Marco Polo
Il Medioevo, specialmente il periodo che va
dalla fine dell'anno Mille in avanti, è stato un'epoca ricca di viaggiatori,
dapprima fantastici e poi reali. Le strade che l'antico Impero Romano aveva
costruito erano ormai tutte in rovina; i banditi infestavano ogni luogo; sui
mari, specie nel Mediterraneo, gli Arabi non lasciavano passare nave di
cristiani senza saccheggiarla. Ed ecco allora che, quasi per reazione, i monaci
inventarono un modo nuovo di viaggiare: i viaggi fantastici al Paradiso. Era un
vero e proprio mondo nuovo da scoprire, e larga fortuna ebbero i fantasiosi
resoconti di questi viaggi immaginari. Accanto a questi viaggi di sognatori,
c'erano poi quelli ai tre grandi santuari della cristianità: Santiago de
Compostela, nel Nord della Spagna, dove era custodita la tomba di san Giacomo;
Roma dove c'era, oltre al Papa, la tomba di san Pietro e di san Paolo; la
Palestina, che a Gerusalemme custodiva il sepolcro di Cristo, per liberare il
quale furono fatte le Crociate. È facile immaginare cosa significassero, per
gli uomini di allora, simili distanze. Anche di alcuni di questi itinerari,
fatti per scopi di devozione, ci sono rimaste le relazioni di viaggio, che
testimoniano della viva curiosità del pubblico.
Ma oltre a questi viaggi a sfondo religioso,
ve ne furono di completamente diversi. Tale fu quello di Marco Polo (Venezia 1254-1324),
che fra i viaggiatori merita un posto di prim'ordine, perché egli fu tra i
primi a portare a termine una spedizione presso i più lontani popoli orientali,
dove, conquistata la fiducia dell'imperatore, poté addirittura compiere
parecchie missioni di fiducia. Ritornato a Venezia, fu fatto prigioniero in una
battaglia contro i Genovesi; e in carcere conobbe lo scrittore Rustichello da
Pisa, a cui dettò il Livre des merveilles du monde (= Libro delle meraviglie
del mondo), in cui si narrano il viaggio e tutte le meraviglie che l'autore
aveva visto. L'opera, scritta in francese (che era la lingua dotata di maggior
prestigio in quel tempo), fu presto volgarizzata cioè tradotta in volgare
italico: il titolo Milione è da intendersi nel senso di «grande ricchezza»; ma
«milione» era anche un soprannome della famiglia Polo. L'autore era partito da
Venezia, cioè da una delle città marinare più importanti per i traffici
commerciali; ed è logico che i suoi interessi, come quelli del padre e dello
zio che già avevano fatto una prima spedizione, fossero non solo di ordine
«culturale» o religioso, ma anche commerciale.
La strada da lui seguita, infatti, rappresentò
per i Veneziani una nuova via per intrecciare contatti con il ricco Oriente. Il
libro, inoltre, per le preziose notizie che offriva su tale mondo lontano, fu
spesso preso come guida da geografi, cartografi, navigatori, missionari e
uomini d'affare in genere, che vi trovavano una miniera di informazioni per i
loro studi e per le loro spedizioni in quei luoghi ancora ignoti. Nel libro,
dopo una breve relazione del viaggio, quasi in forma di cronaca, l'autore
tratta del modo di vivere, delle credenze, della cultura dei popoli orientali,
in particolar modo dei Cinesi. Si descrivono perciò le caratteristiche della
gente, degli animali, del paesaggio; i costumi, le religioni, le varie arti; le
ricchezze, le magnificenze dei principi, le industrie. Lo spirito
dell'esploratore trova ovunque materiale da registrare; e, in ciò, egli è
aiutato dal letterato di professione, Rustichello, che probabilmente abbellì
ciò che Marco Polo dettava. Così il fascino delle cose viste che aveva
allettato Marco a farsi cronista veniva trasmesso ai lettori, i quali trovavano
davvero un «mondo nuovo», scoperto e illustrato, alla portata di tutti, quasi
come un «paradiso terrestre» cui ognuno poteva aspirare.