PETRONIO
Se le
letterature moderne confermano a pieno la nascita di questo movimento anche la
letteratura latina dimostra l'esistenza già ai tempi di Nerone di canoni di
vita che possono rimandare al dandismo di Petronio, che espone nelle sue opere
sia l'esaltazione dei piaceri sia la critica nei confronti di una società
corrotta e avida in cui sono ormai espliciti i
sintomi di un decadimento sociale In seguito
all'instaurazione del principato in età giulio-claudia, la vita intellettuale è
sempre più strettamente condizionata e controllata dal potere politico. La
dipendenza dei letterati da personaggi socialmente, economicamente e
politicamente influenti era stata assai rilevante già in età repubblicana; con
l'impero tuttavia diviene ancora più stretta e vincolante in conseguenza del
fortissimo accentramento della gestione del potere nelle mani dell'imperatore. Mentre
in età repubblicana molti uomini politici, oltre a essere scrittori essi
stessi, erano stati attivi promotori di cultura, animatori di circoli letterari
e protettori di poteri, con l'impero tale funzione viene assunta in primo
luogo, se non esclusivamente, dai principi, il cui potere è di fatto assoluto e
la cui autorità tende a invadere tutto lo spazio disponibile, controllando la
vita intellettuale. Già sotto Augusto, quando venne meno la preziosa opera di
mediazione tra gli intellettuali e il principe attuata da Mecenate sembrò
spezzarsi quella sorta di miracoloso equilibrio che si era potuto realizzare
tra le esigenze e le pressioni del potere politico da una parte, e la libertà e
l'autonomia degli scrittori dell'altra. Negli ultimi anni del lunghissimo
principato augusteo si erano manifestati evidenti segni di disagio nei rapporti
fra i letterati e l'imperatore. Anche sotto Tiberio tra gli intellettuali e il
potere si verificarono numerosi conflitti, che provocarono interventi
repressivi anche molto gravi. Furono condannate al rogo le opere di due
personaggi appartenenti all'aristocrazia senatoria. Episodi analoghi non
mancarono durante il regno di Caligola: egli condannò all'esilio un retore che
aveva "declamato" contro i tiranni e fece bruciare vivo un poeta di atellane
"per un verso che conteneva una battuta a doppio senso". Non risulta invece che
Claudio abbia perseguitato gli scrittori: la condanna all'esilio del filosofo
Seneca fu provocata da motivi extraletterari. Tutti gli imperatori della
dinastia giulio-claudia proseguirono la tradizione, secondo cui i più eminenti
uomini politici romani si dedicavano volentieri, alla letteratura. Tiberio fu
oratore di notevoli capacità e di raffinata dottrina. Fu autore di notevoli
capacità e di raffinata dottrina. Fu autore di opere tutte perdute. Anche
Caligola ebbe un' accurata formazione retorica e fu oratore facondo ed
efficace. Claudio coltivò in particolare
la storiografia, scrivendo opere voluminose, sia in latino sia in greco, di cui
organizzava, per farle conoscere, pubbliche letture. Nonostante l'interesse per
le lettere che accomuna tutti gli imperatori giulio-claudi non risulta che
essi abbiano elaborato e realizzato una vera e propria politica culturale.
