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Riflessioni sull'immigrazione




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RIFLESSIONI SULL'IMMIGRAZIONE


L'immigrazione coinvolge non solo le persone che si trasferiscono da un Paese ad un altro ma soprattutto la società che li ospita.

Questo processo è in crescendo da un po' di anni a questa parte a causa delle numerose guerre scoppiate nel mondo, dalle più note a quelle che non conosciamo e di cui non sentiamo parlare al telegiornale, per via del terrorismo sempre più presente nelle nostre vite e sui quotidiani, e per altre ragioni tra cui la povertà del loro Paese natale, la mancanza di lavoro e il miraggio di un'esistenza più dignitosa nel campo socioeconomico.

Per questo centinaia di persone dell'Est europeo, dei Balcani, dell'Africa e non solo raggiungono ogni giorno l'Italia e con loro non portano unicamente i pochi averi o la numerosa famiglia ma anche nuove culture, religioni e lingue.

Tutto ciò viene visto molto spesso negativamente dalla popolazione italiana che etichetta gli immigrati come "possibili criminali" o "parassiti sociali"; nonostante questo sia solo uno stereotipo credo che nel nostro Paese sia ancora in circolazione una forma seppur minima di razzismo che condanna coloro che si spostano da uno Stato ad un altro a trascinarsi dietro un'etichetta scomoda e umiliante.

Per provare a rendere la convivenza adeguata e cercare di armonizzare le varie culture l'Italia si è prodigata per costruire moschee e sinagoghe, per integrare a scuola gli alunni di altre etnie e per dare un contributo alle famiglie più disagiate; tutto questo ha permesso la nascita della società multiculturale in cui oggi viviamo che ci offre la possibilità di immergerci in altre realtà culturali tramite ristoranti con piatti tradizionali di paesi extracomunitari, negozi caratteristici di un dato Paese, prodotti equosolidali o semplicemente partecipando ai corsi di lingua araba, russa ecc.che negli ultimi tempi sono molto in voga.

L'immigrazione ha anche innalzato il numero della popolazione (oltre che delle nascite) e di conseguenza a scuola aumenta la percentuale multietnica: gli studenti stranieri nelle scuole italiane sono circa 320 mila e nel Secondo Istituto Comprensivo di Brescia si registra il picco del 48 per cento; ciascun alunno porta il contributo della sua cultura e questo è un arricchimento per tutti, anche per gli insegnanti stessi. Anch'io ho avuto un'esperienza di questo tipo in terza elementare: nella nostra classe era stato integrato a metà anno scolastico un bambino originario del Marocco che non conosceva nessuna parola d'italiano; con pazienza e dedizione noi compagni e i docenti siamo riusciti a farlo partecipare attivamente al programma stabilito. Ricordo con gioia questa esperienza perché Ibrahim ci raccontava spesso delle abitudini e delle tradizioni del suo paese confrontandosi con noi e aprendo vari dibattiti.

E' opportuno quindi affrontare questo "problema" con serenità seguendo l'esempio degli altri paesi europei che fronteggiano il massiccio arrivo di stranieri da più tempo di noi; sempre citando la questione degli scolari Svizzera, Gran Bretagna, Germana e Francia hanno una media del 13 per cento di immigrazione e ne fanno fronte con corsi speciali insieme ad insegnanti d'appoggio, tutor personali, cicli illustrativi con i genitori e "collaborazione pomeridiane con studenti volontari della stessa nazionalità dei ragazzi in difficoltà", come spiega la professoressa Antonia Munarini dell'istituto tecnico commerciale Scaruffi Levi Città del Tricolore di Reggio Emilia.

La multiculturalità del nostro Paese non si nota solo dalla scuola ma anche dagli ambienti di lavoro: molti incarichi infatti sono occupati esclusivamente da extracomunitari come la raccolta dei pomodori in Campagna o la vendemmia per lo più praticate da africani, l'allevamento e la gestione delle fattorie da parte degli indiani, il mestiere di badante delle donne dell'est o di collaboratrice domestica per quelle sud americane; da noi gli stranieri rivestono ambiti che i dipendenti italiani non vogliono più occupare perché troppo duri. Il lavoro è ormai uno status-simbol e in Italia non avviene come in altri Paesi dell'Europa dove gli stranieri vengono chiamati a svolgere lavori di un certo livello, se meritevoli. Molto spesso nel nostro stato se una persona è immigrata deve accontentarsi delle briciole; questo secondo me è molto sbagliato perché valorizzare le conoscenze di altre culture e i nuovi orizzonti di sapere potrebbero aiutare non solo gli italiani ma anche l'Europa e il mondo a migliorare lo stile di vita di tutti.

Basti pensare, per fare un esempio patriottico, al contributo degli italiani all'estero soprattutto nei primi anni del novecento: importazione in America di nuove abitudini culinarie, di nuovi stili d'abbigliamento, di nuovi mestieri ecc.

E perché questo non potrebbe essere utile anche sul nostro territorio grazie agli afflussi di nuove etnie? Le differenze che ci dividono dai nuovi popoli non potrebbero invece unirci? Secondo il mio parere si, perché ormai è inevitabile fermare l'immigrazione, che sia "buona" o "dannosa", e quindi credo sia maggiormente conveniente trarne più vantaggi possibili e sperare che l'essere multietnici e multiculturali ci faccia comprendere che sono le dissonanze a rendere caratteristico il mondo, sono le diverse realtà a permettere l'interazione tra i singoli che, se non sbaglio, costituiscono il popolo di cui siamo parte integrante.















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