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Titolo: Giulio Cesare
Casa editrice: Oscar classici Mondadori
Edizione: edizione 1991
Traduttore: Sergio Perosa
Genere e sottogenere: opera teatrale, dramma.
William Shakespeare, la vita.
Shakespeare, William (Stratford-upon-Avon, Warwickshire 1564-1616), poeta e drammaturgo inglese, una delle più grandi personalità della letteratura di ogni tempo e di ogni paese.La tradizione vuole che sia nato il 23 aprile a Stratford-upon-Avon. I suoi genitori erano John Shakespeare, un facoltoso mercante, e Mary Arden, proveniente da una famiglia cattolica della piccola nobiltà terriera. William sposò Anne Hathaway, figlia di un agricoltore. Dal matrimonio nacquero Susanna e una coppia di gemelli. Il maschio morì a undici anni. Sembra che Shakespeare, trasferitosi a Londra intorno al 1588, nel 1592 già godesse di una certa fama come attore e autore di testi teatrali. La pubblicazione di due poemetti d'amore, Venere e Adone (1593) e Lucrezia violentata (1594), e dei Sonetti (editi nel 1609 ma in circolazione già da qualche tempo) lo consacrarono poeta rinascimentale versatile e piacevole. La fama di Shakespeare è oggi legata soprattutto alle 38 opere teatrali da lui composte. Questi testi, pur accolti con favore, non godevano di gran considerazione da parte del pubblico colto del tempo; ma Shakespeare fu un uomo avveduto e investì con oculatezza i propri guadagni nel settore che conosceva meglio: il teatro. Aveva, infatti, una partecipazione nei profitti della compagnia teatrale dei Chamberlain's Men, successivamente chiamatisi King's Men, che metteva in scena gli spettacoli nei due teatri di sua proprietà, il Globe e il Blackfriars. Conquistato un certo benessere, a partire dal 1608 Shakespeare diminuì il suo impegno teatrale; sembra che trascorresse periodi sempre più lunghi a Stratford, dove acquistò un'imponente casa, New Place, e divenne un cittadino rispettato della comunità. Morì il 23 aprile 1616 e fu sepolto nella chiesa di Stratford.
Giulio Cesare, la vita.
Cesare, Caio Giulio (Roma 100-44 a.C.), generale e uomo politico romano. Nato da famiglia nobile, la gente Giulia. Fu messo al bando da Silla, si recò a Rodi, dove intraprese studi di retorica. Rientrato a Roma nel 78 a.C., dopo la morte di Silla, Cesare iniziò una brillante carriera politica: fu questore in Spagna, edile, pontefice massimo, pretore e propretore in Spagna. Nel 60 si unì a Pompeo e a Crasso costituendo il primo triumvirato. Console, si fece assegnare il proconsolato dell'Illirico e della Gallia cisalpina e fece votare le leggi agrarie che gli assicurarono il sostegno della plebe. Nel 58 avviò la conquista della Gallia: questa difficile campagna gli offrì l'occasione di costituire un esercito personale e di assicurarsi fama e ricchezza.
Morto Crasso, sconfitto e ucciso a Carre (53) nel corso di una spedizione contro i parti, il triumvirato si sciolse e Pompeo, rimasto solo, assunse pieni poteri (52). All'inizio del 49 Cesare, avendo rifiutato di obbedire agli ordini di Pompeo e di rinunciare al proprio esercito, attraversò il Rubicone, marciò su Roma e si fece proclamare dittatore, carica che mantenne fino all'anno seguente, quando gli fu affidato il consolato. Pompeo, privo del sostegno militare delle proprie legioni, stanziate in Spagna, si rifugiò in Grecia; sconfitto a Farsalo (48), fuggì in Egitto, dove venne assassinato dagli uomini di Tolomeo XIII. Esposto alle rivolte del popolo in Alessandria e ai problemi di successione, Cesare conferì il trono d'Egitto a Cleopatra.
Nel 47, Cesare tornò a Roma, dove ottenne di nuovo la dittatura. Dal 47 al 44 attuò una serie di riforme radicali: indebolì il potere del senato, dei comizi e dei magistrati; dal punto di vista economico promosse alcune riforme a favore dei lavoratori agricoli liberi, riducendo il numero di schiavi e fondando colonie a Cartagine e a Corinto; introdusse inoltre la riforma del calendario. Cesare era ormai padrone assoluto di Roma: aveva ottenuto la dittatura a vita nel 47, il consolato per cinque anni, era stato nominato imperator, comandante generale delle forze armate, nel 45. Per timore che Cesare volesse trasferire a un successore i poteri che aveva acquisito (aveva adottato Ottavio, il futuro imperatore Augusto), fu ordita una congiura contro di lui guidata dai senatori Cassio e Bruto, che lo assassinarono il 15 marzo del 44 (idi di marzo).
Oratore e scrittore di talento, Cesare scrisse i Commentarii de bello gallico (52-51 a.C.) sulla guerra di conquista della Gallia e i Commentarii de bello civili (44 a.C.). La figura di Cesare ha ispirato numerosi autori, tra cui Shakespeare, Voltaire, Goethe e G.B. Shaw.
Sintesi dell'opera.
Scena I
Flavio e Marullo esortano i popolani a tornare alle loro abitazioni. Dopo aver convinto un gruppo di plebei ad andarsene, e a scacciare gli altri plebei dalle strade, si dividono per spogliare le statue ai simboli dl trionfo di Cesare.
