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SCHEDA LIBRO "SE QUESTO E' UN UOMO"
Di Primo Levi
TITOLO: Se questo è un uomo.
AUTORE: Primo Levi.
EDITORE: Einaudi.
LUOGO E ANNO DI PUBBLICAZIONE: Stampato presso G. Canale e C., S.p.A., Borgaro
(Torino). Prima ed. 1958.
GENERE LETTERARIO: storico - autobiografico.
RIASSUNTO: Siamo nei terribili anni della
Seconda Guerra Mondiale. Primo Levi era un chimico di Torino d'origine ebree e
si alleò con i partigiani della Valle d'Aosta per combattere il fascismo di
Mussolini; Primo Levi scrisse il libro 'Se questo è un uomo' a Torino
dopo essere tornato da Auschwitz. Fu catturato dalla Milizia Fascista il 13
dicembre 1943. Aveva 24 anni, era ebreo e da quattro anni viveva soggetto alle
leggi razziali italiane. Come ebreo fu catturato e inviato a Fossoli, presso
Modena, dove in un vasto campo andava raccogliendo le persone non gradite al
governo fascista. Quando arrivò, gli ebrei erano 150 circa, ma in poche
settimane raggiunsero il numero di 600. Si trattava di intere famiglie giunte lì
per diversi motivi: alcune erano state catturate dai tedeschi, altre si erano
consegnate spontaneamente per non andare contro la legge, per non abbandonare
amici Il 20 febbraio alcune SS ispezionarono il campo e il giorno seguente
Levi seppe che l'indomani tutti gli ebrei sarebbero partiti per Auschwitz:
allora un nome privo di significato. Il viaggio fu lungo e molto faticoso, il
treno viaggiava lentamente, con lunghe soste snervanti; tutti soffrirono la
fame, la sete, l'insonnia e la fatica. Arrivati a destinazione scesero coi
bagagli e dopo aver risposto ad alcune domande da parte dei tedeschi furono
divisi: donne e uomini, vecchi e giovani, sani, malati, madri e figli. Levi fu
assegnato al gruppo degli uomini validi per lavorare nel Reich e da quella
notte non rivide più donne, bambini e anziani.
Dopo un po' di tempo fu trasferito in un campo nuovo sul cui portone
d'ingresso si leggeva 'il lavoro rende liberi'.
Primo Levi ed alcuni compagni furono condotti in una camera vasta e umida, si
dovettero spogliare, fare un fagotto con le loro vesti e consegnarle ad un SS;
in seguito vennero rasati e dovettero indossare pantaloni e camicia a righe.
Ad un certo punto videro un deportato che parlava l'italiano, tutti gli fecero
delle domande e lui spiegò loro che si trovavano a Monowitz, vicino ad
Auschwitz, in un campo da lavoro in cui tutti i prigionieri lavoravano in una
fabbrica di gomma chiamata Buna. Dopo aver fatto la doccia ed essere stati
disinfestati furono tatuati sul braccio sinistro con un numero personale. Levi
era il 174517. Poco per volta l'autore capì di trovarsi in una specie d'inferno
e scoprì che il campo era diviso in 60 baracche di legno chiamate Block di cui
10 in costruzione, in più in alcuni blocks erano riservati a scopi particolari,
come le docce, l'infermeria, le cucine, le camere a gas e i forni
crematori. I comuni blocks di abitazione
erano divisi in due stanze: in una viveva il capo baracca e nell'altra c'era il
dormitorio con 148 cuccette a tre piani divise da tre corridoi, queste erano
composte da una tavola di legno, da un sacco di paglia e da due coperte
ciascuna. Gli ospiti nel campo erano divisi in tre categorie: i criminali, che
oltre al numero portavano un triangolo verde; i politici con un triangolino
rosso e gli ebrei con la stella ebraica, rossa e gialla. Levi imparò presto a
sbrogliarsi e a cercare di ottenere il massimo da tutte le situazioni. Il
lavoro era un insieme di leggi, problemi e difficoltà.
I prigionieri erano divisi in 200 Kommandos, ciascuno con un compito ben
preciso. Il lavoro era molto duro, solitamente si trattava di trasportare
materiali molto pesanti.
L'orario variava in base alle stagioni. La vita nel campo era dunque questa:
uscire, rientrare, lavorare, dormire, mangiare, ammalarsi, guarire o morire. E
tutto questo fino a quando? Questa era la domanda che si facevano tutti i
poveri ebrei ed internati.
Dopo alcuni giorni di trasferimenti Levi fu assegnato al block numero 30; tutte
le mattine si alzava, correva al lavatoio che era sempre molto affollato,
mangiava la sua misera razione di pane e andava al lavoro. Un pomeriggio, però,
mentre trasportava un pezzo di ghisa ebbe un incidente e si tagliò il piede
sinistro. La ferita non era grave, ma comunque andò in infermeria, ka-be; qui
venne visitato numerose volte e dopo venti giorni circa fu dimesso. Lui avrebbe
preferito stare di più in ka-be perchè non si doveva lavorare, si mangiava
abbastanza bene e non faceva freddo. Fece molte conoscenze, l'autore racconta
nel libro in particolare di quattro persone che, grazie alle loro capacità,
riuscirono a scappare dalle atrocità tedesche. Il kommando 98 avrebbe dovuto
essere un reparto per specialisti: chimici. Quando questo fu costruito e aperto
una SS annunciò la mancanza di chimici ben preparati. Primo Levi era uno di
questi quindi diede un esame per tentare di salvarsi diventando uno
specialista.
Nell'ottobre 1944 ci furono le selezioni: i sani al lavoro e i deboli e malati
nelle camere a gas; l'autore riuscì a salvarsi e, nel novembre con il suo amico
Alberto, ed altri 16, iniziarono a svolgere un nuovo lavoro con la finilbeta.
Arrivarono tre addetti ai laboratori chimici, ed egli fu uno di questi. Il
laboratorio era simile quello vecchio in cui aveva lavorato: pulito,
riscaldato, comodo, con tre lunghi banconi e numerosi oggetti utili per gli
esperimenti. L' 11 gennaio 1945 lo scrittore si ammalò per scarlattina e fu
ricoverato per la seconda volta in ka-be; i russi erano ormai vicini, il campo
venne evacuato e il 18 gennaio 1945 i sani partirono per essere internati in
altri campi. Tutti i moribondi morirono nel giro di poco tempo. Levi ed altri
ammalati riuscirono a sopravvivere, perché trovarono cibo e oggetti utili tra
le macerie del campo e le scatole che i nazisti avevano lasciato. Nella loro
baracca erano in 11 e proprio mentre Levi e Charles, un suo compagno,
trasportavano il primo cadavere del gruppo videro arrivare a cavallo quattro
russi, i loro liberatori.
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