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RELAZIONE SULL'ASSOLUTISMO ILLUMINATO
Nel Settecento, a partire dagli anni Trenta, la società europea dell'antico regime fu scossa dall'apparire di nuove idee e iniziative, questo movimento culturale noto come Illuminismo., intendeva "illuminare" il mondo, immerso nell'ignoranza, mediante l'uso della ragione.
Questa fu la missione intrapresa dagli intellettuali che rappresentarono questo movimento in tutta Europa.
L'Illuminismo riuscì a influenzare la politica di molti sovrani europei, aprendo un periodo che viene definito "assolutismo illuminato", nel quale furono attuate numerose riforme politiche.
I paesi che furono in prima fila nel riformismo illuminato furono l'impero asburgico, con Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II; la Prussica, con Federico II; la Russia, con Caterina II; il regno di Napoli, con Carlo III di Borbone e il granducato di Toscana con Pietro Leopoldo.
All'interno del dominio asburgico la Lombardia e Milano, dove sorse la rivista "Il Caffè", erano fra i centri più vivaci del riformismo e del pensiero illuminista grazie a personaggi come Pietro Verri e Cesare Beccarla.
Le riforme furono simili, nelle loro linee generali, nei vari paesi,. Prima di tutto ci furono riforme amministrative che ebbero lo scopo di rendere più efficiente l'organo statale, creando dei veri e propri ministeri centrali e superando le innumerevoli differenze legislative che esistevano fra le varie regioni all'interno dei vari stati. Mentre una riforma del sistema fiscale non venne mai attuata.
L'attività dei riformisti si concentrò anche contro la Chiesa e gli ordini religiosi. Furono limitati e aboliti molti privilegi: per esempio l'esistenza dei tribunali ecclesiastici, dove si giudicavano gli ecclesiastici colpevoli di reati, e il diritto d'asilo, grazie al quale chi si rifugiava in una chiesa o in un monastero non poteva essere arrestato.
In diversi paesi fu abolito il tribunale dell'Inquisizione e furono soppressi molti ordini religiosi, giudicati inutili perché dediti solo alla preghiera e non ad attività sociali come la cura dei poveri, degli orfani o dei malati.
Le riforme attuate nei vari stati non furono accettate facilmente da parte di alcune classi della società, in particolare dall'aristocrazia e dal clero, in quanto i privilegi di cui godevano erano messi a repentaglio a causa delle Riforme.
Il motivo per cui molti sovrani decisero di riformare gli organi territoriali fu per motivi finanziari; dovendo mantenere un esercito permanente lo Stato aveva bisogno di soldi, cioè di tasse che fino a quel momento avevano pagato solo le classi meno abbienti, in quanto il clero e l'aristocrazia erano esonerati.
Nel territorio austriaco, in cui governava Maria Teresa, salita al trono nel 1740, molte furono le riforme.
Nell'impero austriaco, il quale comprendeva la Boemia, l'Ungheria, i Paesi Bassi e la Lombardia, coloro che pagavano le tasse erano i contadini e la borghesia, mentre gli aristocratici e il clero erano esonerati. Inoltre i ceti privilegiati, proprietari di estesi territori godevano di trattamenti particolari e a volte dell'immunità fiscale, perciò evitavano di pagare enormi contributi.
Attorno agli anni Quaranta, si ebbe una prima fase delle riforme, in cui lo Stato impose che i contributi fiscali di ogni territorio venissero concordati ogni dieci anni e che a riscuotere i tributi fossero funzionali pubblici.
Successiva alla prima fase, si ebbe la seconda, in cui lo Stato costruì all'interno dei propri territori un corpo di funzionari nominato per riscuotere tasse ed esercitare funzioni che prima svolgevano gli aristocratici o gli ecclesiastici.
Alla fine degli anni Quaranta in Austria e in Boemia lo Stato costituì un corpo burocratico preparato, con una formazione tecnico-professionale. Sia in Austria che in Boemia venne istituita una città capitale, dove si riuniva il Governo, il quale riceveva ordini e leggi da Vienna. Grazie a questo nuovo modo di gestire lo stato, effettuando costanti controlli sui territori i proventi crebbero enormemente in pochi anni.
Quando il sovrano Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa, morì nel 1765, ella venne affiancata alla direzione dello Stato dal figlio Giuseppe II; dal 1780 egli regnò da solo, facendo sì
che le riforme fossero più intense.
