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Saggio Breve
'LA FORTUNA è DONNA' IL RAPPORTO FRA SORTE ED UMANA VIRTù IN MACHIAVELLI
Nel tempo in cui la spiritualità cristiana pervade ciascun aspetto della vita europea, nel tempo in cui la crisi politica mantiene l'Italia debole, instabile e frammentata, Niccolò Machiavelli, ribaltanto completamente la morale dell'epoca, anzi escludendone ogni implicazione, delinea con coraggio e lucidità una nuova figura di capo di stato. Il Principe rappresenta il 'solco di scissione' tra due concezioni della politica.
Una scelta ardita, senz'altro rivoluzionaria, scandalosa ad una prima lettura, contestabile per certi aspetti.
Com'è possibile immaginare che un sovrano possa, anzi debba, essere crudele per il bene collettivo?Come si può comportarsi scorrettamente per conseuire la giustizia?Perchè mai è necessario far leva sulla forza e sul timore per conservare l'ordine e la fedeltà dei sudditi? Per quale diabolico meccanismo un principe giusto ed onesto è destinato a crollare, mentre uno autoritario ed arguto manterrà saldamente il proprio potere?
Il ritratto di Machiavelli sul Pricipe potrebbe essere definito freddo, disumano, immorale, rigido. Tuttavia l'autore 'anticipa' tali accuse e se difende affermando di voler analizzare la questione dal punto di vista della 'verità effettuale della cosa' (i fatti così come sono e non come deovrebbero essere)
In quest'ottica, non si può non riconoscere al Principe un rigore logico intaccabile, una razionalità ben organizzata. Fattori, questi, derivati dalla lunga esperienza professionale e dagli accurati studi dell'autore.
Tra i vari argomenti presi in esame, uno dei punti focali è il delicato rapporto tra vitù e fortuna nella condizione umana.
A cosa si riferiscono questi termini?
Machiavelli definisce la virtù come tutto ciò che rientra nell'agire umano libero e consapevole, e la fortuna come l'insieme degli eventi non determinti dalla volontà, che influiscono sull'andamento della vita.
Prima di porre in relazione questi elementi, tuttavia, l'artista rinascimentale effettua delle opportune distinzioni tra i vari tipi di virtù, in primo luogo le vitù politiche e quelle morali.
L'obbiettivo primario di un principe, sostiene Machivelli, è mantenere il suo stato saldo ed in equilibrio, e per farlo deve preoccuparsi di agire come richiedono le circostanze, senza tener conto delle implicazioni morali dei suoi gesti. Servendosi della metafora del centauro, mezzo uomo e mezzo animale, l'autore sostiene che il principe deve saper miscelare la propria umanità e la propria indole bestiale, talvolta divenendo bestia egli stesso.
Tale ideologia si colloca nell'incrollabile visione pessimistica della natura umana: a detta dell'autore, l'uomo è istintivamente portato a fare il male e di conseguenza il principe deve esercitare con la forza (e talvolta con la violenza) la propria autorità, poichè i cittadini si ribelleranno ad un sovrano buono ed altruista, mentre obbediranno, per paura di una punizione, ad un sovrano duro e severo.
'Meglio essere temuti che amati', e proprio in ciò consiste la virtù di un principe.
Egli però deve anche saper essere 'golpe e lione', astuto ed aggressivo a seconda delle necessità. Dev'essere intelligente, ma anche energico. Dev'essere sempre pronto ad agira senza mai tracurare la cautela. Dev'essere preparato alla guerra in tempo di pace, e cercare di ottenere al più presto la pace in tempo di guerra. Deve saper simulare e dissimulare, perchè il popolo bada solo alle apparenze.
Ma sopratutto, egli deve cogliere ogni occasione che gli permetta di manipolare il corso degli eventi e volgerlo a proprio favore.
La fortuna, (come già spiegato in precedenza, indica genericamente la casualità e non la buona sorte) ricopre un ruolo di primo piano nell'opera di Machiavelli.
Essa, afferma l'autore, determina almeno il cinquanta per cento delle azioni umane. Il suo concetto di fortuna è differente dal concetto medievale di 'divina provvidenza', perchè la fortuna machiavellana combina in sè dei fattori puramente casuali, non è legata ad alcuna entità trascendente e non è finalizzata ad alcuno scopo.
Benchè essa appaia nettamente supriore alle capacità di controllo degli uomini, Machiavelli è convinto che la fortuna possa essere piegata alla propria volontà, nonostante il problema del 'come' rimanga drammaticamente irrisolto. Egli tuttavia, esprime alcune opinioni al riguardo.
Innanzitutto, è fondamentale ricordare la correlazione basilare del binomio virtù- fortuna: la virtù politica rimane puramente potenziale se il principe non trova l'occasione propizia per affermarla, viceversa, una buona condizione mantiene la potenzialità se egli non possiede la virtù per aprofittarne.
L'autore paragona la fortuna ad un fiume in piena: impetuoso, prorompente , altamente pericoloso, ma gestibile mediante l'utilizzo di argini.
Similmente, gli uomini devono contenere la potenza della fortuna, servendosi della propria tenacia, fortezza e saggezza e 'incanalarla' verso i propri obbiettivi, modificando il prorio comportamento per usufruire al meglio ogni opportunità favorevole, o meglio, al fine di rendere ogni opportunità potenzialmente favorevole.
Purtroppo, sta tutta qui la chiave di vpolta del problema: nessun uomo, spiega Machiavelli, una volta trovata la la via della propria soddisfazione, sarà capace di cambiare sè stesso e le proprie azioni lasciado la via dei facili guadagni, per inseguire un traguardo effimero, tanto insicuro quanto impalpabile.
Un vicolo cieco, quindi. L'anello mancante che spezza irrimediabilmente la catena. Solida teoria che non potrà mai esere apllicata. Una questione destinata a rimanere in sospes, specchio della morale pessimistica machiavellana.
O forse no?
Osservando più in profondità, non si possono forse trovare nell'opera i segni tangibili di un possibile miglioramento? Seguendo la cosidetta 'interpretazione obliqua', non aveva egli lasciato, fra le righe un esposizione con tanta neutralità e nitidezza, qualche messaggio subliminale che indicasse agli uomini le azioni da compiere per il bene proprio e della società ?
Che forse Machiavelli abbia deciso volutamente di scalfire il proprio muro di pessimismo lasciando trapelare una sottile luce di speranza? Non era lui un sostenitore delle istituzioni repubblicane, la più elevata forma di governo del popolo?
In fondo, si sa, nella vita è sempre meglio considerare il lato psitivo delle cose.
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