l'Essere morti per il mondo.
Ma cosa importa l'Essere morti per i terrestri se si raggiunge l'immortalità e si ha "dio ad ogni porta"?
L'Essere morti in vita è argomento che trova riscontro anche nei testi religiosi:
Luca(15/31-32) "Vangelo ed atti degli apostoli" "Il figliol prodigo"
"Mio figlio era morto, ora è resuscitato, era perduto ed ora è stato nuovamente ritrovato.."
Un figlio scappato di casa, morto o meglio mortificatosi in tutte le peggiori brutture umane, come la prostituzione, morto per il padre e morto per sé , può tornare in vita per il padre solo perché decide di tornare in vita per sé?
Essa è come una malattia, un "coma" dello spirito che in quanto tale potrebbe sconfinare nell'irreversibilità.
La parabola del figliol prodigo è un esempio di morte reversibile dove un figlio morto risorge grazie alla caritas paterna, prerogativa fondamentale della religione cristiana:
"Lettera di S.Paolo ai Corinzi":
"Tre cose: Fede, speranza, carità. La più grande di esse è
SEZIONE FILOSOFICA
ESSERE DOPO
La morte è sempre stata uno spinoso problema per l'uomo al pari dell'ARCHE', tanto che filosofi e studiosi di ogni genere hanno sempre cercato di spiegare archè e morte in termini ottimistici-positivi.La differenza che intercorre tra "Il principio di tutte le cose" e "La fine di tutte le cose" risiede nel fatto che l'archè ostenta il progressivo raffinamento della tecnologia umana, la morte ostenta la retriva paura umana dell'ignoto.
L'archè ha subito una progressiva evoluzione partendo dall'Apeiron di Anassimandro fino ad arrivare all'ipotesi del BIG BANG.
La morte ha avuto da sempre come unica risposta la "VITA".
Platone ad esempio confortò l'uomo mediante la teoria della reminescenza e dei contrari.Egli infatti nel Fedone ,attraverso la figura di Socrate, asserisce che "I contrari traggono origine dai contrari"e che , quindi ,"Il morto si origina dal vivo ed il vivo dal morto".Il concetto di morte per Platone esiste solo in vista del suo contrario(la vita) non per una mera questione linguistica ma per necessità.Dalla morte si origina la vita, l' anima è immortale.
La teoria circa la reminescenza supporta tale tesi.
Platone"FEDONE":
"Gli uomini quando vengono interrogati, se interrogati bene,dicono ogni cosa com'è
poi come nel caso di MENONE se li porti davanti a figure geometriche c'è la prova più sicura che le cose stanno così".
Gli uomini infatti ,secondo l'ideologia platonica, vivono dopo la morte come anime e prima di rivivere in altri corpi conoscono le "IDEE",modelli del mondo fenomenico che , come nel caso di Menone, rimandano alla conoscenza delle FORME dell'Iperuranio.
Inoltre, sottolinea giustamente Platone, "I contrari si originano dai contrari.ma non partecipano dei loro contrari".
Platone " Fedone":
"Il tre pur essendo contrario al pari per niente lo riceve.Dunque sarà mai possibile che l'anima possa ricevere il contrario di ciò che essa porta con sè ovvero la vita?L'anima non riceve dunque la morteè immortale..".
Platone parla di morte come deterioramento del corpo e vita eterna dell'anima, passaggio inevitabile che deve fare da intervallo tra due vite consecutive.
Tale credenza non è propriamente metempsicotica ma è simile alle teorie celtiche e pitagoriche circa la trasmigrazione delle anime.
I pitagorici,credendo nella trasmigrazione delle anime, professavano la più totale astensione dal mangiare carni animali,come ci descrive diffusamente Seneca nel seguente passo tratto dalle "Epistulae morales ad Lucilium":
"Sozione mi spiegò per quali motivi Pitagora si astenesse dal mangiare carne animale e per quali motivi si era astenuto SestioSestio affermava che l'uomo ha un'alimentazione sufficiente senza bisogno di versare sangue..Pitagora riteneva che ci fosse una parentela tra tutte le creature viventi poiché le anime trasmigrano incessantemente da una forma ad un'altra..".