Dal momento in cui Giuseppe II salì al trono, le riforme verso le classi più agiate furono molto più pesanti.
Il sovrano dette l'avvio alla creazione di catasti in tutte le province, cioè ad una registrazione omogenea della proprietà fondiarie; i catasti furono elaborati da tecnici e funzionari statali i quali accertavano il valore e l'ampiezza di ogni appezzamento fondiario, in modo da tassare i proprietari uniformemente, colpendo nello stesso modo tutte le classi sociali.
La nascita dei catasti rappresentò l'occasione per lo Stato di rafforzarsi politicamente e economicamente, inoltre venne eliminata la servitù della gleba, cioè quell'insieme di regole che imponevano al contadino di restare sempre legato alla terra del padrone.
Nel territorio ungherese, negli anni Quaranta la regnante Maria Teresa aveva emesso un'ordinanza, per migliorare le condizione dei ceti meno abbienti e per diminuire le prestazioni gratuite dei contadini verso i loro signori. Ma quindici anni più tardi quando i funzionari del catasto giunsero sul territorio per le rilevazioni si accorsero che l'ordinanza che aveva diffuso la regnante non era stata applicata, in quanto gli organi statali non avevano abbastanza potere sui signori.
In ambito ecclesiastico già nel 1768 Maria Teresa aveva deciso di tassare i beni dei parroci nella stessa misura in cui venivano tassati i sudditi comuni. Inoltre la regnante stabilì che ogni questione, diversa da ciò che Cristo aveva affidato agli apostoli, dovesse essere presa in considerazione dall'apparato statale.
Nel 1780 invece il sovrano Giuseppe II ordinò la chiusura di oltre settecento monasteri e conventi, confiscò i loro beni mettendoli a disposizione del patrimonio statale e adoperando i loro guadagni per finanziare attività educative e assistenziali; inoltre egli diminuì il numero delle feste di precetto, limitò il diritto d'asilo e tolse alla Chiesa il potere di censura. Da quel momento inoltre i parroci dovettero seguire dei seminari diretti dallo Stato, in modo da diventare funzionari pubblici.
L'anno seguente alla chiusura dei monasteri e dei conventi, Giuseppe II emanò una Patente di tolleranza, che dava la libertà di culto ad ogni singolo cittadino, perciò ognuno poteva professare la propria fede liberamente.
A causa delle riforme dei sovrani il potere ecclesiastico nel regno austriaco ne uscì fortemente ridimensionato.
Le riforme continuarono negli anni successivi, infatti nel 1787 il sovrano emanò un nuovo codice penale, il quale aboliva l'uso della tortura nelle procedure giudiziarie, promuoveva l'uguaglianza di tutti i sudditi dinanzi alla legge, abolendo così i privilegi del clero e degli aristocratici.
Inoltre si istituì l'istruzione elementare obbligatoria, si crearono delle scuole per formare i maestri. Si abolì la censura: Giuseppe II legalizzò una prima forma di libertà di stampa nell'impero. Venne introdotto anche il matrimonio civile.
Le reazioni dei ceti più elevati non mancò, in molte province i nobili riuscirono ad arrestare il progressivo avvento delle riforme, inoltre i Paesi Bassi dichiararono la loro indipendenza dal regno austriaco. Alla morte del sovrano Giuseppe II, nel 1790, il suo successore Leopoldo II si trovò di fronte ad una rivolta nobiliare e non potè far altro che revocare la maggior parte delle riforme.
A differenza del regno austriaco, compatto e governato da un unico sovrano, l'Italia agli inizi del Settecento si presenta come un insieme di territori governati ciascuno da dei diversi sovrani, infatti, il Regno di Napoli, la Sicilia, la Sardegna e il Ducato di Milano era dominato dagli Asburgo di Madrid, che estinguendosi passarono il dominio ai Borbone.
Alla fine della guerra di successione spagnola, dopo la pace dell'Aja, nel 1720, il Regno di Napoli, la Sicilia e il ducato di Milano furono sottomessi dai sovrani austriaci, mentre la Sardegna viene acquisita dai Savoia, dinastia regnante in Piemonte.
