Recensione de: 'Il Giardino dei Finzi-Contini'
Il
Giardino dei Finzi-Contini (scritto da Giorgio Bassani nel 1962) racconta la storia di un gruppo
di giovani universitari ebrei ferraresi a cavallo tra il 1938 e il 1941. Il
protagonista da quindicenne, disperato per un brutto voto agli esami di licenza
ginnasiale, viene consolato dalla coetanea Micol Finzi-Contini, della ricca
famiglia ebrea dei Finzi-Contini. L'amore adolescenziale sboccia all'istante,
ma da quando la famiglia Finzi-Contini cambia sinagoga i due non si vedono più.
Passano gli anni, e, quando vengono promulgate le leggi razziali, il
protagonista viene allontanato dal club del tennis; ma Micol, sparita per nove
anni, lo invita a venire a giocare a tennis a casa sua. Si forma così un gruppo
di amici più o meno ventiquattrenni, costituito dal protagonista, Micol e il
fratello Alberto, e l'amico operaio 'il' Malnate. Le giornate
trascorrono spensierate nella quiete del giardino, al riparo dall'imperversare
del fascismo e dall'odore di guerra che si sente in giro; lunghi momenti sono
trascorsi a passeggiare e a discorrere all'ombra degli alberi da Micol e dal
protagonista, in cui riaffiora il vecchio sentimento; e proprio nel momento in
cui la loro relazione si stringe di più, Micol parte, e va a laurearsi a
Venezia. Il protagonista trascorre ora le giornate aspettando, in compagnia del
placido Alberto e del pragmatico Malnate, spesso a cena dalla famiglia
Finzi-Contini. Ma quando Micol ritorna e lui d'impulso la bacia, il loro legame
comincia a incrinarsi, fino a quando, dopo mesi di vani tentativi, Micol gli
intima di lasciarla in pace, e di farsi vedere il meno possibile in casa sua.
Ma la speranza è l'ultima a morire, e lui comincia a frequentare assiduamente il
Malnate, l''adulto politicizzato', da cui è istruito alla politica, e
grazie al quale abbandona lentamente il mondo idealizzato del Giardino,
focolare delle sue adolescenziali passioni. E, dopo che il Malnate lo porta in
un lupanare e dopo essersi trovato a discutere col padre da pari a pari di
sesso, di politica e di amore, da ragazzo un po' cresciuto diventa adulto, e
una notte, entrato di nascosto nel giardino di casa Finzi-Contini, finalmente
si convince definitivamente e se ne va. Il romanzo termina così; in un breve
epilogo di due pagine è narrata la fine di tutti i membri della famiglia
Finzi-Contini: Alberto muore di tumore, gli altri sono deportati nei campi di
concentramento. L'idealismo di Micol, quell'idealismo totale degli adolescenti,
continua fino all'ultimo, fino a quando la vita, quella vera, lo annienta. Il
Malnate, invece, il giovane maturo e conscio della situazione politica, muore
in guerra sul fronte russo. E, finito l'idealismo, finita l'inconsapevolezza
dell''età fiorita', al protagonista uomo che racconta la storia in
analessi non resta che un ricordo. La peculiarità di questo libro è la fusione
di elementi decadenti e elementi neorealisti, dove l'elegia decadente filtra le
vicende dell'Italia fascista e delle leggi razziali; l'oggettività del racconto
lascia spazio a un io narrante che racconta la sua storia mediata attraverso il
suo animo e la sua memoria, che dilata i periodi per lei più significativi
relegando in poche righe o addirittura omettendo ciò che non è funzionale al
ricordo; l'operazione di denuncia degli orrori della guerra non è quella
compiuta negli altri romanzi neorealisti, dove i fatti sono brutalmente e
oggettivamente enunciati per una funzione catartica, ma l'orrore delle leggi
razziali è celato in tutto il libro, e si mostra per un attimo al lettore nelle
due pagine dell'epilogo, dove l''età fiorita' e il tempo della
memoria lasciano posto allo stupro dell'intimo e ad un brusco elenco di morti.
In questo modo la denuncia sicuramente non è più immediata di quella delle
altre opere neorealiste, ma, a distanza di quarant'anni, più sottile e profonda