Tali teorie metempsicotiche non nacquero solo in Grecia ma si diffusero anche presso i Celti.Questi ultimi contavano i giorni dal numero delle notti credendo fermamente che dal morto(il buio)si origini il vivo(la luce).
Cesare nel "De bello gallico" spiega che tale credenza è strettamente collegata con il culto di Dite,dio degli Inferi e del buio, "padre" dei Galli.
Cesare "De bello gallico":
"Galli se omnes ab Dite patre prognatos dicunt".
ESSERE_PER_LA_MORTE
"La possibilità più propria per l'uomo è di ESSERE PER
Vivere in maniera autentica significa progettare deliberatamente di
Essere per la morte, di essere in vista della possibilità più propria
dell'Esserci-uomo che è appunto la fine dell'esistenza.IL CONFORMISMO E'
L'uomo ha l'onere di scegliere attraverso una decisione di tipo
esistenziale quale possibilità meglio si confà al suo essere.ESSERE PER
SEZIONE BOTANICA
La morte ammette in natura come caso limite il suo contrario:l'immortalità.
Esiste infatti in natura un fiore superiore all'uomo ed alle sue effimere velleità antropocentriche e superomiste: la rosa di Gerico.
Tale pianta , chiamata rosa per la sola ragione di assomigliare alla "regina dei fiori", non muore mai in quanto finge la morte per rinvigorire sempre di più.
Annoverando tale pianta come sostegno alla mia tesi circa la relatività della morte, non intendo assolutamente disilludere l'uomo in quanto , come sostiene Pirandello , è giusto che questi "si distragga facilmente" sublimando il problema della morte mediante l'idea di Dio.
Il fiore di cui parlo non ha però un Dio, visto e considerato che esso stesso possiede tutti gli attributi che l'uomo è solito proiettare su un Dio.
Si narra che questa rosa dissetò la vergine Maria partoriente durante
il viaggio verso Betlemme e che
Tale pianta viene dalle zone desertiche proprie della Numidia, Algeria e Palestina, definita dai greci "anastatica" è considerata la pianta della "resurrezione".
La rosa, una volta esauritasi un'oasi, simula di essere morta arricciandosi a formare una palla di colore marrone atta ad essere trasportata dal vento verso nuove oasi .
Presso queste ultime la pianta provvede ad impiantare nuove radici, a fare scorta di acqua ed ad aprirsi a forma di rosa.
Tale fiore oltre ad essere pianta della resurrezione è anche "sposa del vento".
Il vento rende possibile la vita di questa pianta trasportandola verso oasi lontane in cerca di vita.
Tale tema è rintracciabile nell'omonimo quadro del pittore espressionista OSKAR KOKOSKA, da cui si evince come la vita risulti tale solo nel momento in cui è "vissuta per la morte",nel momento in cui il vento la scompone in una "ridda di atomi fulgenti". La smaterializzazione della materia è la costante della pittura dell'artista russo, fermamente convinto che l'immagine sulla tela prende vita e forma nel momento in cui viene distrutta, nel momento in cui gli atomi costitutivi attraverso il clinamen la compongono frammentandola sulla tela.
SEZIONE FISICA
RELATIVITA' DEL SENSO COMUNE
Le teorie di Einstein circa la relatività trovarono numerosi ostacoli alla divulgazione in quanto , come afferma Bondi, "contrarie al senso comune".
Il senso comune conferma le teorie della fisica classica ed ostacola con il suo scetticismo qualsiasi altra teoria che lo contraddica.
L' attendibilità della teoria della relatività risiede nel fatto che questa si presenta come demonizzatrice dell'ingannevole e deprecabile senso comune.