Infine dal 1748, in seguito alla pace di Aquisgrana, il regno di Napoli e la Sicilia passarono sotto il dominio della famiglia dei Borbone di Spagna; il ducato di Parma e Piacenza fu governato dalla dinastia dei Borbone di Francia; la Lombardia rimase sotto gli Asburgo, inoltre acquistarono parte del mantovano e anche la Toscana; la Sardegna e il Piemonte rimasero in mano ai Savoia; i domini della Repubblica di Venezia a ovest si estendeva sino a comprendere Bergamo, Brescia, Cremona, mentre a est dominava le coste dell'Istria e della Dalmazia; nel ducato di Modena e Reggio governava la famiglia Este, la quale era imparentata con gli Asburgo; lo Stato della Chiesa comprendeva i territori dell'attuale Emilia Romagna, le Marche, l'Umbria, il Lazio, Benevento e Pontecorno; infine vi erano due piccole Repubbliche: quella di San Marino e di Lucca e il Principato di Piombino.
Tutte queste dinastie che governavano i vari territori dell'Italia non rimasero estranee ai fenomeni dell'Illuminismo e delle riforme che in quel periodo caratterizzarono molte monarchie europee.
Più restii a queste nuove riforme furono i nobili a capo delle repubbliche, poiché avrebbero dovuto vedersi diminuire i privilegi e il potere.
In Italia si trovava il centro mondiale del cattolicesimo e la maggior parte della popolazione era cattolica, ciò voleva dire che anche i privilegi della Chiesa erano maggiore. La Chiesa possedeva un'enorme vastità di territori, nel regno di Napoli essa possedeva quasi la metà dei terreni coltivabili, in Lombardia circa il 20%, a Venezia circa il 10% e nel Lazio quasi il 40%.
I territori posseduti dalla Chiesa nel regno di Napoli erano coltivati a vecchio stampo, ciò non consentiva lo sviluppo dell'area napoletana, a causa di ciò si era formata anche una tradizione culturale anticulturale, volta a criticare il potere del papa e del clero. Principali elaboratori di questa tradizione furono alcuni intellettuali tra cui Gian Battista Vico e Pietro Giannone.
In Lombardia, dove regnava la dinastia degli Asburgo, le riforme incisero significativamente; nel 1760 la realizzazione di un catasto permise di imporre contributi fiscali equi verso ogni ceto sociale, questa riforma era tesa a parificare i vari ceti sociali dinanzi allo Stato.
Inoltre i sovrani affermarono il loro controllo sulle strutture ecclesiastiche, privando il clero dei beni posseduti.
Le riforme, in Toscana, riguardarono in particolare l'ambito economico; il governo attuò un programma svolto a liberalizzare le attività economiche, inoltre vi furono iniziative per limitare il potere della Curia papale.
Un ulteriore tentativo di riforma vi fu da parte del vescovo Scipione de' Ricci, il quale influenzato dal giansenismo, condusse la Chiesa toscana quasi a staccarsi da quella romana.
Un'importante riforma fu quella del diritto penale, la Toscana sotto il regno di Pietro Leopoldo d'Asburgo nel 1786 emanò un codice penale, il quale assicurava la certezza delle leggi, la statalizzazione dei tribunali, l'eliminazione della tortura come strumento di indagine giudiziaria e l'abolizione della pena di morte sostituita dal lavoro forzato.
Un ordine religioso molto importante a quel tempo nei paesi europei era quello dei gesuiti, il quale si era formato dopo la Riforma protestante e che nei secoli si era rafforzato.
I gesuiti formavano scolasticamente un gran numero di giovani di famiglia aristocratica e benestante. Dotati di grandi ricchezze i gesuiti erano presenti all'interno del Tribunale dell'Inquisizione, avevano il potere di giudicare ed emanare sentenze in materia di difesa della fede e censurare opere. I gesuiti erano avversati dagli illuministi per la loro intransigenza nella difesa del cattolicesimo e per il loro ruolo politico, che era stato molto importante nell'influenza a favore della Chiesa le decisioni di sovrani e governanti.
Nel 1759, in Portogallo il ministero Pombal fece espellere l'ordine dei gesuiti dal regno, accusandoli di aver complottando contro il re.
Negli anni Sessanta la lotta continuò contro la Compagnia di Gesù sia negli Stati dei Borbone sia negli Stati controllati dagli Asburgo.
Di conseguenza il papa Clemente XIV, nel 1773, fu costretto a sciogliere l'ordine.
Se in campo culturale l'assolutismo illuminato lasciò importanti tracce, dal punto di vista economico e sociale, i risultati delle riforme furono modesti. Fu un movimento che non incise a fondo sulla società, infatti i problemi più gravi, povertà e disuguaglianza, rimasero intatti.
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