Nessuno di essi, fu capace di aggregare intorno a sé un gruppo d'intellettuali,
così da fare della corte imperiale un centro d'irradiazione di cultura. Durante l'impero di Nerone ci fu una fioritura
letteraria. Sotto questo imperatore nascono opere di vari autori latini tra cui
il romanzo di Petronio. La letteratura dell'età di Nerone presenta caratteri di
novità e originalità specialmente con il Satyricon di Petronio. È lecito
domandarsi se questa fioritura letteraria si debba collegare alla politica
culturale di Nerone e alla sua opera di promozione delle arti. Tra gli imperatori
della dinastia giulio-claudia Nerone fu il più appassionato e interessato alle
lettere, l'unico che abbia seguito l'esempio di Augusto raccogliendo attorno a
sé un gruppo di intellettuali e di poeti. Nelle iniziative assunte da Nerone in
campo artistico, è evidente la tendenza all'ellenizzazione della cultura e del
costume. Infatti instituì nuovi ludi chiamati I Neronia, che comprendevano
oltre a gare sportive anche concorsi di musica, canto, e poesie. Queste
iniziative suscitarono le critiche dei tradizionalisti, scandalizzati dal fatto
che l'imperatore costringesse rispettabili cittadini a esibirsi in pubblico. È
probabile che lo straordinario romanzo di Petronio sia nato appunto nel clima
della corte neroniana, in risposta a esigenze di sperimentazione di nuove forme
e all'insegna della letteratura come divertimento e piacere sofisticato,
politicamente disimpegnato, artisticamente raffinato. Il Satyricon si fa
specchio del dibattito culturale contemporaneo. Di
Gaio Petronio non conosciamo nulla direttamente ma infatti per molto tempo si è parlato di una questione petroniana, finché è durata
l'incertezza sull'epoca, la persona, il nome completo e il titolo dell'opera
narrativa di Petronio, cioè se si
trattasse effettivamente del personaggio rappresentato da Tacito negli 'Annales':
Petronius Niger. Ma finalmente quest'identificazione sembra oggi certa: le
qualità che Tacito dà alla figura di Petronio sono tutte qualità, infatti, che
l'autore del 'Satyricon' deve aver posseduto in modo
elevatissimo. Non sappiamo se Tacito conoscesse direttamente il romanzo; se lo
conosceva, è lecito pensare che ne abbia tenuto conto nella sua descrizione di
Petronio. Tutti gli elementi di datazione interni concordano, del resto, con
una datazione non oltre il principato di Nerone. Le allusioni a personaggi
storici e i nomi di tutte le figure del romanzo
sono, insomma, perfettamente compatibili
con il contesto del periodo storico di Nerone. Il Petronio di Tacito, anche se
a Roma non s'interessò di politica e non aspirò ad onori, fu un uomo di potere
(proconsole in Bitinia e 'consul suffectus' nel 62); ma la
qualità che lo rendeva caro a Nerone era maggiormente la raffinatezza, il gusto
estetico ('elegantiae arbiter'),infatti era un gran signore,
viveva a corte, dormiva di giorno e dedicava la notte ai piaceri e alle cose
serie; non amava il lavoro, ma il lusso e l'eleganza, ostentando però un
carattere trascurato e vizioso. Appunto per queste 'qualità', venne
in invidia e in odio a Tigellino che lo accusò di essere amico di uno dei capi
della congiura di Pisone (65 d.C.). Ma questo Petronio stupì ancora una volta,
realizzando un suicidio in grande stile: non volle attendere che gli giungesse
l'ordine di morire, ma prima ancora, mentre era a Cuma, si fece incidere le
vene, e poi, rallentando il momento della fine richiudendosele, passò le ultime
ore a banchetto non a discorrere, alla maniera dei saggi e degli uomini forti,
i soliti discorsi sull'immortalità dell'anima, bensì - con ostentato
atteggiamento epicureo - ascoltando poesie di contenuto poco serio e amene
discussioni. Tuttavia, volle mostrarsi anche serio e responsabile: si occupò
dei suoi servi (ne ricompensò alcuni, altri li fece sferzare), e scelse di
denunciare apertamente, in una serie di 'codicilli', i crimini
dell'imperatore, non volle adularlo come solevano invece fare i condannati per
mettere al riparo da persecuzioni amici e parenti, descrivendone con ogni
particolare la vita scandalosa, con nomi di pervertiti e di prostitute; quindi,
sigillò lo scritto e distrusse il suo anello, perché non potesse venire
riutilizzato in qualche intrigo o per calunniare innocenti. Il suo intelletto eccelso, il suo amore per le
cose di classe e la sua capacità di intrattenitore fanno di lui il primo
'dandy 'conosciuto e lo identificano come il probabile autore del
"Satyricon". A proposito del Satyricon nascono molte
questioni riguardanti il titolo che può essere interpretato come il genitivo
plurale di una parola greca che sottintende libri. Satyricon libri
significherebbe "libri di cose satiriche", con riferimento alla satira
menippea: quindi anche il titolo confermerebbe il carattere peculiare
dell'opera, ossia la fusione di due generi letterari, con la creazione di un
romanzo in forma di satira menippea. Un'altra questione è quella che riguarda
il genere letterario poiché inizialmente l'opera veniva definita "romanzo".
Essa ha in comune con i romanzi antichi la loro principale caratteristica, che
è quella di raccontare vicende complesse e avventurose disposte di regola lungo
l'asse narrativo di un viaggio. Nel vorticoso
avvicendarsi di disavventure luoghi e personaggi, al di là dell'intento di
divertire il lettore e di divertirsi raccontando, sembra emergere - d'altra
parte - un senso di precarietà e d'insicurezza, una visione della vita
multiforme e frantumata, dominata da una fortuna imprevedibile e capricciosa, e
oscurata dal pensiero sempre incombente della morte.