Scena II
Cesare, per strada, incontra un indovino che gli consiglia di guardarsi dalle idi di Marzo ma, l'indovino viene scacciato come se fosse pazzo.
Tutti vanno ad assistere ai giochi rituali eccetto Cassio e Bruto che discutono sulla posizione di Cesare; Bruto teme che Cesare venga eletto re. Cassio esprime a Bruto la sua intenzione di uccidere Cesare.
Al termine dei giochi, Cassio e Bruto, interrogano Casca per sapere ciò che è successo in loro assenza e scoprono che Antonio ha offerto a Cesare una corona per tre volte, e che Cesare per tre volte l'ha rifiutata. Inoltre scoprono che Cesare è svenuto dopo le offerte di Antonio.
Scena III
Casca incontra Cicerone tornando a casa dopo avere accompagnato Cesare alla sua abitazione.
Sta infuriano un terribile temporale, Casca afferma che stanno accadendo fatti miracolosi, Cicerone è convinto che tutto ciò che succede è correlato agli eventi che si susseguono a Roma.
Cicerone lascia la Casca e sopraggiunge Cassio che gli propone di assassinare Cesare. Casca accetta; sopraggiunge Cinna, un congiurato, che ricorda a Cassio di andare a convincere Bruto.
Cassio e Casca si dirigono a casa di Bruto.
Scena I
E' notte fonda, ma Bruto è ancora sveglio a riflettere sulla congiura.
Cassio e gli altri congiurati sono a casa i Bruto e riescono a convincerlo alla loro causa. L'assassinio è preparato e pianificato, nessuno dovrà rimanere ferito eccetto Cesare.
Bruto fa chiamare Ligario che si unisce alla congiura.
Scena II
Cesare, sveglio dalle prime ore del mattino, è preoccupato: la sua notte è stata pervasa di incubi e cattivi presagi.
Calpurnia convince i marito a non andare in senato ma, i congiurati gli fanno cambiare idea.
Scena III
Artemidoro scrive una lettera a Cesare per convincerlo a guardarsi da alcuni senatori a lui nemici ma non riesce a consegnagliela.
Scena IV
Porzia invia Lucio, suo servitore in senato per controllare se il marito Bruto sta bene.
Scena I
Cesare è circondato dai cospiratori che affermano di avere delle suppliche da porgli, Cesare le rifiuta.
L'attenzione di Cesare viene attirata da una supplica di Metello Cimbro, mentre è distratto i congiurati lo afferrano e lo pugnalano.
Sono le Idi di Marzo.
Antonio entra in senato e vede il corpo straziato di Cesare Bruto gli spiega le sue ragioni e Antonio sembra accettarle e si proclama suo amico. Antonio chiede il permesso di parlare al funerale di Cesare, permesso che gli viene accordato.
Mentre i congiurati lasciano il senato, Antonio chiede perdono per essere sceso a patti col nemico.
Arriva un servo di Ottaviano per annunciarne l'arrivo, Antonio lo rimanda dal padrone per avvisarlo di stare lontano da Roma, è troppo pericolosa per lui.
Scena II
Bruto spiega ai popolani le sue ragioni e lascia il posto ad Antonio che pronuncia un discorso talmente toccante che la plebe si rivolta e i popolani si dirigono alle case ei congiurati per avere giustizia.
Scena III
La folla trova sulla sua strada il poeta Cinna omonimo di uno dei congiurati, e lo uccidono solo per il nome che porta.
Scena I
Antonio e Ottaviano si assicurano l'aiuto di Ledilo, con gli altri due generali formeranno il futuro triumvirato. Essi gli chiedono aiuto solo per le sue abilità di comandante.
Scena II
L'esercito di Bruto e le armate di Cassio si congiungono. I due comandanti si accolgono con fredde parole di cortesia, Cassio afferma di avere subito un grave torto.
Scena III
Bruto e Cassio discutono tra loro: entrambi continuano a rinfacciarsi debolezze e colpe.
Cassio arriva fino a minacciare Bruto poiché questo lo insulta affermando che è un debole.
Il litigio continua per molto fino a che entrambi, amareggiati, ammettono le loro colpe.
I due generali decidono di raggiungere Filippi e lì di sfidare Antonio e Ottaviano.
Durante la notte Bruto ha un presagio di sventura, portatogli dallo stesso spirito di Cesare.
Scena I
Antonio e Ottaviano si dividono i compiti sul campo e cominciano a trattare con Cassio e Bruto.
Cassio e Bruto si salutano per l'ultima volta preferendo la morte in battaglia alla resa.
Scena II
Bruto ha la meglio sulle schiere di Ottaviano.
Scena III
Bruto sconfigge Ottaviano e si lancia all'inseguimento lasciano Cassio in balia delle schiere di Antonio.
Cassio manda l'amico Titanio agli accampamenti, lo vede accerchiato da dei cavalieri, pensa che siano nemici che l'hanno catturato e si uccide. Titanio torna e vede l'amico morto, i cavalieri erano araldi di Bruto. Titanio si uccide per seguire l'amico.
Bruto trova i due amici morti e realizza che il suo esercito e quello di Antonio sono i soli ancora in campo.
Scena IV
I soldati di Antonio catturano un uomo che sia Bruto, ma Antonio lo riconosce: non è Bruto ma è un suo servo.
Scena V
Bruto capisce che tutto è perso e chiede di essere ucciso dai suoi amici ma nessuno vuole farlo.
Alla fine Stratone accetta l'ingrato compito e uccide Bruto.
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