Scuola e tecnologia,
uno sguardo d'insieme
In Italia siamo sempre un po'
melodrammatici. Basta una scintilla piazzata al posto e al momento giusto per
scatenare un immane uragano di polemiche e dichiarazioni, in cui chiunque - dal
ministro al panettiere sotto casa - sente il bisogno di urlare la sua
indignazione e di prendersela con
qualcuno o qualcosa, spesso dando fiato più all'istinto dell'istante che non
alla ragione della competenza. Il fracasso dura in genere una settimana, forse
due, poi scompare di fronte allo scoppio di qualche altra tempesta pescata a
caso nel calderone della cronaca. E di quello di cui si è parlato fino a un
minuto prima, nessuno più si ricorda.
E' quanto sta accadendo con il video della scuola torinese.
Da quando un piccolo e oggi dimenticato blog ne ha reso nota l'esistenza, si è
assistito a un crescendo di reazioni emotive, scandalizzate e apocalittiche che
è presto sconfinato nel delirio. Naturalmente nel giro di poche ore sono
comparse migliaia di casi simili (un po' come era capitato con i pitbull feroci
e i pezzi di ghiaccio che cadevano dal cielo) e il livello del rumore mediatico
si è alzato fino a varcare una soglia tale da non riuscire più a distinguere la
realtà dall'apparenza, il problema reale (il dilagante bullismo nelle scuole)
dal contesto tecnologico e di comunicazione (Internet).
Si è costruito insomma il solito circo all'italiana,
all'insegna di talk show televisivi, ossessiva ricerca di particolari
scioccanti e immediato tentativo dei politici di far ricadere dall'alto misure
correttive populistiche e buone a neutralizzare i sentimenti della folla. Uno
spettacolo colorato e divertente, certo, ma anche sostanzialmente inadatto a
comprendere e correggere la natura dell'importantissima materia coinvolta da
tutto questo baillamme: il rapporto tra scuola, educazione e nuove tecnologie.
Che Internet abbia ormai raggiunto i banchi di scuola è un
dato di fatto inoppugnabile. Come lo è la metamorfosi delle attività ludiche
dei ragazzi di oggi, che non spendono (e non spenderanno mai più) con la Barbie e i Playmobil la
stessa quantità di tempo che dedicano ai videogiochi, sparatutto violenti
compresi. Le leggi della Repubblica Italiana possono anche provare eroicamente
a fermare il tempo, magari prendendo spunto dalle iniziative del governo cinese
sulla censura online, ma saranno destinate ad essere inesorabilmente spazzate
via. E come unico, ironico risultato, avranno quello di spedire il paese alla
gogna internazionale, nel girone di quei dannati che vengono additati e
sbeffeggiati per non aver compreso il significato della rivoluzione digitale
(vedi l'esempio del commissario europeo Frattini, bacchettato dalla collega
Viviane Reding per le sue dichiarazioni sul videogioco 'Rule of Rose').
Sperare di staccare la spina a Internet o ai videogiochi è
insensato. Sottovalutare il problema o disinteressarsene sarebbe al tempo
stesso un errore ancor più grave. Il modo in cui le nuove generazioni si
avvicinano alle tecnologie rappresenta una chiave fondamentale per sviluppare i
sistemi di formazione ed educazione del futuro, quelli che avvicineranno i
ragazzi alla società reale e attuale, non a quella post-contadina e
pre-industriale degli anni Cinquanta dalla quale prima tutti hanno voluto
fuggire e che - chissà come mai - oggi si insegue come nostalgico Eldorado
perduto.
Per quanto sintomo grave di una decadenza dei valori civili
e umani che si sta insinuando anche nell'età dell'innocenza, il video apparso
su Google Italia non è il simbolo assoluto e univoco del rapporto tra la scuola
e Internet, tra i nostri poveri e innocenti ragazzi e il demonio tecnologico.
E' invece soltanto una goccia in un oceano di sfide, minacce, promesse e
contraddizioni che coinvolge le scuole dell'intero pianeta, non solo nella sua
ricca porzione occidentale.
Basta prendere un po' di notizie a caso, per comprenderne la
portata. Si va dalle scuole inglesi dove i genitori vedono come uno spauracchio
radioattivo l'installazione di antennine wi-fi (che permettono una connessione
online senza fili) a quella americana in cui si sperimentano dispositivi che
permettono di ricevere gli appunti direttamente dal computer della maestra
(raccontata sul Sun Sentinel in 'The Wired Child', illuminante
articolo sul presente e il futuro dei 'ragazzi tecnologici' ). Dalle
ragazzine canadesi che provocano una reazione isterica della loro insegnante
per registrarla in video e pubblicarla sul sito YouTube a Nicholas Negroponte,
che guida un team di super-scienziati al Mit per costruire un computer da 100
dollari da distribuire nelle scuole del Terzo Mondo.
E' un universo complesso e affascinante quello che mette a
confronto i giovani e le nuove tecnologie. Merita di essere studiato in
profondità, con progetti dal respiro e dalla collaborazione internazionale,
scommettendo sulle risorse che vengono offerte dal progresso scientifico,
sfruttandone le potenzialità di educazione e limitandone ragionevolmente i
danni e gli effetti collaterali. Ridurlo allo svisceramento di un fatto di
cronaca o tentare di circoscriverlo con leggi anacronistiche, in buona parte
frutto di reazioni pavloviane, rischia di creare mostruosità ancora peggiori di
quelle che vengono criticate. E di far perdere al paese un'altra buona
occasione per riprendere il suo cammino verso il futuro.