Il Satyricon, però, si discosta dal romanzo in quanto non è un'opera scritta
interamente in prosa, ma alterna alla narrazione prosastica brani in versi.
Tale commistione e alternanza di prosa e poesia è il tratto distintivo di un
altro genere letterario, la satira menippea, a cui il Satyricon fa riferimento
fin dall'inizio. Con il genere del romanzo ha in comune il racconto di una
lunga serie di peripezie; inoltre
anch'esso pone al centro della vicenda un amore ostacolato da circostanze
sfavorevoli e dalla presenza di rivali. Tuttavia mentre in tutti i romanzi, gli
innamorati sono un giovane e ragazza, fedeli l'uno all'altro, in Petronio, il
rapporto amoroso di Encolpio con Gitone, è di tipo pederastico ed entrambi i
partner hanno rapporti sessuali anche con altri personaggi. La tendenza alla
parodia letteraria, assai evidente nell'opera, è invece uno dei punti di contatto
con la satira, oltre all'elemento formale della mescolanza tra prosa e poesia.
Un altro genere letterario con cui l'opera di Petronio intrattiene rapporti
significativi, è la commedia e il mimo. Anch'esso infatti, rappresentava la
vita quotidiana degli strati più bassi della società romana, con effetti di
comicità. Petronio, dunque, presenta e ritrae un mondo corrotto,
popolato da personaggi squallidi e anonimi, che traggono soddisfazione solo dai
piaceri più essenziali ed immediati. Insomma, egli raffigura una fascia sociale
che non sembra animata da alcuna aspirazione ideale. Eppure Petronio fa ciò
senza compiacimento, anzi quasi con distacco, prendendo le dovute distanze, ma
non senza ironia e malizia: egli, cioè, non offre ai suoi lettori nessun strumento
di giudizio, e non potrebbe essere altrimenti, in una narrazione condotta in
prima persona da un personaggio che è dentro fino al collo in quel mondo
sregolato. L'originalità del realismo di Petronio sta così non tanto
nell'offrirci frammenti di vita quotidiana, ma nell'offrirci una visione del
reale che è critica quanto spregiudicata e disincantata; infatti lui fa una
critica 'estetica', e non di natura sociale o politica perché ciò che egli veramente disapprova è soltanto
il cattivo gusto. Possiamo infine evidenziare la
diversità di linguaggio che esprime al meglio il carattere realistico della
composizione: personaggi colti e raffinati come Encolpio utilizzano spesso un
linguaggio erudito e classicheggiante anche se a volte usano alcuni volgarismi.
Il Satyricon è una successione di tante scene,
apparentemente autonome, ma legate fra loro dal protagonista Encolpio, filo
conduttore di tutto il romanzo. Encolpio possiede le medesime caratteristiche
dei tipico personaggio decadente, é un personaggio colto e raffinato, ama la
bella vita e vive ogni momento con intensità. Encolpio è un giovane pieno di talento e di
ingegno, sensibile all'arte e amante delle belle lettere, una sorte di
intellettuale vagante, coraggioso fustigatore dei vizi che compromettono una
buona formazione artistica, buon giudice di poesia e non privo di cultura;
tuttavia, la sua perversione morale e sessuale, nonché la sua insanabile
gelosia nei confronti di Gitone, spesso lo portano ad atteggiamenti
riprovevoli. Forse, nel corso di tutto il romanzo, è il vero alterego di
Petronio. L'altro personaggio importante che
appare nel Satyricon è Trimalchione, che è il villano per eccellenza, perciò in
tutte le sue manifestazioni tradisce la bassezza della sua origine, la
volgarità della sua educazione, la grossolanità dei suoi gusti: qualcuno ha
voluto vedere in lui la personificazione di Nerone, ma è piuttosto da vedere la
satira feroce di tutti quei liberti imperiali che erano riusciti ad ammassare
ricchezze favolose. Eppure, Trimalchione è uomo che ha le sue particolari
'qualità': ha l'arte di condurre in porto gli affari, conosce il
mondo, e soprattutto è ottimista ad oltranza e, come tutti i grandi affaristi,
mai si lascia scoraggiare dai rovesci della sorte. Tenace, costante, bonario, a
differenza dei suoi simili ci tiene a ricordare le sue basse e crasse origini,
e nei confronti di alcuni schiavi sa mostrare simpatia e partecipazione. Anche
se immerso nel più plateale edonismo, ha le sue paure: gli astri e le arti
magiche, così come si intenerisce davanti al pensiero della sua morte.