Recensione del libro: "Il piacere" di Gabriele d'Annunzio

Recensione del libro:

"Il piacere"

di Gabriele d'Annunzio

Leggendo 'Il piacere' mi sono sentita proiettata in un'altra dimensione, certamente lontanissima da quella in cui viviamo, dove la vita è vista e vissuta come una forma d'arte, dove tutto ha un valore diverso, magico. L'ambiente in cui si svolge la vicenda è quanto di più raffinato si possa immaginare: ogni descrizione, perfetta fin nei più piccoli particolari, evoca un mondo di estremo lusso, circondato da ogni forma d'arte, lontanissimo da qualsiasi genere di vita comune. Scorrendo le pagine di questo libro, però, e guardandosi intorno in quella che a tratti sembra quasi una galleria d'arte, si nota un amaro senso di vuoto e di tristezza dietro questo splendore, si avverte un che di surreale, un'atmosfera a volte forse troppo carica, che sembra in qualche modo cercare di colmare un vuoto un vuoto che in fondo circonda l'esistenza dei personaggi, protagonisti di un'epoca di decadenza morale e di crisi dei valori, che li porta a rifugiarsi in un mondo "astratto".

Con questo libro, entra nella letteratura italiana il personaggio dell'eroe decadente. Così come quasi un secolo prima Jacopo Ortis, l'eroe dalle passioni sconvolgenti e assolute, aveva diffuso la cultura e la sensibilità romantica in Italia, ora il protagonista de "Il piacere", Andrea Sperelli, si fa iniziatore dell'Estetismo, la tendenza più recente e raffinata della cultura decadente europea.

E' difficile poter cogliere la personalità del protagonista senza aver letto il romanzo, perché questa viene fuori lentamente, dalle varie rappresentazioni della sua vita e dei suoi momenti salienti Andrea è un uomo capace di vivere la vita in un modo sublime, altissimo. Anche se in modo minore, credo volutamente, questo può essere valido anche per i tanti personaggi che nel romanzo si incontrano, tutti descritti come non fossero persone ma quadri: rigorosamente nobili, vivono nella maniera più ricca e intensa possibile, e ogni cosa, ogni gesto, immerge il lettore in un ambiente sorprendente direi quasi "tangibile", per la grandissima forza descrittiva; simbolo di questo è certamente l'episodio della descrizione della casa di Andrea Sperelli, tempio della magnificenza, in cui anche dei fiori comuni come le rose sembrano divenire meravigliose opere d'arte, e pare addirittura di poter toccare con mano gli oggetti descritti come del resto avviene per le descrizioni di Roma, anch'esse tali da far quasi "sentire" la città, magicamente rappresentata.

La storia è ambientata appunto nella Roma contemporanea all'autore, in cui una nobiltà ormai in declino, di cui anche il protagonista fa parte, vive i suoi ultimi fasti. Andrea Sperelli, ricco e aristocratico romano di antica nobiltà, vive una vita splendida, tutta immersa nella mondanità, ricca di donne e avventure; seguendo la tradizione di famiglia, ricerca il bello e disprezza il mondo borghese, vive la sua vita come un'opera d'arte e rifiuta le regole basilari del vivere morale e sociale. E' proprio con il ricordo del travolgente amore per una sua amante, Elena, esponente di una cultura mediocre, dell'eros, dell'istinto carnale, espressione di piacere e lascivia, che si apre il libro; seguiranno poi una vita dissipata e una serie di amori fugaci, non tanto nel tentativo di dimenticare Elena, quanto nel cercare di mantenerne sempre vivo il suo ricordo, cercandola in tutte le altre amanti. E sarà dopo una serie di avventure, derivanti anche dai tentativi di adescare una donna, che Andrea conoscerà Maria, donna di profondi sentimenti, dalla sensibilità straordinaria, colta, intelligente e sensibile all'arte e alla musica, molto religiosa, legata alla famiglia ed in particolare alla figlia Delfina, che nel corso del romanzo assume una natura quasi misteriosa, passionale, inafferrabile, l'unica capace di ricordargli il suo grande amore per Elena. Malgrado le buone intenzioni, si ritroverà invischiato in una perversa sovrapposizione psicologica delle due donne amate ed è proprio durante uno dei tanti pomeriggi di passione, mentre ha tra le braccia Maria, che Andrea commetterà un errore fatale: pronuncerà il nome di Elena, mettendo così fine anche questo amore, lasciando il protagonista vuoto e senza più vita dentro.

Emblematica è la fine del romanzo una conclusione che vale certamente la pena di leggere, dove si comprende che, sì, l'intera opera è pervasa da una visione della vita e del mondo dedita a una totale ricerca del piacere, ma andando più in profondità si capisce che in realtà, il racconto è qualcosa di più: è una denuncia contro la crisi e la decadenza del periodo, che portano appunto questi aristocratici romani a vivere in modi splendidamente lussuosi, nella più elevata e spesso inutile materialità.