Quest'ultimo ci porta ad affermare che la morte è fatto assoluto in quanto ne possediamo la certezza.. La teoria della relatività mostra come questa sia relativa al sistema di riferimento che la considera mediante il "paradosso dei due gemelli":
"Siano Alfonso e Bruno due gemelli che vivono insieme. Bruno inizia a muoversi con accelerazione tale da poter sopravvivere, cambia velocità con un ulteriore accelerazione in modo da tornare indietro ed infine con un ulteriore periodo di accelerazione si ferma vicino ad Alfredola misura del tempo di Bruno dà valori minori di quella di Alfredo per cui alla fine del processo Bruno vivrà di nuovo con Alfredo ma non sarà invecchiato come Alfredo; essi saranno GEMELLI DI ETA' DIVERSA".
Tale ipotesi non riguarda la relatività della morte, ma la relatività del suo sinonimo:la vita. Quest'ultima dipende infatti dal sistema di riferimento e dalla sua velocità relativa.
Possiamo infatti imbatterci in casi "naturalissimi" di persone ,che viaggiando a velocità elevate, tornano dopo migliaia di anni VIVI e vegeti su una Terra che vede MORTE tutte quelle persone che ,da VIVE ,hanno visto partire gli avventurieri.
Morte quindi per i terrestri e vita per gli astronauti.
Esponendo il paradosso in questi termini Bondi finisce con il dimostrare come il termine "paradosso" non sia appropriato per la definizione del fenomeno reale asserendo che "è sempre stato ridicolo chiamare paradosso una situazione reale e naturale che si potrebbe facilmente osservare a seguito di un'evoluzione della tecnica".
La "naturalità" del fenomeno e i limiti della tecnica vengono spiegati in questi termini:
"supponiamo di viaggiare in una nave spaziale con accelerazione costante g(accelerazione per noi terrestri sopportabile). Nel giro di pochi anni raggiungeremo velocità elevate, prossime a quelle della lucedecidiamo di viaggiare per 20 anni di tempo proprioalla fine di qursto viaggio saremo invecchiati di 40 anni bioogici,all'incirca quanto può durare utilmente la nostra vita lavorativa. Visti dalla Terra ci siamo mossi con velocità spaventosa raggiungendo la distanza di 24.000 anni luce dalla Terra . Arrivando troveremo una situazione diversa da quella che avevamo alla nostra partenza:
una Terra 48.000 anni più vecchia."
La vita è relativa l sistema di riferimento, la morte, suo sinonimo, è altrettanto relativa al sistema di riferimento.
Questa ipotesi ci fa comprendere come sia "naturale" rimandare la morte, "tuttavia" c'è una limitazione tecnica..i nostri ingegneri moderni non possono neppure sognare di costruire un razzo capace di mantenere accelerazione g per tutto il tragitto".
SEZIONE ASTRONOMICA
L'IMMORTALITA' DELL'UNIVERSO
Nel 1948 gli astronomi Hermann Bondi, Gold e Hoyle formularono la "teoria della creazione continua" persuasi che "l'universo c'è sempre stato e ci sarà sempre".
Gli scienziati, infatti, ritenevano limitante,paradossale e pessimista la "teoria dell'espansione continua" che teorizzava l' allontanamento delle galassie dal nostro universo osservabile e la loro progressiva scomparsa.
La teoria dell'universo in espansione era accettata da molti astronomi visto e considerato che era possibile osservare dal nostro sistema di riferimento galassie che aumentavano,secondo la legge di Hubble v=H*r,la loro velocità di allontanamento in maniera proporzionale alla loro distanza r, galassie che presentavano il fenomeno del REDSHIFT.Il tallone d'Achille della teoria in questione era il fatto che non veniva rispettato il principio della conservazione dell'energia poiché la materia,einstaniamente intesa come energia, sembrava apparentemente non rimpiazzata da nulla.
Gli astronomi allora compresero che tale teoria aveva bisogno di essere formulata insieme ad una teoria ad essa complementare capace di contrapporre alla finitudine delle galassie lontane la vita di altre galassie, alla finitudine dell'universo l'immortalità dello stesso.
