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"Qual
rugiada o qual pianto
quai lacrime eran quelle
che sparger vidi dal notturno manto
e dal candido volto de le stelle?"
(T. Tasso, Qual rugiada o qual pianto, vv. 1-4)
Nell'ambito del quarto anno di studio, e relativamente alle materie umanistiche, è solitamente oggetto di analisi e confronto l'argomento relativo ai frequenti, tradizionali parallelismi adottati in poetica tra la natura e l'amore. La tematica amorosa è una costante della letteratura italiana, e non ha mancato di interesse a poeti e letterati umanistici e rinascimentali quali Francesco Petrarca e Torquato Tasso. Della stessa importanza ha goduto, sempre in questo periodo, il riferimento e la vera e propria "lode" alla natura. Ma queste due vaste sfere concettuali sono, ancor più spesso, trattate in parallelo dagli autori.
La natura viene cioè concepita come espressione figurata dell'amore tra due persone, come riflesso di un particolare stato del rapporto tra due innamorati, come partecipazione ad un evento particolarmente importante per l'amore del poeta. Egli può partire dalla contemplazione di un fenomeno naturale per giungere a riflessioni o richiamare alla mente la propria amata, o viceversa vedere simboleggiato nella natura un qualsiasi stato della sua relazione sentimentale.
Gli esiti di questi parallelismi contenutistici tra le due tematiche sono, e sono stati, numerosi e talvolta contrastanti. La natura può rappresentare momenti gioiosi così come momenti di sofferenza e mancanza. La pioggia, il freddo e il gelo della morte dell'amata si possono contrapporre ad esempio alla luce ed al calore primaverile del primo innamoramento.
Dal notevole materiale di studio del terzo e quarto anno sono molteplici i casi che se ne possono trarre. Nell'opera di Petrarca Nova Angeletta sovra l'ale accorta, in cui si descrive l'attimo dell'innamoramento del poeta, si ha un'esagerazione tale dello splendore della donna che quasi si descrive un evento miracoloso, nel dire che "scese dal cielo in su la fresca riva/ là ond'io passava sol per mio destino" (vv.2-3). E nel descrivere il primo, fatale sguardo della donna, che colpì gli occhi ed il cuore del poeta, Petrarca afferma che "[.] un laccio che di seta ordiva,/ tese fra l'erba ond'è verde il cammino." (vv.5-6).
Totalmente differenti sono invece la tematica e l'"ambientazione naturale" in una delle tantissime liriche d'amore del Tasso, Qual rugiada o qual pianto (i cui primi quattro versi sono proposti all'inizio del testo). Il tema è quello della partenza e lontananza della donna amata (anche questo antico topos letterario). L'autore evoca la partecipazione della natura attraverso espliciti parallelismi come quello tra rugiada e pianto (v.1), tra stelle, lacrime e le stesse gocce di rugiada (vv.2-4). Si crea infatti, anche grazie alla presenza della bianca luna (v.5), un contesto notturno e malinconico che sarà appunto considerato dal poeta come segno e dimostrazione della partenza (forse un addio) dell'amata.
Altro diverso risultato ottiene sempre il Tasso nell'opera Ecco mormorar l'onde. In questo caso si passa dal notturno precedente all'alba, ad una descrizione tanto musicale quanto realistica del mattino e dei suoni e fenomeni che lo caratterizzano: il mormorar delle onde ed il cantar soavemente degli augelli (vv.1, 4-5); l'alba che si specchia nel mare, che gli alti monti indora (vv.8,11). In questo caso però non si vuol far riferimento ad un evento o ad un particolare stato del rapporto con la donna amata: l'autore contempla e celebra la scena perché, più di ogni altra, dona pace e tranquillità all'animo del poeta e al suo cuore, arso dalle gioie e dalle sofferenze tipiche della passione amorosa.
"O bella e vaga Aurora,
l'aura è tua messaggera, e tu de l'aura
ch'ogni arso cor ristaura." (vv. 12-14)
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