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P. B. Shelley - Il viaggio infelice dell'esistenza
L'immagine del viaggio con le sue varianti di esilio, naufragio, navigazione accidentata e pericolosa diviene insistita metafora della condizione esistenziale inquieta e tormentata che l'animo dei poeti romantici ripropone, recuperando l'antico topos letterario della vita come navigazione che si chiude nel porto della morte.
I versi scritti tra i colli Euganei nell'ottobre del 1818 da Shelley sono appunto una meditazione sul senso ultimo del vivere umano e costituiscono un'ampia allegoria in cui il profondo e vasto mare dell'infelicità rappresenta lo svilupparsi dell'esistenza con i flutti del suo dolore, il navigante pallido e sfinito che va alla deriva con la sua nave esprime la negativa condizione esistenziale del poeta. Il viaggio della barca che continua giorno e notte rappresenta - secondo l'antico topos letterario - il lungo trascorrere del tempo dell'esistenza. Se poi ricordiamo che Shelley morì proprio in un naufragio, questi versi appaiono un'allucinante profezia.
Delacroix, La zattera di Medusa
P.B. Shelley, Dai «versi scritti sui colli Euganei»
Molte isole verdi devon pur esistere
nel profondo e vasto mare dell'Infelicità!
perché il navigante, pallido e sfinito,
possa così ancora continuare il viaggio,
giorno e notte, e poi notte e giorno,
alla deriva sul suo triste cammino,
con la tenebra compatta e nera,
serrata intorno alla rotta del suo naviglio;
mentre di sopra il cielo senza sole,
gonfio di nubi, greve sta sospeso,
e dietro la furia dell'uragano
avanza con fulmineo piede,
squarciando vele e tavole e gomene,
finché la nave quasi ha bevuto
la morte dal traboccante mare;
e giù sprofonda, giù, come in quel sonno
quando al sognatore sembra
di turbinare per l'eternità:
davanti, la confusa linea bassa
di una buia costa lontana
sempre più si ritira, come il desiderio
sempre si ritira dalla volontà diviso,
ma non può cercare o sfuggire:
perennemente è tratta innanzi
sul flutto che non posa mai,
verso il porto della sepoltura.
Anche se nessun amico verrà a salutarlo,
e se nessun cuore verrà incontro al suo
col palpito impaziente dell'amore;
dovunque egli possa andar vagabondando,
potrà mai sognare, prima di quel giorno
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