La teoria della creazione continua teorizza quindi la creazione di nuova materia sotto forma di idrogeno dai Quasar,corpi blu semi-stellari che presentano il fenomeno REDSHIFT,materia che va a rimpiazzare la scomparsa di galassie a noi molto lontane che si sono spinte oltre i confini dell'universo osservabile.
Hoyle spiega tale fenomeno servendosi dell'esempio di una pentola di fiocchi d'avena messa a bollire su un fuoco.Il calore che deriva dalla sorgente luminosa crea infatti punti di pressione focale di vapore che fanno traboccare fuori dalla pentola i fiocchi d'avena, al pari della nuova materia costituita di idrogeno che crea grande pressione all'interno dell'universo con conseguente scomparsa,o meglio "traboccamento", di lontane galassie.
La formazione di nuove galassie avviene per addensamento e concentrazione verso un unico punto di idrogeno.L'aumento di massa,di pressione e temperatura conseguente l'attrazione gravitazionale tra la nuova materia formata crea la nuova galassia.
La teoria della creazione continua oltre ad avere importanza
scientifica ha estrema importanza filosofica ,visto e considerato che
teorizza l'immortalità del grande
complesso del mondo "che è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta".
SEZIONE BIOLOGICA
IL "GENE EGOISTA":
Sono giunta alla convinzione che Dio sia il frutto di un umano errore di calcolo.
L'uomo infatti, sentendosi mortale, ha sempre cercato di sublimare tale "praedita culpa" mediante il ricorso alla divinità, ignorando completamente(donde l'errore di calcolo) il fatto di essere lui stesso custode dell'immortalità,o meglio di quell'"elica immortale"che è il DNA con i suoi "geni egoisti".
L'uomo è infatti, secondo Richard Dawkins, "una complessa macchina da sopravvivenza"che vede al suo interno "saltare liberi come camosci i geni lungo le generazioni umane , parti costituenti di eliche immortali che si mescolano ed emergono da una succesione infinita di eliche mortali".
Il gene è infatti l'unico costituente della macchina "usa e getta" umana, avente come compito quello di controllare l'aspetto fenotipico umano e come fine se stesso, o meglio la sua conservazione nei "secoli dei secoli"(donde il suo egoismo).
Il gene non muore mai, ma può portare la morte agli esseri viventi se è letale, se è "un gene cattivo".
E' difficile stabilire la linea di demarcazione tra gene buono e gene cattivo visto e considerato che è possibile conferire a priori l'aggettivo di "cattivo" solo ai geni letali mentre l' aggettivo "buono"non è prioristicamente attribuibile ad alcun tipo di gene.
Dawkins per spiegare tale concetto ricorre alla metafora del vogatore e della canoa;
"un vogatore da solo non può vincere alla gara di canottaggio poiché ha bisogno di 8 colleghi rematori,i rematori sono i genila canoa vincente è quella che vede la migliore collaborazione tra gli otto rematori, che possono anche non essere i migliori, viceversa pochi geni migliori possono trovarsi all'interno di un canottaggio sfortunato e loro malgrado assumere lo statuto di "geni cattivi".
I geni letali sono mortali poiché molto spesso vedono la morte della loro utilitaria umana prima dell'età riproduttiva.
I geni migliori sono immortali, sono "carte"all'interno di individui che si mescolano attraverso la riproduzione sessuale aventi come miglior nemico il fenomeno del "crossing over"dell'accavallamento e della frantumazione genica, fenomeno che potrebbe essere letale per un gene molto lungo.
Inutile l'idea di un Dio immortale in quanto troppo distante dalla sfera umana, inutile l'idea di assumere come nuovo feticcio il gene, utile l'idea di autogorificarci nella piena consapevolezza che siamo SEMI_IMMORTALI,nostro figlio infatti ha metà del nostro corredo genetico,nostro figlio è la nostra dolce metà che continua a vivere.
LUNGA VITA AI GENI!
