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SCHEDA LIBRO
Titolo: Cristo si è fermato a Eboli
Edizione: Einaudi-tascabili
Autore: Carlo Levi
Trama: Levi, in questa sorta di autobiografia, più o meno romanzata, racconta in prima persona il periodo da lui trascorso al confino in Lucania, tra il 1935 e il 1936, durante il ventennio fascista.
Trasferito, dopo una breve permanenza a Grassano, nel piccolo paesino di Gagliano, disperso tra le asperità di un territorio costituito da burroni e colli rocciosi, è colpito immediatamente dalla durezza e dall'aridità del paesaggio dall'aria insalubre e malarica, come del resto in tutta la regione, rimasta isolata ed esclusa da quasi tutti gli aspetti del progresso culturale, economico e scientifico (da qui il titolo del romanzo: 'Cristo si è fermato ad Eboli' sintetizza il fatto che Cristo, inteso come ragione, speranza e sviluppo, non sia mai giunto nel mezzogiorno, dove sopravvivono immutate da secoli tante piccole società autonome e autonomamente miserabili); appena arrivato in paese, sì rende conto della presenza di una fitta rete di rivalità e alleanze familiari, fatte risalire al periodo del brigantaggio, momento epico della storia di queste terre, in cui questa gente povera e ignorante aveva alzato la testa contro i soprusi dello Stato, nonostante questo loro tentativo sia poi stato represso nel sangue. Ogni fazione cerca di attirare a sé la simpatia e l'appoggio di Don Carlo, ma questi preferisce, o meglio preferirebbe, dedicarsi unicamente alla lettura e alla pittura, ma ciò non gli è possibile perché i poveri e ignoranti contadini del piccolo borgo, appena saputo dell'arrivo di una persona così colta (addirittura un dottore!) iniziano a chiedere il suo aiuto come medico, volendo evitare di rivolgersi ai 'medicaciucci' del paese, i quali fino ad allora li avevano solo sfruttati e fatti morire, con la loro incapacità e con i loro intrugli 'farmaceutici'. Svolgendo queste sue saltuarie prestazioni mediche, attira le simpatie dello strato più basso della popolazione, avendo così occasione di entrare in contatto con la loro realtà e con i loro numerosi problemi; questa sua nuova attività che fra l'altro egli svolge quasi gratuitamente, gli attira contro le invidie di coloro che fino ad allora avevano avuto, nel paese, il monopolio della medicina, che in un primo momento cercano più volte d'intralciarlo, giungendo anche a denunciarlo per aver svolto l'attività di medico senza licenza, riuscendo a fargli intimare di abbandonare questa sua sorta di nuovo lavoro. Causa proprio questo divieto, non può fare nulla per salvare un contadino rimasto ferito gravemente, la cui morte fornisce il pretesto per una rivolta contro coloro che rappresentano il potere dello stato, per quanto effimero fosse per quella povera gente questo termine. A fatica Levi riesce ad evitare che l'indignazione della povera gente sfoci nel sangue e per salvaguardarsi da ulteriori insurrezioni, il podestà gli concede di continuare ad aiutare la povera gente, in modo non proprio palese. Qualche tempo dopo gli viene concesso di tornare per un breve periodo al nord, nel suo paese, ma questo viaggio fino ad allora tanto desiderato si rivela una delusione, in quanto il protagonista non si sente più parte di quella realtà che da tempo è stato costretto ad abbandonare, anzi continua a pensare al problema meridionale, individuando quelle che secondo lui ne sono le cause e i possibili provvedimenti che lo Stato dovrebbe attuare per sanare questa piaga, ed è quasi contento di riprendere la sua prigionia lucana. Trascorse poche settimane, gli giunge la notizia dell'amnistia per i confinati, ma, ciò nonostante, la partenza è ritardata e dolorosa poiché il suo legame con quella terra e con quella gente è ormai diventato più stretto di quanto lui stesso immaginasse.
Genere: Romanzo autobiografico
Sistema dei personaggi Il protagonista è senza dubbio l'autore stesso, il dottor Carlo Levi, torinese spedito al confino nello sperduto paese di Gagliano. Uomo di discreta cultura ed abituato alla più evoluta realtà norditaliana, rimane seriamente colpito dalle condizioni di povertà in cui versano i contadini della Lucania.
Gli altri personaggi della vicenda appaiono sostanzialmente divisi in due fazioni: da una parte i contadini e dall'altra la piccola borghesia. I poveri sono rappresentati sostanzialmente in gruppo, poiché immagine di un'umanità a sé stante, in un certo senso "fuori dal mondo", e nella quale è impossibile che emergano delle individualità. Il loro atteggiamento politico è sostanzialmente rassegnatamente anarchico, nessuno di loro è iscritto ad alcun partito, ed essi "patiscono insieme" una situazione che si protrae da decenni, nell'utopica speranza di un domani migliore.
Anche nella borghesia, però, sono poche le figure di un certo rilievo delineate: il podestà, ritratto dettagliatamente dall'autore, il professor Magalone Luigi, che "non è professore ma maestro, e ha anzi come compito principale quello di sorvegliare i confinati del paese", e il medico Gibilisco, che "ronza attorno" al protagonista invidioso della sua sempre crescente prestigio presso i contadini.
Vi sono poi persone esplicitamente indicate come vittime, su tutti l'arciprete Don Giuseppe Trajella, paragonato addirittura alle "rovine di una catapecchia incendiata, nera e piena di erbacce".
Narratore Il racconto è condotto secondo un punto di vista interno, infatti è una sorta di autobiografia, anche se a volte, ma raramente, il narratore interviene dichiarando fatti futuri, come ad esempio che egli non tornerà più in quei due paesi (Gagliano e Grassano).
Messaggio: Credo che Levi con questo romanzo voglia far conoscere ai suoi contemporanei le condizioni in cui vivevano gli abitanti del Mezzogiorno per denunciare il bisogno di un intervento da parte dello Stato. Un possibile piano di questo intervento lo fa apertamente anche lui, nella parte finale del libro.
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