INDICE BIBLIOGRAFICO:
SEZIONE LETTERARIA:
-"Novelle per un anno" L. Pirandello
-"Il FU Mattia Pascal" L. Pirandello
-"Dei sepolcri" U. Foscolo
-"Epistulae morales ad Lucilium" L.A.Seneca
-"Behind the door" E. Dickinson
-"De bello gallico" G.Cesare
SEZIONE FILOSOFICA:
-"Fedone" Platone
-"Essere e tempo" Heidegeer
-"Storia dell'eternità" Borges
SEZIONE FISICO-ASTRONOMICA:
-"Relatività e senso comune" H.Bondi
-"Origine e divisione del cosmo" Coleman
SEZIONE BIOlOGICA:
-"Il gene egoista" R.Dawkins
STORIA DELL'ETERNITA'
L'acme del relativismo della morte è rappresentato dall'eternità e dall'immortalità
L' eternità non è sinonimo di immortalità in quanto quest'ultima riguarda enti nati e non mortali, l' eternità non presuppone la nascita ma l'eterna vita nell'attimo.
L'immortalità esiste in natura, l'eternità esiste storicamente in quanto come dice Borges per volere definire la natura del tempo è indispensabile conoscere prima l'eternità,la quale è modello ed archetipo del tempo".
L'eternità ha avuto una storia,è stata definita da Platone,confermata da Plotino, ripresa da S.Agostino e Nietzche .
Essa non si comprende se non si è disposti ad "abbandonare la credenza comune illogica che vede il tempo scorrere dal passato verso il futuro" nella convinzione che
"notturno è il fiume delle ore che scorre dalla sua sorgente che è il domani eterno"(M.De Unanimo).
L'eternità non è mai nata, "è e sempre sarà"(usando una citazione di Parmenide),è "Pienezza".Plotino afferma in merito:
"gli uomini che si stupiscono del mondo delle idee innalzino il pensiero verso quella realtà di cui tutto è copia,ivi scorgeranno le forme intellegibili,non con prestata eternità, bensì eterne.
Da cui il pensiero di Schopenauer ,sostenitore di una eterna "UMANITA'" in cui gli uomini non sono altro che manifestazioni temporali dell'archetipo eterno:
"chi mi sentisse assicurare che il gatto grigio che gioca nel cortile è lo stesso gatto che balzava 5 anni fa penserà di me ciò che vuole, è più strana pazzia pensare che questi sia necessariamente un altrodestino e vita dei leoni vuole la "Leonità",un leone eterno che sussiste grazie ad un innumerevole cambio di individui".Le idee di Platone esistenti nell'Iperuranio sono i paradigmi, i modelli eterni di un mondo copia mortale,l'idea della "Leonità" è eterna, i leoni mortali, l '"Umanità" è eterna, l'uomo mortale.
Tale mortalità umana, sostenuta da Platone e dal seguace Plotino, è però messa in crisi dalle dottrine dei cicli,da tutte le dottrine sostenitrici di una visione circolare del tempo come le teorie metempsicotiche galliche e stoiche di "Apokastasis".
Queste ultime ,in particolare, asseriscono che "Zeus si nutre del mondo",l'Universo è per loro eterno in quanto il Logos(fuoco) distrugge ogni cosa per poi ricostituirla mediante un processo di annichilazione.
Anche il filosofo tedesco Nietzsche è sostenitore di una teoria dei cicli:
la teoria dell' "eterno ritorno dell'attimo".
Scrive Nietzsche:
"Immortale l'istante in cui generai l'eterno ritorno nell'agosto del
1889 su un sentiero di Silvaplana a
Nietzsche crede nell' "Eterno ritorno" dell'attimo ,propone una vita volta ad un utilizzo responsabile del tempo nella consapevolezza che l'uomo non sarà interessato linearmente da una vita eterna ma da un "Eterno ritorno":
"non agognare terre lontane venture ma vivere in modo da voler tornare a vivere e così per tutta l'eternità".
Infatti tra "l'ultimo istante della coscienza ed il primo splendore di una vita nuova c'è "nessun tempo,l'intervallo che dura quanto un fulmine".
Appunti su: esalato l27ultimo respiro emily dickinson, |
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